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COSMOLOGIA
ALLA RICERCA DEL MONDO SPIRITUALE MATERIA/ANTIMATERIA
Sarebbe un ipotesi entusiasmante “Pensare che nell’antimateria si celi il Mondo Spirituale”
"Nell’energia oscura potrebbe celarsi il Mondo spirituale"
(di Fernando Rapi)
COSMOLOGIA SCIENTIFICA E RELIGIOSA
Facciamo dapprima un accenno alla cosmologia religiosa nelle sue varie forme, nate da luoghi e tradizioni diverse, scritte nei rispettivi libri sacri.
Per i Caldei il diluvio di acqua e di fuoco giunge allorché piace a Dio creare un nuovo Mondo migliore dell’antico. Gli Egizi ritenevano che all’inizio questo universo non esistesse affatto, non c’era cielo, non c’era terra, non c’era spazio etereo. Esso, poiché non esisteva, si propose: “voglio essere”. E si riscaldò internamente.
I nativi americani, gli Zuni, raccontano che prima dell’inizio della nuova creazione, il Creatore e Contenitore del Tutto e Padre di Tutti i Padri se ne stava solo. Non c’era null’altro nel grande spazio delle ere, solo profonda oscurità e vuoto. Awonawilona concepì Se stesso e il suo pensiero si proiettò fuori dello spazio. Grazie alla sua innata conoscenza si fece persona e forma del Sole, che noi sentiamo essere nostro padre; questa apparizione creò la luce che illuminò lo spazio.
Per gli Induisti, all’inizio vi era Quello, fatto di tenebre, indistinto, senza caratteristiche, inconoscibile e come totalmente assopito. Apparve allora il Signore Svaysbhu l’Autonomo, Colui che non evolve e fa evolvere la totalità di Quello, a partire dagli elementi ordinari. Egli meditò di creare ogni genere di creatura. In principio creò le acque, poi pose in esse il suo seme. E divenne un Uovo d’Oro, rivestito dallo splendore di mille raggi, e in questo Uovo nacque da se stesso Brahma, l’antenato di tutti i mondi.
I “Veda”,considerano il ciclo completo del Mondo, che si chiama “para” uguale a 100 anni di Brahma, cioè 31.040 miliardi di anni mortali. Poi divampa l’incendio universale che distrugge completamente l’uovo cosmico e quindi ripercorre all’infinito le fasi di nascita, decadenza e dissoluzione. L’universo è visto come un enorme uovo collocato nel ventre di una divinità, Visnu da dove usciva un universo in forma di bolla che poco dopo scoppiava come un grande sfera cosmica che ciclicamente si riforma. Personificazione del supremo Brahma, è il creatore dell’universo e membro, insieme a Shiva e Vishnu, della Trimurti indù.
Il Zoroastrismo nell’ “Avesta” scrive che il tempo è soggetto ai cicli cosmici del fatale ritorno. I Greci affermavano che la vita dell’universo intero è ciclica, per cui si riprodurrà anche in avvenire necessariamente e indefinitamente. Prima sorse il vuoto Caos, poi Gea dal rigoglioso seno. Dal Caos discendono Erebo, il buio senza luce, e Nyx, la notte, che unitasi a Erebo, partorì Etere, la luce del cielo, ed Emera, il giorno. Gea invece partorì Urano, il cielo stellato, e da lui venne abbracciata e fecondata e partorì Ponto, il mare, e le infinite creature viventi che nascondeva nelle sue cavità.
Il Taoismo dice: il Tao generò l’Uno, l’Uno generò il Due, il Due generò il Tre, e il Tre generò le Diecimila Creature. L’Essere è generato dal Non Essere. Il cielo e la terra e le Diecimila Creature sono generate dall’Essere.
Il Buddismo toglie ogni forma di tempo e spazio e la creazione è presente ad ogni istante, poiché è l’attimo l’unica realtà. Dal “Bardo” leggiamo: questo tuo intelletto, che è identità di luce e di vuoto, risiede in una gran massa luminosa, non nasce e non muore.
Il Cristianesimo, l’Ebraismo e l’Islam fanno riferimento alla Bibbia, nella quale è descritta la creazione, da noi tutti ben conosciuta. E’ importante far rilevare come Sant’Agostino affermi che un cristiano non può ammettere che il Figlio di Dio si incarni più volte, che Gesù Cristo debba, di nuovo, soffrire e morire. Vale quindi il racconto della Genesi, i Salmi e la teologia fino alla Scolastica. Essa si può riassumere così: Dio ha creato il mondo ex nihilo, dal nulla, e Dio conserva gli esseri già creati.
COSMOLOGIA SECONDO LA SCIENZA
La visione cosmologica si può proiettare come un film a ritroso: le dimensioni dell’universo diminuiscono sempre più, mentre crescono densità e temperatura. Finché giunti, dopo circa 15 miliardi di anni, alla fine del film e quindi all’inizio della storia cosmica, tutta la materia e tutta l’energia si ritrovano concentrati in un punto in cui la curvatura spazio tempo, la densità e la temperatura raggiungono valori infiniti. Dall’esplosione di quel punto, da quel Big Bang, inizia la storia dell’universo, la formazione degli atomi, dei gas, delle galassie, delle stelle, dei pianeti. L’universo che noi conosciamo è formato di stelle, galassie, materia oscura interstellare, buchi neri, per il 30% circa, il restante 70% è totalmente sconosciuto.
Pur essendo l’universo un vero mistero, si cerca di formulare varie teorie di formazione, conservazione e termine, in base alla quantità della massa. L’universo poi, sempre in relazione alla sua massa e alla velocità di fuga, potrebbe: a) espandersi all’infinito, b) rimanere costante nel tempo, c ) collassare su se stesso. Nascono quindi le varie teorie, come la relatività generale e la meccanica quantistica; la presenza di due teorie diverse, indipendenti e inconciliabili, in realtà contrasta con l’idea della profonda unità del mondo. Di qui l’impegno di Einstein nella ricerca di una grande teoria unificatrice. All’ambizioso progetto di una “teoria del tutto” Einstein dedicò gli ultimi decenni della sua vita, concentrandosi sulla unificazione delle forze gravitazionali ed elettromagnetiche. Questo è un problema che ha affascinato e frustrato sia Einstein che generazioni intere di fisici teorici dopo di lui. Il problema è di applicare ad entrambe le forze le leggi della meccanica quantistica. Ed ecco, come d’incanto, nascere la teoria quantistica delle “stringhe” proprio da un fisico teorico italiano di rinomanza internazionale: Gabriele Veneziano nato a Firenze nel 1942. In questa teoria delle stringhe ogni tipo di particella elementare non è altro che un modo di vibrare di una cordicella elastica, “stringa” appunto, (ogni nota di violino, una differente particella) che obbedisce alle leggi della relatività e della meccanica quantistica. L’universo del modello “Veneziano” nasce in un istante qualsiasi del tempo e morirà in un momento qualsiasi di questo tempo eterno del vuoto.
La cosa quasi miracolosa è che questa teoria predice sia l’esistenza del fotone (il “quanto” del campo elettromagnetico), sia quella del gravitone (il “quanto” del campo gravitazionale) e, in questo modo, ci fornisce una teoria quantistica e unificata delle due forze, proprio ciò che Einstein sognava: l’unificazione delle forze fondamentali della natura. Questo sembra ora realizzato dal nostro fisico Gabriele Veneziano, secondo il quale viviamo in un universo le cui unità non sono particelle puntiformi, ma minuscole stringhe (vibrazioni). Forse il nuovo Einstein ricondurrà a unità l’intera fisica. Prima del Big Bang, dice Veneziano, esisteva un mare in bonaccia: il vuoto quantistico. Piccole onde di energia lo incresparono fino a generare grande energia ed ecco apparire il nostro universo che si calmerà nuovamente fino a morire. Impressionante la somiglianza con la visione cosmica indiana che considera l’universo un respiro di Brahma. E’ una grandiosa rivoluzione, perché elimina la collocazione spazio-temporale dell’uomo all’interno della vicenda cosmica, situandolo in un punto qualsiasi dell’eternità. Ritorniamo così all’intima armonia della natura, alla profonda unità della realtà cosmica sognata da Einstein.
Ora affrontiamo una comparazione tra scienza e religione per arrivare ad una unificazione omnicomprensiva delle due diverse visioni cosmologiche. Ci vuole un bel coraggio di questi tempi a prendere di petto la questione dei rapporti tra religioni e scienza moderna, passando da un universo mentale all’altro.
Bisogna chiedersi prima di tutto se le domande che sono al fondo di qualsiasi credo, come l’esistenza di Dio per le religioni, e le domande sulla nascita e l’eventuale fine dell’Universo per le scienze, siano differenti o se si tratti della stessa domanda vista con concetti culturali diversi. Nella nuova fisica trovano posto concetti come quello del ruolo della coscienza dell’osservatore nella determinazione del risultato dell’osservazione, la “non località “ delle particelle subatomiche, che renderebbero obsoleta la visione di una realtà costituita di sistemi separati e localizzati. Spesso la scienza ha preceduto la scoperta sperimentale di leggi del mondo fisico, come se già contenesse al suo interno il “progetto del mondo”. La realtà ultima, insomma quella verità che da millenni l’umanità insegue e che le religioni storiche rivendicano ognuna per sé, è fondata nella coscienza. Sembra, infatti, che il senso scientifico sia originariamente possibile solo all’interno della coscienza stessa. Ogni scoperta scientifica è una intuizione che solo in un secondo tempo viene inquadrata nella logica.
Tale coscienza è condizionata da presupposti di formazione culturale che rendono possibile la comunicazione con quella realtà immaginata. Si costituisce così un circolo tra la sfera della coscienza e ciò che accade. Cosa rimane del bagaglio di verità rivelate, di intuizioni mistiche, di dogmi, riti, passioni, speranze che costituiscono il terreno in cui affonda le radici il tuttora vigoroso albero delle religioni? Già nel 1908 il matematico Hermann Minkowski intuiva che “lo spazio per sé e il tempo per sé non sono che ombre”. Sono oggetti nei quali lo spirito riconosce semplicemente se stesso. Erwin Schroedinger (Vienna 1887-1961) uno dei padri della meccanica quantistica rimase un ammiratore della filosofia induista del Vedanta, che riduce sia l’universo che le coscienze individuali ad un’unica coscienza cosmica, incarnando una sostanziale unità della cultura in tutte le sue manifestazioni, dalla meccanica quantistica alla cosmologia, dalla scienza alla filosofia e alla poesia, dal pensiero occidentale alla saggezza orientale, non più due culture che si possono considerare mozze, ma “la Cultura”.
Da diversi anni stiamo assistendo ad un fenomeno culturale apparentemente contraddittorio: da un lato la diffusione straordinaria del sapere scientifico, dall’altro la diffusione di vecchi e nuovi movimenti religiosi. L’apparente contraddizione è dovuta ad un luogo comune fortemente radicato nell’opinione corrente, secondo cui il mondo della scienza e il mondo della religione sono fra loro inconciliabili; carattere ambiguo della modernità. Non sono due mondi contrapposti, ma piuttosto due facce della stessa medaglia. La medaglia è l’esigenza profonda che alberga in ogni uomo di dare un senso alla propria esistenza interrogando il creato naturale per carpire il Vero. Da cosa trae origine la concezione della nascita del cosmo? Dallo sforzo di dare un senso alla propria esistenza e al proprio destino. Ma non c’è nessuna giustificazione per l’esistenza del mondo. In realtà le motivazioni, siano esse filosofiche, mitiche, scientifiche o teologiche, sono solo modi per esprimere l’arcano della nostra esistenza. Ciò ci inquieta perché riteniamo che debba esserci una ragione per il nostro essere ed ecco che nasce una fede cieca nella scienza e nella religione per trovare una risposta. La stessa presenza di un Dio non risolve il problema, ma Dio chi lo ha fatto? La risposta non c’è, l’unica verità resta il mistero, l’unica energia omnicomprensiva, riunificatrice della cosmologia religiosa e scientifica.
IPOTESI ENTUSIASMANTE
“Universi paralleli”
Leggendo un racconto di Cavicchioli, ( autore del racconto) “Universi paralleli” mi sono appassionato a tal punto di indagare su alcuni aspetti scientifici e religiosi.
Cosa c’era PRIMA del BIG BANG? Una singolarità. Un unico punto nel nulla in cui tutta la materia era raccolta. Un unico minuscolo uovo da cui si sarebbe generato l’universo intero. Una sfera, una bilia, un unico piccolissimo grandissimo mondo in miniatura.
Non è facile immaginare che il nostro mondo, composto dalla materia ordinaria con la quale abbiamo a che fare da sempre, potrebbe evere un corrispettivo uguale ma formato da Antimateria. Quest’intuizione risale a 70 anni fa, quando Paul A.M. Dirac previde che per ogni particella deve esistere un’antiparticella di massa uguale ma di carica elettrica opposta. Quindi anche l’uomo rispetta questa teoria; siamo formati di Materia e di Antimateria. E se fosse questa la spiegazione della vita oltre la morte? L’Antimateria esce dalla materia, il corpo, continua a vivere (forse, per logica, mantenendo le stesse caratteristiche fisiche, lo stesso aspetto che aveva da vivo l’individuo al momento del trapasso). Questa ipotesi sarebbe affascinante e potrebbe dare tante risposte, ai tanti perché. Il Cavicchioli si sofferma su argomenti noti alla scienza, seguiamo il suo approccio cosmologico:
Immaginiamo però che in questo ancestrale buco nero (non uso a caso questo termine!) fosse raccolta sul serio tutta la materia immaginabile, sia quella che costituisce il nostro attuale universo, sia l’antimateria, di cui sospettiamo l’esistenza, ma non sappiamo proprio dove sia. Anzi: se esistesse veramente questa “antimateria” allo stato naturale evidentemente ce ne dovrebbe essere una quantità pari alla quantità di materia che noi possiamo osservare nel nostro universo. Ma, se così fosse, dove sarebbe andata a finire tutta questa antimateria? Per ora accantoniamo questo quesito e torniamo all’inizio: cosa c’era PRIMA del BIG BANG? Una singolarità in cui era racchiusa tutta la materia. Compresa l’antimateria!
Immaginiamo ora che in questo “uovo ancestrale”, essendo presente una quantità pari di materia ed antimateria, queste, come è giusto che sia, si fossero annichilite a vicenda in quell’unico punto possibile dello spazio in cui, quindi, sarebbe stata concentrata tutta l’energia dell’universo sprigionatasi dall’annichilimento di materia ed antimateria. Così come in un “normale” buco nero nemmeno da quel minuscolo spazio l’energia poteva fuoriuscire. Tutta la materia a l’antimateria immaginabile quindi convivevano in perfetta simbiosi in quell’unico punto dello spazio annichilendosi a vicenda. Poi qualcosa cambiò… Come un coltello che taglia in due un uovo sodo, separando la metà destra da quella sinistra, così qualcosa, di cui non ho minima idea, deve aver compromesso la stabilità della convivenza simbiotica di materia ed antimateria separando per sempre, in quell’unico punto, materia ed antimateria facendo “andare” la prima in una direzione e la seconda in un’altra. I “punti” dell’universo in quell’istante sono diventati 2. In ognuno di questi punti è raccolta tutta la materia o tutta l’antimateria. Queste esplodono. SEPARATAMENTE. In due direzioni opposte (le uniche due possibili). In due “coni di luce” opposti. Con due GRANDI ESPLOSIONI (BIG BANG) diversi. In due Universi Diversi. Che, forse, un giorno si ricongiungeranno. ANNICHILENDOSI. Fino ad allora non potremo in alcun modo aver sentore dell’esistenza del nostro universo parallelo di antimateria perché non ci è permesso vedere all’esterno del nostro “cono di luce”. Ma proprio lì, in quell’universo parallelo al nostro, fatto di antimateria, c’è tutta l’antimateria “mancante” che nel nostro universo non c’è! Inoltre se diamo per buono che la singolarità iniziale fosse in tutto e per tutto un buco nero potremmo anche immaginare che ogni buco nero, della nostra galassia o di qualsiasi altro universo, potrebbe anche essere a questo punto un ovulo da cui potrebbero nascere 2 universi, 2 altri BIG BANG! Ovvero da ogni buco nero potrebbero nascere due universi paralleli e completamente slegati dall’universo in cui risiedeva il buco nero prima di esplodere in un nuovo Big Bang. Ma possiamo anche andare oltre…
Cosa fa un buco nero? Assorbe materia attraendola e compattandola in un unico singolo punto spazio-temporale. Ma quando il buco nero esaurisce il suo “carburante” (ovvero quando non trova più materia da assorbire) che fa? Azzardiamo un’ipotesi: un buco nero attrae tutta la materia che trova intorno a se fino a che, ad un certo punto, non trova nelle vicinanze più materia da attrarre. A questo punto potremmo immaginare un buco nero che imploda su se stesso fino a riesplodere con un suo Big Bang “personale” da cui si genererebbero due universi paralleli che si evolverebbero in due coni di luce opposti (e distinti dal cono di luce in cui si era sviluppato il buco nero), così come abbiamo già presupposto in precedenza.
Di fatto, ad un’ulteriore analisi, potrebbero configurarsi un altro scenario davvero interessante: i buchi neri sarebbero “PORTE” che permetterebbero alla materia di passare da un universo all’altro. Un buco nero assorbe materia compattandola nel suo punto spazio-temporale singolo da cui potrebbero generarsi, come abbiamo già immaginato, altri universi fatti della stessa materia di cui è fatto il buco nero. La stessa materia che il buco nero ha assorbito nell’universo in cui si è generato e che scaraventerà nei due nuovi universi che sta generando. In un flusso continuo quindi la materia di un universo assorbita da un buco nero potrebbe “riapparire” in un nuovo universo generato dal buco nero, fino a che questo non si “spenga” dopo aver attratto tutta la materia nelle sue vicinanze. Questo fenomeno è stato già descritto in modo simile nella letteratura scientifica, ma ovviamente non ha riscontri!
Ora rispondete a questa domanda, se ci riuscite: se l’universo ha 14 miliardi di anni, e se di buchi neri ce ne sono dovunque e da sempre, perché non hanno ancora assorbito tutta la materia di cui questo universo è fatto? Sono “lenti”? O troppo pochi? O la materia da assorbire nel nostro universo è troppa? O distribuita troppo a caso nello spazio? O, alla fine, tutta la materia del nostro universo finirà inesorabilmente per essere assorbita da un buco nero e scaraventata in un altro universo? E chissà se, allora, il nostro universo potrà ricongiungersi con il suo universo parallelo fatto di antimateria? Perché, a questo punto, potrebbe anche esserci al “centro” del nostro universo (ammesso che ce ne sia uno!), il “buco nero primordiale” da cui tutta la materia è inizialmente “fuoriuscita” ed in cui alla fine tornerà per ricongiungersi con l’antimateria dell’universo parallelo e “riemergere” in altri due universi, nuovi e fiammanti. Comunque la fine dell’universo prima di 7 miliardi di anni, comunque molto più vicina del previsto.L’ipotesi è stata formulata da due studiosi australiani, che hanno ricalcolato il tasso di entropia del cosmo sulla base di nuovi dati e hanno trovato che questa è 30 volte maggiore di quanto si pensasse. I due studiosi, Chas Egan e Charley Lineweaver, hanno calcolato l’entropia, una misura di quanto un sistema sia disordinatoe quindi vicino al caos, basandosi sui contributi di tutti gli oggetti celesti, dalle stelle alla radiazione di fondo. “Abbiamo anche stimato un possibile contributo dalla materia oscura, hanno detto i due studiosi, ma a dominare sono i buchi neri più grandi, i cosiddetti supemassicci. Usando i nuovi dati sul loro numero e sulla loro grandezza abbiamo trovato un risultato 30 volte più grande di quello che ci si aspettava”. Basandosi sulla legge della termodinamica che prevede che l’entropia possa solo aumentare, gli studiosi stanno adesso cercando di stabilire quanto tempo resti all’universo prima del caos. Una prima indicazione è che questo sia arrivato a tre quarti della sua vita, invece che a metà come si pensava, il che lascia ancora almeno tre miliardi di anni di vita dell’universo.
LA GENESI DEL MODELLO BIG BANG
Albert Einstein (1879-1955) quando presentò nel 1916 la sua teoria della relatività generale aveva alle spalle la certezza dell'inesistenza dell'etere data dall'esperimento del 1887 condotto da Albert Abraham (1852-1931) e Edward Morley (1838-1923), cioè quell'ipotetico mezzo rigido che si pensava facesse da supporto al viaggiare della luce e della gravità, e che, essendo statico, diventava il riferimento assoluto del moto dei corpi. Einstein si trovò di fronte al vuoto, ma non lo considerò precisamente tale, poiché lo pensò come spazio, inteso non come pura estensione, ma come qualcosa soggetto a prodursi in campo gravitazionale o elettromagnetico. Einstein delineò un Universo con spazio quadrimensionale, dove la quarta dimensione era il tempo, giungendo con ciò ad una geometria non euclidea, il che voleva dire che due linee parallele nell'Universo non rimanevano separate all'infinito, ma venivano a confluire in un punto e per viceversa si aprivano. Con ciò l'universo non poteva essere pensato statico, ma in contrazione o in espansione, e lo spazio, in presenza di una massa di attrazione, viene inteso come spazio gravitazionale, diventa curvilineo. La luce che ha traiettoria lineare quando passa per un campo gravitazionale risente della curvatura spazio-tempo e subisce un deflessione. Va detto subito che lo spazio quadrimensionale fornisce solo un modello di facilitazione del calcolo in sede gravitazionale, poiché il tempo ha carattere ben distinto dallo spazio. Un Universo in contrazione o in espansione rese però perplesso Einstein che introdusse una costante cosmologica alle sue equazioni per rendere il suo Universo stazionario, cioè non in espansione né in contrazione.
Albert Einstein
Nel 1917 l'astronomo Vesto Slipher (1875-1969) del Lowel observatory notò che le sue osservazioni su alcune nebulose evidenziavano l’esistenza di spettri di luce con spostamento verso il rosso, cioè verso frequenze minori. Successivamente, nel 1918, l'astronomo Carl Wirtz (1876-1939) dell'osservatorio di Strasburgo, notò lo stesso fenomeno e trovò una relazione lineare tra il red shift (spostamento verso il rosso) delle nebulose e la loro distanza da terra misurata con una serie di calcoli sulla base di metri di paragone detti “candele standard”, ingegnosamente elaborate considerando la luminosità degli oggetti siderei. Ovviamente, queste distanze non sono distanze assolute, cioè non esenti da margini di errore. La teoria di Vesto Slipher e di Carl Wirtz nonché la Teoria della Relatività di Einstein portarono il fisico belga Georges Eduard Lemaitre (1894-1966), indipendentemente dal fisico russo Alexander Friedman che giunse alle medesime ipotesi, a prospettare l'esistenza di un Universo in espansione. Lemaitre formulò una legge di proporzionalità fra la distanza delle formazioni celesti e la loro velocità di recessione, cioè la velocità con la quale le galassie sembrano allontanarsi a causa dell'Universo in espansione. A tale legge approdò anche, indipendentemente dalle conclusioni di Lemaitre, Edwin Powell Hubble (1889-1953) con le sue osservazioni, rese pubbliche nel 1926, e venne conosciuta come Legge di Hubble. Hubble ipotizzò che l'Universo fosse omogeneo, cioè presentasse pressoché lo stesso volto in tutte le direzioni, e con ciò non ebbe difficoltà a pensare ad un Universo in espansione come se fosse un pallone gonfiato. In seguito alle osservazioni di Hubble, Albert Einstein non introdusse più nelle equazioni la costante cosmologica. Lemaitre nel 1931 giunse a prospettare l'esistenza di un “atomo primevo” che sarebbe esploso dando origine all'Universo. Lemaitre valutò l'età dell'Universo come risalente a 10/20 miliardi di anni fa. La teoria di Lemaitre venne chiamata del Big Bang (grande esplosione) da Fred Hoyle (1915-2001) nel 1948-50. Fred Hoyle fu il promotore di un modello di Universo stazionario dove la materia mancante per l'espansione veniva continuamente creata. Negli anni 40, sulla base del modello Big Bang, George Antonovich Gamow (1904-1968) prospettò l'esistenza di una radiazione fossile presente nell'Universo, ciò in base al pensiero che la materia nei primi istanti dell'espansione fosse talmente densa da impedire il passaggio della radiazione prodotta dal Big Bang. In seguito, rarefacendosi la materia, la radiazione poté filtrare inondando l'Universo quando già era molto espanso. Si noti che l'espansione dell'Universo non viene considerata dalla teoria come materia lanciata nel vuoto, ma come materia che forma lo spazio. Gamow stimò che la temperatura della radiazione fosse di 50 gradi Kelvin; in seguito rettificò questo dato portandolo a 5 gradi Kelvin, un dato di previsione che si rivelerà inesatto per eccesso di circa il doppio.
Queste considerazioni determinarono l'ingresso nella comunità scientifica della teoria del Big Bang, pur presentando aspetti tutti da motivare. Il Big Bang, in particolare, parla di una grande esplosione a partire dalla materia concentrata in un solo punto a temperatura elevatissima. Una situazione di singolarità che deroga da tutte le leggi della fisica, senza essere o, meglio, poter essere, sostenuta da nessuna prova.
Acceleratore di particelle LHC
Nessun acceleratore di particelle, neppure il gigantesco LHC (Large Hadron Collider) di Ginevra può riprodurre tale singolarità iniziale, ma solo lo stato di plasma della materia. LHC per gli aderenti al Big Bang può essere definito una macchina del tempo, una corsa verso le condizioni del plasma iniziale, ma non può andare oltre. In realtà, se si guardano le sperimentazioni di LHC in se stesse, non sono altro che il sondaggio della realtà della materia, ovviamente per quello che è accessibile all'uomo. La singolarità iniziale risulta così non verificabile da nessuna esperienza possibile e perciò non rientra precisamente nella dignità di teoria, ma solo di un artificio matematico fondato sull’applicazione della teoria della Relatività Generale alle dimensioni globali dell’Universo. Si invoca una nuova teoria la “gravità quantistica”, ma non potrà che muoversi su di una pura astrazione matematica, non verificabile col metodo Galileiano dell'esperimento.
LA RADIAZIONECOSMICA DI FONDO
Nel 1964 due fisici, Arno Penzias e Robert Woodrov Wilson, mentre attuavano delle rilevazioni di controllo con un nuovo ricevitore a microonde della Bell Thelephone Laboratories, rilevarono una radiazione a microonde sconosciuta. Successivamente, il gruppo facente capo a Phillip James Peebles dell'Università di Princeton, che si era messo a ricercare tale radiazione pensandola come la radiazione cosmica di fondo (CMBR: Cosmic Microwave Background Radiation), la ritrovò. La radiazione si presentava isotropa, cioè di temperatura uguale in ogni direzione, e ciò contrastava con il pensiero che l'Universo non è così omogeneo. Inoltre, il livellamento della temperatura esigeva lo scambio tra le varie zone in espansione, infatti se l'espansione fosse avvenuta a velocità maggiore della radiazione elettromagnetica non sarebbe stato possibile lo scambio e quindi la CMBR avrebbe dovuto essere molto anisostropa. Per spiegare questo, e non veder annullarsi la teoria del Big Bang, si ricorse alla “teoria inflazionistica” il cui nome deriva da to inflate (gonfiarsi), secondo la quale subito dopo il Big Bang ci fu un momento nel quale agì “una densità negativa dell'energia di pressione di espansione”. Per questo Alan Guth, artefice del modello inflazionario (1979-1981), si inventò una particella ipotizzata in azione in quegli istanti: l'Inflatone. Con ciò si sarebbe avuto all'inizio una singolare espansione velocissima (stiramento dello spazio), con embrioni cosmici, dovuti all'azione gravitazionale e alle onde di pressione dell'esplosione e alla ipotetica energia oscura, tanto vicini da permettere l'omogeneizzazione della temperatura. L'esperimento (1998-1999) Boomerang (Balloon observation of milimetric extagalactis radiation anisotropy and geophisics; un pallone elevato nell'Antartide per sfruttare un varco presente nella nostra galassia) approdò ad affermare che l'Universo ha attualmente una geometria euclidea (universo piatto) sulla base di una “densità critica” dell'Universo. Se l'Universo fosse composto solo da stelle si avrebbe lo spazio non euclideo, ma ciò non è.
Il lancio del pallone Boomerang
Il pallone Boomerang, nella cui navetta era collocato un telescopio e un serie di strumenti di misurazione della radiazione cosmica di fondo, rilevò la radiazione spingendosi a misure cento volte inferiori di quelle del satellite COBE (Cosmic Background Explorer), che, messo in orbita nel 1989, registrò anisotropia con variazioni di temperatura dell'ordine del milionesimo di grado Kelvin sul dato di 2,726 gradi Kelvin. Nel 2003 i dati del satellite WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) segnalavano differenze di temperatura da punto a punto dell'ordine di alcuni milionesimi di grado Kelvin. I dati del satellite WMAP esaminati a lungo fornirono la sorpresa che c'era una zona oscura, nella direzione della costellazione di Eridano, da cui non proveniva radiazione cosmica. Era una zona larga 900 milioni di anni luce. I radiotelescopi del VLA (Very Large Array) nel 2007 confermarono che da quella zona oscura non proveniva alcuna radiazione. L'isotropia (sempre salva una certa anisotropia con la quale il to inflate è allineato) della radiazione di fondo necessaria per pensare all'inizio dello spazio-tempo ne viene profondamente scossa. Nuove misurazioni più approfondite saranno fatte dal satellite Plank collocato su di un orbita particolare ad 1 milione e mezzo di km dalla terra, dove le attrazioni del sole e della terra agiscono in posizione di equilibrio sul satellite (punto lagrangiano L2). La posizione in direzione opposta al sole permetterà al satellite di essere nella zona d'ombra generata dalla terra e dalla luna. Le nuove misurazione probabilmente riveleranno anche per la zona oscura un minimo di radiazione, ma fin da ora bisogna necessariamente pensare che al momento della to inflate l'Universo era disomogeneo. Del resto già Margaret Geller, unitamente a John Huchra e Louis Nicolaci Da Costa, nel 1989 aveva segnalato disomogeneità nella distribuzione delle galassie, cioè la presenza di grumi di galassie. La cosa venne confermata nel 1996-98 da un team internazionale guidato da Jean Einasto e Maret Einasto. Glen Starkman, docente di fisica e astronomia all'Università di Stanford, nella sua conferenza al convegno di Moncao (Portogallo, estate 2003), prospettava che la CMBR, piuttosto che essere vista come il resto energetico del Big Bang, era da considerare come proveniente dai corpi stellari attraverso la mediazione delle nubi di gas e polvere cosmica presenti nel cosmo giungendo infine all'integrazione col sistema della nostra galassia, e da qui la nostra registrazione strumentale di isotropia e anisotropia.
IL REDSHIFT
Le varie sostanze generano o assorbono determinati colori, così ad esempio, un gas di sodio produce luce gialla se riscaldato, come si vede nei lampioni stradali. Ora, Hubble vide che i colori negli spettri di luce che registrava guardando le galassie erano spostati verso il rosso, dalla loro posizione normale. Hubble pensò che questo spostamento fosse dovuto all'effetto Doppler per il quale la luce o il suono, emessi da un corpo in movimento, subiscono uno stiramento o una compressione. Tutti hanno notato che un treno in avvicinamento veloce emette un suono acuto (compressione delle onde sonore) e poi dopo il passaggio un suono grave (stiramento delle onde sonore). Hubble pensò così al red shift. Ma il red shift è stato considerato proveniente anche da altri fenomeni. Si è pensato ad uno spostamento verso il rosso di tipo gravitazionale, ma ciò bisogna dire che implica masse enormi e quindi curvatura dello spazio-tempo con conseguente abbandono della geometria euclidea. C'è poi il cosiddetto “effetto Doppler trasversale” che nasce dalla rotazione dell'oggetto celeste sul suo asse, ma questo si accompagna nella zona opposta al blue shift, cioè allo spostamento verso il blu, e non rende ragione del red shift globale di un oggetto celeste. C'è la teoria della “luce stanca”, cioè della luce che nel percorrere gli spazi siderali attenua la sua energia spostandosi verso il rosso. La teoria della luce stanca è stata poco esaminata, ma lo meriterebbe. C'è poi il pensiero che la luce attraversando campi magnetici fortissimi si sposti verso il rosso. Questo effetto è stato previsto teoricamente da Albert Einstein e verificato sperimentalmente da Walter Sydney Adams (1875-1956), direttore dell'osservatorio di Monte Wilson. .
LO SCOMPIGLIO PORTATO DAI QUASAR AL RED SHIFT
Telescopio orbitante Hubble
Il dato valido che porta alla considerazione dell'esistenza di un fenomeno non ancora spiegato proviene da una stella quasar (quasi-stellar radio source; radiosorgente quasi stellare) posta dinanzi al nucleo della galassia NGC 7319. Tale galassia ha dense nubi che nascondono gli oggetti siderei al di là del suo nucleo. L'evento è stato fotografato il 3 ottobre 2003 dal telescopio orbitante Hubble ed è stato notato da Pasquale Galianni dell'Università di Lecce, e verificato come quasar, con il telescopio Kech I, da Halton Christian Arp e da Margaret Burbidge. Ora, le stelle quasar presentano un red shift tanto alto che vengono collocate agli estremi confini dell'Universo. Quella stella quasar, luminosissima come tutte i quasar, stando al suo red shift, avrebbe dovuto trovarsi 90 volte più in profondità.
Quasar posto davanti alla galassia NGC 7319. Foto dal telescopio orbitante Hubble
Il red shift, dunque, non può essere causato dalla velocità di allontanamento che viene assegnata agli oggetti più lontani. Questo fatto si accompagna ad altre osservazioni dell'astronomo Halton Christian Arp, operante presso il Max-Planch Institute di Monaco. Arp è un grande esperto di distanze astronomiche e dei quasar. Egli vide che in prossimità di quasi tutte le galassie attive, quelle con grandi emissioni lungo quasi tutto lo spettro elettromagnetico, come infrarossi, onde radio, ultravioletti, raggi x, raggi gamma, si ha un numero di quasar superiore alla media. Arp considerò poi l'esistenza di collegamenti di stelle quasar con alcune galassie che presentavano un basso red shift. Ovviamente, resta l'effetto Doppler, e quindi resta il red shift da velocità degli oggetti celesti, ma tutto diventa più complesso, cioè più ricco, e l'approccio all'Universo non può che diventare molto più cauto e umile. Ci sarà da spiegare perché i quasar hanno un cosi elevato red shift, ma ciò non potrà più essere interpretato solo come un effetto Doppler. Una spiegazione potrebbe essere proprio quella di Albert Einstein e Walter Sydney Adams, cioè dovuta all'interazione della luce con un fortissimo campo magnetico stellare. E' stato scoperto anche che le galassie hanno un loro campo magnetico (campo magnetico galattico) diverso dall'addizionarsi dei campi magnetici delle singole stelle, e questi campi magnetici galattici hanno il loro peso nella formazione del red shift galattico. Ma esistono anche fenomeni impressionanti come galassie che collidono tra di loro rendendo complesso lo schema del Big Bang, che a questo punto appare solo come un semplice abbozzo della realtà.
LA COSMOLOGIA DEL PLASMA
Fortemente alternativa alla teoria del Big Bang è la cosiddetta cosmologia del plasma proposta negli anni 60 del XX sec. da Hannes Alfven, premio Nobel per la fisica nel 1970. Esperto nel campo della magnetodinamica, Alfven sostenne che i campi magnetici hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale nella composizione delle strutture cosmiche. Fu lui che dimostrò che la Via Lattea aveva un campo magnetico che non era la semplice somma di quelli stellari e ipotizzò che tale campo magnetico galattico fosse dovuto ai moti del plasma interstellare. Il premio Nobel ipotizzò che anche il plasma intergalattico abbia, con i suoi moti, la capacità di generare forti campi magnetici in grado di sovrapporsi all'azione della forza di gravità. Propose anche che nel cosmo da lui congetturato, senza origine e senza limite di estensione, cioè infinito, ci fossero immani scontri tra materia e antimateria che dessero origine a moltitudini di Big Bang. Benché pensato eterno, e quindi in un quadro statico, il cosmo è attraversato dal tempo e quindi in continua evoluzione, il che equivale a dire che ha in sé il divenire e quindi il tempo. Hannes Alfven vide la sua teoria perdere di interesse negli anni 90 ma, dopo che si sono riscontrate difficoltà nel modello Big Bang, una serie di scienziati come Eric Lerner ha ripreso in mano la teoria con toni combattivi, ed estremizzazioni facilmente riconoscibili. Infatti, la radiazione proveniente dai flussi elettrici del plasma non potrebbe essere che radiazione di sincrotone e quindi fortemente polarizzata, ma la radiazione cosmica di fondo registrata dalle strumentazioni non è affatto tale. Non si osservano poi come fatto presente e costante le grandi annichilazioni di materia e antimateria congetturate. Ci sono in orbita laboratori spaziali per intercettare segni dell'antimateria, ma non si può concludere che materia e antimateria siano in una dialettica costante. Infatti, è la materia che ha avuto il sopravvento sull'antimateria in processi cosmici postulati nel passato.
Indubbiamente, sono preziose le osservazioni scientifiche di Hannes Alfven, ma l'aver confuso scienza con filosofia non gli fa nessun onore. Infatti, la teoria della cosmologia del plasma dice che l'Universo è in continuo divenire, ed è costretta a dire questo dalla realtà delle cose, ma nello stesso tempo presenta come ciò sia dentro un quadro statico, che è proprio di ciò che è eterno. Tanto per fare un esempio, se in una bacinella piena d'acqua l'acqua viene agitata o da una scossa, o da una raffica di vento, o da un vibratore posto nell'acqua, o da una reazione chimica, dopo un po' l'acqua si compone in quiete e non ha in sé la capacità di tornare in moto, ma lo deve ricevere da un'azione esterna. Così un Universo senza causa prima del suo divenire, perché pensato eterno e infinito, non solo cessa ad un certo punto di avere moto in se stesso, ma neppure lo può avere dal principio, proprio perché essendo eterno non ha principio. In definitiva, la teoria della cosmologia del plasma, almeno così come viene divulgata, si presenta con i tratti dell'ideologia materialista e trasferisce nella materia la dialettica tesi-antitesi e sintesi. Ma la materia e l'antimateria non sono in opposizione, ma sono funzionali all'insieme dell'Universo; l'antimateria è entrata, infatti, a far parte della materia.
La cosmologia del plasma ha tuttavia posto il dito sull'inconsistenza dell'astratto punto singolare iniziale, ha evidenziato che si avrebbero leggi fisiche ignote e scardinanti tutte le conoscenze della fisica. Hannes Alfven ha per questo affermato che il plasma prodotto nei laboratori è uguale a quello dello spazio interstellare, uguale a quello delle reazioni nucleari delle stelle. Ha detto che non c'è un cambio di leggi fisiche per cui esse siano mutate. Molto probabilmente, proprio ponendosi contro "l'astratto punto singolare iniziale" Hannes Alfven è finito nell'affermazione di un Universo eterno.
LA NUCLEOSINTESI, PROBLEMA DEI PROBLEMI
Le visioni cosmologiche moderne non possono sostenere, se non verbalmente, che la nucleosintesi, cioè la formazione dei primi nuclei di materia capaci di attirare attorno a sé la materia cosmica, per poi dare inizio e formazione agli oggetti cosmici, sia avvenuta per autoevoluzione. Infatti, il dinamismo di espansione dell'Universo, affermato dalla teoria del Big Bang, avrebbe dovuto conoscere delle barriere di frenamento della materia per raddensarla nel pieno della velocità di espansione. Il gioco tra l'ipotetica materia oscura, che sarebbe la forza antagonista alla forza di gravità e quindi responsabile della surplus di accelerazione - ipotizzato esso stesso da calcoli - dell'espansione dell'Universo e la forza di gravità, mettendo in gioco anche le iniziali pressioni acustiche del Big Bang, annulla l'affermazione della possibilità che il processo di nucleosintesi sia avvenuto per autoevoluzione, infatti ciò non produce alcun tipo di frenamento, ma anzi il contrario. Per questo i cosmologi del Big Bang ammettono di non avere alcuna idea sulla formazione delle strutture cosmiche. Il termine nucleosintesi è poi elegante, ma impotente ad esprimere la formazione delle grandi strutture sideree, perché fa riferimento solo alla formazione delle stelle. La realtà invece è ben più complessa perché le stelle fanno parte di grandiose strutture quali sono le galassie, e la complessità della nucleosintesi sale ancora immensamente di grado se si pensa che gruppi di galassie sono in concatenazione gravitazionale attorno ad un loro centro galattico ruotando attorno ad esso, mentre ognuna ruota attorno al proprio centro gravitazionale; e infine la complessità sale ancora immensamente se si pensa che tutto l'Universo è in mirabile concatenazione gravitazionale. E impotente più che mai è la cosmologia del plasma a spiegare la nucleosintesi, anche perché l'ideologia materialista ne deforma il cammino scientifico.
Personalmente penso alla creazione iniziale di un universo in stato di caos, dove gli elementi erano in urto, in esplosione, in stato di plasma e di immani moti. Il cosmo in stato di caos, non va affatto inteso come privo di un ordine implicito, immanente, di un ordine pronto ad essere mirabilmente espresso.
Il Caos era pronto a ricevere da Dio un impulso onnipotente per l'attuarsi della nucleosintesi
Dunque evoluzione, ma non autoevoluzione, ed è questa la sostanza del discorso che papa Ratzinger ha rivolto alla Pontificia Commissione per le Scienze (Osservatore Romano, 1 novembre 2008): “Per svilupparsi ed evolversi il mondo deve prima essere, e quindi essere passato dal nulla all'essere. Deve essere creato, in altre parole, dal primo Essere che è tale per essenza. Affermare che il fondamento del cosmo e dei suoi sviluppi è la sapienza provvida del Creatore non è dire che la creazione ha a che fare soltanto con l'inizio della storia del mondo e della vita. Ciò implica, piuttosto, che il Creatore fonda questi sviluppi e li sostiene, li fissa e li mantiene costantemente. (...) Il mondo, lungi dall'essere stato originato dal caos, assomiglia a un libro ordinato. È un cosmo. Nonostante elementi irrazionali, caotici e distruttivi nei lunghi processi di cambiamento del cosmo, la materia in quanto tale è "leggibile". Possiede una "matematica" innata. La mente umana, quindi, può impegnarsi non solo in una "cosmografia" che studia fenomeni misurabili, ma anche in una "cosmologia" che discerne la logica interna visibile del cosmo”. Non fa problema pensare ad un Universo che abbia conosciuto espansioni, fa problema pensare che tutto derivi da un'unica sorgente, perché difficile dare ragione di galassie che si avvicinano (la galassia Andromeda si avvicina alla Via lattea e si ipotizza che tra 4 miliardi di anni potrebbero entrare in collisione e fondersi in una sola galassia) e poi si collidono diventando un'unica galassia, come il telescopio orbitante Hubble ci ha fatto vedere.
Galassie prossime alla collisione. Dal telescopio orbitante Hubble
Un universo allo stato di caos non è affatto incompatibile con la narrazione della Genesi, dove la creazione delle cose è vista procedere per tappe e nello stesso tempo senza discontinuità perché, fin dall'inizio, la materia era stata creata atta a formare, con atto creatore di Dio, le piante, gli animali, e infine il corpo dell'uomo, dotato di un'anima spirituale.
LA NARRAZIONE DELLA GENESI
Indubbiamente, nella Bibbia è presente la nozione di un Universo di partenza per giungere all'attuale, come si può vedere nella narrazione della Genesi (1,1 - 2,4). Questo Universo di partenza lo si può chiamare con il nome classico di caos.
Il testo dice che Dio in principio creò, il cielo e la terra. Il tempo comincia con l'atto creatore che produce tutte le cose dal nulla, cioè non a partire da una materia eterna preesistente. Il testo prosegue dicendo che la terra era avvolta dalle acque e che le tenebre ricoprivano l'abisso. L'abisso (tehom) indica usualmente le profondità dell'oceano, oppure le acque sotterranee in quanto sono nelle profondità. Ma il testo lascia intendere che le acque dell'abisso non esistono ancora, esiste un'unica massa indifferenziata che ricopre la terra, per cui per abisso deve intendersi la massa gassosa che ricopre le acque. Il cielo, dove saranno poste stelle e sole, è come un panno tenebroso che ricopre l'abisso; manca la luce.
La terra è presentata antecedente alla creazione della luce e alla creazione del sole e delle stelle. Il fatto è estremamente singolare, e non può considerarsi una semplice deroga all'esperienza comune della luce proveniente dagli astri dal sole e dalla luna, tanto per introdurre la serie dei giorni. La creazione della luce è così un evento nuovo, cardine, che determina il passaggio dall'Universo di partenza all'Universo attuale. La sorgente di questa luce la si deve vedere, considerando la visione degli antichi (Cf. Gb 38,19), in serbatoi dai quali esce e rientra. Si ha così il giorno-notte, che viene sostituito dal giorno-notte determinato dalla luce delle stelle e del sole. Il testo così configura un Universo di partenza. Retrocedendo si può pensare ad un caos primordiale, dove gli elementi sono in urto, in esplosione, così l'Universo di partenza assume la configurazione di tappa verso l'universo attuale.
L’UOMO AL VERTICE DI TUTTO
L'uomo è certo in relazione con la terra perché l'abita, perché ne trae alimenti e mezzi per la sua vita, ma con la terra è pure in una relazione costituzionale perché da essa è stato tratto, come dice la narrazione della Genesi (Gn 2,7) circa il suo corpo, essendo che la sua anima viene da Dio: “Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente”. Non è precisamente esatto dire che Dio ha posto l'uomo sulla terra, poiché Dio l'ha tratto dalla terra. La Bibbia dice così che prima viene il corpo e poi, immediatamente, l'anima che dà vita al corpo; e così è sempre: prima la formazione dell'embrione poi, immediatamente, l'infusione dell'anima creata all'istante. Si ha esattamente il contrario nella dottrina della reincarnazione: prima c'è l'anima e poi il corpo che la immette in un cammino di espiazione di peccati antecedenti. La dottrina della reincarnazione è chiaramente erronea anche se si considera il solo fatto che spezza l'unità uomo, riducendo il corpo dell'uomo a realtà esterna, accidentale.
Il testo biblico (Gn 1,1s) presenta l'uomo come il vertice dell'opera creatrice di Dio. L'uomo è al vertice delle cose create, ed è perfettamente conseguente che esse siano poste sotto i suoi piedi (Ps 8,7).
Collocazione del sistema solare nella via Lattea
Nel secolo scorso molti si sono sentiti sconfortati nel sapere che la terra non è al centro della Via Lattea. Per essi il non essere al centro costituiva motivo per registrare un vulnus in se stessi, che traducevano in pessimismo sul valore dell'uomo, ma dimenticavano che l'uomo è al vertice delle opere di Dio, ed essere al vertice vuol dire essere al centro di un disegno di Dio, che Dio ci ha fatto conoscere con Cristo che è il vertice assoluto. Il pensiero che su altri pianeti ci sia vita vegetale e animale, non è senza fondamento, poiché una lunga, immane, storia di forme di vita animale e vegetale già era stata sulla terra prima che l'uomo fosse creato. Non è pensiero deviante poiché è pensiero che rende gloria a Dio creatore di un Universo degno di lui. Il disegno di Dio è disegno d'amore, e l'amore gratuito di Dio chiede che l'amore dell'uomo per lui cresca nell'esistenza terrena affinché si abbia poi l'apoteosi nell'eterno abbraccio con lui nel cielo; in quel cielo che è al di sopra di ogni cielo sidereo. L'essere al vertice delle opere di Dio allora si esprimerà, nell'eterno abbraccio con Dio, nel fruire delle bellezze del cosmo, delle meraviglie di tante e tante vite vegetali e animali poste nei pianeti adatti alla vita. L'essere al vertice coinciderà allora con l'essere veramente al centro di tutto, poiché Dio darà a chi ha corrisposto al suo amore il possesso di tutto. Poi il cosmo sarà sconvolto e ne emergerà ad opera di Dio l'ultima forma, quella eterna e gloriosa (Cf. Rm 8,21; 2Pt 3,10.
IL MONDO SPIRITUALE
Penso a cosa possa esserci all’interno della materia oscura, questa energia che ricopre l’universo conosciuto per il 95% , mentre il restante 5% è ciò che ci circonda è che osserviamo, compresi gli esseri viventi e tutta la materia galassie, pianeti e tutti i sistemi galattici. Da uno studio su Steiner del Bellucci: Potrebbe essere la realtà spirituale, il paradiso terrestre, che si cela ai nostri sguardi? Nei tempi primordiali dell’umanità (era atlantica) l’uomo si sentiva unito al cosmo, avvertiva come un sentimento di unitarietà, di congiunzione con il mondo esteriore: i processi che si svolgevano nel mondo esterno, nel cosmo erano collegati con la sua interiorità. Egli sentiva il cambiare dei ritmi cosmici così come fuori, anche dentro di sè; presentiva l’arrivo del temporale, del terremoto, percepiva in modo vivo l’alternarsi delle stagioni, le fasi lunari, così come oggi avviene ancora negli animali. Era come immerso e unito con l’essere totale del mondo e non separato come ora, tanto da avvertire ogni mutamento esteriore agire dentro di sè. Si potrebbe dire che le forze della natura agivano e influivano in lui in modo più diretto, perchè egli era strutturato in modo da accoglierle in sè. Ciò accadeva perchè egli era nella sua struttura occulta diverso da ora, e soprattutto non era autocosciente come ora: le influenze planetarie, stellari e atmosferiche lo trascinavano ora in quella o ora in quell’altra esperienza, come guidandolo istintivamente. Si può dire che ogni fatto o fenomeno che accadeva all’esterno si ripercuoteva come eco anche dentro la sua anima, per il fatto che fra il fuori del mondo e il dentro della sua pelle non vi era un limite preciso. Gli animali sono ancora in questo stadio: ciò che noi chiamiamo “istinto” è in realtà la dimostrazione dell’influenza dell’unitarietà, della connessione che esiste ancora fra il mondo animale e il mondo cosmico. Ancora oggi persone più sensibili “registrano” nell’anima date percezione che ad altri non risultano; avvertono in determinate circostanze presentimenti, accolgono nel loro corpo (si crede per autosuggestione) dolori di persone care, oppure nei cambi stagionali avvertono ansia o depressione: ciò è la prova che i processi che si svolgono all’esterno dell’uomo oltrepassano il confine della sua pelle, influenzandolo, penetrandovi occultamente. In tal modo apparirà chiaro che ciò che si definisce autosuggestione non è un convincimento che l’anima autoinduce contro sè stessa, ma bensì la dimostrazione che in alcune anime meno incarnate il processo di influenza dei fenomeni esterni penetra maggiormente. In realtà sappiamo che l’uomo è uno con il mondo, e che la sua condizione di separazione è illusoria; tale coscienza di distinzione fra l’uomo e le cose esterne si attua solo in virtù della contrapposizione che il corpo fisico oppone all’ambiente circostante. Nel tempo l’uomo si è sempre più inserito nel corpo fisico, facendo sì che i suoi corpi interiori coincidessero con questo; in tal modo si è generata un’impossibilità di avvertire un nesso reale con il mondo.
Nell’antichità più remota gli uomini appena incarnati, si sentivano non singoli individui, ma organi, strumenti facenti parte dell’universo. Mentre la cosmologia attuale misconosce la relazione di unitarietà fra una vita animica cosmica Una intessuta con la singola vita animica umana, l’antico sentiva l’agire diretto di sè, per chiaroveggenza spontanea, delle entità spirituali agenti in ogni cosa del mondo esterno.
L’antico avvertiva che il suo pensare, il suo sentire e il suo volere erano la manifestazione del suo corpo astrale: sapeva che tale corpo astrale non era solo racchiuso entro la sua organizzazione fisica, ma che esso era agente e abitante dell’universo.
La possibilità che esista una cosmologia esatta e vera, può sorgere solo se si riacquisisce una conoscenza dell’uomo astrale; l’uomo deve divenire capace di percepire tramite il suo corpo astrale i processi planetari, stellari, cosmici. Per far ciò l’uomo deve essere capace di fuoriuscire dal corpo fisico e dall’eterico come avviene di notte, ma mantenendo desta la coscienza. Egli si sentirà così come una parte costituente il cosmo: un essere recante un suo particolare, unico posto entro l’ordinamento del mondo, con un suo ruolo preciso insostituibile da altri; al contempo saprà che così come si è reso indipendente dal suo corpo fisico, è però ora anche indipendente dal cosmo.
(Autore:Fernando Rapi)
Sezioni correlate in questo sito:
www.duepassinelmistero.com Avvertenze/Disclaimer settembre 2010
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