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              LO YETI DELLA VAL DI FIEMME

                                                                   Testo e foto  di Giancarlo Pavat

 

Tutte le grandi civiltà susseguitesi nella storia del genere umano hanno visto le montagne come la sede di divinità ed esseri non di questo mondo. Presenze a volte benevole, quasi sempre severe, se non esiziali per i comuni mortali. Luogo comunque deputato all’Epifania del Trascendente e del mostruoso. Non stupisca quindi, che proprio in simili ambienti, vette inesplorate e foreste inestricabili, siano sorti miti e leggende legati ad una archetipo antico come l'Uomo. Quello dell'Homo Selvaticus, l'Uomo Selvaggio. A metà strada tra l'Homo Sapiens e quello vicino allo stato di Natura.

Yeti, Bigfoot, Sasquatch, ogni cultura e continente ha trovato un nome appropriato per questa creatura. Sulle nostre Alpi è, appunto, l'Uomo Selvatico.

Protagonista di racconti, fiabe leggende e persino interessanti cicli di rappresentazioni iconografiche. La più celebre si trova in un fienile, oggi museo, dell'abitato di Sacco in Val Gerola, una valle trasversale della Valtellina.

Meno conosciuta e di recente scoperta è quella che si può ammirare nella trentina Val di Fiemme. La splendida vallata racchiusa tra le Dolomiti e la corrusca catena del Lagorai, nota soprattutto per gli sport invernali e per la storica presenza, dal 1922, nel paese di Predazzo della Scuola Alpina della Guardia di Finanza. La più antica scuola militare di montagna del mondo.

La più importante testimonianza iconografica dell'Homo Selvaticus è indubbiamente l'affresco medioevale sulla facciata della Casa Del Pero (ex Casa Riccabona) a Cavalese, il capoluogo della valle.

L'edificio, a pianta a mezzo ottagono, con quattro facciate, risale al XIV secolo. Negli ultimi anni, un accurato restauro ha riportato alla luce una serie di affreschi trecenteschi, tra cui spicca un “San Cristoforo” ed una “Santa Dorotea” che porge un cesto di fiori a Gesù Bambino assiso sulle spalle del “Gigante Buono”. Ai piedi dei due santi, numerosi pesci saltellano fuori dall'acqua. Sulla facciata meridionale si nota il cosiddetto "Mascherone di Carlo Magno". La definizione è puramente convenzionale, infatti, nulla prova che il volto barbuto cinto da una corona rappresenti realmente l'Imperatore Carolingio. Secondo alcuni potrebbe ritrarre “Laurino”, il Re celebrato nella nota fiaba sulla nascita del Catinaccio/Rosengarten e del fenomeno dell’Enrosadira.

Sulla facciata occidentale dell'edificio, ecco l'Omo Salvadego (come si dice in Val di Fiemme) con tutta la sua famigliola. Il suo aspetto corrisponde più o meno all’iconografia classica. È nudo, piuttosto peloso, porta dei rami sul capo ed altri cingono i suoi fianchi, infine si appoggia ad una enorme clava.

                                                                    

A sinistra, per chi guarda la facciata della “Casa”, ecco la “Gentile signora”, a seno nudo, anche lei con le sue belle foglie intrecciate a guisa di perizoma, che tiene per mano il figlioletto.

                                                                    

Non si sa nulla dell’affresco, dell’autore e dei motivi per i quali venne realizzato. Si possono fare alcune congetture. Difficile credere che il soggetto dell’Homo Selvaticus di “Casa Del Pero, sia casuale. Si è detto che nel XIV secolo, l’edificio, dotato di torre e simile ad una fortezza, marcava i confini del centro abitato. Oltre si sviluppavano ancora orti o pascoli ma poi la Natura Primigenia tornava a farla da padrona. Si estendevano quelle foreste che ancor oggi caratterizzano la Val di Fiemme e la catena del Lagorai. Seghettata teoria di cime aguzze, formata da porfidi e basalti di origine vulcanica.

Luoghi ritenuti dimora di esseri non necessariamente di questo Mondo. Vista la valenza decisamente positiva, benigna, generalmente attribuita all'Uomo Selvatico (in molti racconti insegna ai montanari l'utilizzo del latte per fabbricare butto e formaggi) è probabile che la "Famiglia Silvestre" abbia avuto una funzione apotropaica. Sorta di “guardiani” o “custodi”, insomma.

Ma quella di “Casa Del Pero” non è l’unica testimonianza di “Uomini Selvatici” in Val di Fiemme. Sempre a Cavalese, i due frontoni della facciata dell’ “Ispettorato Forestale”, oggi “Distretto Forestale delle Valli di Fiemme e Fassa”, sono decorati con affreschi allegorici riferiti alla piantagione ed al taglio delle foreste, realizzati nel 1921 dall’artista locale Enrico Clauser (1883-1928). I dipinti rappresentano una sorta di “Uomo dei Boschi”, deputato a sovrintendere alle attività legate alle foreste. Vi si legge l’iscrizione “Alteri Seculi Maturum” (“Per il secolo che verrà taglio le piante mature”).

Ovviamente si tratta di un opera moderna, eppure è importante, perché indica come la tradizione, di una creatura in stretto legame con la Natura, sia ben radicata nella cultura fiemmese. Un affresco simile e con il medesimo significato simbolico abbellisce la facciata di uno degli edifici del “Demanio Forestale” a Paneveggio, frazione di Predazzo a quota 1.512 m s. l m., nei pressi della Chiesetta dell’Assunta risalente al 1730 (ma ricostruita nel 1926 dopo essere stata bombardata durante i combattimenti attorno a Passo Rolle). Un'altra raffigurazione dell'Homo Selvaticus è, forse, ravvisabile in un monumento situato nel centro storico di Predazzo. Trattasi della "Fontana di Pè de Pardàc", databile tra il XVII ed il XVIII secolo, quasi addossata alla "Casa del Pinzan". Il manufatto, realizzato in porfido del Lagorai, si presenta con un doppio bacino, uno come abbeveratoio e uno come lavatoio. Il pilastro, anch'esso in porfido, dal quale attraverso due cannelle, fuoriescono gli zampilli d'acqua, è decorato da due mascheroni barbuti. Per qualcuno rappresentano la divinità di "Giano Bifronte", per altri studiosi sarebbe una ennesima rappresentazione apotropaica dell'Homo Selvaticus. E' probabile che la verità non si saprà mai. Un altro mistero, come quello proprio della figura dell'Uomo Selvatico. Che continua ad ammonirci, dopo tanti secoli, a cercare di vivere in simbiosi con la natura ed il mondo che ci circonda e non violentarlo con l'inquinamento ed un progresso dissennato, che rischia di portarci sull'orlo di una catastrofe planetaria.

(Autore:Giancarlo Pavat)

Sezioni correlate in questo sito:

bullet L'Homo Selvadego di S. Brigida in Val Brembana
bullet Simbolismo (segnalati da voi)

 

 

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