www.duepassinelmistero.com

 

TEMATICHE:

Aggiornamenti

Alchimia

Antiche Civiltà

Archeoastronomia

Architetture

Colonne e Nodi

Due passi nell'Italia nascosta

Due passi nei misteri esteri

Fenomeni Insoliti

Interviste

L'Uomo e Dio

Maestri Comacini

Medioevo e...

Mistero o Mito?

Personaggi

Simbolismo

Simbologia e Cultura Orientale

Storia e dintorni...

Templari "magazine

Ultimi Reports

UTILITY:

Archivio reports

Bacheca

Collaboratori

Extra sito

Libri del mese

Links amici

Ricerca veloce titoli per argomento

SERVIZI:

FORUM

Newsletter

Avvertenze/ disclaimer

 

 

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                 IL CALENDARIO CELTICO

 

                                                            di

                                                          Adriano Gaspani

                                               I.N.A.F - Istituto Nazionale di Astrofisica

                                               Osservatorio Astronomico di Brera - Milano

                                                       adriano.gaspani@brera.inaf.it

 A Coligny, nella regione dell’Ain (sud della Francia), antica terra dei Galli Ambarri, furono ritrovati in un pozzo, nel novembre del 1897, i frammenti di una tavola di bronzo, le cui incisioni riproducevano la sequenza dei giorni di un calendario.

Il calendario viene fatto risalire al II secolo d.C., in piena epoca gallo-romana, ma gli studiosi sono concordi nel ritenere che esso sia stato inciso prevalentemente per scopi liturgici pagani e quindi possa riprodurre fedelmente il calendario tradizionale celtico correntemente in uso alcuni secoli prima.

I druidi non utilizzavano la scrittura, per cui il fatto di aver ritrovato un calendario scritto, per di più in lettere latine, non può essere spiegato che con gli effetti dell’occupazione romana su un insegnamento che era sempre stato trasmesso per via orale.  Il calendario di Coligny contiene la rappresentazione di una sequenza di cinque anni lunari completi, ciascuno composto da 12 mesi alternativamente lunghi 29 o 30 giorni, più 2 mesi supplementari, ritenuti essere mesi intercalari introdotti per rendere lunisolare il calendario.

La sequenza dei mesi rappresentati è la seguente:

Samonios (30), Dumannios (29), Rivros (30), Anagantios (29), Ogronios (30), Cutios (30), Giamonios (29), Simivisonios (30), Equos (30), Elenbiuos (29), Edrinios (30), Cantlos (29).

Il numero tra parentesi si riferisce al numero di giorni che compongono il mese.

Ciascuno dei 12 mesi elencati iniziava la notte in corrispondenza della quale la Luna assumeva la fase di primo quarto.  Essi erano divisi in due parti di 15 più 15, oppure 15 più 14 giorni ciascuno in modo tale che se la prima quindicina era vincolata dalla fase di primo quarto, l’inizio della seconda doveva coincidere con la Luna alla fase di ultimo quarto.

I mesi le cui quindicine erano complete (30 giorni) sono classificati come MAT cioè fortunati (MATV in lingua gallica), mentre quelli con 29 giorni sono etichettati con il termine gallico ANMAT che significa infausto.  Fa eccezione il mese di Equos che è un mese “Anmatv” ma dura 30 giorni.  La prima quindicina, durante la quale la Luna raggiungeva il plenilunio, era ritenuta un periodo di luce, mentre la seconda quindicina centrata sul novilunio era ritenuta un periodo di buio.

Le due quindicine sono separate dalla parola gallica ATENOVX (ritorno al buio, rinnovamento).

La quindicina posta dopo ATENOVX comprende il novilunio e quindi di fatto è il periodo dell’oscurità, mentre la prima quindicina comprendendo il plenilunio era il periodo di luce.

Il calendario di Coligny è suddiviso quindi in cinque anni lunari composti da 5 sequenze dei 12 mesi sinodici più due mesi supplementari di 30 giorni ciascuno per un totale di 62 mesi.

 

I frammenti del calendario di Coligny collocati nella loro giusta posizione reciproca

Si presume che i due mesi addizionali servissero per conciliare il tempo misurato basandosi esclusivamente sulla successione delle fasi della Luna con quello misurato tenendo conto del moto apparente del Sole sulla sfera celeste durante l’anno.

La struttura di questo particolare calendario solleva alcuni interrogativi.  Perchè i Celti divisero l’anno lunare in 7 mesi da 30 giorni più 5 da 29 ottenendo 355 giorni e non la soluzione bilanciata di 6 mesi da 29 e 6 da 30 che avrebbe permesso loro di ottenere una valutazione migliore della lunghezza media del mese sinodico lunare e la corretta lunghezza dell’anno lunare, cioè 354 giorni?

Perchè i druidi decisero di codificare un ciclo lungo 5 anni?  Da dove derivò la necessità di introdurre due mesi addizionali da 30 giorni ciascuno rappresentati sulla tavola uno ogni 30 mesi sinodici lunari?  Per quale motivo i druidi utilizzavano anche un superciclo di 30 anni?  L’accuratezza raggiunta da questo calendario era adeguata per gli scopi agricoli, sociali e rituali tipici della società gallica del tempo?  La decisione di utilizzare una sequenza di 7 mesi da 30 giorni e 5 da 29 giorni per ogni anno fu una naturale conseguenza delle osservazioni astronomiche.

La lunghezza media del mese sinodico risultante da questa combinazione è 29.58 giorni.

Dalle loro misurazioni i Druidi si erano accorti che la lunghezza del mese sinodico lunare sembrava fluttuare nel tempo intorno ad un valore medio, questo fatto lo rileviamo sperimentalmente dal calendario di Coligny nel quale venne codificato il valore sperimentalmente osservato e non il valore medio.

Infatti la lunghezza effettiva della lunazione variava durante l’età del Ferro tra 29.27 e 29.84 giorni solari con due periodi sovrapposti, uno di 3307 giorni (circa 9 anni tropici) ed uno di 413 giorni (1.13 anni) che è esattamente 1/8 del periodo lungo.

L’osservazione delle fasi lunari portata avanti per lunghi periodi di tempo tendeva a determinare un valore di 29.60 giorni, che è un pò più elevato della lunghezza media della lunazione (29.53 giorni), ma che risulta in perfetto accordo con quanto codificato nel calendario.  Quest’ultimo valore conduce in capo a 12 lunazioni ad assegnare 355 giorni alla lunghezza dell’anno lunare invece che 354.  Il valore 355 è proprio la durata dei tre anni ordinari indicati nel calendario di Coligny e anche dei due rimanenti avendo l’accortezza di trascurare il mese intercalare che li porta a 385 giorni ciascuno.  Dobbiamo ora chiederci perchè la tavola di Coligny riporta due mesi addizionali da 30 giorni ciascuno, che vari studiosi hanno interpretato come intercalari, elencati ogni 2 anni lunari e mezzo portando quindi a 385 giorni la lunghezza complessiva del primo e del terzo anno rappresentati sulla tavola di bronzo.

I druidi furono costretti ad introdurre due mesi addizionali con lo scopo di intercalarli, seguendo qualche criterio, nel corso dei 5 anni lunari per raggiungere dal punto di vista pratico un accordo ragionevole tra il computo basato sul Sole e quello basato sulla Luna.  Infatti ogni 2 anni lunari e mezzo si perdeva circa un mese e solo dopo 30 anni si ritornava alle condizioni iniziali, cioè all’accordo tra il calendario e la stagione climatica.

Durante quel periodo il calendario era retrogradato di un numero di giorni pari ad un anno lunare.

Ecco quindi spiegata anche l’origine del ciclo trentennale (Saeculum) citato da Plinio il Vecchio.

In questo modo l’accordo tra il computo solare e quello lunare poteva essere mantenuto annualmente entro un errore massimo di 30 giorni a meno delle derive a lungo termine.

Il calendario celtico rappresentò non solo uno strumento liturgico, ma anche un dispositivo utile in alla pianificazione agricola che va soggetta ai cicli stagionali in accordo con il Sole e così fanno anche le levate eliache delle stelle che definivano la cadenza delle feste.  Il vincolo lunare era obbligatorio solamente nel caso della festa più importante, quella di Trinvx(tion) Samoni che è l’unica espressamente indicata sul calendario di Coligny in tutti i cinque anni rappresentati.  L’annotazione corrispondente compare in corrispondenza del secondo giorno della seconda quindicina del mese di Samonios di ciascun anno, quindi due giorni dopo l’ultimo quarto della Luna.

Il valore della lunghezza dell’anno solare tropico codificato nel calendario di Coligny è sorprendentemente di 367 giorni.  L’anno di 367 giorni mostra un errore troppo elevato rispetto al valore vero della lunghezza dell’anno tropico, pari a 365.2422 giorni, per essere considerato come il valore correntemente noto ai Celti, anche perchè un valore prossimo a 365.25 giorni era già noto da tempo presso quasi tutte le culture del Mediterraneo con cui i Celti ebbero contatti fin dall’antichità.

La spiegazione di questo valore anomalo è da ricercarsi nel tentativo di ottenere un accordo globalmente soddisfacente tra il Sole e la Luna come conseguenza dell’uso di anni lunari più lunghi di circa un giorno rispetto al valore corretto e nella necessità di intercalare due lunazioni complete durante i cinque anni per mantenere l’accordo stagionale.  Sarebbe stato però più accurato intercalare due mesi da 29 giorni ciascuno, oppure uno da 29 e uno da 30 giorni i quali avrebbero raggiunto globalmente un’approssimazione migliore rispetto all’inserzione di due mesi lunghi 30 giorni.

L’ipotesi che la progettazione del calendario sia stata eseguita su basi erronee è molto difficile da accettare in quanto il calendario di Coligny è il prodotto del lavoro di studio dei moti del Sole e della Luna e di analisi delle loro periodicità portato avanti per secoli da persone, che erano rinomate per la loro notevole conoscenza della natura e dei fenomeni, quindi è molto difficile credere alla possibilità di una così scorretta valutazione della lunghezza dell’anno tropico.

Rimane quindi solamente l’ipotesi che per qualche ragione fu conveniente inserire due mesi intercalari lunghi proprio 30 e non 29.  Incomincia quindi ad emergere il sospetto che il calendario celtico fosse qualcosa di più di un puro e semplice calendario come lo intendiamo oggi, ma probabilmente esso doveva servire anche come efficace strumento di calcolo astronomico.

Una ripartizione rigida come quella descritta non poteva essere considerata ottimale in quanto il metodo era troppo impreciso per mantenere un accordo ragionevole tra le stagioni e le fasi lunari per lunghi periodi di tempo.  Proprio a causa del fatto che i due mesi intercalari erano lunghi 30 giorni, in capo ad un Saeculum di 30 anni (6 cicli quinquennali) si ottiene un disaccordo tra il tempo misurato dal calendario e il tempo realmente trascorso equivalente a circa due mesi richiedendo la rimozione di una o due intercalazioni per raggiungere nuovamente la fasatura stagionale.  Il calendario celtico così come è codificato sulla tavola di bronzo trovata a Coligny pare essere stato messo a punto secondo una logica molto più complessa di quella che usualmente rileviamo nella semplice struttura lunisolare con intercalazione rigida.

Quest’ultima ipotesi è supportata da alcuni fatti che qui riassumiamo.  Le lunazioni intercalari comprendono 30 giorni ciascuna quando invece sarebbe stato meglio aggiungerne due da 29 per ottenere un accordo migliore con il computo solare.

La struttura dei due mesi intercalari è molto più complessa e ricca di annotazioni rispetto a quella di ciascuno degli altri 60 mesi che fanno parte del ciclo quinquennale.

Infatti i nomi dei 12 mesi dell’anno celtico sono annotati in successione cronologica esatta accanto ai giorni compresi in questi mesi.  Sorge quindi il sospetto che essi non siano solamente semplici mesi addizionali da intercalare periodicamente, ma qualcosa di più.  Infatti il calendario celtico non tenta solo di realizzare un accordo ragionevole tra due periodicità fondamentali incommensurabili tra loro, ma è in grado, mediante un determinato, algoritmo di generare il computo solare partendo dal ciclo lunare.

In questo il calendario gallico si differenzia da tutti gli altri calendari antichi oggi noti.

Infatti se da un lato la struttura lunisolare rigida garantiva che i mesi rimanessero grosso modo coerenti con le stagioni, dall’altro lato era possibile usare la stessa struttura in maniera più sofisticata per calcolare esattamente la posizione del Sole e della Luna nel cielo durante qualsiasi giorno dell’anno e dei “saecula”.

L’evoluzione del ciclo della Luna, fondamentale dal punto di vista rituale, permetteva di fare previsioni relativamente ai cicli del Sole.  Il primo strettamente legato alla sfera di pertinenza divina, mentre il secondo utile per scopi pratici agricoli.

Il computo lunare è esemplificato dalla pura e semplice successione dei mesi del calendario, mentre il computo solare deve tenere conto anche della sequenza dei giorni elencati negli intercalari e dalle annotazioni che li accompagnano.

I due mesi intercalari rappresentano quindi due tabelle di calcolo che possono essere considerati come una sorta di memoria, analogamente a quelle dei moderni computers, in cui è immagazzinata la differenza progressiva tra il computo solare e quello lunare la quale può essere letta ogni qual volta è necessario eseguire i calcoli astronomici relativi alla posizione dei due astri nel cielo.

Il calendario di Coligny è da intendersi quindi come un calcolatore analogico atto a calcolare il computo solare partendo da quello lunare e un almanacco.

Esso aveva quindi una triplice funzione: rituale, agricola e astronomica.  I druidi potevano prevedere le fasi lunari utilizzando la base del calendario senza intercalari (uso rituale), ma nello stesso tempo avevano realizzato uno strumento lunisolare ordinario destinato alle attività quotidiane (uso agricolo) e usandolo come calcolatore potevano anche rendere conto in maniera accurata dei cicli stagionali in accordo con il Sole e provvedere esattamente alla predizione delle levate eliache e al calcolo delle date delle feste (uso astronomico).

  •    La predizione delle eclissi

 Il calendario di Coligny è assimilabile ad un almanacco perchè in esso sono codificate talune efficaci regole di predizione delle eclissi soprattutto quelle lunari.

Osservando attentamente le annotazioni in lingua gallica e i caratteri latini incise sui frammenti di bronzo, si rileva che talune di esse si ripetono con precisa regolarità in corrispondenza di determinate terne di giorni consecutivi.

Le terne con annotazione ripetuta, talvolta sono quaterne cioè le ripetizioni compaiono in quattro giorni consecutivi.  Inoltre la loro distribuzione è intervallata attraverso i mesi e gli anni con notevole regolarità.

Ogni singola annotazione si riferisce generalmente al nome di un mese dell’anno ripetuto più volte, una volta per ogni giorno appartenente a ciascuna terna o quaterna.

Molto spesso lo stesso mese viene usato in due terne successive declinato, in lingua gallica, in casi diversi.

Usualmente i giorni interessati dalle terne sono i VII, VIII e VIIII di ciascuna quindicina di ogni mese più qualche mese in cui si osservano le terne nei giorni I, II e III della seconda quindicina, subito dopo ATENOVX, quindi sostanzialmente le terne identificano le fasi lunari sizigiali cioè il plenilunio e il novilunio, ma talvolta è marcato anche l’ultimo quarto.

Questo suggerirebbe che non solo le fasi di primo e di ultimo quarto erano importanti, ma anche i pleniluni e i noviluni meritavano attenzione presso i Celti.

Ricordiamo che quando la Luna si trova alle sizigie, se anche il Sole è sufficentemente prossimo ad uno dei nodi dell’orbita lunare, si possono verificare le eclissi.

I giorni possibili per il verificarsi delle eclissi sono proprio quelli marcati sul calendario di Coligny con le terne.  I druidi sapevano certamente che quando la Luna raggiungeva la sua estrema latitudine eclittica (positiva o negativa) durante il suo ciclo mensile e la sua fase era contemporaneamente il primo oppure l’utimo quarto allora sette giorni dopo era possibile il verificarsi di un’eclisse.  Se il giorno in cui la Luna era stata osservata alla sua massima distanza dall’eclittica, cadeva il primo o il quindicesimo giorno di un mese dell’anno celtico allora sette giorni dopo i druidi erano in grado di prevedere con un buon margine di sicurezza un’ eclisse di Luna o di Sole.  L’eclisse di Luna era pressochè sicura, ma quella di Sole poteva avvenire, ma non essere visibile nella località in cui il druida si trovava.  Il metodo basato sull’osservazione della posizione della Luna rispetto all’eclittica funziona, ma è caratterizzato da un alto tasso di errore e dal fatto che esso permette solamente di eseguire previsioni a scadenza breve, solamente sette giorni di anticipo.

I druidi avevano certamente osservato che le eclissi di Luna si ripetevano mediamente circa ogni 6 lunazioni (13 semiperiodi latitudinali) quindi bastava semplicemente attendere che durante i giorni VII, VIII o VIIII della prima quindicina di un mese qualsiasi del calendario avvenisse un’eclisse di Luna.

Successivamente l’applicazione della regola di aggiungere 6 lunazioni si concretizzava nella previsione dell’eclisse di Luna per gli stessi giorni VII, VIII o VIIII del sesto mese successivo e così di seguito.  Il calendario di Coligny indica quindi che le eclissi di Luna cadevano alternativamente sempre alle stesse date di calendario lunare, mediamente sempre il giorno VIII della prima quindicina di due mesi separati da mezzo anno sinodico lunare.

Occasionalmente, ogni 30 mesi, l’introduzione del mese intercalare faceva retrogradare di un mese la data prevista.

Esistendo una differenza di 0.3 giorni tra 6 lunazioni medie esatte e 13 semiperiodi latitudinali avverrà che ogni tanto l’eclisse prevista mancherà all’appuntamento, ma si verificherà nei giorni VII, VIII o VIIII della prima quindicina del mese precedente.  Questo fenomeno si verificherà con periodicità pari a 41, 47 e 53 mesi del calendario celtico, periodicità che potevano essere note ai druidi senza eccessiva difficoltà.

Un’altro fenomeno è quello della ripetizione di due eclissi di Luna in due lunazioni successive.

Questo fatto implica che in due mesi consecutivi del calendario celtico avvenissero due eclissi di Luna distanti una lunazione, ma sempre nei giorni VII, VIII oppure VIIII del mese.

Questo fenomeno avviene con periodicità pari a 53, 82 e 135 mesi del calendario celtico.

I druidi potevano quindi prevedere agevolmente e con un errore relativamente ridotto le eclissi di Luna che si verificavano in un dato luogo utilizzando solamente il calendario e una semplice regola di calcolo mnemonico e di facile applicazione pratica.

La previsione delle eclissi poteva essere eseguita con successo mediante la ricorsività di 6 mesi di calendario, ma anche altre ricorsività potevano risultare utili.

Le ricorsività di 6, 35, 41, 47, 53, 82, 88, 94, 129, 135, 223,...,358,...  mesi del erano tutte utili previsori compresi in un “Saeculum” e forse erano parimenti note ai Druidi che se servivano per il calcolo per lo meno delle eclissi di Luna.

Osservando la struttura del calendario di Coligny ci accorgiamo che il “Saeculum” di Plinio vale praticamente quanto un ciclo di 358 lunazioni, quindi il periodo trentennale del calendario celtico sembrerebbe calibrato su uno dei cicli fondamentali delle eclissi.

L’importanza di una rilettura della tavola di bronzo di Coligny risiede nel fatto che alla luce di questi fatti è richiesta una differente valutazione delle conoscenze astronomiche e matematiche dei Celti le quali risultano decisamente ricche e accurate.

Dobbiamo comunque ammettere che il calendario così strutturato doveva essere per forza di cose gestito esclusivamente dalla classe druidica e dai suoi membri che ne fecero anche uno strumento di potere.  L’algoritmo base per usarlo è mnemonico quindi non esisteva la necessità di scriverlo, in accordo con le usanze dei Druidi che ritenevano fondamentale tramandare le conoscenze solo oralmente.  Il fatto che nel secondo secolo dopo Cristo il calendario fu redatto in forma scritta potrebbe essere il segno che dopo l’invasione romana la classe druidica si dovette accontentare di pochi allievi, in quanto la maggioranza della gioventù appartenente all’aristocrazia gallica preferiva studiare il latino e il greco presso i Romani e non più la scienza dei padri presso i druidi.

Essi furono quindi costretti a scrivere ciò che aveva sempre tramandato oralmente in quanto la complessità del meccanismo di gestione calendariale era era ormai tale da essere oltre le usuali abilità del clero rurale del tempo.

Da queste e da altri studi tutt’ora in corso incomincia ad emergere un’altra immagine del popolo dei Celti.

L’immagine dei barbari viene via via smantellata è sostituita con quella di un popolo dedito allo studio, all’osservazione e all’interpretazione della natura.

Gli studi e le nuove scoperte che verranno fatte riguardo ai Celti dovranno essere interpretate, d’ora in poi, con questa nuova chiave di lettura.

 

Una delle abitudini tipiche degli studiosi del mondo celtico è sempre stata quella di fare riferimento al mondo irlandese antico per almeno due motivi. Il primo è relativo al fatto che l’Irlanda non fu invasa dai Romani, quindi le antiche tradizioni celtiche non subirono l’effetto della “romanizzazione” come invece avvenne nel caso del resto dell’Europa celtica.

Il secondo motivo è che parallelamente all’archeologia e’ possibile far riferimento ad un esteso corpus di leggende, tradizioni e tutta una serie di testi mitologici che furono accuratamente e ripetutamente trascritti, commentati ed accuratamente glossati dai primi monaci cristiani irlandesi i cui manoscritti sono giunti in gran parte fino a noi. E’ quindi necessario confrontare quanto noto per i Celti di Gallia, con quanto sappiamo dei Celti d’Irlanda, nel campo della misura del tempo e del calendario.

  (continua con La misura del tempo presso i Celti d’Irlanda (prossimamente)

(Autore:Adriano Gaspani)

 

 

Sezioni correlate in questo sito:

 

 

www.duepassinelmistero.com                                                                                                                        Avvertenze/Disclaimer

                                                                                                       Gennaio 2012