La foto di
gruppo!
L'annuale incontro tra
studiosi, amici e simpatizzanti del sito
www.duepassinelmistero.com, giunto alla
sua settima edizione, si è tenuto quest'anno nella pittoresca cornice
delle colline moreniche del lago d'Iseo. Sfatando la credenza che dopo
sette anni un' unione accusi degli scricchiolii, si è riunito un gruppo di
persone più folto del solito, con gente nuova e di diversa provenienza
geografica. La sintonia è stata il filo conduttore della giornata, in
quanto quando si è accomunati dagli stessi interessi, è più facile
comunicare e capirsi. Ringraziamo dunque tutti quanti hanno partecipato al
consueto pranzo conviviale presso l'agriturismo che ci ha ospitato e anche
coloro che si sono aggiunti il pomeriggio, per la presentazione del saggio
'I luoghi delle triplici cinte in Italia' (Eremon edizioni), alla
presenza degli Autori, Marisa Uberti e Giulio Coluzzi.
Dopo la foto di gruppo di
rito, perchè è bello poter conservare un ricordo di tante belle persone,
ci si è accomodati nell'accogliente sala conferenze del 'Clarabella', che
ha visto la presenza di un buon numero di presenze. Persone attente che
nel finale hanno espresso idee, considerazioni costruttive, opinioni e
ipotesi utili a costruire un mosaico di possibilità di approccio sempre
migliore. I relatori si sono avvicendati nella presentazione del loro
saggio, uscito nel novembre del 2008, che in questa sede è stato per la
prima volta proposto congiuntamente. Si è partiti dalle domande cardine di
questa insolita ricerca, che i due studiosi hanno intrapreso da
diversi anni a questa parte: cos'è la Triplice Cinta? Dove la si trova?
Cosa significa?
Ha aperto la discussione
Marisa Uberti, incentrando il discorso sui quattro punti fondamentali
attorno a cui è ruotata la ricerca:
-l'aspetto storico/ludico
-l'aspetto filosofico
-l'aspetto
sociologico/antropologico
-l'aspetto
simbolico/esoterico
Gli autori Marisa
U. e Giulio C. mentre espongono le loro relazioni
L'autrice ha focalizzato
l'oggetto della ricerca come uno spartiacque:a cavallo tra un passatempo
ludico e un simbolo camaleontico, capace di assumere valenze diverse a
seconda dei contesti culturali, la triplice cinta si presenta nella sua
usuale forma di triplice quadrato concentrico raccordato da quattro
segmenti perpendicolari, con eccezioni e aggiunte inessenziali ai fini del
gioco, in posizioni inclinate o verticali, talvolta in dimensioni talmente
ridotte che rendono impraticabile lo svolgimento di una sfida a due. Ma
gioco lo è stato, e uno dei più prediletti, almeno fin dal tempo dei
Romani, che lo hanno inciso in tutto l'impero d'Oriente e d'Occidente.
Figura ricorrente nell'arte rupestre non figurativa, e per questo meno
indagata dagli archeologi, è passata nelle corti di re e imperatori,
uscita tra il popolo, tra i pastori e gli avventori, tra cavalieri, monaci
e soldati, ed è finita anche sui campi di grano, a far parte di quel
grande enigma che va sotto il nome di Crop Circles!
Sono tutti quei casi
enigmatici che hanno spinto i due Autori a scandagliare la penisola
italiana per raccogliere un nutrito censimento di esemplari, per
ricondurli al loro significato, all'intenzione di chi li ha incisi sulla
pietra. Sono infatti i contesti architettonici medievali che sembrano
fornire il maggior numero di esemplari: chiese, abbazie, chiostri, come se
detto soggetto abbia conosciuto una rivitalizzazione in quell'epoca. Ma
trovare risposte certe è impresa tutt'altro che facile, mentre abbondano
le domande. Che c'entrino le Crociate e i grandi pellegrinaggi in
Terrasanta? Che sia stata un segno di riconoscimento? Che l'abbiano
usata e veicolata come simbolo cristico i Templari, che la incisero
in verticale, con ogni probabilità, nella cella del castello di Chinon?
Questo ha fatto scattare la molla nei due ricercatori di unire le forze
per capire qualcosa di più. Nel libro hanno messo 37 schede approfondite
dei luoghi, per un totale di oltre cento esemplari censiti, ciascuno con
la descrizione del contesto in cui è inserito, perchè il merito di questo
studio è la ricerca 'sul campo'. A ciascuno è riservata la sua storia e le
sue curiosità, per cercare di capire se vi sia un'integrazione tra il
luogo e la presenza della triplice cinta stessa in esso.
Un momento della conferenza con un pubblico molto attento
Associata e forse confusa
in epoca medievale al Labirinto, correlata alla pianta della biblica
Gerusalemme Celeste, interpretata talvolta come meridiana solare,
come marchio di costruttori e molto altro ancora, la provenienza
geografica e temporale della triplice cinta è ancora oggi molto incerta.
Dall'aleatoria e anecstrale capitale di Atlantide, Posidonia, costituita
da cinque cerchi concentrici di terra e di acqua, la relatrice è passata a
mostrare casi documentati dal vivo, come quello straordinario di Osimo,
dove nella Grotta ipogea di Palazzo Simonetti, cinque quadrati concentrici
sono stati scolpiti misteriosamente in verticale sulla parete tufacea, in
un ambiente carico di oscurità, di misticismo, di profonda suggestione.
Poi è stata la volta di quelli di Vilminore (BG), della Valcamonica (BS),
di Pulsano (FG), di Vieste (FG), di Biacis(UD), di Bulzi (SS), solo per
darne un'idea. Tutti in verticale. Una presenza ubiquitaria, ma che passa
pressochè inosservata. Eppure ha divertito generazioni di persone, quando
ancora giochi elettronici e computer non esistevano. Ha rivestito una
pregnanza sociale importante, laddove rappresentava il gioco più economico
e facile da realizzare per il volgo, che nemmeno lontanamente supponeva
della sua duplice valenza. Incidere sulla pietra assumeva valore di
linguaggio: affidando ad un materiale eterno il proprio messaggio, la
propria 'opera', anche se umile, si sono tramandate ai posteri usanze e
tradizioni via via dimenticate. Le sigle, le date e le iniziali che
talvolta si trovano accanto (perfino dentro) alle triplici cinte
ribadiscono, da parte di chi le ha lasciate, la volontà di non scomparire,
di essere ricordati, di dirci 'Io sono stato!'.
Il pubblico in sala in un momento della conferenza
Giulio Coluzzi ha
affrontato gli aspetti filosofici e simbolici della triplice cinta,
menzionando le teorie avanzate da tre esoteristi francesi degli anni Venti
del XX secolo: P. Le Cour, R. Guenon e Charbonneau-Lassay, che
riconoscevano il carattere simbolico e inizatico dello schema della
triplice cinta. Il primo lo riteneva proveniente dalla mitica Atlantide,
passato attraverso i Druidi e tutte le società iniziatiche; il secondo
focalizzò l'idea di un 'centro', concetto fondamentale paragonabile all' 'omphalos'
o centro sacro degli antichi, sottolineando come esso sia la 'sorgente del
Sapere' che si dirama alla periferia. Inoltre Guenon indicò nella
numerologia un'ulteriore chiave di lettura, il prodotto del ternario
(i tre quadrati) con il quaternario (il quadrato appunto), che dà
origine al duodenario, espressione dello Zodiaco. Charbonneau -Lassay, non
dissentendo dai precedenti, aggiunse una propria interpretazione in chiave
cristiana, in cui lo schema assurge a sintesi del macrocosmo (dalla
periferia al centro si avrebbe il mondo Terrestre, quello Firmamentale e
quello Divino, sulla cui soglia si ferma la croce data dalla confluenza
dei quattro segmenti perpendicolari(simbolo della redenzione del Cristo),
poichè il mondo divino non ha bisogno di redenzione. Allo stesso modo, la
triplice cinta in cui i segmenti si uniscono al centro (croce piena)
assurge anche a metafora iconografica del microcosmo Uomo, formato
dai tre elementi Carnale, Intellettuale e Morale, sui quali si estende
sovrana la croce redentrice del Cristo. Il Coluzzi ha poi presentato
diversi casi incontrati nel corso della ricerca, che suscitano ancora
interrogativi, come la presenza di triplici cinte all'interno delle chiese
o corredate di croci nello spazio quadrato più interno.
Concludendo i loro
interventi, i due relatori hanno auspicato che sempre più persone si
guardino attorno e segnalino esemplari inediti. Può esservi sempre
qualcosa oltre l'apparenza, che vale quanto meno la pena di essere
osservata.
Stando alla superficie
delle Cose, nulla sembra nascondersi dietro di esse. Ma è proprio quando
qualcuno decide di grattarla che le certezze vacillano, che le domande si
moltiplicano e le risposte si ingoiano, mentre si aprono tante finestre
entro le quali non solo è stimolante e curioso guardare, ma anche
doveroso. E le domande del pubblico, a fine presentazione, sono servite a
migliorare in ciascuno il proprio grado di percezione verso una tematica
che ha ancora molto da rivelare.