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L'ambito territoriale in cui si colloca l'abitato di Clanezzo, angolo di
rilevante significato storico e architettonico posto alla confluenza tra
le valli Brembilla, Imagna e Brembana,
vanta una storia millenaria ricca di valori e di preziose testimonianze
documentarie, che risalgono alle epoche più lontane della storia brembana.
Una
nutrita serie di motivazioni di ordine geografico, politico, culturale ed
economico, causa dei numerosi cambiamenti che si sono nel tempo
avvicendati, hanno reso quest'area interessante sotto molteplici aspetti. In
virtù delle particolari carattristiche geografiche del sito, idealmente
protetto dalle barriere idro-orografiche circostanti, costituendosi quindi
come caposaldo strategico per il controllo della zona tra la Valle
Brembana e la Valle Imagna, il territorio di Clanezzo fu a lungo conteso e
difeso nei secoli.
Tuttavia, la
collocazione in posizione isolata rispetto ai territori circostanti,
ha creato la necessità per Clanezzo di sviluppare comode e veloci vie di
comunicazione ed in particolare i collegamenti con la sponda sinistra del
Brembo, dove scorreva l'arteria commerciale della Valle Brembana.
Un isolamento che
nel corso dei secoli ha notevolmente influenzato le attività e la vita
sociale del paese.
Le iniziative e le
imprese che nel passato interessarono quest'area economicamente fiorente,
con le sue opere architettoniche e di ingegneria tutt'ora conservate lungo
l'antico percorso che si svolge sul tratto terminale del torrente Imagna,
rappresentano una testimonianza unitaria di quanto sia avvenuto in questi
luoghi, a causa e conseguentemente all'evoluzione politica, economica e
sociale della comunità.
Non
si conosce molto sulle origini dei due nuclei di Ubiale
Clanezzo; probabilmente
Clanezzo, “polo” di valle del comune a cui appartiene, costituisce il
centro più antico: sviluppatosi attorno al Castello fattovi costruire da
Attone Leuco, conte di Almenno San Salvatore, svolse un ruolo strategico
fondamentale per il controllo della zona tra la Valle Brembana e la Valle
Imagna. Il toponimo Ubiale
è collegato certamente al monte Ubione, che sovrasta l'abitato,
anticamente noto come Brembilla
Vecchia. Più incerta è l'etimologia di Clanezzo, forse
derivante dal latino medievale Clunetium
(1).
Clanezzo
è ubicato in un'area territoriale favorevole al sorgere di insediamenti
umani sin dai tempi più remoti, che ne han fatto un
"giacimento" preistorico e antropologico di enorme interesse per
gli studiosi della materia. Lungo il corso del Brembo gli scavi hanno
portato alla luce reperti di origine protostorica (fino al XII sec. a.C.)
e celtica, ritenuti numericamente rilevanti e ben organizzati, che
testimoniano la frequentazione di tutta
l'area all'imbocco delle valli Brembana e Imagna (2).
Risale
alla prima età del Ferro, il ritrovamento sulla collina di Duno di un'"oppidum" di origine celtica noto come il Dunum
di Clanezzo, riconducibile alla cultura Golasecchiana e alla
stirpe degli Orobi,
oggetto di accurati studi di archeoastronomia da parte del Professor Adriano
Gaspani.
In
alcune località sono venuti alla luce resti riconducibili sia al periodo
preistorico e sia romano e medioevale, come in località Büs
o Tamba di Cornei, o come in
località Buco di Costa Cavallina,
dove sono state ritrovate una Grotta con un deposito paleolitico
(con i più antichi reperti umani risalenti al XII millennio a.C.), una
sepoltura del Bronzo Finale e resti romani.
In
località Castello sono
riaffiorati un insediamento risalente al neolitico ed uno al Bronzo
Finale. In località Bondo sono
stati rinvenuti un insediamento preistorico riferibile all'eta' del
Bronzo, nonchè uno risalente alla I eta' del Ferro, con preesistenze
forse nel Neolitico. Reperti
indicatori di frequentazione preistorica sono stati ritrovati in località
Monte Ubione, Büs di
Laür.
Anche
i Romani dunque, che per circa
quattro secoli dominarono sull'Alta Italia e l'Europa, misero gli occhi
sul ridente e assolato pianoro disteso alle pendici del Monte Ubione, dove
alla confluenza tra il torrente Imagna e il fiume Brembo, la Val Brembilla
si divide dalla Valle Imagna: i quattro secoli di dominazione romana nella
zona sono attestati, come detto, da tracce vistose sparse nella zona lungo
le rive del Brembo.
E'
logico pensare che lo sviluppo dei primi nuclei abitativi d'epoca romana,
sia stato reso possibile grazie all'esistenza di vie
di comunicazione che collegassero Clanezzo a quello che all'epoca era
il principale centro amministrativo della zona, Lemine (l'attuale zona degli Almenni). Da Lemine, l'accesso a
Clanezzo poteva avvenire raggiungendo la riva destra del Brembo attraverso
il Ponte
della Regina (l'opera più rilevante di questo periodo, posta lungo la
via militare Bergomum-Comum),
passando quindi per Ubiale dove, il ritrovamento di una tomba romana nei
pressi del "Ponte della Sposa" (lungo la mulattiera che da
Clanezzo porta ad Ubiale), fa appunto supporre che gli insediamenti romani
si spingessero fino a Zogno e
che una strada, passando per Ubiale, li collegasse ad Almenno.
Depositi
e resti romani sono stati rinvenuti anche in località Büs
o Tamba di Cornei e nella Grotta
ubicata in località Buco di Costa
Cavallina, già sedi di ritrovamenti preistorici, in quest'ultima
località risalenti sino al Paleolitico, mentre una menzione a parte
merita la parrocchiale di San Gottardo Vescovo in Clanezzo (3)
dove, durante il riadattamento del 1881, furono trovate, nella
parte posteriore del coro, tombe
di epoca altomedioevale, quadrate e chiuse da tegoloni contenenti
fittili, ossa calcinate e una borchietta metallica ornata d'aggeminature.
Fu
quindi in virtù delle particolari carattristiche geografiche che Clanezzo,
idealmente protetto dalle barriere idro-orografiche del sito, si costituì
come caposaldo strategico per il
controllo della zona tra la Valle Brembana e la Valle Imagna e, in
quanto tale, da difendere e difeso nei secoli: risale al X secolo, ed è sicuramente testimoniata nell’XI, la realizzazione
dell'imponente ponte che si affaccia sul torrente Imagna, il Ponte
di Attone, struttura in pietra ad arcata unica detta a "schiena
d'asino", eretto per unire il Castello
dei conti di Lecco e le Valli Brembilla e Brembana alla Valle Imagna,
nonchè per tenere in comunicazione la Valle con la rocca
di Ubione, che sovrasta l'abitato di Clanezzo.
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1 - Il Ponte di Attone, presso l'edificio cinquecentesco del maglio, che
sorge sul torrente Imagna
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Il
Ponte di Attone, per lunghissimi anni costituì l'unica
via di accesso alla valle da questo lato del fiume, fra Clanezzo e il
territorio di Almenno San Salvatore, costituendo un momento di
collegamento anche tra gli stati che potevano essere tra loro
belligeranti.
Il
ponte sull'Imagna venne edificato quando il territorio di Lemine,
non più corte regia longobarda, era divenuto possedimento della contea di Lecco (4).
Ultimo
conte franco a tenere il possesso di Lecco e Lemine fu Attone
di Guiberto (957-975), a cui si apparteneva anche la roccaforte
sulla vetta del Monte Ubione.
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2 - Il castello di Attone Leuco in un particolare della
"Carte militaire du moyen age rappresentant le theatre de la
guerre". Dipinto a colori su pelle (cm 40x56), prima metà
del sec. XV. Biblioteca Nazionale di Parigi (Gritti, 1997)
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Costruzione
che, successivamente ampliata, assunse una tale importanza per il
territorio, che il Vescovo di Bergamo, nel 1220, dopo una lunga
controversia con il comune di Almenno (che esercitò il potere politico
sull'intera area della Brembilla o Brembilla Vecchia fino al 1443),
cedette alcuni diritti al comune, ma riservò per sè il monte Ubione con
la sua rocca.
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3 - Il ponte in pietra
di Attone costituisce una particolare testimonianza romanica
di capacità costruttiva e sintesi delle grandi conoscenze del
passato
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La
via in acciottolato, che scende al Brembo e poi risale sull'Imagna,
ora passeggiata romantica, ha dunque una vita millenaria: fu passaggio
obbligato per mercanti e viandanti e si attestava davanti alla Dogana
posta al confine tra la
Serenissima e il Ducato di Milano.
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4 -Scendendo lungo il percorso acciottolato, laddove la strada
si biforca, si prosegue verso il torrente Imagna. Si raggiunge così
il tracciato di una importante antica strada che metteva in
comunicazione territori indipendenti; non appena doppiato il ponte
infatti, si erge una robusta torre quadrata d'epoca
Veneta che svolgeva la funzione di Dogana
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Il
passaggio era sorvegliato - tuttora sopravvivono i resti delle strutture
che chiudevano il passaggio sul ponte - e fu luogo di numerosi scontri in
epoca comunale.
Dal
1296 e per più di un secolo le valli bergamasche, unitamente alla
città e al contado, cominciarono ad essere teatro di acerrime
lotte fratricide delle opposte fazioni di Guelfi e Ghibellini (5).
Nel
corso del XIV secolo numerosi
furono gli scontri fra i ghibellini
brembillesi di Clanezzo (sostenitori dei Visconti)
e i guelfi della Valle Imagna
(che parteggiavano per Venezia), per il controllo
dei presidi naturali e delle roccaforti del Monte Ubione e
di Clanezzo, caposaldi strategici posti al crocevia di un territorio
lungo il quale nel medioevo si snodava un'importante
via commerciale verso la Valtellina (preesistente alla Priula), allora
sotto il governo dei Grigioni, e la Svizzera.
Forti
di un maggior numero di uomini e fortificazioni, difesi dalla
natura del luogo e legittimati dalla prepotenza dei Visconti, i temuti
signori di quelle terre, i ghibellini della Brembilla capitanati dai Carminati
(6) e dai Dalmasano (fra
questi ultimi vi furono Unguerrando e Beltramo), asserragliati rispettivamente
negli ormai divenuti imponenti manieri del monte
Ubione e di Clanezzo,
dominavano saldamente sulla Valle Brembilla e sulla rivale Imagna,
commettendo impunemente sulle contrade nemiche le più crudeli
rappresaglie, causando devastazioni territoriali che perdurarono
fino ai provvedimenti drastici attuati da Venezia.
Si
narra che dal maniero sul monte Ubione, "nido di umani avvoltoi “,
i ghibellini scendessero a valle a depredare i paesi di fede guelfa. Le
cronache raccontano che Barnabò Visconti nel 1360 vi manteneva un
castellano, 17 soldati e due cani.
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Insediamenti
e appartenenza fazionaria*
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5 - Le valli Brembilla, la Brembana e il Taleggio erano
ghibelline, come Almenno inferiore e Villa d'Almè; mentre l'Imagna,
San Martino, insieme ad Almenno superiore e Gerosa erano guelfe.
Quest'ultima fazione considerava il Papa come proprio capo, mentre
al contrario i Ghibellini ritenevano che fosse l'imperatore di
Germania
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Protagonisti
dei principali eventi che riguardarono le contrade limitrofe e contesi fra
le due fazioni, i castelli posti in Clanezzo e sul monte Ubione,
cominciano a diventare teatro di sanguinose leggende e ad adombrarsi di un
alone di mistero, alimentato dall'inaccessibilità del luogo e dalla
terribile fama di cui godevano i proprietari, di cui ancora un eco
sopravvive nella memoria e nelle tradizioni della valle.
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6 - La suggestiva e traballante passerella sospesa sul Brembo
offre una splendida vista sulla dogana, sul Ponte di Attone e, a
monte, sull’ingresso della Valle Brembana
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Le
cronache del tempo, di cui sono state riportate versioni alquanto distorte
e contraddittorie, narrano che nella seconda metà del '300, quando
ovunque divampavano le lotte fra guelfi e ghibellini, queste si
traducevano in atti di inaudita ferocia elencati come “homicidi,
percosse, ferite, incendii, rubarie, iniurie, villanie, adulterii, stupri,
violentie, invasioni delle cose e delle terre, saccheggiamenti”. Si
racconta che il signore del castello di Clanezzo Enguerrando Dalmasano,
feroce ghibellino venuto in possesso anche del castello sul Monte Ubione,
“scendea ruinoso con le sue masnade come irreparabile torrente, recando
incendio e ruina or in questa or in quella terra nemica. E solo per la
gioia di depredare i guelfi quell’anima feroce diguazzava”. E ciò
finché Pinamonte de Pellegrini da Capizzone organizzò la rivolta.
Dalmasano
stava preparando scorrerie e saccheggi a Mazzoleni. Le spie di Pinamonte
lo informarono di un movimento inusuale di militi armati. Pinamonte accese
un falò sulla vetta di Valnera, uno sulle rupi di Bedulita, uno sui
macigni della Cornabusa. Erano segni convenzionali: tutta l’Imagna ne
comprese il significato. Sicchè i valdimagnini si radunarono e si
nascosero in località Pasano vicino a Cepino, rimanendo in attesa del
ritorno dei ghibellini dal sacco di Mazzoleni.
Quando,
verso mattina, i predatori fecero ritorno all’Ubione con il loro carico
di vacche, pecore, derrate e masserizie, Pinamonte li attaccò veloce come
una folgore: impreparati e sorpresi, i ghibellini subirono una rovinosa
disfatta. Lo stesso Dalmasano se la cavò a mala pena e con tale spavento,
che risalito in Ubione da lassù non scese più.
Quando
finalmente la signoria di Bergamo venne strappata alle mani dei Visconti
dalla Repubblica
di Venezia, che mise in atto una serie di provvedimenti volti a
migliorare la situazione sociale ed economica della valle, la fazione
ghibellina della Val Brembilla, fedele al Ducato Milanese, mal adattandosi
al nuovo regime perseguì con azioni scellerate che culminarono in quello
che le cronache ricordano come lo scontro
più feroce avvenuto fra le due fazioni (1443),
fatto che indusse il Senato Veneto ad imprigionare a Bergamo diciotto
rappresentanti dei villaggi della Brembilla e a decretare la messa
al bando di tutti gli abitanti di Ubiale - l'allora Brembilla
Vecchia - stabilendo che più nessuno vi avrebbe potuto abitare
per almeno cent'anni.
Al
resto della popolazione Venezia concesse tre soli giorni per evacuare il
territorio, dando vita a una diaspora - nota alle cronache come "Cacciata dei Brembillesi" - che vide gli abitanti originari
spargersi nel milanese, dove si diffusero in gran numero i cognomi
Brembilla o Brambilla (7).
In
seguito alla "Cacciata dei Brembillesi", le milizie della
Serenissima invasero il territorio e rasero al suolo, o danneggiarono,
case e fortezze. La stessa sorte toccò il Castello
sul monte Ubione, mentre il Castello
di Clanezzo ne uscì significativamente danneggiato:
dell’originaria a struttura a forma di quadrilatero con alte torri non
ne rimasero che rovine, che vennero scoperte quattro secoli dopo.
Il
Castello
di Clanezzo (8) passò quindi in diverse mani, dall’Istituto di Pietà
Bartolomeo Colleoni ai Buscoloni, dai Tironi ai Furietti, per finire
poi nelle mani dei Conti Martinengo
da Barco, bresciani. Da questi fu venduto ai Beltrami (9), una stimata famiglia bergamasca che nel 1804
cominciò un'opera di ricostruzione e abbellimento secondo i gusti
dell'epoca. Per ricordarne la storia passata, i Beltrami adornarono il
giardino di vere - o supposte - antiche rovine.
La
proprietà passò poi ai conti
Roncalli di Bergamo, che ne mantennero il possesso fino alla prima metà
del secolo scorso, donando all'edificio l'aspetto di palazzotto
seicentesco ancora oggi ben conservato.
A
ricordo dell'antico maniero sono rimasti, collocati lungo i sentieri che
salgono dal basso, i chioschetti che dovettero esser torrette
di guardia (una delle quali conserva armi bianche medievali);
certi passaggi scavati nel
pendio sottostante l’abitato - probabilmente collegamenti con i
sotterranei del castello più antico - di cui gli ingressi
sono ora murati, forse in
attesa di nuovi interventi.
Ritornata
la pace nella valle in seguito ai drastici provvedimenti del 1443,
il governo Veneto, consapevole dell'importanza
strategica di questo territorio, ne favorì lo sviluppo
economico.
Nonostante
le difficoltà conseguenti a tanti anni di guerre, carestie e pestilenze,
accanto all'agricoltura e alla pastorizia si svilupparono attività di tipo artigianale ed estrattivo, come la lavorazione del
ferro presso la fucina sull'Imagna (il maglio)
e la produzione di carbone e calce.
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FOTO
7 - Sotto l'edificio del Porto in certi periodi dell'anno è
possibile scorgere l’affioramento di un fiume sotterraneo
dall’origine ancora sconosciuta. Grazie ai diffusi fenomeni
carsici la rete idrica del torrente Imagna è limitata in
supericie ma ricca d'idrografia sotterranea, evidenziata da
significative cavità e sistemi di condotte e grotte
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Ancora
oggi è possibile visitare ciò che resta di un antico
maglio per la lavorazione del ferro, unico conservato nonostante le
continue trasformazioni nel corso dei secoli.
Costeggiando parte delle mura di cinta del Castello di Clanezzo, quindi
scendendo nella valletta del torrente Imagna, si giunge fino a raggiungere
il punto di captazione dell’acqua del canale di alimentazione della
grande fucina del ferro posta
sulla sponda sinistra.
Percorrendo il letto del canale, in parte scavato tra le falde della
roccia, si raggiunge l’edificio del maglio,
documentato nel 1430, che conserva un fascino e un aspetto del tutto
particolari.
Il
maglio si trova collocato ai margini di un giardino romantico e,
come si presenta ora, ne può essere considerato parte integrante. Si
tratta di un edificio in pietra a vista con all'esterno la ruota in ferro
che lo mette in azione.
L’officina è stata devastata dai vandali prima che andasse in porto un
progetto di recupero; non c’è più il rumore del maglio e le grandi
ruote sono a pezzi, ma la suggestione del luogo appare immutata.
Il
maglio, la cui attività era in origine legata alla produzione di armi per
la Repubblica Veneta (ancora nel 1700 i pezzi di artiglieria erano
trasportati a Venezia e utilizzati per la difesa di terra e per armare le
navi della flotta), è attorniato da manufatti che evidenziano il continuo
utilizzo della fucina fino ai tempi recenti. L'attività
estrattiva, già avviata in epoca precedente, riguardava la produzione
di una pietra focaia,
utilizzata nelle case e per il funzionamento degli archibugi. Accanto a
questa, tra le attività artigianali vi erano la produzione di calce
in fornaci rudimentali e del carbone.
Maironi da Ponte scrive che
all'inizio del 1800 la maggior parte della popolazione era dedita alla
fabbricazione del carbone e al taglio della legna. In seguito, come
testimoniato dalla documentazione in archivio, molti carbonai emigrarono
per svolgere il proprio mestiere in paesi vicini.
La
posizione geografica di Clanezzo, come descritto nelle guide “… su
una striscia di terreno là dove la Valle si stringe in una strozzatura
entro la quale le acque del fiume sembrano trovarsi a stento un passaggio:
senza contatto con la vita della valle che si svolge sull’altra sponda
del fiume…” nel corso dei secoli ha notevolmente influenzato le
attività e la vita sociale del paese.
Ancora
non esisteva (e non sarebbe esistito per secoli) il collegamento viario
diretto tra Clanezzo, Bondo e Ubiale (completato soltanto pochi anni fa),
che consentisse l'accesso alla Val Brembana transitando sulla sponda
destra del fiume dove, peraltro, le sparute vie di collegamento non
permettevano agevolmente il trasporto delle merci.
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FOTO
8 - In prossimità del fiume si raggiunge un variegato
agglomerato di antichi edifici, costruiti nel Seicento, che è ciò
che oggi rimane di quello che veniva chiamato Porto,
uno scalo fluviale per lo scambio delle merci
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La
funzione del traghetto quindi,
che dal "porto"
faceva la spola tra le due rive trasportando merci e persone, era la sola
ad assicurare i collegamenti con la sponda
sinistra del Brembo, dove
scorreva la strada di collegamento della Valle Brembana con Bergamo.
Va
inoltre considerato che, fino al 1279,
epoca di costruzione dei ponti di
Sedrina in località Botta, le invalicabili forre del fiume a Sedrina,
poste proprio di fronte all'abitato di Clanezzo, impedivano il passaggio
dividendo in due la Valle Brembana (10).
Almeno
fino alla loro realizzazione, la ‘Via
Mercatorum’costituì il collegamento più agevole fra la valle e
Bergamo da dove, una volta raggiunta Selvino, iniziava la cavalcatoria che
per Serina e Dossena arrivava al borgo fortificato di Cornello
dei Tasso, dove le locande offrivano ristoro e il portico protezione
dalle intemperie.
In
seguito, la Serenissima diede notevole impulso alla valle Brembana creando
la Via Priula, strada che,
attraversando l'intera valle, collegava il capoluogo orobico con i
territori del canton Grigioni, diede grande impulso ai borghi di Clanezzo
ed Ubiale che, nonostante la strada passasse sull'opposto versante della
valle in località Sedrina, poterono migliorare i trasporti ed i commerci.
Dal
Ponte di Attone era dunque possibile accedere, tramite una strada
selciata, verso il fiume Brembo dove, in località Porto, un traghetto (11)
già documentato nel 1614 ed
attivo fin verso la fine dell'800 (12),
consentiva il collegamento con la sponda sinistra del Brembo, nel
territorio di Villa d’Almè,
per il trasporto di persone e merci.
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FOTO 9 - Fino agli inizi del Novecento i seicenteschi edifici
del Porto erano custoditi da un guardiano. Nel corso
dellʼOttocento i locali erano adibiti ad osteria, che fu
fatta chiudere dagli Austriaci nel 1829 in quanto costituiva un
covo per sovversivi
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Nei
versi lasciati dal bresciano Giuseppe Gandoglia, nel Libro
dei visitatori del Castello (di cui si è persa traccia) è
testimoniata l'attività del traghetto che faceva la spola tra le due
rive:
Alle
selve, ai dirupi e ai fiori in grembo
Siede Clanezzo e le sue falde bagna
La rapid’onda dell’altero Brembo
Ove al Brembo si mesce il fiume Imagna
Ardita strada sull’estremo lembo
Conduce della fertile campagna,
Donde se nol contende avverso nembo
L’opposta sponda un barcaiol guadagna.
Questo è d’Armida l’incantato cielo
Quivi della Natura ha stanza il bello.
Quivi eterna la rosa in sullo stelo.
Della rocca d’Atlante ecco il modello,
Non già ravvolto in favoloso velo,
Del signor di Clenezzo ecco il Castello.
Sul
versante opposto rispetto al Porto, all'altezza di Villa d'Almè si
trovava il "Casino",
una costruzione risalente al 1500 (oggi restaurata) con funzione di
“stal” o”stalù”, che costituiva luogo di sosta dei carriaggi
commerciali che percorrevano la strada di Valle Brembana e che era allora
magazzino di sosta delle merci provenienti da Clanezzo o dirette a
Clanezzo.
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FOTO
10
- Fra gli edifici del Porto, un ampio androne forse adibito al
riparo e a magazzino delle merci
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Così
come il transito sul Ponte di Attone pretendeva una riscossione in denaro
da effettuarsi nell'edificio della Dogana, anche l'accesso per Clanezzo -
sia che si giungesse col traghetto,
che in seguito con il "Ponte
che balla" - era sorvegliato da un custode,
che nell'edificio del Porto
riscuoteva un pedaggio, come si
evince da un atto del 1686, che cita un tal Carlo Colnago "...portinaro al ponte di Clanezzo della Brembilla Vecchia...".
Dopo
che una piena distrusse il traghetto, forse a causa delle mutate
condizioni del Brembo o forse per una maggiore funzionalità e
convenienza, verso la fine dell'Ottocento, in un momento non ben
precisato, l'utilizzo del traghetto viene abbandonato (13)
a favore di un'opera di arditissima ingegneria per quei tempi,
il ponte sospeso con le funi - o "Ponte
che balla" - posto a ridosso del porto e tutt'ora esistente,
voluta e fatta costruire nel 1878
da Vincenzo Beltrami (proprietario del Castello di Clanezzo e delle
terre circostanti), per collegare le due sponde (14).
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FOTO
11 - Il
suggestivo e ancora funzionante Ponte che balla, o "Put che
bala". La passerella fu fatta costruire nel 1878, quando una
piena del fiume travolse il traghetto che consentiva l'approdo
sull'altra sponda del fiume
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Lunga
circa 70 e larga 1,30 metri, fu l'unica passerella sopravvissuta delle tre
che fino ad alcuni anni fa si trovavano nei pressi di Ubiale (15)
e fu uno dei primissimi
esemplari realizzati nell'Ottocento in Italia con
la tecnica delle funi portanti ancorate sulle due rive, costituito da
una passerella di legno sorretta da esili cavi in acciaio (portanti)
tenuti in tensione da due contrafforti in pietra: sulla sponda di Clanezzo,
all’interno del contrafforte, sono visibili i sistemi di tenditori delle
funi.
Ai
primi del 'Novecento,
nonostante il sorgere degli impianti legati all'escavazione di quarzo,
marna e calcare, e della prima centrale elettrica della Valle Brembana (1901),
l'isolamento di Clanezzo
rispetto alle vicine stazioni della nascente Ferrovia
della Val Brembana (raggiungilibili solo attraverso due mulattiere),
impediva ancora lo sviluppo economico del borgo e dei propri abitanti
costretti, come tantissimi valligiani, a intraprendere l'avventura dell'emigrazione
verso la Francia, la Svizzera il Belgio, ma anche verso l'Africa e
l'America.
Clanezzo
potrà uscire definitivamente dal
suo secolare isolamento
grazie all'iniziativa dei Conti
Roncalli, divenuti proprietari del Castello e di molti possedimenti e
protagonisti di molti eventi riguardanti la vita amministrativa del paese,
oltre alla realizzazione di importanti opere come strade, acquedotti e
scuole.
Questi
faranno edificare, nel 1925,
l'elegante ponte ad archi sull'Imagna,
il primo ponte in cemento armato costruito in Italia, grazie al quale i
due pianori di Clanezzo e Almenno che si fronteggiavano sul torrente Imagna, saranno
direttamente collegati in quota (16).
Attualmente
è in corso la realizzazione (Arch. Angelini) di un progetto
di riqualificazione e valorizzazione del percorso turistico che si
colloca all'interno di una delle zone di grande valore storico, artistico
e ambientale riguardante il territorio dei tre comuni - Ubiale Clanezzo,
Almenno S. Salvatore e Villa d'Almè - collegati tra loro dal suggestivo
"Ponte che balla" e dall'antico Ponte di Attone.
Un
percorso immerso in un incantevole paesaggio che comprende il sentiero
acciottolato che si diparte dal Castello, il ponte in pietra sul Torrente Imagna, il porto fluviale dal quale partiva il traghetto che collegava le
opposte sponde di Clanezzo e Villa d'Almè, nonchè il ponte sospeso (passerella) che analogamente collega le due rive del
fiume.
Il
progetto, che individua una serie organica di interventi finalizzata alla
formazione del percorso turistico suddetto, intende riconoscere, a più
piani di lettura, sia quelle attività
industriali ed economiche del passato in relazione ai costumi della valle attraverso
manufatti edilizi di importante
pregio architettonico, sia di visitare
un contesto naturale tra i più
ricchi per il fascino del paesaggio fluviale, della flora e fauna che
lo popola, che contraddistinguono questo luogo nella sua unicità.
NOTE
(1) In epoca medievale i due borghi di Ubiale
e Clanezzo risultavano essere aggregati al vicino centro di Brambilla,
rendendosi autonomi da esso tra il XV
ed il XVI secolo con il nome di Brambilla Vecchia. In quel tempo il neonato comune assorbì
entro i propri confini anche le porzioni territoriali di Strozza e
Capizzone poste alla sinistra del torrente Imagna. Al termine del XVIII secolo perse la sua autonomia: Clanezzo venne aggregato a
Capizzone, mentre Ubiale passò a Brambilla. Questa versione è tuttavia
contraddetta da dati del Formaloni che, nel 1777, considerava ancora i due
borghi in un'unica entità amministrativa autonoma. Con l'instaurazione
della Repubblica Cisalpina il
territorio viene nuovamente riunito in comune, con la denominazione di Clenesso
con Ubiale. Da allora i confini non vennero più cambiati: le uniche
modifiche riguardarono il nome che cambiò prima in Clenesso
(durante la dominazione austriaca), poi in Clanezzo
(con l'avvento del Regno d'Italia), ed infine nell'attuale Ubiale Clanezzo.
"Fu
detto anche Clenezzo e la forma
dialettale arcaica è Clenèss. Si
dovrà pensare alla radice etrusca clan,
"figlio"? O alla radice indoeuropea kela,
donde il latino clava! O al
tema mediterraneo klana, "acqua
stagnante"? La terminazione latina -etium
pare qui adattata ad un toponimo prelatino, forse appunto klana. Se tutte queste ipotesi paiono difficilmente suffragagli,
ancor più ardua risulta una derivazione dal latino colonia, come credette l'Olivieri. La pronunzia dialettale
arcaica potrebbe lasciare intravedere la radice indoeuropea klei,
"china", "pendio". (Da Topomio
Paesi della Bergamasca).
(2)
UBIALE CLANEZZO
- RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI
AREALI
Area
archeologica - Località:
Clanezzo - Riferimenti
cronologici: Epoca preistorica - Note: Abitato
ELEMENTI
PUNTUALI
Deposito
presitorico, romano e medioevale
(?) (p/r/m?) - Località: Frazione
Clanezzo, Bus o Tamba di Cornei (LO1053) - Data di ritrovamento:
1932-34 - Modalità: fortuite per esplorazioni speleologiche.
Grotta
con deposito paleolitico, sepoltura del Bronzo Finale e resti romani (p/r)
Località: Frazione Clanezzo, Buco
di Costa Cavallina (LO 3620) - Data di ritrovamento: a) 1975 ca., b)
1985 - Modalità: a) sterri speleologici, b) scavo dell'Univ. Stat. di
Milano.
Insediamento
neolitico e del Bronzo Finale (p)
Località: Frazione Clanezzo,
localita' Castello - Data di ritrovamento: a) 1984, b) dal 1986 e
ancora in corso nel 1992 - Modalità: a) fortuite per sterri edili, b)
scavo della Soprintendenza Archeologica.
Insediamento
preistorico riferibile all'eta' del Bronzo e alla I eta' del Ferro, con
preesistenze forse nel Neolitico
(p) Località: Frazione Bondo - Data di ritrovamento: a) 1985, b) 1990 -
Modalità: a) ricerca di superficie, b) verifiche archeologiche in
occasione di lavori edili.
Reperti
indicatori di frequentazione preistorica
(p) Località: Frazione Clanezzo,
Monte Ubione Bus di Laur (LO 3659) - Modalità: esplorazioni
speleologiche.
Tomba
romana (?) (r?) Località:
Ponte della Sposa - Data di ritrovamento: ca. 1880 - Modalità:
ignote.
Tombe
di epoca altomedioevale (a) Località: Frazione
Clanezzo, Chiesa parrocchiale - Data di ritrovamento: 1880 ca. -
Modalità: fortuite per sterri edili.
Da:
Piano
Territoriale di Coordinamento Provinciale
(3)
Dobbiamo anche ricordare gli affreschi
trecenteschi portati alla luce in un vano adiacente la parrocchiale
di San Gottardo Vescovo in Clanezzo (Docum. 1596 Trasf. 1786
Parr.1707) anticamente adibito a sacrestia, che sono parte dell'abside
della primitiva chiesa medioevale
e offrono lo spunto per presentare gli affreschi scoperti negli ultimi
anni nella nostra provincia.
Dopo la pubblicazione nel 1992 del tomo de “I pittori bergamaschi dal
XIII al XIX secolo”, dedicato a “Le Origini”, sono via via apparse
altre testimonianze di pittura murale medievale a Bergamo e nel
territorio, sia grazie a restauri intrapresi nel frattempo, sia col
ritrovamento di immagini allora sfuggite alla catalogazione. A volte si
tratta di affreschi importantissimi come l'intera controfacciata dipinta
di San Michele al Pozzo Bianco o il tramezzo con figure di Santi
dell'antico Duomo, altre volte di testimonianze più locali come il ciclo
nell'antica chiesa di Clanezzo.
(4)
Dopo la caduta del regno longobardo il territorio della curtis fece parte della contea di Lecco (legata ai suoi conti
franchi fino al 975, anno della
morte del conte Attone
di Guiberto (957-975)) fino
alla fine dell'XI secolo quando passò come beneficium all'episcopato di Bergamo nel cui possesso rimase fino al
3 marzo 1220, anno in cui i dritti feudali passarono al nascente comune.
(5)
La Val Taleggio, la Val Brembana, la Val
Brembilla, e la sezione
meridionale della Valle Imagna formavano una vasta enclave
ghibellina intorno a Clanezzo:
era ghibellina la zona chiamata Vallis
Brembilla* (che non corrispondeva all’attuale, ma comprendeva Ubiale,
Clanezzo, Mortesina, Brembilla,
Laxolo e altre piccole contrade così unite e concordi da formare, si
racconta, un solo corpo e una sola repubblica), Villa
d’Alme, Almenno Inferiore, Brembate Superiore e Locate. In mezzo a
questa vasta area, si incontra un lembo
di territori guelfi capeggiati dai Rota, che
comprendeva la sezione superiore dell'Imagna, la Val San Martino,
insieme ad Almenno superiore e
a Gerosa (al
di là dell’Albenza, i guelfi erano presenti anche nei pressi della città
di Bergamo, tra Sorisole e Ponteranica a sud di Zogno e a Rosciate,
Alzano, Poscante e Anesia). La fazione guelfa considerava il Papa
come proprio capo, mentre al contrario i Ghibellini
ritenevano che fosse l'imperatore
di Germania.
*A
proposito della Valle Brembilla
il Cato nel XV sec. scriveva: "...tra
le valli, quali sono sopra di Bergomo, antichissima città di Lombardia,
vi si communera ancora una valle chiamata per nome la Valle di Brembilla, la quale innanzi che dalla Illustrissima
Signoria di Venetia fusse stata distrutta et desolata, facea più di mille
fuoghi (famiglie), quali avevano
le abitazioni in otto contrade così nominate: Contrada di Ubialo,
Contrada di Mortesina, Contrada de l'Opolo, Contrada
de Clunetio, Contrada de Bondello, Contrada de la Supracornola,
Contrata de l'Asolo et Contrada di S. Giovanni".
(6)
Insediati tra la Valla Brembilla e la parte meridionale della Valle Imagna,
i Carminati possedevano il
Castello del monte Ubione. Si ha l'impressione che gli interessi dei
Carminati fossero radicati in un’area circoscritta tra le valli Imagna e
Brembana, intorno al monte Ubione, Clanezzo e Castigliola. La famiglia
Carminati era, come afferma Andrea Cato un notaio di Romano "...la
più honorata et più temuta
famiglia di tutta la valle di Brembilla". Da essa uscirono
uomini potenti e famosi, tra i quali secondo alcuni storici anche un papa,
Papa Giovanni XVIII o XIX Fasano, salito al soglio pontificio nel 1003.
(7)
Dalla Repubblica
veneta la Valle Imagna ebbe un trattamento di favore, come riferisce il
Calvi. "I Valdimagnini per la loro obbedienza al Vescovo, integrità
della fede e fedeltà alla Repubblica, difendendola contro il Duca di
Milano, furono dal Principe (il Doge) con vani privilegi, grazie e favori
arricchiti et honorati (anno 1428)"
(8)
Il Castello di Clanezzo già
fortezza difensiva nell'XI secolo, sorto
sui bordi del pianoro che si affaccia sul mondo esterno (dal quale è
distinto fisicamente da una forra - un fossato naturale - profonda una
cinquantina di metri e larga altrettanto) fu distrutto e ricostruito più
volte nel corso del basso medioevo fino a che, dal sec. XVI, con i
passaggi di proprietà e in forza delle diversità funzionali che si
susseguirono - da fortilizio a edificio residenziale o “villone” di
campagna - venne si modificato e ampliato nella struttura, fino ad
assumere il raffinato disegno architettonico e le funzioni dei nostri
tempi, che lo hanno adibito a elegantissimo ristorante. Le differenti
tematiche delle decorazioni e degli stili compositi fanno intendere
infatti che tali abbellimenti siano stati realizzati in epoche diverse. Il
Parco fu sistemato nel 1885 e recentemente, ma in origine scendeva fino al
fiume Brembo. Della preesistente fortificazione fatta demolire dal
Veneziani, si conserva forse l'impianto nell'attuale palazzo
contraddistinto da tre massicce torri.
(9)
Circa quattro secoli dopo l'abitante di quella villa frugando nelle
mercerie dell'antico Clanezzo, scopriva questi avanzi di rozza fabbrica
destinata alla vendetta dell'inumano Beltramo. Un grazioso caffehaus sorge
nel giardino la' dove eravi il Guelfo per le scolfe, che serva tuttavia il
nome di sentinella. Ivi chi lo eresse e vi dimora, amatore della natura e
della storia, vi depose verrettoni, pugnali, e picche, e chiovi e larghe
capocchie, ch'egli stesso raccolse nelle rovine dell'antica rocca d'Ubbione,
di cui sull'alta vetta tutte scopri' le fondamenta. Non va lungi dal vero,
chi si (..isa ?) di trovare col signore di quel luogo, il chiarissimo
signor P. Beltrami. (“Ubiale Clanezzo. Storia di una comunità”, di
Umberto Gamba, Ferrari Editrice, Anno 2000).
(10) La
strada costruita per superare lo strapiombo di roccia a picco sul fiume
Brembo tra i paesi di Villa d'Almè e Sedrina, in località Botta,
potè essere realizzata mediante un’opera fondamentale: le chiavi
della Botta, opera assai ardita costituita da una serie di archi
appoggiati alla parete di roccia e fissati ad essa tramite delle catene,
su cui passava la strada. Un tratto lungo soltanto 200 metri, tanto
indispensabile quanto pericoloso, poiché soltanto un piccolissimo
muretto, alto pochi centimetri, proteggeva commercianti, viandanti,
animali e carichi al seguito, dal precipizio. La costruzione dell’opera
comportò infatti ingenti perdite tra gli operai, a causa dei cedimenti di
piccole parti di parete e fatali distrazioni che si trasformavano in
tragedia.
(11)
Il traghetto trasportava
(quando il Brembo non faceva le bizze) persone, merci ed altro,
dall'altra parte del fiume. Un tal Beltrami Egidio, proprietario del
traghetto, pagava al custode (un certo Dellauro) una somma di 100 £
annue per il trasporto dei suoi coloni, dei generi alimentari, legna,
carbone ecc., ed era soggetto ad un pagamento annuo come imposta sulle
arti e mestieri alla finanza. In tempi non molto lontani era possibile
visionare un quaderno dove venivano registrati i viaggi fatti dal
traghetto, i compensi ricevuti e le tariffe per il trasporto.
(12)
Guardando oggi il
posto dove sorgeva il porto, ci
e' difficile immaginare l'attivita', perche' il Brembo ha modificato il
suo aspetto e le sue opere di sbarramento, realizzate per il fabbisogno di
energia elettrica del Linificio di
Villa d'Alme', lo hanno quasi prosciugato. Un tempo il letto del fiume
doveva essere molto diverso.
(13)
Si ha notizia che la concessione di attraversamento del fiume con battello
fu rinnovata nel
1875.
(14)
Fino ad allora mantenuto da un privato, nel 1913
il ponte diviene proprietà del Comune,
che da quel momento si accollerà tutte le spese di manutenzione.
(15)
Precedentemente esistevano
una passerella sospesa su cavi sul torrente Imagna, nonchè una passerella
sul fiume Brembo, costruita per raggiungere dalla Centrale idroelettrica
la strada di Valle Brembana, senza dover utilizzare la passerella posta più
a monte di proprietà Roncalli ancora esistente.
(16)
In passato, l'economia della Valle,
imperniata sull'agricoltura e sull'allevamento, legata soprattutto alla
notevole presenza di boschi di castagno (dai quali si ricavava, oltre ai
frutti, legna da ardere e da opera commercializzata lungo tutta la
vallata) ha impedito a lungo uno sviluppo economico del borgo e dei propri
abitanti, da secoli costretti ad intraprendere l'avventura dell'emigrazione, e ciò anche quando si svilupparono le attività
industriali legate all'escavazione di quarzo, marna e calcare. Alle soglie
del '900, nonostante l'arrivo
della Ferrovia, Clanezzo è ancora completamente isolata: non c’è
strada verso monte, ci sono soltanto due mulattiere che salgono dal ponte
fino alle stazioni di Botta e Campana. Finalmente nel 1925,
allorchè la società proprietaria del Castello e del Monte Ubione decide
la costruzione del ponte ad arco
sull’Imagna, i due pianori
che si fronteggiano sul torrente verranno direttamente collegati in
quota. Il manufatto è di proprietà privata ma lasciato in uso pubblico.
Poi anche per questo manufatto avverrà quanto avvenuto per il “put che
bala”.
*Avvertenza
Per
una visione ottimale delle mappe è consigliabile scaricarne le immagini.
Riferimenti
essenziali
Umberto
Gamba, "Ubiale Clanezzo. Storia di una comunità", Ferrari
Editrice, anno 2000.
*Hitomi
Sato, "Fazioni e microfazioni: guelfi e ghibellini nella montagna
bergamasca del Trecento", in Bergamo
e la montagna nel Medioevo. Il territorio orobico fra città e poteri
locali, a cura di Riccardo Rao = "Bergomum. Bollettino annuale
della Civica Biblioteca Angelo Mai di Bergamo". 104-105 (2009-2010),
pp. 149-170.
Lombardia
Beni Culturali
Piano
Territoriale di Coordinamento Provinciale
Relazione
Arch. Angelini 1
Relazione
Arch. Angelini 2
Le
notizie generali sul profilo istituzionale sono tratte da:
-
Civita, Bergamo, Le istituzioni storiche del territorio lombardo. XIV -
XIX secolo. Bergamo, Progetto CIVITA, Regione Lombardia, Milano, 1999,
repertoriazione a cura di Fabio Luini (Archimedia s.c.).
-
Civita, istituzioni postunitarie, Le istituzioni storiche del territorio
lombardo. 1859 - 1971, 2 voll., Progetto CIVITA, Regione Lombardia,
Milano, 2001, repertoriazione a cura di Fulvio Calia, Caterina Antonioni,
Simona Tarozzi.
Reportage
fotografico di Cristian
Riva,
consultabile anche sulla sulla sua pagina Facebook
(Autrice
dell'articolo: Alessandra Facchinetti; in
forma originale si trova al link; http://alessandra-creativefamily.blogspot.com/2012/02/clanezzo-crocevia-di-frontiera.html)
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