Foto-gallery
Brevi note.
La spendida costruzione è situata in un paesaggio estremamente affascinante,
nel cuore del Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina (toponimo
derivante dai proprietari terrieri Malatigni, la cui ascendenza
risalirebbe ad un Malatigna del 1170 (soprannome composto da "mala",
malvagia, e "tinea", tignola). Costoro detennero la zona fino al principiare
del XV secolo.
Si tratta di un
insediamento caratterizzato da tre macigni arenarici, detti Rocca di
sopra, Rocca di sotto e Roccazzuola, che costituirono da
tempi remoti delle fortezze naturali protette a ovest e a sud da un'unica
scogliera a picco. Furono resi abitabili scavandovi gradinate spiraliformi,
creando cisterne, grotte, vere e proprie camere, forni, magazzini (il tutto
completato con tettoie, passerelle, balaustre). Il territorio abbondava di
acqua e questo fu sicuramente fondamentale sia per stanziarsi che per
ragioni di culto.
La Pieve, poco
distante dai Sassi, sorge su un edificio di culto probabilmente
pagano, di epoca indeterminata. In una zona sacra, dunque, che ha
continuato ad esserlo. Scavi archeologici hanno messo in evidenza che nei
pressi si trovava un cimitero e, secondo alcune tesi, il sarcofago esposto
in facciata indicherebbe questa antica funzione dell'area (ma il manufatto è
moderno).
Gli avanzi
scultorei fanno deporre per l'esistenza di un'antica chiesa longobarda o
carolingia; le prime notizie certe la fanno risalire attorno al X secolo,
mentre per trovarla citata come Pieve si deve attendere il XII secolo.
Inizialmente era dedicata a san Giovanni Battista, anche se
all'interno un cartiglio cita l'Evangelista, forse il titolare
precedente. La d.ssa Budriesi, Università di Modena, rileva infatti che sul
leggio è presente un santo con le ali; dall'analisi del cartiglio che regge
in mano si deduce che si tratti di Giovanni Evangelista. "Ha una posa
molto strana: un braccio espanso e un braccio piegato, ricoperto dal
cartiglio.Quindi non è una posizione di preghiera, ma è molto strana; ha
l’aureola (nimbo) e le ali ed è vestito di una lunga veste. E’ una
iconografia bizantina molto rara che presuppone la presenza di codici
bizantini e di una reliquia legata al culto di San Giovanni Evangelista".
La chiesa era
dipendente dall'antichissima Pieve di S. Maria di Monteveglio, centro
spirituale di un distretto rurale romano-bizantino. In seguito si emancipò,
divenendo essa stessa sede di plebania, dalla quale dipendevano 19
cappelle(1291). La sua posizione risultò strategicamente rilevante,
nel medioevo, all'incrocio di tre vie, su un crinale che risaliva la valle
del Panaro. Sembra che i Templari vi abbiano intrattenuto rapporti ed
è testimoniata la presenza di un hospitale per i pellegrini; la pieve
era fortificata ma non era incastellata.
Il complesso
era costituito, oltre che dalla chiesa, da un battistero ottagonale (ancora
visibile a destra dell'ingresso), da un cimitero, dall’abitazione per il
presbitero, da un edificio per fare scuola, l'ospitale per
l'assistenza ai viandanti e ai pellegrini, e doveva avere delle reliquie,
secondo gli studiosi, che attirassero i pellegrini. Ma di queli
reliquie si tratti, lo ignoriamo (forse quelle cui fa riferimento la d.ssa
Budriesi).
La chiesa è
dotata anche di una cripta, alla quale si accede tramite una botola nel
pavimento.
La Pieve
conobbe molte vicissitudini e cambi di proprietà (dai Pico agli Aldrovandi
di Bologna, agli Estensi-Tassoni, ai Pepoli e infine ai Montecuccoli,
feudatari di Castellino delle Formiche, che la tennero fino al 1796. La sua
architettura venne mutata in stile barocco nel 1726 ma tornò ad essere
parrocchia autonoma della diocesi di Modena nel 1822. E si cominciò a
volerla rimaneggiare riportandola allo stile romanico medievale. Pare che si
sia 'pasticciato' con restauri poco adeguati, con aggiunte inopportune che
ne alterarono l'aspetto originario. Nonostante tutto, oggi si presenta assai
interessante.
La nostra
galleria fotografica intende mettere in luce, al di là delle parole,
simbolismi, dettagli ed effetti chiaroscurali che la caratterizzano e la
rendono viva e 'parlante' quel linguaggio dei costruttori che ci piace
immensamente. Troveremo non solo l'arte comacina, tipica della zona
lombardo-emiliana, ma influenze irlandesi. Le maestranze locali sono
venute a contatto con quelle nordiche. Occhio ai capitelli (spesso
riutlizzati su pilastri troppo grandi...) originali, mentre ambone, ciborio
e plutei sono rifatti.
Nei
pressi della Pieve si trova anche il Centro Visita del Parco "Il
Fontanazzo".