|
TEMATICHE: Due passi nell'Italia nascosta Simbologia e Cultura Orientale UTILITY: Ricerca veloce titoli per argomento SERVIZI:
|
Conan Doyle, Verne ed i mondi perduti
(di Enrico Pantalone) Indubbiamente la letteratura dedicata al fantasy sui mondi
passati ebbe il suo momento d’eccezionale sviluppo dalla metà del XIX secolo
sino alla metà del Ventesimo, quando cominciò a scemare per effetto delle
possibilità di conoscenza diretta
e dello sviluppo tecnologico ad essa legato. La civiltà incalzante della seconda metà del XIX secolo,
tumultuosa e d’espansione straripante, diede modo di sviluppare una sorta di
saggio/racconto propositivo, certo innovativo per il tempo, che diede impulso
anche alla pratica; l’esempio del sommergibile di Verne, o la Parigi del 1960
immaginata un secolo prima dallo stesso autore, quasi uno specchio della realtà
vera e propria; vi era cioè una sorta di corsa tra i profeti del progressismo
per l’arricchimento delle metodologie da utilizzare eventualmente per scopi
scientifici e sociali più che militari. Oltre allo scrittore per eccellenza, Verne
appunto, anche Sir Arthur Conan Doyle si cimentò
nell’esperienza diretta e scrisse un racconto che ancora oggi è un caposaldo
sia letterario che di fantascienza: “Il Mondo Perduto, la valle dei
dinosauri”, utilizzato a più riprese anche dal cinema e da registi
famosi, ultimo Steven Spielberg. Proprio su questo racconto e su quello di Jules Verne “Viaggio
al centro della Terra” simile nella struttura e nella ricerca, vogliamo
incentrare il nostro articolo per verificare quale tipo di portata e
importanza ebbero nella quotidianità del tempo, considerato anche il
fatto che il francese pubblicò circa 50 anni prima il racconto rispetto
all’inglese (1864 e 1912 rispettivamente) il che, tradotto in termini di
innovazione tecnologica, significa la possibilità concreta di utilizzare
conoscenze senz’altro più profonde ed innovative: Verne fu colui che diede
l’impulso iniziale con la sua grande fantasia, Doyle -da buon inglese- fu
colui che strutturò la ricerca disciplinando il fantastico con il razionale, il
che diede sostanza all’opera di tutto questo genere di letteratura. H.G. Wells,
poi, chiuderà in maniera irripetibile l’epopea spaziando nella ricerca del
futuro possibile per la nostra Terra. Ø
Verne basava tutto sulla sua grande intuizione,
applicando le conoscenze tecniche del tempo ad un’ipotesi di realtà futura:
l’esempio nella Parigi del 1960 era la movimentazione d’automezzi sulle
strade attraverso un sistema d’aria compressa, come una posta pneumatica
dimostra come egli studiasse a fondo le invenzioni innovative del suo tempo ed a
suo modo ne precisasse possibili utilizzi anche in campi diversi da quello per
cui l’invenzione stessa era stata creata. Il suo Viaggio al Centro della Terra vuole essere più un
percorso introspettivo alla ricerca dell’umanità perduta che di un mondo
preistorico ancora esistente: le varie personalità protagoniste del racconto
sono lo specchio delle realtà sociali del tempo e si muovono ancora in un
sistema piuttosto dualistico tra il bene ed il male, segno evidente della società
in cui egli viveva, in pieno clima di trasformazione anche traumatica. Tuttavia egli disegna un itinerario unico, sempre nel contesto
della vecchia Europa disegnando degli antipodi un po’ troppo soggettivamente
tra due regioni a carattere vulcanico: quella islandese in cui avviene la
partenza degli scienziati verso le profondità terrestri e quella mediterranea
in cui avviene l’uscita degli stessi. Non è quindi mai presa in
considerazione la possibilità d’altre civiltà, l’eurocentrismo è evidente
in questo caso. Il viaggio al centro della Terra
di Verne è certamente fantasioso, ma è molto ben strutturato sull’ipotesi di
una vita preistorica sotterranea, perfino dal punto di vista dei riferimenti
geologici appare preciso, oceano compreso, anche se ovviamente impossibile
realmente, per via della temperatura molto alta a quelle profondità, e la
trasposizione nel romanzo delle problematiche politiche e sociali del suo tempo
appare evidente.Lo scrittore, nel compiere il suo tour attraverso questi
territori sotterranei sconosciuti, cerca di dare il suo contributo affinché
essi vengano risolti in maniera positiva, l’uomo che ragiona può ritrovare sé
stesso anche nel momento più buio e tornare alla luce sfruttando ciò che di
naturale esiste in noi e la metafora della forza propulsiva del vulcano per
ritornare in superficie ne dà la prova lampante, la sopravvivenza umana è
quindi un punto focale del suo racconto. Ø
Sir Arthur Conan Doyle prende spunto da una scoperta
eccezionale avvenuta nel 1911: quella dei resti archeologici del Machu Picchu
per opera dello statunitense Bingham che portarono al ritrovamento del più
grande museo all’aria aperta della civiltà Andina degli Incas, un’intera
città ad oltre quattromila metri d’altezza. Così il creatore di Sherlock Holmes trova il modo di mandare un
professore inglese (Challanger …guarda un po’….) a ripetere un
percorso simile a quello di Bingham, ma ovviamente essendo inglese non
s’accontenta di trovare una città ben conservata, infatti trova addirittura
un mondo perduto, “The Lost World”, dove animali preistorici
sopravvivono insieme a tipologie diverse di civiltà e forme di vita che
raccontano tutta la storia dell’Uomo sulla Terra: insomma come se il mondo in
quella valle nel cratere d’un vulcano spento si fosse creato un’alternativa
a quello reale. Doyle ci mette del suo perché tenta
anche un’interpretazione antropologica, insomma sembra che il filo conduttore
consideri come primario l’evoluzionismo darwiniano perciò ogni civiltà
incontrata dagli scienziati potrebbe essere quella che ha poi generato l’uomo
moderno oppure una sua evoluzione temporale. Doyle elabora perciò il concetto di
coraggio, coraggio nell’avventura, coraggio nella ricerca scientifica,
coraggio che dà la forza d’andare oltre gli schemi comuni alla ricerca di
soluzione per i misteri che a quel tempo apparivano ben lungi dall’avere
risposte certe (e oggi anche…). Doyle sfruttò perfettamente il traino
di questo mondo che fu, prima della Grande Guerra Mondiale, il primo vero
fenomeno di massa a proposito delle ricerche; musei e società geografiche
nel mondo intero, facevano a gara per finanziare spedizioni ovunque, fu anche un
grande fenomeno pubblicitario legato alle grandi industrie moderne,
fenomeno che lo scrittore inglese comprese e traspose nel suo racconto. Mi sembra interessante finire
quest’articolo parlando del grande impatto che hanno avuto i due romanzi sulla
gente attraverso le versioni cinematografiche, soprattutto quelle legato a “The
Lost World” già sugli schermi nel 1925 con un film muto assolutamente
insuperabile sia per qualità degli attori che per la ricostruzione e gli
“effetti speciali” per l’epoca incredibili, notevole anche il remake
del 1960 fino alla saga di Spielberg e ad un fortunato serial televisivo
canadese, incentrato però più sulle deliziose curve di una biondissima
protagonista (una specie di Tarzan in bikini, figlia di qualche esploratore
europeo entrato nella valle precedentemente….) generosamente esposte, che
sulla trama letteraria vera e propria. Nel 1959 uno dei migliori registi, Henry
Levin, diresse il film “Viaggio al centro della Terra” che
riscosse un grande successo e fu un ottimo film, basato su una sceneggiatura che
assicurava un fedeltà al racconto di Verne impressionante; ne uscì così un
prodotto molto particolare, ironico e divertente al tempo stesso. Verne e Doyle rappresentarono in due
epoche diverse la letteratura fantastica al servizio della crescita collettiva
della gente, essi probabilmente fecero molto più che scrivere romanzi,
attuarono una “politica” decisa per rendere meno oscuri e difficili alcuni
discorsi scientifici che altrimenti non avrebbero mai oltrepassato i limiti
imposti dall’esasperato accademismo. (Autore:Enrico
Pantalone Sezioni correlate in questo sito: www.duepassinelmistero.com Avvertenze/Disclaimer
aprile 2007 |