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 Il parco archeologico di Castel Seprio (VA)

                                           Il complesso di Torba (VA)

(di duepassinelmistero. Tutte le foto sono degli Autori. Vietato riprodurle in altri siti senza autorizzazione)

E' impossibile parlare di Torba senza pensare a Castelseprio (e viceversa), in quanto i due complessi archeologici sono legati da uno strettissimo legame, storico e geografico. Un tempo (almeno fino all'VIII secolo d.C.), infatti, facevano parte del medesimo insediamento difensivo. Gli avanzi di mura della fortificazione castelsepriese discendono, a oriente, fino alla torre di Torba (che era un avamposto militare  sorto a protezione del 'castrum')  Oggi sono divisi solo da collinette e raggiungibili attraverso dei sentieri ma, attualmente, la loro visita è ben distinta ed avviene da accessi diversi. Tuttavia distano pochi chilometri l'uno dall'altro e le loro origini sono comuni. E' in progetto la realizzazione di un sentiero, percorribile dai visitatori, che li unisca. Consigliamo però, a chi ci legge, di includere la visita di entrambi i siti, che rientrano nella serie "Italia Langobardorum. Centri di potere e di culto (568-774 d.C.)", comprendente sette luoghi densi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell'arte longobarda, la cui candidatura alla Lista dei patrimoni dell'umanità dell'Unesco è stata accettata nel marzo 2008.

La loro importanza strategica ebbe inizio nella seconda metà del IV sec. d.C. e si protrasse fino al medioevo. Nel 1287 il castrum Seprium venne raso al suolo dai Milanesi, ad eccezione dei luoghi sacri, e non se ne seppe più nulla fino alla metà del 1800, quando iniziarono sporadici scavi. Ma si dovette attendere la metà del 1900 perchè alcuni studiosi ne riscoprissero l'importanza. Scavi sistematici a partire dal 1953- '54 hanno rimesso in luce un patrimonio culturale inestimabile.

La zona del Seprio è situata 'grosso modo' tra il Lario e il Verbano, all'incrocio di importanti vie di comunicazione (Como-Novara, Milano-Lago Maggiore, valle del fiume Olona) nella provincia di Varese. Chiaramente venne scelta come insediamento per motivi strategici, politici e militari. Castelseprio è un insediamento fortificato comprendente la sommità e il declivio orientale di una collina morenica. Visitandolo, ci troviamo davanti ad un complesso di edifici che raccontano una storia lunga secoli e che i nostri due passi sono andati a ripercorrere...

Il Parco di Castelseprio è tutelato dal Ministero per i Beni Culturali, che lo ha recuperato e aperto al pubblico. La visita è sia culturale che naturalistica, in quanto tutto il complesso archeologico è immerso nella vegetazione. Il luogo forse più rinomato di questo parco è l'antica chiesa di S. Maria Foris Portas, che sorge isolata tra la boscaglia, ma è l'ultimo punto che si raggiunge, rispettando l'itinerario, come un cameo prezioso che si vuol fare attendere!

Accingiamoci ad entrare nel castrum: resti di quattro pilae o appoggi ci dicono che l'ingresso avveniva tramite un ponte in muratura. Si può notare, proseguendo, la cortina difensiva, per un buon tratto ben conservata, che definiva il perimetro delle fortificazioni, esternamente alle quali si era sviluppato il borgo, con le abitazioni e le botteghe. Si può trovare una torre d'angolo detta di Sud-Ovest, o meglio ciò che ne resta, essendo crollata per metà a valle già in antico (epoca longobarda). A distanze cadenzate, si trovavano altre torri quadrate.

                                                                 

Se si potesse proseguire, si raggiungerebbe il complesso di Torba (tombe, chiesa e torre), ma al momento non sono stati ancora collegati da un sentiero percorribile, perciò vi andremo dopo. Ora ritorniamo sui nostri passi, godendoci la vista del paesaggio (da qui si dominava veramente tutto!), e perlustrando al meglio ciò che emerge dal terreno. Probabilmente giace ancora qualcosa da scoprire. Intanto notiamo una costruzione massiccia: una casaforte. Interessante!

Verso nord c'è un grande spazio aperto:a cosa serviva? Alcuni studiosi ipotizzano che fosse il campo d'armi del castello.

Girando a destra i raggiunge quello che si ritiene fosse il monastero di San Giovanni o del Diavolo(1). Venne retto da una comunità di Umiliati finchè, soppressi loro, passò in diversi mani. Venne anche trasformato in cascinale durante il XVIII secolo e cadde poi in abbandono. Oggi è stato fortunatamente recuperato e vi è allestito un Antiquarium; è un luogo misterioso, si nota che doveva esservi un antico oratorio. Restano degli affreschi di epoche diverse, dal tardo Rinascimento al Seicento. Una profonda 'botola' sembra indicare che il livello dell'edificio fosse un tempo molto più basso di oggi.

                                                             

 

Ritornando sui nostri passi, scorgiamo in lontananza la mole di un rudere, è assai suggestiva. La mappa ci dice che si tratta della chiesa di San Paolo (forse già del Mille), la cui forma era esagonale, decisamente originale e rara! Questa chiesa fu sotto il Patronato dei Conti di Castelseprio e fu ben descritta in documenti del XVI-XVII secolo. Venne abbattuta nel 1810 per ricavarne materiale da costruzione! L'edificio doveva essere molto interessante: l'entrata a occidente e l'abside a oriente, come usa nelle chiese cristiane; l'interno era scandito da sei colonne, scomparse completamente, su cui poggiava un matroneo superiore (o deambulatorio, meglio dire). Ma la sua particolarità era che al centro si trovava una sorgente d'acqua e una piccola cisterna. Forse qui, in epoche ben più remote, sorgeva un santuario a qualche divinità pagana legata al culto delle acque?

                                                            

Immediatamente accanto, poco più arretrati, ci sono i resti della basilica di San Giovanni Evangelista, fulcro dell'area sacra interna alle mura. Era sede pievana, tra l'altro, ed esistente almeno dal V secolo d.C. Pur nella sua desolante realtà di rudere, affascina per diversi motivi. Costruita sull'asse Est-Ovest,  presenta differenti strati costruttivi.

Spicca la presenza di un battistero ottagonale - ben individuabile - dedicato a San Giovanni Battista, dotato di due vasche che dovevano fungere per due diverse tipologie di battesimo (a immersione e ad aspersione). Sono stati messi in luce anche avanzi di pavimento a tessere marmoree bianche e nere. Era anche dotato di un' absidiola verso est. Da notare anche la presenza di una grande cisterna d'acqua piovana e i resti della torre campanaria, che aveva sfruttato una torre difensiva già presente. All'interno di nicchie ricavate nella  muratura della chiesa, sono state scoperte delle sepolture privilegiate, mentre altre sono state messe in luce all'esterno dell'abside centrale, dove aveva sede già in antico un cimitero di notevoli dimensioni. Si possono vedere alcune lastre tombali (epoca tardo longobarda), sulle quali è incisa una croce conformata a spada.  Questa basilica fu distrutta nella metà del XIX sec. per ottenere pietre da costruzione! Erano però già tre secoli che versava in condizioni di semi-abbandono, da quando la Pieve era stata trasferita nella chiesa di S. Martino a Carnago.

                            

Perchè un complesso così vasto e così importante venne declassato e dimenticato?

Con questi interrogativi ancora sospesi a mezz'aria, ritorniamo verso l'edificio che funge da punto di accoglienza, che dobbiamo superare per addentrarci lungo il sentiero boschivo che conduce alla isolata chiesa di Santa Maria Foris Portas. Alcuni cartelli indicatori sono utili durante il percorso (di circa trecento metri) per non perdere la giusta direzione. E' una tranquilla passeggiata naturalistica, con l'ultimo tratto leggermente in salita; a sinistra si potranno scorgere gli avanzi di un fossato del borgo.

A destra, invece, finalmente emerge dalla boscaglia una costruzione, della quale- giungendo da qui- si vedono le absidi. Il nome 'foris portas' ci dice subito che l'edificio sorgeva fuori dalla cerchia di mura e se ne ha menzione da documenti del 1300 ma l 'esistenza della chiesa è molto più antica, attestandosi tra il VII e l' VIII sec. d.C. Un prezioso ciclo di affreschi la cui datazione non è precisa (tra VII e IX secolo), la rende importantissima: esso è infatti riconosciuto come uno dei maggiori capolavori pittorici altomedievali d'Europa. L'artista, ignoto, dipinse delle Scene della Vita di Gesù traendole dai  Vangeli Apocrifi (e questo è il fatto curioso), che a quel tempo erano già stati esclusi dal Canone della Bibbia. Come mai questo Autore fece ricorso a simili raffigurazioni, senza incorrere in 'anatemi' dei religiosi? Di lui, si suppone fosse proveniente da Bisanzio (Costantinopoli), forse al tempo della ben nota lotta iconoclasta, che costrinse molti artisti a rifugiarsi in Occidente (cosa che abbiamo già visto per gli affreschi della chiesa di S. Maria Antiqua al Foro di Roma), nell'VIII secolo.

La chiesa è orientata sull'asse est-ovest, come le chiese cristiane, è a pianta rettangolare triabsidata: un abside posteriore (a est) e due laterali, queste ultime ricostruite interamente in epoche recenti, su vecchie fondazioni.. L'unica porzione originaria è l'abside orientale, provvista di tre grandi finestre ad arco. Prima dell'ingresso, c'è un protiro, che non sembra certamente originario. Singolari, lungo l'unica navata a sud e in facciata, le aperture, a forma di fungo o a toppa di chiave. Chiaramente gli scavi hanno evidenziato diverse fasi costruttive: si sa, ad esempio, che a sinistra dell'entrata, nei pressi dell'abside meridionale, c'era uno xenodochio e un pozzo, ormai ricoperti. Attorno vi erano delle sepolture, le quali sono state ritrovate un po' ovunque: in particolare all'interno dell'atrio e della navata,in profondità, e all'esterno (sia dell'atrio che delle altre due absidi). Forse c'era anche un piccolo campanile, tra l'abside orientale e quella settentrionale.

All'interno della chiesa, molto armoniosa, troviamo le sepolture dei tre personaggi che ne scoprirono l'esistenza, nel 1944:si tratta di Bognetti, Chierici e De Capitani d'Arzago. In un angolo sono emersi resti di pavimento in opus listatum, a piastrelle bianche e nere, di marmo di Varenna, che presenta analogie con quello presente nel battistero di san Giovanni (vedi sopra). Il ciclo di affreschi si svolge a rotolo su due fasce e nonostante si sia staccato, in alcuni tratti, ha consentito agli esperti una adeguata interpretazione iconografica: si inizia con l'Annunciazione da parte dell'Angelo a Maria (spiata da un'ancella), si prosegue con la Visitazione della Vergine ad Elisabetta e si prosegue, dopo un'interruzione, con la scena della 'Prova delle acque amare'. Ssecondo i Vangeli Apocrifi, Maria dovette bere un liquido per dimostrare il suo concepimento senza peccato; dopo l'ingestione, l'esaminanda doveva compiere un percorso e, se non accusava malessere, era considerata innocente. In un tondo, si vede un bellissimo Cristo Pantocratore (probabilmente non della stessa mano) mentre, sotto, la scena prosegue con il Sogno di Giuseppe, seguito dal Viaggio a Betlemme (a guidare l'asinello su cui siede la Madonna ci sarebbe un figlio di Giuseppe, che segue a ruota). A questo punto, il ciclo pittorico prosegue inferiormente e in senso inverso: ammiriamo la Natività di Gesù, i cui singoli elementi sono senz'altro da osservare acunemente. Ad essa fa seguito la Visita dei Magi e la Presentazione al Tempio, sotto la quale era stata graffita una data riferentesi ad Arderico (arcivescovo di Milano fra il 936 e il 948), che potrebbe essere un elemento utile per porre un limite di datazione aqueste pitture. Ma tra il primitivo edificio(VI-VII sec.) e le stesse, si sono trovati due strati di intonaco, cosa che farebbe ritenere che per molto tempo l'abside non fosse stata dipinta.

La chiesa subì vari riadattamenti nel corso dei secoli. All'interno della navata venne scoperta anche una sepoltura di rango di età carolingia, saccheggiata. Si hanno avanzi dell'XI, XII e XIII sec. e posteriori. La chiesa riuscì a resistere, tra alterne vicende, ai secoli ma venne sconsacrata attorno al 1930. Alcuni anni più tardi, qualcuno si accorse della sua importanza ed ecco perchè noi, oggi, possiamo ammirarla e apprezzarne la bellezza arcana.

La visita del Parco archeologico di Castelseprio è gratuita.

 

Il complesso di Torba (Gornate Olona, VA)

Raggiungibile agevolmente in auto, che si può comodamente parcheggiare prima del sentiero di accesso, questo luogo è bellissimo. Sorge sulle rive del fiume Olona, su una modesta altura ai piedi del Parco Archeologico di Castelseprio, immerso in un paesaggio naturalistico di grande fascino. E' noto come Monastero di Torba, ma in realtà c'è più di questo. Il nome deriva da un cenobio benedettino femminile sorto nell'VIII secolo, in epoca longobarda, che si impiantò su qualcosa di più antico, che risale all'epoca tardo imperiale romana.

La visita parte dal punto di accoglienza, in cui si paga un biglietto d'ingresso (attualmente il sito è di proprietà del F.A.I., Fondo per l'Ambiente Italiano, che lo ha tratto dall'obio in cui era caduto, restaurandolo e rendendolo fruibile al pubblico).

  Il primo edificio da esplorare è la chiesa di S. Maria, orientata sull'asse est-ovest. Ad una sola navata, conserva interessantissime tracce originarie (IX sec.) e dei secoli successivi (XI-XII sec.).

 

Oltre ad alcuni lacerti di affresco (tra cui un personaggio nudo...), abbiamo notato un grande Fiore della Vita, appena visibile sulla parete immediatamente a sinistra dell'abside, all'interno. Appare dipinto in colore rosso (difficile decifrare quello originario, solo con la digitale è possibile catturare qualche sfumatura, ma a occhio nudo è già molto riuscire ad individuarlo), su una geometria di cerchi che ne determinano le genesi, è molto bello. Ci chiediamo chi lo abbia lasciato e quando. Altro particolare degno di nota è un volto con la scritta Kim (datato XI secolo), che sarebbe identificabile con Kaim (Caino), cui si contrapponeva Abele, oggi andato irrimediabilmente perduto. Per aggiungere ulteriore mistero, abbiamo notato una figura dipinta in rosso, con una coda demoniaca...

 

Da notare, una sepoltura medievale, all'interno, e il tracciato perimetrale di quella che poteva essere un'antica cappella quadrata o una cella, esistente già prima del cenobio benedettino. Era forse un modesto luogo di rifugio e preghiera di un eremita? Lo stesso che, magari, fu sepolto nel piano seminterrato della Torre (vedi più avanti)?

Due accessi, a destra e sinistra, conducono ad una cripta dell'VIII sec., un ambiente suggestivo e curioso. Per terra, è appoggiata una strana pietra, di forma rettangolare con un incavo nel mezzo: a cosa era destinata?

 

Lungo i gradini si possono notare, se si fa attenzione, alcuni graffiti e lettere (blocchi di reimpiego?). Forse, dicasi forse, una triplice cinta con piccola croce centrale...

L'esterno della chiesa è percorribile a 360 gradi, in modo tale da poterla apprezzare in tutte le sue parti.

Dalla zona meridionale si spazia sul pianoro, mentre un ponticello fa intravedere il valloncino che separa il complesso di Torba da quello di Castelseprio (oggi divisi da recinzioni).

Di fronte alla chiesa, si ha un edificio porticato, che comprende i resti del cenobio benedettino ma anche altri rifacimenti ( vi è pure un punto di ristoro).

Il più importante edificio di tutto il complesso è considerata la Torre o torrione, di cui abbiamo accennato descrivendo la fortificazione di Castelseprio, di cui faceva appunto parte. Oggi possiamo visitare tre ambienti sovrapposti interni (l'esterno del monumento è tutto da osservare con cura e tempo). Le monache avevano riadattato questa torre secondo i loro bisogni.

Il primo piano della torre è seminterrato verso corte, si può vedere un portico a tre arcate, che venne tamponato quando il complesso fu trasformato in cascinale, per ricavarne nuovi ambienti. Solo con il restauro del 1977 si è ridata la giusta connotazione. Questo era anticamente il posto dove i pellegrini venivano ospitati, dove potevano trovare un riparo. E' ipotizzabile un suo uso anche in epoca templare? Interessante che sui gradini dell'attuale ingresso del ristorante, si vedano dei graffiti quadrati (triplici cinte?), ben poco identificabili.

Nel secondo- situato al primo piano- si accede tramite una scaletta esterna ed un ballatoio; le nicchie ad arcosolio interne sono originali e in questo ambiente era stato ricavato un sepolcreto. Lo direbbe la presenza di una croce potenziata e una residua scritta che dice 'giacere lì in pace', ma chi? Forse un monaco alessandrino o semplicemente un eremita, che aveva costruito la cella sita nell'attuale chiesa di S. Maria? In questo piano si vedono anche dei frammenti di affreschi, come una che ritraggono una monaca inginocchiata in preghiera, ed altre due monache, di cui si conosce il nome di una:Aliberga (etimo longobardo). Questo nome era stato scritto con il colore giallo ocra, ma poi fu sovra scritto in bianco un altro nome, Casta Abba (Abbadissa), ad indicare forse la badessa del convento (la frase è andata perduta). Sembra che i dipinti longobardi dell'VIII secolo volessero essere riconvertiti e che le monache qui seppellissero le consorelle. Ma con il tempo le suore -forse troppo isolate- abbandonarono il cenobio(1482), che venne trasformato in cascina. Questo locale venne adibito a cucina e l'umidità probabilmente è stata la causa del dilavamento dei dipinti, quasi totalmente scomparsi.

Uscendo sul ballatoio, si sale ancora di un piano e si raggiunge un terzo ambiente, il più spettacolare, anche perchè il visitatore non se lo immagina. Le suore lo avevano usato come oratorio ed è completamente decorato con affreschi datati alla fine dell'VIII sec. Forse vi era, un tempo, un passaggio interno (scalette mobili?), vista la mancanza di ingressi originari, oppure l'ipotesi è che si entrasse dalla finestra, quando le suore dovevano ancora arrivare. Lo scopo difensivo -cui la torre era deputata- lo giustificherebbe.

Le pitture sono collocate su due registri. Nella parete orientale, superiormente, vi sono un bellissimo Cristo Benedicente (privo di barba), con un libro posato su una coscia e due angeli, poi dovrebbero esservi un S. Giovanni Battista e S. Pietro, mentre nel registro inferiore vi è una serie di motivi dipinti in rosso, entro spazi bianchi che dovrebbero rappresentare dei veli.

Uno è situato sotto il Cristo ed è ornato di rose e tralci di rosa, mentre l'altro è per gli Apostoli; in particolare, su quello a sinistra spiccano una grande croce patente, al centro tra quattro croci di S. Andrea, accanto, altre croci più piccole e degli elementi geometrici, come quadrati concentrici sovrapposti. Sulla parete meridionale restano solo le parti inferiori di alcuni personaggi, ma chi sono? Sembra di riconoscere un vescovo, un offerente e una Madonna con Bambino. Molto interessanti le figure sulla parete occidentale, che sono separate dalla finestra:a sinistra troviamo otto santi, a destra invece ci sorprendono otto monache in posa frontale (numero che è sicuramente simbolico, non ritenendo possibile che nel cenobio vi fossero solo così poche suore). La particolarità è che, quelle che restano, sono senza volto. Perchè? La risposta potrebbe risiedere nel fatto che una grossa fenditura nel muro abbia fatto filtrare acqua piovana, che avrebbe dilavato i lineamenti, ma ciò con convince. Sembra invece che mai li abbiano avuti. Tuttavia due monache su otto li conservano. Che mistero! La critica suggerisce che, per compensare la mancanza dei volti, sia da notare il movimento agile delle mani, che starebbero elevando lodi al Signore (in una mano hanno una crocetta). Forse ci dice qualcosa? Da rilevare, oltretutto, che alla quarta monaca, che forse poteva informarci meglio sul ritratto nel medioevo, è stata asportata l'intera testa (perchè il volto l'aveva?).

Sopra le figure delle otto consorelle, ci sono altrettante figure femminili riccamente abbigliate, forse delle sante, di cui restano soltanto dei lacerti di affreschi (tre sono velate): chi sono? Si è ipotizzato che fossero le protettrici delle suore stesse, oppure che si tratti delle monache (la differenza tra la semplicità delle prime e la sfarzosità delle seconde sarebbe espressione della differenza tra vita terrena e celeste). Nella parete settentrionale resta poco: una figura ipotetica di vescovo, e un leone che stringe tra le zampe un codice rilegato riccamente in oro e gemme, che alluderebbe a S. Marco Evangelista. Esso si trova nei pressi di in una possibile Mandorla mistica (di cui si vede poco o nulla), che doveva contenere un Redentore.

Ridiscendendo la scaletta in pietra, si può passare dalla parte posteriore della torre, facendo attenzione ai particolari architettonici, che denunciano i diversi stili e i rifacimenti. Delle grate chiudono l'accesso a degli ambienti, al piano terra, in cui è tutto ancora grezzo, forse locali ancora da indagare. Il grande spazio verde invita  i molti visitatori al relax, mentre le famiglie si godono qualche ora di svago con i figli, giocando.

Si riprende la via del ritorno, meditando sul passato di questi luoghi e sui misteri che ancora li avvolgono.

 

Per ulteriori informazioni si consiglia di visitare i siti web ufficiali:

Parco Archeologico di Castelseprio

Monastero diTorba

Note:

(1)- Abbiamo trovato questa definizione sulla Guida 'I Longobardi nel Seprio', Pier Giuseppe Sironi, Guide Macchione, 2001, p.10, ma non ne conosciamo il motivo. Chi lo sapesse, ci scriva!

 

Sezioni correlate in questo sito:

Italia da conoscere (Misteri italiani)

 

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                                                                     Novembre '09