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TEMATICHE: Due passi nell'Italia nascosta Simbologia e Cultura Orientale UTILITY: Ricerca veloce titoli per argomento SERVIZI:
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(di Marisa Uberti) Premessa: le donne, figlie di un dio minore? La società contemporanea è abituata già da qualche anno, se non decennio, a vedere regolarmente figure femminili in qualità di ricercatrici e docenti, non solo la 'mitica' maestra delle elementari o la "prof" delle medie inferiori, ma anche agli istituti superiori e alle università.. E' stato, quest'ultimo, un traguardo, se pensiamo che alla fine del XIX secolo e anche all'inizio del XX, la cultura che era richiesta ad una donna non andava oltre la capacità di tenere una ...conversazione! Era ritenuto addirittura 'sconveniente' che una fanciulla di acculturasse o andasse 'al di là' di quello che era richiesto dal proprio ruolo nella vita (comunemente moglie e madre, almeno fino della rivoluzione industriale ottocentesca). Nelle società primordiali, però, è stato accertato che le donne partecipassero attivamente alle attività di caccia e agricoltura insieme agli uomini, e solo con l'introduzione di strumenti ausiliari che migliorarono il lavoro nei campi, alle donne fu progressivamente 'consentito' del tempo per dedicarsi ad altre attività (angeli del focolare, educatrici della prole, tessitrici, pastorelle, etc.). Non potremo mai sapere se furono donne a disegnare nelle grotte (perchè no?), a dipingerle, o a incidere le rocce rupestri, a realizzare le prime sculture lignee o ceramiche, ad avere delle intuizioni fondamentali come la scoperta del fuoco o della ruota, del telaio o della cottura dei materiali argillosi, la 'scoperta' dei metalli e altro ancora. Probabilmente a nessuno è mai sorta lontanamente la domanda e tutto sommato non farebbe differenza. Ma tutto dipende da quanta possibilità le donne hanno avuto di proporre le proprie idee all'interno di una comunità, del grado di cultura che una civiltà ha dimostrato di possedere, perchè quando questa è stata elevata (come quella dell'antico Egitto, ad esempio) le donne hanno goduto di notevole importanza nella vita quotidiana, hanno conquistato ruoli preminenti, paritari all'uomo, sono state rispettate e considerate. Non sono mancate personalità femminili che si sono distinte nel corso della storia umana, sia chiaro, e non solo come 'mogli' o 'figlie' o parenti di re e imperatori, ma come protagoniste principali, alle prese con regni e imperi, strateghe, artiste, umaniste, ricercatrici, sante o muse ispiratrici, e non per questo meno importanti. Se io citassi il nome di Flavia Julia Helena Augusta, e aggiungessi che nacque nel 250 d.C. circa in Bitinia, molte persone si interrogherebbero su chi fosse costei, ma se aggiungo che fu la madre dell'imperatore Costantino il grande, allora tutto cambierebbe, non è così? Eppure a lei è attribuita la prima grande scoperta archeologica per la cristianità: i frammenti della Vera Croce, la roccia del Golgota e il sepolcro di Gesù Cristo. Dici poco! Addirittura, in suo onore, la sua città natale venne chiamata Helenopolis, e non si sa se venne aiutata nelle sue imprese dall'avere sposato Flavio Costantino(o esserne stata l'amante), da cui ebbe appunto il futuro imperatore romano, nato nel 272 d.C. circa. Sappiamo che Elena morì attorno al 330 d.C., che influenzò la 'conversione' dell'impero al cristianesimo e che fu fatta santa. Sorvolando sui millenni, sulla storia nota e meno nota del ruolo che -volenti o nolenti- le donne si sono viste affibiare (anche quello umiliante e arbitrario di 'streghe', quando volevano saperne di più in tempi proibiti), approdiamo nel fermento del 'secolo dei Lumi' (1700), in cui si assistette ad un recupero delle capacità umane in differenti campi scientifici, tra i quali l'archeologia o, per meglio dire a quei tempi, dello studio del passato. Possiamo soltanto immaginare le difficoltà che le donne incontrarono per farsi largo in una società piuttosto restìa ad aprirsi alle loro aspirazioni, che per natura dovrebbe essere assolutamente uguali a quelle maschili, e come tali assecondate e incentivate allo stesso modo. Utopia! L'essere donne in un campo di conoscenza e applicazione che era monopolizzato dai maschi, era penalizzante. Ma ancor peggio, ritenuto inutile e perfino sconveniente. Ma questo non ha impedito a molte di distinguersi e ricoprire, progressivamente, posti di rilievo nella storia. Ci occuperemo in questa sede delle pioniere dell'archeologia. Come vedremo nell'illustrare le singole esistenze di queste valenti donne, non furono quasi mai di estrazione sociale bassa (studiare costa) e, se ci faremo caso, noteremo come l'aver avuto accanto personalità influenti sottoforma di professori universitari o mariti importanti, ebbe un certo peso. Tuttavia ciascuna, pur avendo una storia a sè, condivide con le altre l'aver saputo farsi largo con la sola dote dell' intelligenza e della bravura, la loro capacità, il loro impegno e la loro competenza altamente apprezzata a livello mondiale, facendosi ricordare per quello che fecero e produssero, anche se si è soliti aggiungere 'moglie di', 'allieva di', cosa che ad un uomo non accade quasi mai. Alcune di loro non si laurearono mai ma riuscirono ugualmente a dimostrare il loro valore in campo archeologico, umanistico e letterario, pubblicando testi fondamentali per la comunità scientifica. Non mancarono però casi amari, conclusisi tristemente, e sempre per l'ottusità umana. L'opportunità fondamentale allo sviluppo dei un'archeologia al femminile venne fornita dalla creazione delle Scuole di Archeologia. Per l'Italia, nel 1909, venne fondata a Creta dal prof. Federico Halbherr, la Scuola Archeologica Italiana ad Atene, dove confluivano tutti gli aspiranti ricercatori di archeologica classica del tempo. Per il gentil sesso rappresentava, per quei tempi pionieristici che vanno dal 1910 al 1940 almeno- tre aspetti peculiari favorenti: - la sede fisica per l'apprendimento/ perfezionamento da cui derivava -una tranquillità (garanzia di protezione) sia per le archeologhe che per le loro famiglie a casa, e infine la possibilità di seguire gli scavi concordati o gestiti dalla scuola stessa. Delle innumerevoli iscritte, poche però scelsero di darsi alla ricerca 'sul campo', optando per la maggior parte per ruoli meno 'avventurosi' come la docenza in istituti scolastici. Altre associarono sia l'una che l'altra attività. Ma quando ancora non si parlava di Scuole di questo tipo, alcune avevano già la ricerca archeologica nel sangue... Avviamoci dunque in questi due passi nell'affascinante mondo dell'archeologia pionieristica al femminile. Dove le italiane, tra l'altro, sono state particolarmente precoci e incisive. Le 'pioniere' nate nel XVIII secolo: Marianna Candidi Dionigi e Sarah Belzoni Marianna Candidi Dionigi (1756-1826), principessa. Nacque a Roma nel 1756 e la sua opera di divulgatrice archeologica venne pubblicata nel 1812 (a Roma). Era la primissima volta che una donna si occupava di argomenti simili, che contenevano cenni di archeologia. Non fu dunque un'archeologa ma nel suo libro, intitolato "Viaggio di alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno", si preoccupò di inserire vedute da lei stessa realizzate. Era dunque andata 'sul campo' e aveva documentato fedelmente ciò che aveva visto; le città cui si riferiva nel suo libro dovevano essere quelle caratterizzate da mura megalitiche (e ancor oggi circonfuse da un alone di mistero). Morì a 70 anni, nel 1826.Sarah Belzoni. Era di origine inglese o forse irlandese, nata verso la fine del XVIII secolo; conobbe Giovan Battista Belzoni nel 1803, quando questi andò per la prima volta in Inghilterra e lo seguì quando lui decise di andare in Egitto, nel 1815. E' descritta come una donna affascinante e intraprendente, sempre al seguito del marito sia nella sua precedente attività circense sia nelle sue nuove vesti di esploratore egiziano. Insieme scoprirono la tomba del faraone Sethi I ma rimase ad Assuan quando Giovanni si diresse più a sud, per intraprendere la ripulitura del tempio di Abu-Simbel, fino a quel momento invaso dalla sabbia e dimenticato nell'oblio. Sarah non stette con le mani in mano e scrisse un capitolo di 42 pagine sulle donne egiziane, della Nubia e della Siria, che incluse nel libro del marito "Narrative of the operations and recent discoveries within the pyramidis...and of a journey to the coast of the Red Sea", in cui si faceva un resoconto delle operazioni e delle scoperte condotte da loro in Egitto. Sarah attraversò da sola alcuni luoghi alla ricerca di tradizioni da conoscere, specialmente relative alle condizioni femminili e riportò i suoi racconti della vita domestica di Arabi e Turchi; viaggiò in Terra Santa e quando tornò in Egitto distribuì copie della Bibbia nei pressi di Rosetta, nel delta del Nilo, compiendo a suo modo l'evangelizzazione cristiana dei nativi, anche se con scarsi risultati. Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1823, Sarah allestì una esposizione a Londra dei reperti che avevano fino a quel momento ammucchiato. Ciò non le fruttò molta fortuna economica; il Parlamento inglese le passò una pensione civile fino a tarda età. Le 'pioniere' del XIX -XX° sec.: i primi grandi passi al femminile e... per la scienza! Ersilia Caetani Lovatelli (1840-1925). E' ricordata come la prima donna ad essere entrata nella prestigiosa Accademia dei Lincei; non era laureata ma eccellentemente istruita. Ersilia nacque a Roma nel 1840 da una famiglia aristocratica e al suo cognome, Caetani, aggiunse in seguito quello del marito, Giacomo Lovatelli, che proveniva anch'egli da un'antica famiglia 'patrizia' ravennate e che le conferì il titolo di contessa. Il padre di Ersilia, Michelangelo, fu un erudito del suo tempo: aveva scritto dei saggi su Dante Alighieri e fu ministro pontificio nel 1848 e nel 1870. Trasmise alla figlia la dedizione per i classici italiani e per la politica liberale mentre la madre morì quando Ersilia aveva appena due anni, ma lei diceva che le aveva infuso l'amore per la letteratura classica e il mondo antico. In una società in cui, lo abbiamo detto e ripetuto, ad una donna non era richiesta una cultura elevata, la famiglia in cui Ersilia crebbe era un' isola felice che nè incentivò l'istruzione, la conoscenza e lo studio, fino a farla diventare un'ottima esperta della Roma antica. Imparò tre lingue (il greco, il latino e il sanscrito) e nel 1854 (giovanissima) entrò nell'Istituto di Corrispondenza di Roma come membro onorario e nell'Istituto Imperiale Archeologico Germanico. Interessata alla filologia, dal 1876 iniziò una fitta corrispondenza con il papirologo e filologo Domenico Comparetti e con lo studioso Franz Cumont, che era uno stretto amico di suo marito. Nel 1878 pubblicò il suo primo saggio "L'Iscrizione di Crescente, auriga circense" sul Bollettino Archeologico Comunale, molto apprezzato dagli 'addetti ai lavori'. Ersilia non fu soltanto una donna appassionata di archeologia ma una scrittrice e divulgatrice di molte opere illustrate imperniate su argomenti più svariati che riguardavano l'antichità al tempo dei Romani; pareva interessata a tutto, a 360°. Approfondì aspetti sia profani che sacri: vita quotidiana, abbigliamento, arte musiva, leggende e tradizioni popolari, giochi e divertimenti dei bambini, matrimonio e divorzio; iscrizioni tombali, topografia, culti, rituali e cerimonie, pratiche pagane come i Misteri Eluesini e cristiane. Ebbe interesse anche per i lavori di poeti e filosofi antichi. Scrisse inoltre sulle tecniche archeologiche 'sul campo':era infaticabile! Nel 1879 si aprirono per lei le porte dell'Accademia dei Lincei di Roma, che fino ad allora aveva avuto solo membri maschi. Quello fu l'anno della morte del marito ma Ersilia continuò la sua attività, venendo in contatto con i personaggi più rappresentativi della cultura archeologica romana del suo tempo. Le sue conoscenze non conobbero confini geografici: nel suo salotto di Palazzo Lovatelli cominciò a ricevere intellettuali ed umanisti, musicisti e letterati del calibro di Honorè de Balzac, Stendhal, Gogol, D'Annunzio, Carducci, Listz...La sua intensissima esistenza di donna affascinata e abbeverata dal sapere si spense tre giorni prima di Natale, a Roma, nel 1925. Aveva raggiunto la considerevole età di 85 anni.Hilda Petrie (1871-1956), inglese. Questo cognome è noto ai cultori di egittologia: sir William Matthew Flinders Petrie è infatti considerato il padre dell'archeologia scientifica, fondatore in Egitto di una scuola di archeologia. Il suo cognome da nubile non lo abbiamo trovato (!). Hilda, avendo studiato geologia, fu notata da Petrie come studiosa, e in seguito si sposarono. Partirono per l'Egitto nel 1896 e il primo sito in cui Hilda lavorò fu Dendera, seguito da altri siti. Nel 1905 fu a Saqquara con una spedizione composta esclusivamente da donne, lavorando nelle tombe dell'Antico Regno faraonico. Immaginiamo come doveva essere vista questa esperienza ai loro occhi, le implicazioni psicologiche, le emozioni e la sfida che stavano lanciando al mondo! Donne in missione archeologica! Doveva sembrare incredibile anche alle loro omologhe che, quotidianamente, erano alle prese con figli, mariti, genitori da accudire. Invece queste intrepide esploratrici stavano vivendo una fondamentale stagione per l'archeologia scientifica mondiale. Anche Hilda fu madre, di due bambini. Dopo una breve esperienza come docenti alla London College University, i Petrie tornarono in Egitto e poi in Palestina, a Gerusalemme. Quando nel 1942 Flinders morì, Hilda visse all'American School pubblicando i lavori del marito per farli conoscere alla comunità scientifica; nel 1952 tornò in Inghilterra e pubblicò le scoperte fatte nel 1905 con la sua equipe tutta al femminile. Morì nel 1956, a 85 anni. Dorothy Annie Elizabeth Garrod (1892-1969). Inglese. Si laureò a Oxford ed è considerata una vera pioniera per la scienza archeologica e di primati ne ha conseguiti tanti. Fu la prima donna - professore all'Università di Cambridge, nominata il 3 marzo del 1939. Fu la prima ad incorporare la fotografia aerea negli scavi. E' stata la prima donna a ricevere la medaglia d'oro della Società di antiquari di Londra. I suoi scavi la videro attiva in Inghilterra, Palestina, Kurdistan, Bulgaria, Gibilterra e Libano. Spese molte forze nelle ricerche del Vicino Oriente, in particolar modo ristette due anni sul Monte Carmelo, dove fece importanti scoperte in campo paleo-antropologico; fu una pioniera anche in questo.Nelle grotte del Carmelo ritrovò molti scheletri di Neanderthal, insieme a strumenti vari e comprese la fondamentale nozione- fino a quel momento ignorata- che il Neanderthal fosse vissuto anche fuori dall'Europa, cosa che non si riteneva possibile. Dorothy concluse, dopo attente ricerche, che i Neanderthals in Europa e nel Vicino Oriente coesistevano, esistevano cioè nella stessa epoca, anche se quelli in Europa erano più primitivi. Questo, naturalmente, provocò qualche emozione e anche reazione negativa perchè scardinava la teoria allora in vigore, circa il concetto di evoluzione lineare. La Garrod fece fare grandi progressi alla scienza in diversi campi tra cui l'arte paleolitica, le migrazioni dell'uomo preistorico e i metodi di irrigazione che impiegava, le tecniche di caccia che usava; inoltre, analizzando i resti della fauna in vari distretti, fu in grado di definire chiaramente come anticamente le condizioni climatiche ed ecologiche dovevano essere mutate. Insegnò all'Università di Cambridge fino al 1952. Nel 1956 le donne entrarono a pieno titolo nell'Università come docenti. Dorothy proseguì a tempo pieno le ricerche 'sul campo' in Medio Oriente e in Francia fino al 1969, cioè fino alla morte, avvenuta all'età di 77 anni. Musei di diversi luoghi ricevettero le sue donazioni. Fu indubbiamente una donna straordinaria. Le mancò solo l'immortalità. Harriet Boyd. Americana, nata nel 1900. E' passata alla storia come la prima donna che diresse uno scavo archeologico, ancora studentessa, intrepida e avventurosa (ma certamente anche competente), per conto della American School of Archaelogy. Con l'amica botanica Jane Patten apprese dalle popolazioni indigene l'esistenza del ricco sito di Kavousi nella parte meridionale dell'isola di Creta. Se ne andavano in giro con i loro abitoni lunghi fino ai piedi, con una sorta di guardia armata (il 'soprastante')e della madre di costui, destando la curiosità e lo stupore dei primi archeologi, come quella dell'italiano Halbherr. Solo più tardi le archeologhe avrebbero indossato i jeans e l'abbigliamento tipico di chi deve muoversi tra sabbie, mulattiere polverose, cammelli e dorsi di mulo... Questa 'spregiudicatezza' dell'epoca la dice lunga su come le anglosassoni godessero di maggiore libertà di azione rispetto alle italiane. Kathleen Kenion (1906-1978). Inglese, insieme al suo maestro Mortimer Wheeler, è stata la prima donna a introdurre lo scavo stratigrafico di un sito archeologico e introdusse il cosiddetto periodo del "Neolitico pre-eramico" (datato al 9.500- 7.000 a.C.). Fu una pioniera dell' 'archeologia biblica' (seguendo le descrizioni veterotestamentarie, è la scienza 'sul campo' tesa a verificare le corrispondenze archeologiche). Lavorò a Jericho (Gerico), individuando una cultura intermedia a quelle che già si conoscevano, che classificò tra il periodo Natufiano e quello neolitico ceramico, Ai livelli inferiori di scavo, la Kenion trovò due livelli neolitici privi di ceramica, che chiamò pre-pottery neolithic (neolitico pre-ceramico), suddividendolo in due fasi (A e B), corrispondenti alle fasi Jericho I e Jericho II. Kathleen morì nel 1978, a 72 anni. Mary Leakey (1913-1996). Pur non essendosi mai laureata, è ritenuta una grande archeologa e paleoantropologa inglese. Il suo nome da nubile era Mary Douglas Nicol; nacque a Londra nel 1913 e passò l'adolescenza tra la Dordogna e a Les Eyzeries dove il padre, che era un pittore paesaggista, amava soggiornare. Mary mostrò subito un interesse per i siti preistorici ed archeologici ivi ubicati ma a soli tredici anni perse il padre e rientrò a Londra con la madre, la quale voleva farle frequentare la scuola cattolica, senza risultati, perchè Mary era una 'ribelle' per natura e si fece espellere due volte dagli istituti: La sua mente era tutta rivolta al mondo misterioso e affascinante dell'archeologia. Infatti si iscrisse alla facoltà di Archeologia e Geologia dell'università di Cambridge, facendo l'illustratrice per pagarseli. Negli anni universitari conobbe Louis Seymour Bazett Leakey (1903-1972), di dieci anni più vecchio di lei, se ne innamorò e si sposarono nel 1936. La coppia era destinata a lasciare un segno negli annali di storia. Un anno più tardi partirono per il Kenya, dove avrebbero cominciato a produrre fondamentali scoperte sui resti fossili ominidi che permise di evidenziare le tappe più antiche dell'evoluzione umana. Mary condivise con Louis le ricerche per tutta la vita e non fu mai da meno, compiendo da sola importanti ritrovamenti, a partire dal primo teschio fossile di un primate estintosi nel Miocene, che verrà appellato Pro-Consul. Nel 1959 ritrovarono un cranio ben conservato di Australopiteco Boisei, detto 'Ziny' che, per le conoscenze del tempo, rappresentava il più antico resto di ominide noto (di 1.800.000 anni), che li rese famosi in tutto il mondo. A metà degli anni '60 del Novecento, Mary decise di stabilirsi nella gola africana di Oldoway, in Tanzania mentre Louis seguiva altri progetti di ricerca antropologica. Nel 1964 i due coniugi scoprirono una nuova specie umana, ma più antica dell'Homo Erectus di 1.000.000 di anni! Era l'Homo Habilis, che era in grado di scheggiare ciottoli. Chissà quante emozioni avranno provato in quei frangenti Mary, Louis e la loro picola equipe! Che anni erano quelli! Di scoperte che si rincorrevano in modo impressionante, riportando fuori dalle nebbie del passato conoscenze inaspettate e che, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, facevano velocemente il giro del pianeta! Nel 1972 Mary restò vedova ma continuò a lavorare alle sue ricerche; nel 1974 si spostò a Laetoli dove fece altre scoperte come file di impronte fossili di ominidi bipedi 'cementificate' nelle ceneri vulcaniche (note come 'impronte di Laetoli'). Alla soglia dei settant'anni, Mary si ritirò a Nairobi, abbandonando la ricerca sul campo ma seguendo le notizie che arrivavano dal mondo della ricerca. Ricevette molte lauree 'ad honerem' e diversi premi, che coronarono meritatamente la sua carriera di donna che, non essendosi laureata, riuscì ad imporsi ugualmente quale figura di spicco della paleoantropologia, non 'solo' come moglie di Louis Laekey ma distinguendosi per i suoi meriti personali. Morì a 83 anni, nel 1996. L'amaro caso di Medea Norsa, filologa e papirologa italiana Medea Norsa (1877-1952). Maria Vittoria Irma Norsa nacque a Trieste, che a quel tempo era ancora assoggettato all'impero austro-ungarico. Prima di sette figli, la sua storia, da un lato brillante e prestigiosa, ne mostra un altro desolante e quasi crudele. La sua figura merita una riconsiderazione e una rivalutazione sotto tutti i profili, sia professionale che umano. Per questo cercheremo di raccontarla brevemente ma incisivamente. Anche se la sua famiglia non aveva mantenuto rapporti con la comunità ebraica locale, erano di ascendenza ebraico-sefardita e questo - in seguito- avrebbe contribuito a peggiorare la sua condizione. Ma la giovane Medea doveva ancora iniziare la vita professionale, che prometteva molto bene. Dopo gli studi classici, venne consigliata dal suo professore Adolfo Mussafia a trasferirsi a Firenze, per proseguirli e perfezionarsi ma fu all'Università fiorentina che incontrò il filologo Girolamo Vitelli, che la iniziò allo studio della papirologia, branca scientifica che allora era veramente in embrione. Nel 1906 prese una laurea in Lettere e già in dicembre venne ammessa al Gabinetto di Papiri dell'Istituto di Studi Superiori. Unica donna, per quei tempi, ad essere nominata alla cattedra di Lingua e Letteratura italiana a Triste, lasciò l'insegnamento nel 1911 per tornare al fianco di Vitelli, che la richiese per proseguire gli studi sui papiri presso l'Istituto Papirologico fiorentino, che il professore dirigeva. Era tanto talentuosa e preparata che ben presto eguagliò le doti del maestro, e quando questi fu avanti negli anni, si dice che fosse lei a lavorare in sua vece, restando nell'ombra. Produsse dodici volumi per la Società Italiana di Papirologia, un lavoro immenso di cui tutti i ricercatori devono esserle grati. A causa di questa eccessiva dedizione di discepola, forse inconsapevole delle sue reali capacità, tralasciò la propria carriera accademica, non entrando mai a pieno titolo nell'organico dell'università italiana da docente ordinario. Insegnò invece a Firenze e alla Scuola Normale di Pisa come libera docente. Le venivano affidati compiti di rilevante responsabilità, come frequenti spostamenti in Egitto per 'trattare' con i mercanti d'arte gli acquisti di papiri, di cui era divenuta esperta decifratrice; sapeva anche tradurre gli antichi testi greci e latini. Fino al 1935 godette di grande notorietà, fu stimata e ricercata da tutta la comunità scientifica e fu membro di prestigiose istituzioni internazionali. In quell'anno però il Vitelli morì e lei prese il suo posto alla direzione dell'Istituto Papirologico. Senza il carisma del suo maestro, Medea si ritrovò però ben presto sempre più isolata, a causa dell'invidia che suscitava agli occhi dei 'colleghi', che cominciarono a tollerare male il fatto di esserle subalterni. Lei, una donna nubile, con quella posizione, era alquanto scomoda e a complicare le cose giunsero, nel 1938, le Leggi razziali. La sua ascendenza ebraica cominciò a diventare un 'handicap' in quell'epoca di egoismo collettivo; veniva inoltre considerata 'straniera' (perchè nata sotto l'impero austro-ungarico!). Tutto ciò ebbe l'effetto di emarginarla e alla luce di queste concise circostanze possiamo solo immaginare cosa debba aver vissuto nel suo intimo, lei, una donna così intelligente e schiva, che non aveva mai voluto apparire, rispettosa del lavoro degli altri e modesta nella sua sapienza. Il suo astro cominciò a declinare inesorabilmente; nel 1944 la casa dove viveva con la cognata subì un bombardamento che la distrusse. Sua cognata ci rimise la vita e Medea, insieme alla disperazione, vide tutta la sua adorata biblioteca privata andare letteralmente in fumo. Manteneva ancora il posto di lavoro ma nel 1947 contrasse una malattia che la tenne lontana un anno dalle sue attività; quando nel 1949 si ristabilì, venne 'congedata' dal Rettore fiorentino Bruno Borghi. Un'altra umiliazione, un'altro durissimo colpo, a cui seguì il colpo di grazia. Mentre stava lavorando al tredicesimo volume per la Società italiana di Papirologi, il collega Terzaghi glielo sottrasse. Probabilmente non sapendo come difendersi di fronte a tante onte, sconfitta senza aver mai condotto una vera battaglia, si ritirò in un convento fiorentino femminile, dove morì, nel 1952, nella dimenticanza generale, a 75 anni d'età. Oggi viene ricordata come una grande filologa e papirologa italiana. Archeologhe e ...molto altro:le donne crescono e con loro la scienza! Grace Crowfoot (1877-1957). Nacque a Lincolnshire (Inghilterra), prima di sei figli; il suo nome da nubile era Grace Mary Hood e per amici e parenti fu sempre 'Molly'. Il suo approccio con il mondo dell'archeologia avvenne in seguito ad un fatto curioso: alla morte di suo nonno, che era un collezionista di antichità egiziane, vennero battuti all'asta da Sotheby's i reperti che possedeva. Ciò permise a Grace di venire in contatto con alcuni archeologi, tra cui anche Flinders Petrie, il marito di Hilda (vedi sopra). Completati gli studi a Parigi, svernò a San Remo (Liguria) e partecipò ad una spedizione botanica sulle Alpi Liguri; scavò la grotta a Tana Bertrand nel 1908 -'09, facendone poi un resoconto scritto. Nel 1909 sposò un giovane assistente direttore dell'Istituto dell'Educazione nel Sudan, Winter Crowfoot, da cui attinse il cognome. Nel 1910 vennero mandati al Cairo per impegni professionali; qui ebbero tre figlie. Molly imparò la tecnica della fotografia e realizzò diversi lavori sui fiori del deserto, ma allo scoppio della I Guerra Mondiale ripararono nuovamente in Sudan dove Molly divenne esperta di epigrafia e rilievo delle tombe faraoniche. Dopo la nascita della quarta figlia e la fine del conflitto bellico, decisero di rientrare in Inghilterra. Vediamo come questa donna coraggiosa, con le sue 4 bambine e avendo perso tutti i suoi fratelli durante la guerra, non pensò di mettersi a fare la mamma a tempo pieno ma incrementò le proprie energie al servizio della cultura. Divenne membro della Lega delle Nazioni Unite; pubblicò diversi libri a carattere archeologico, ma anche botanico (che era una delle sue passioni), con le sue fotografie. Ma il bello doveva ancora arrivare. Quando il marito venne messo a capo di diversi scavi, in qualità di direttore della Scuola Britannica di Archeologia a Gerusalemme, Molly mise in mostra le sue qualità di organizzatrice degli scavi, dal quartier generale! Con l'avvento della II Guerra Mondiale tornò in Inghilterra (due conflitti bellici nella sua vita) e lavorò al Sutton Hoo Ship; pubblicò anche i risultati delle ricerche condotte nella tomba di Tuthankamon. Con la scoperta dei Rotoli del Mar Morto, Molly pubblicò un articolo sul Qumran Textile, affascinando e stimolando una generazione di archeologi prima che la morte la rapisse, a 80 anni e per leucemia, nel 1957. Gertrude Caton- Thompson (1888-1985). Nacque a Londra e ricevette un'istruzione in scuole private, perfezionandosi in Francia. A ventitrè anni fece un viaggio in Egitto con la madre e qui scoccò il suo primo interesse per l'archeologia. Probabilmente vide all'opera qualche donna che, pionieristicamente, muoveva i primi passi negli scavi dei siti egiziani e ne restò influenzata al punto che decise che la sua strada doveva essere quella. Già nel 1919 la troviamo a lavorare nel sito di Abydos e a Oxyrhinchus, portando a completamento gli studi alla British School of Archeology in Egypt tra il 1924 -'26. Fu allieva di Flinders Petrie alla College University di Londra. Insieme al geologo Elinor Wight Garner divennero la prima SURVEY archeologa nel Fayum settentrionale. Lavorò in altri siti, nell'oasi di Kharga, in Medio Oriente e nell'Africa meridionale dove, tra il 1928-'29 scavò le rovine di Great Zimbabwe, arrivando a postulare che fosse quella la terra d'origine della specie umana. Ricoprì incarichi di elevato prestigio e iniziò, con altri due colleghi, lo scavo sistematico dello Yemen. La sua vita avventurosa e instancabile si concluse nel 1995 a 97 anni a Broadway, nel Worcestershire, dopo aver attraversato la storia a cavallo di due secoli e aver assistito a tante scoperte rivoluzionarie. Luisa Banti (1894- 1978). Nacque a Firenze e si laureò nella sua città. Fu attiva nel 1930 a Creta con la Missione Archeologica Italiana; pubblicò le precoci scoperte al Palazzo Minoico di Festos collaborando con il prof. L. Pernier. Si distinse per la sua attività di ricerca in campo etrusco, essendone stata indirizzata dal prof. G. Devoto e ricoprì incarichi di alto livello come la presidenza dell'Istituto di Etruscologia dal 1965 al 1972. Il suo lavoro più conosciuto, tradotto in diverse lingue, è "Il mondo degli Etruschi". Morì a 84 anni, nel 1978. Bruna Tamaro (1894-1990). Nacque nello stesso anno di Luisa, il 1884, ma nel profondo nord padano, a Grumello del Monte, piccolo paese in provincia di Bergamo. Si spostò dappèrima a Bologna per ragioni di studio e nel 1915 era già laureata in Filologia classica presso l'università di Genova; proseguì poi i suoi studi in archeologia a Roma ed Atene. Ricoprì l'incarico di Ispettore Archeologico per Venezia dal 1921 al 1936 e nella città lagunare incontrò nel 1929 il suo futuro marito, Ferdinando Forlati, allora Soprintendente ai Monumenti per la regione Trieste (si ricordi la situazione politica del tempo), dal quale ebbe un figlio. Dal 1952 al 1961 Bruna fu direttrice del Museo Archeologico di Venezia, in seguito divenne Soprintendente ai Monumenti di Padova, città che le permise di perfezionare i suoi studi. Nel 1961 partecipò agli scavi in Israele, a Cesarea, e ben presto la sua figura venne richiesta nelle maggiori Commissioni relative alla gestione del patrimonio storico-culturale, non solo italiano ma internazionale. Fu membro dell'Istituto Imperiale Archeologico Germanico, dell'Istituto di Studi Etruschi, dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, e di molti altri. Produsse tre volumi in cui spiegò le basi della preservazione del patrimonio storico nazionale, in qualità di esperta delle questioni museali e curatrice di molti progetti di restauro (Verona, Venezia, Istria, Trieste, etc.). Si spense dopo un'intensa vita spesa al servizio della cultura, nel 1990, a 96 anni. Grandi archeologhe del Novecento che hanno fatto grande l'Italia nel mondoPaola Montuoro (1901-1987). Nacque a Napoli e si laureò nel 1923. Giunta ad Atene alla Scuola Italiana di Archeologia, sposò un suo studente, Domenico Zancani, che però morì precocemente a causa del tifo. Insegnante all'università di Napoli, Paola si interessò ai siti archeologici della Magna Grecia, di Sibari, Paestum e di Locri. Scoprì, tra mille difficoltà, il tempio di Hera Argiva con Umberto Zanotti Bianco. Esperta nell'iconografia scultorea, fece studi sulle metope di Selinunte, dell'isola di Mozia e molti altri. Dopo una lunga e fruttuosa carriera, avendo all'attivo moltissime pubblicazioni e aver ricevuto numerosi premi, morì a Sorrento, nel 1987, a 86 anni. Lucia Guerrini (1921-1990). Nacque a Lodi. Compiuti gli studi sotto la direzione del prof. Sergio Donadoni, diede gli esami in arte copta nel 1954 a Milano. Tre anni dopo partecipò agli scavi minoici a Festos. Rientrata in Italia, si recò a Roma, dove venne influenzata dagli studi del prof. Ranuccio Bianchi Bandinelli e nel '58 si dedicò alla stesura di una poderosa opera, l'Enciclopedia Italiana di arte classica e orientale. Nel 1964 divenne docente all'università romana, recandosi però spesso in Egitto per seguire le ricerche che la appassionavano relative all'arte copta. Nel 1965 partecipò agli scavi di Antinoe, producendo innumerevoli pubblicazioni. Morì nella sua città natale, nel 1990, a 69 anni. Michela Schiff-Giorgini (1923-1978). Nacque a Padova e nonostante non si fosse mai laureata, fu anche lei una personalità di spicco nell'archeologia egiziana e per la sua infaticabile attività ricevette nel 1971 una laurea 'honoris causa' in Lettere e Filosofia presso l'Università di Pisa, ateneo per il quale aveva lavorato per vent'anni, dal 1957 al 1977. Sotto quel Patronato aveva partecipato agli scavi del tempio di Soleb e a quello di Amenhotep III, alle tombe della XVIII dinastia a Sedenga, presso il tempio della regina Tiy, moglie di Amenhotep III, scavò la tomba di Taharqa, faraone kushita della 25^ dinastia. Moglie di Giorgio Giorgini Paleologo Diana (nome tecnico Schiff-Giorgini), da cui attinse il cognome, ricevette nel 1961 la medaglia d'argento delle Relazioni Culturali da parte del Ministero degli Esteri italiano; nel 1964 la medaglia d'argento dall'Ateneo pisano. Michela rivelò doti di abile scrittrice e divulgatrice scientifica pubblicando articoli esaustivi su riviste specializzate e fu inoltre autrice di volumi inerenti gli scavi del tempio di Soleb, da quando erano cominciati (nel 1813) fino al 1963. Tutto il materiale che aveva ritrovato negli scavi e che le era stato assegnato dal Ministero dell'Educazione Nazionale del Sudan, lo donò all'università di Pisa; quella collezione porta il suo nome ed è conservata in un locale di Palazzo Ricci a Pisa. Fece dono anche di tutto quanto era attinente agli scavi stessi, come disegni, carteggi, fotografie, diari, filmati. Materiale preziosissimo. Nel 1971 fu proposta, a Parigi, per il grado di Cavaliere nell'Ordine della "Palmes acadèmiques", una grande onorificenza. Si ritirò in Spagna dove morì di meningite, il 3 luglio del 1978, all'età di 55 anni. Alessandra Vaccaro (1940-2000). Nacque a Roma, dove si laureò con il prof. Ranuccio Bianchi Bandinelli; in seguito, nel 1964, si trasferì ad Atene dove frequentò la Scuola di Archeologia Italiana. Sposando l'avvocato Gianfranco Melucco, il suo nome divenne noto come Alessandra Melucco Vaccaro. Ci sarebbe da scrivere moltissimo su questa figura di donna poliedrica, un'intellettuale sensibile e generosa professionista. Così viene descritta da chi l'ha conosciuta. Scavò il tempio di Pyrgi e, dal 1970 al '74 diresse gli scavi nel duomo vecchio di Arezzo e nelle necropoli di Chiusi-Arcisa, di cui pubblicò il materiale ritrovato; lavorò come restauratrice a Paestum, in siti archeologici in Sardegna, a Reggio Calabria e ai famosi Bronzi di Riace. Esperta in conservazione e restauro archeologico, fu archeologa per il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e, a livello internazionale, ha servito l'UNESCO come esperta del patrimonio culturale mondiale. E' stata rappresentante per l'Italia della AGESA (Atelier de Gestion des Sites Archèologique); è stata membro del Bureau du Conseil de la Cooperation Culturelle (BDCC) per il Consiglio d'Europa; esperta nel Consiglio d'Europa per il patrimonio. E' stata anche consulente del Centro per la Conservazione della Fondazione americana Getty. La sua filosofia era basata sull'uso di metodi non invasivi e interventi conservativi minimi per la conservazione del patrimonio culturale; pubblicò molti lavori sulla conservazione della pietra e sulle patine, sulle vernici usate nei manufatti antichi. Nel 1971 mise in campo la propria competenza all'Istituto Centrale del Restauro (ICR).Nel 1974 divenne direttore del Museo dell'Alto Medievo a Roma e produsse svariate opere sul periodo medievale, tra cui l'importante volume "I Longobardi in Italia", considerato ancora oggi una risorsa fondamentale bibliografica. Mastering in 5 lingue, dal 1976 al '79 fu deputato al Parlamento italiano nelle liste dell'allora PCI. Come riuscisse a conciliare tutte le sue prestigiose attività e a farle tutte valentemente, può sembrare un mistero, ma non lo era per Alessandra, che a soli sessant'anni però morì, a Roma, nel 2000. L'anno seguente l'allora Presidente della Repubblica C. A. Ciampi le conferì la medaglia d'oro della Repubblica italiana al merito (postuma). La lista di nomi prestigiosi di donne sublimi che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia dell'archeologia, e delle sue branche di specializzazione, sembra interminabile. Citeremo ancora la grande Iole Bovio Marconi, nata a Roma ma approdata in Sicilia negli anni ´20 del XX secolo per rimanervi a vita. Fino al 1960 diresse la Soprintendenza archeologica della Sicilia Occidentale e il Museo Archeologico Nazionale di Palermo, dove continuò a lavorare anche durante i bombardamenti e, dopo la guerra, ricostruì il museo stesso (morì nel 1986 in tarda età). Anna Maria Bisi, che iniziò la sua carriera di archeologa a Roma con il prof. Sabatino Moscati. A sua volta divenne docente universitaria alla Sapienza di Roma e ancora giovanissima fu nominata Ispettrice delle Antichità Orientali della Soprintendenza delle Antichità di Palermo. La sua instancabile attività la vide, nel 1969, insegnante delle Antichità Puniche e in parallelo pubblicò materiale sui ritrovamenti degli scavi archeologici; nel 1970 venne incaricata dell'Ufficio Scavi all'Herculaneum; continuò a pubblicare le sue ricerche fenicie e puniche e al contempo ricevette la nomina di insegnamento dell'Antico Vicino Oriente all'Università di Urbino. La sua inaspettata morte, avvenuta nel 1990, fu una devastante perdita per il mondo della ricerca. Margherita Guarducci (1902-1999) nacque a Firenze e si laureò nel 1924 all'Università di Bologna, perfezionando i suoi studi a Roma, Atene e in Germania. Docente di Epigrafia e Antichità Greche all'università 'La Sapienza' di Roma, fu membro della prestigiosa Accademia dei Lincei, della inglese British Academy e della Mainzer Akademie in Germania ed altre, sia in Italia che all'estero. Autrice di poderosi volumi a carattere scientifico come le 'Inscriptiones Creticae' (1935-1950), da lei raccolte durante il suo lungo periodo di indagini a Creta, e i quattro di 'Epigrafia greca' (1967-1987), si è distinta per la sua attività in Vaticano dal 1952, culminata con la decifrazione dei graffiti cristiani sotto l'altare della Confessione nella basilica di San Pietro e soprattutto della tomba e delle reliquie di San Pietro. E'scomparsa nel 1999 all'età di 97 anni. Piccola parentesi: come abbiamo visto, tutte o quasi queste grandi figure femminili sono state longeve, alcune molto longeve. Segno che forse- svolgendo un'attività che le assorbiva e gratificava - sono riuscite a stare in un equilibrio omeostatico che ha consentito loro di vivere in armonia con se stesse e con il loro mondo, pur tra mille difficoltà che possiamo solo immaginare. A tutte le donne archeologhe qui presentate e anche a quelle che per ovvie ragioni non abbiamo potuto includere, rivolgiamo un postumo Pensiero, un tenero Ricordo e insieme la nostra gratitudine e la nostra ammirazione. A quelle che oggi continuano, sul loro esempio, ad essere modello di intelligenza, impegno e determinazione, auguriamo di continuare a farlo sempre con mente aperta perchè nulla di ciò che conosciamo oggi è destinato a rimanere immutabile. Bibliografia e webgrafia: Giovanna Bandini in "Le donne fanno le archeologhe" (pubb.12/10/2007) dossier, in http://62.77.55.137/site/Scuola/Zoom/archeiologia/9.htm "Breaking Ground. Pioneering Women Archaeologists, Biographies of twelve often-overlooked woman archaeologists" Getzel M. Cohen and Martha Sharp Joukowsky, Editors - University of Michigan Press, 2004 http://www.brown.edu/Research/Breaking_Ground/introduction.php http://www.mnsu.edu/emuseum/information/biography/fghij/garrod_dorothy.html http://it.wikipedia.org/wiki/Kathleen_Kenyon http://it.wikipedia.org/wiki/Ersilia_Caetani_Lovatelli http://it.wikipedia.org/wiki/Medea_Norsa http://www.donneconoscenzastorica.it/testi/recensioni/frecclettere.htm
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www.duepassinelmistero.com Avvertenze/Disclaimer Marzo 2009 |