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SULLA LOCALITA’ QUINTO DOVE NEL 536 d.C. FU UCCISO IL RE DEI GOTI TEODATO (di
Giuseppe Sgubbi) Breve
profilo di Teodato
Questa
ricerca si colloca nell’ambito di un mio studio sulla centuriazione romana, e,
più specificamente, sul quintario,
cioè la strada più larga che veniva tracciata ogni cinque strade partendo
dalle strade consolari e dai decumani, come attestano i gromatici (Igino, Flacco,
Frontino ecc.). [1]
La presenza di un toponimo Quinto potrebbe quindi attestare l’esistenza di un
antico quintario, e non sarebbe dunque da collegarsi unicamente alla distanza in
miglia indicata da un miliario[2].
In
una località Quinto
nel 536 d.C. il re goto Teodato fu
“sgozzato come un agnello”[6].
Procopio
da Cesarea (Gotica): ”I Goti
riuniti a Terracina eleggono re Vitige al posto di Teodato. Questi,
saputa la cosa, cerca di raggiungere
Ravenna; ma Vitige manda contro di
lui Optaris che lo uccide prima che arrivi a Ravenna”. Jordanes
(Getica):
Vitige diventato re ordina ai
suoi fedelissimi di uccidere Teodato.” Anonimo
Cuspiniani (a. 536): “sotto il
consolato di Paolino e Apione muoiono
Alarico e Teodato ed è elevato a re Vitige”. Liber
Pontificalis
romano: ”per ordini divini viene ucciso Teodato”. Continuatore
di Marcellino (Chronicon); ”Vitige
si dirige a Ravenna, uccide Teodato in località Quinto presso il fiume Santerno
(locus Quintus iuxta fluvium
Santernum) e procede personalmente attraverso la Toscana
annientando tutte le forze di Teodato”. Agnello
Ravennate (Liber pontificalis Ecclesiae
Ravennatis): ”dopo pochi giorni il re Teodato andò a Roma e al ritorno fu
ucciso dai Goti al XV miglio da Ravenna.” Le
indicazioni delle fonti non consentono di individuare con precisione il teatro
del luttuoso evento, come dimostrano le perplessità degli studiosi che più o
meno direttamente si sono interessati della vicenda .[7] Holder
Egger[8]
confronta il passo di Marcellino con quello dell’Agnello e sostiene che
“corrispondono”. Una corrispondenza plausibile solo a patto che la
“località Quinto” indicata da Marcellino si possa identificare con
l’attuale Pieve Quinta che infatti
dista da Ravenna XV miglia, come peraltro rileva il
Pierpaoli[9],
che riferendosi all’ipotesi di Egger, puntualizza:
“ma qui si parla di Quinto, mentre l’Agnello
dice XV miglio: la differenza è di circa 16 Km.” Evidentemente
per il Pierpaoli l’Egger intendeva
Pieve Quinta. Lo stesso Pierpaoli propone però successivamente una
reinterpretazione dell’ipotesi di Egger: “probabilmente l’Egger ha
inteso dire che la “coincidenza”
delle due affermazioni riguarda solamente
la morte di Teodato e non la distanza da Ravenna “.
E’ l’opinione che ha ribadito in una lettera recentemente inviatami:
”Il toponimo Quinto acquista ubicazione
abbastanza chiara se lo si intende come “Quinta” pietra miliare
da Ravenna”; e aggiunge poi che tale interpretazione è confortata da
Pauly-Wissowa s.v. “Santernum” . Il
Keine, (s.v. Santernum in
Pauly-Wissowa ) dopo aver riportato per intero la testimonianza di Marcellino,
precisa che, a suo parere, il “Quinto” citato non sarebbe un toponimo, ma un
riferimento al “quinto” miliario da Ravenna. Il
Testi Rasponi,[10]
dopo aver riportato quasi tutte le
fonti che riferiscono della morte di Teodato, sostiene che le testimonianze di
Marcellino e dell’Agnello sono complementari: il primo farebbe
riferimento alla località (Quinto),
l’altro alla distanza da Ravenna (XV miglia). Osserva peraltro che
all’epoca il Santerno non seguiva il corso attuale: passava infatti
a levante di Bagnacavallo, e di conseguenza vicino a Bagnacavallo si
dovrebbe cercare il locus Quintus; aggiunge
poi che probabilmente Teodato, dopo aver attraversato
la Toscana, avrebbe preso una
via “indiretta” per raggiungere
Ravenna e che,
inseguito, si sarebbe rifugiato nella Selva Litana. Sul che ritorneremo. Prima
di passare ad analizzare singolarmente questi contributi si può rilevare che
sono inquadrabili in due tendenze: per alcuni
il “quinto” è un toponimo,
per altri è il quinto miglio da
Ravenna. Non si può però eludere
la testimonianza delle fonti, cioè che l’evento si verificò, secondo
Marcellino, in un locus Quintus,
secondo l’Agnello, al XV miglio da Ravenna. Da queste testimonianze
prenderà le mosse la mia breve indagine sui toponimi “Quinto”.
Ho
già ricordato la “ Massa
Quinto “ del solarolese; sappiamo
dal Padovani dell’esistenza di un
fondo “la Quinta “ vicino a
Conselice; un fondo “Quinto in curte Quartolo
“ nelle colline faentine in Pieve Afri è attestato nel 972[11];
un “Quinto Minore”, ricordato nel 940, si trovava nei pressi di Comacchio[12].
A questi occorre aggiungere la
“Pieve Quinta”, ricordata già nel 965[13].
Vediamo ora quali di questi “Quinto”, ammesso che non ve ne fossero altri
ora scomparsi [14],
si adattino contemporaneamente a entrambe le indicazioni, quella di
Marcellino e quella dell’Agnello Ravennate. Sarà
bene premettere alcune osservazioni: se teoricamente ognuno di questi
Quinto può essere quello che stiamo cercando, nessuno però corrisponde
perfettamente alla descrizione delle fonti, e nel contempo nessuno presenta
caratteristiche tali che autorizzino una drastica esclusione. La ricerca quindi,
lungi dal giungere a conclusioni definitive, si limita a proporre ipotesi
probabili. Le
caratteristiche della località Quinto definite dalle fonti sono le seguenti:
-
“vicino al Santerno:
non lo è quello delle colline faentine, né quello vicino a Comacchio, né
Pieve Quinta, considerato che all’epoca il Santerno aveva un corso diverso[15],
né quello di Conselice. L’unico a trovarsi vicino al Santerno è il Quinto di
Solarolo: infatti all’epoca il Santerno attraversava i prati di Castelnuovo e
di Solarolo, e conseguentemente lambiva
la Massa Quinto. -
“al XV miglio da Ravenna”:
abbiamo già visto quanto controversa sia
questa testimonianza, ma non si può
non tenerne conto. Una simile definizione porta a
escludere il Quinto delle colline faentine e crea grosse difficoltà a
quelli di Solarolo e di Comacchio; risultano invece favoriti quelli di
Conselice e di Pieve Quinta. Questo
“XV miglio da Ravenna” merita
qualche precisazione. Secondo
la Fasoli[16]
l’Agnello non era a conoscenza della cronaca di Marcellino; pertanto la sua
indicazione della distanza non aveva la finalità di completare l’informazione
di Marcellino. I due riferimenti andrebbero
quindi considerati separatamente. Oltre a questo è il caso di tener presente
che per quanto riguarda le distanze in miglia l’Agnello non risulta del tutto
affidabile: basta ricordare che nella sua biografia del Vescovo Martino[17]
afferma che la distanza in miglia fra
Ravenna ed Ad Novas (Cesenatico) è di XV miglia,
mentre nella realtà sono almeno XXII. In altre circostanze lo stesso
Agnello ha omesso (o l’hanno omesso i copisti?) un X, scrivendo XV invece che
XXV. Tenendo conto di queste possibilità di equivoco,
il Quinto Solarolese presenterebbe,
almeno in linea di massima, i requisiti richiesti. Alla
luce dei dati ora esposti si devono dunque escludere le località “Quinto”: -
delle colline faentine, in quanto lontano dal Santerno e da Ravenna (anche perché
se Marcellino avesse voluto indicare
tale località avrebbe detto “Curte
Quartolo”); -
di Comacchio, sia perché lontano
dal Santerno, sia anche perché troppo
a Nord da Ravenna. Inoltre
se, come sembra, la testimonianza di Marcellino è la più affidabile, sono pure
da escludere sia Pieve Quinta che
il Quinto di Conselice.
A
questo punto, sia pure con le dovute riserve,
l’unico Quinto plausibile rimane quello di Solarolo. Esaminiamo
quindi più da vicino questa ipotesi. Iniziamo
con gli avvenimenti che
hanno determinato l’uccisione
di Teodato nel resoconto di Procopio da Cesarea[18].
Belisario ha già occupato la Sicilia e si appresta ad occupare
l’intera Italia, ma Teodato , che si trova in Tuscia nei suoi possedimenti[19],
non si preoccupa di quello che sta accadendo. Se ne preoccupano invece i
comandanti dell’esercito Goto, stanziato a Roma: essi
si riuniscono a Narni, detronizzano Teodato
ed eleggono in sua vece Vitige. Teodato, venuto a conoscenza della sua
detronizzazione, cerca di
arrivare a Ravenna con la parte dell’esercito ancora a lui fedele; ma la sua
ritirata termina con la morte. Sarebbe
interessante sapere quale itinerario
seguì Teodato per cercare di arrivare a Ravenna. Di certo, non potendo
usare strade di grande traffico, come la Flaminia, la Popilia, l’Emilia
controllate dai Goti, avrà cercato di raggiungere Ravenna usando una
transappenninica [20];
non quelle delle valli del Savio o
del Lamone, in quanto sboccano a Cesena, a Forlì e a Faenza, città controllate
dai suoi nemici, ma, con buona probabilità, quella della valle del Senio.[21]
Si tratta di una strada che, seppur secondaria,
era praticata e conosciuta da tempi
antichissimi: era usata dai Micenei nel
XII° secolo a.C. per passare dall’Adriatico al Tirreno[22],
come dimostrano i reperti dell’età del bronzo
trovati nei pressi di Monte Battaglia, fra cui l’ambra tipo Tirinto[23],
e molto probabilmente corrisponde al
tragitto terrestre segnalato nel
Periplo Scilace[24].
Questa strada attraversava zone ben
conosciute dai cronisti altomedioevali, come per esempio
il Mugello, i Mucella
di Procopio, i Mucellos in Tuscia di
Marcellino e di Jordanes: una strada
abitata da Goti[25]
e ben conosciuta da Teodato in quanto si trovava, almeno nella prima
parte, nei suoi possedimenti. Se
Teodato prese la strada della valle del Senio, dalla via Emilia aveva la
possibilità di arrivare a Ravenna
per strade poco frequentate, come la via Lunga[26];
poi, giunto nella San Vitale, deviando a destra, raggiungeva
Ravenna da Ovest, oppure poteva andare
verso Ravenna prendendo il “quintario” che passa da Gaiano, Barbiano, Lugo
ecc. Questi quintari avevano sicuramente dei guadi sul Santerno, (da escludere
la presenza di ponti) ma, tenendo presente che era in inverno e il fiume era
perciò difficilmente guadabile, è
possibile che Teodato si fosse
fermato a Quinto a preparare l’occorrente
per un tragitto fluviale lungo il
Santerno-Senio. Qualunque fosse il
suo percorso, era costretto a passare dalla Massa
Quinto, dove Optaris lo intercettò. Se
le vicende si fossero effettivamente svolte in tale maniera, troverebbe spazio
un’altra allettante ipotesi: la Fasoli in un suo articolo[27]
fa presente che la dicitura
“Battaglia”, sicuro riferimento ad una battaglia di discrete proporzioni, è
già presente nel più antico ricordo di quella che sarà la Rocca di Monte
Battaglia (1154). Perciò questa studiosa, andando
a ritroso nel tempo, va alla ricerca del
ricordo di una battaglia, avvenuta in loco,
che possa avere lasciato ricordo così icastico nella toponomastica. Dopo
essersi soffermata sulle guerre fra il 568 e il 774 , che
videro per protagonisti i
Longobardi, ma che scarta per un
insieme di ragioni, propone, seppure poco convinta, la guerra
fra Greci e Goti avvenuta nel
542, che ebbe per protagonista
Totila. La
storia è nota: Totila dopo aver riconquistato Faenza, con l’intento di
riconquistare anche Firenze si dirige verso la Toscana, usando la strada romana
Faenza-Firenze. Nei pressi di Firenze sconfigge in una cruenta battaglia le
forze greche. Niente collega questa
battaglia alla località di Monte Battaglia, che si trova in provincia di
Ravenna, nella valle del Senio, sopra Casola Valsenio, tanto più che le tracce
dello scontro, pezzi di armature, lance, spade, sono state rinvenute non
lontano da Firenze[28]. A
mio parere il nome Battaglia può
essere derivato da un altro
evento a cui fa cenno Marcellino: ”Vitige dopo aver fatto assassinare Teodato,
procede personalmente attraverso
la Toscana annientando
le forze di Teodato”. L’affermazione
si adatta perfettamente ai dati relativi all’inseguimento e all’uccisione di
Teodato: Vitige si trovava a Narni;
ebbene, saputo che Optaris ha ucciso
Teodato, “procede verso la Toscana”, cioè attraversa quasi tutta la
Toscana, raggiunge
il grosso dell’esercito di Teodato, che poteva benissimo trovarsi
in località Monte Battaglia, e “lo annienta”. Questa può essere
stata la “battaglia” che ha dato il nome a Monte Battaglia e che sarebbe
avvenuta nel dicembre del 536. Alla
luce di queste considerazioni appaiono particolarmente convincenti, perché
conformi ai dati forniti dalle fonti, le indicazioni di Testi Rasponi, che
ipotizza un Quinto non lontano da Bagnacavallo e vicino al Santerno. Un
tale Quinto deve essere ancora trovato; allo stato attuale
delle ricerche, si può proporre
come ipotesi di lavoro il Quinto solarolese, che più degli altri
sembra possa corrispondere alle caratteristiche segnalate dalle fonti.
(Autore:
Giuseppe Sgubbi, Solarolo
Giugno 2002) BIBLIOGRAFIA
[1]
Cfr. i miei Dalla più remota antichità
all’anno Mille in Il territorio
di Solarolo e le sue vicende, 1992, p. 22
ss. e Dai primi abitanti alla
colonizzazione romana, in Storie
per un millennio, 1993, pp.
9-15, e, in corso di elaborazione, Quintario,
duodecimano ed altri aspetti meno noti riguardanti la centuriazione romana.
Alla fine dell’impero romano, passata
la bufera barbarica ed esauritosi
il noto peggioramento climatico, queste
strade, insieme alle
consolari ed ai decumani-cardini
massimi, furono sicuramente le prime ad
essere messe in condizione di viabilità;
di conseguenza lungo queste
(e, da quanto mi risulta, solo queste) sono state erette le
prime chiese ed i primi
castelli. Non a caso
su tali strade si trovano
Solarolo, Bagnara Vecchia e Bagnara Nuova, Limite Alto, Donigallia,
Sant’Andrea in Panicale, San Pietro in Lacuna, S.Stefano in Barbiano, San
Martino in Sablusi, Felisio, San
Mauro, Casanola, Gaiano, Castel Nuovo, ecc.
Eventuali eccezioni alla “regola”, almeno in queste zone, sono
“frutto” di successive variazioni
fluviali oppure di variazioni di confini
di contado o diocesiani. Questo significa che se si rintracciano
correttemente i quintari, come è stato fatto in questa zona, è possibile
individuare eventuali chiese e
castelli scomparsi. Cfr. di nuovo Dalla
più remota antichità all’anno Mille cit., e
Dai primi abitanti alla colonizzazione romana, cit. Riguardo ai quintari
occorre aggiungere un’altra importante constatazione: quando gli
agrimensori dovevano centuriare
un nuovo ager, per prima cosa
tracciavano sia il cardine che il decumano massimo; quindi,
indipendentemente dalla direzione,
tracciavano le strade, in modo che il
confine di detto ager venisse
contrassegnato da un quintario. Così è stato fatto in occasione della
centuriazione dell’ager di
Faenza (partenza dal cardine massimo via
Naviglio ed arrivo alla
via Lunga); altrettanto è stato
fatto in occasione della centuriazione dell’ager di Imola ( partenza dal
cardine massimo, cioè Via
Selice ed arrivo
alla via Pilastrino). Non solo, con i quintari, oltre ai confini di ager
, venivano pure segnati,
come vedremo più avanti, anche i confini, che oggi chiamiamo
comunali. Perciò, per trovare i
confini, quelli dell’ ager e
altri, diventa indispensabile rintracciare i quintari. [2]
M.Calzolari, Ad sextum Miliarem, I
toponimi derivati dalle distanze in miglia come fonte
per la ricostruzione della rete stradale di età romana in
“Atti e memorie della deputazione di storia Patria per le provincie
modenesi” 1986, pag. 27-56. Senza alcun dubbio il toponimo Quinto, come
pure i toponimi Quarto, Sesto, Ottavo, ecc. spesso derivano
dalle distanze in miglia, ma questo di sicuro solo
quando si trovano in
corrispondenza di miliari esistenti
su strade consolari o
decumani-cardini massimi. Se questo non accade, occorre cercare una diversa
derivazione; ed è plausibile ipotizzarne l’origine nel
quintario. [3]
L. Donati Note di topografia antica
per l’alta pianura
tra Senio e Santerno in Storie
per un millennio 1993, pag. 54 e piantina a pag. 57. [4]
M. Fantuzzi Monumenti Ravennati dei secoli
di mezzo
per la maggior parte inediti, 6 voll. 1801-1805. [5]
Questo Quinto,
che sicuramente è da
collegare al fatto che si trovava nella
quinta strada dalla consolare via Emilia, si trova in un quintario
che, come ho ricordato, attualmente
segna il confine fra Solarolo e Castel Bolognese; ed è probabile che avesse
la stessa funzione anche in età romana. Peraltro in un documento
del 1228 è pure ricordato un “rio
di Quinto” , il che induce a pensare che questo Quinto
fosse una località molto importante;
non a caso era detta “massa”, cioè un agglomerato di più fondi
(cfr. sull’argomento E.Zambelli,
Il territorio di Castel Bolognese nel
Medioevo 1999, pag. 118). [6]
D.P. Pavirani, La storia dei Goti in
Italia 1846, pag. 461 e Storia dei
Goti secondo i monumenti Ravennati (il manoscritto è reperibile nella
biblioteca Classense di Ravenna.) [7]
Sull’identificazione della località Quinto cfr.
A.Padovani, Insediamenti
monastici nella zona di Imola dalle origini al secolo XIII, in
“Ravennatensia” 1997 pag. 271; l’autore, ricordando
la Massa Quinto del solarolese ed il podere La Quinta esistente
nelle vicinanze di Conselice osserva che “ad entrambi i siti
potrebbe riferirsi
quel locus Quintus iuxta
fluvium Santernum ove, secondo Marcellino,
Vitige uccise Teodato”. [8]
Agnelli Liber Pontificalis Ecclesiae
Ravennatis 1878, pag. 322 e
nota 8 (Monumenta Germaniae Historica
Scriptores Rerum Langobardorum et
Italicarum saec VI-IX.. [9]
Il Libro di Agnello Storico 1988,
pag. 89, n. 156 [10]
A. Testi Rasponi, Pontificalis
Ecclesiae Ravennatis in Rerum
Italicarum Scriptores 1924, pag.
175 n. 3 [11]
A. A. V. V. Gli archivi come fonti
per la storia di Ravenna pag. 494 1992 [12]
ibid.
pag. 443. [13]
M. Fantuzzi Monumenti Ravennati II, cit.. [14]
E’ assai probabile l’esistenza all’epoca di altri Quinto: infatti una
“quinta strada” cioè un quintario è
pure una parallela al cardine massimo faentino, quella che passa da San
Pierlaguna, San Severo ecc.; naturalmente un eventuale “Quinto” è da
cercare solamente ove il quintario segna un qualche confine. [15]
G.Sgubbi, Contributo sul corso antico del Santerno nel territorio solarolese
in “Atti del Convegno Archeologia tra Senio e Santerno” 1985
pp. 15-25. [16]G.
Fasoli, Rileggendo
il Liber Pontificalis in “Settimana di studio sull’alto medioevo”
1969 pag. 476 [17]
M.Pierpaoli : Il libro di Agnello
storico 1988 pag. 186. [18]
La Guerra Gotica 1-11. [19]
Non è ancora chiaro ove si trovasse effettivamente Teodato: c’è chi dice
nella sua fortezza, quella indicata nell’Appendix
Maximiani, che poi non si sa dove
esattamente Teodato fece costruire, oppure a Roma. [20]
E’ anche l’opinione di G. Rossi, Historiarum
Ravennatum libri decem 1589, tr. it. di M. Pierpaoli 1996,
p. 158 e di Testi Rasponi, op. cit. p.. 175. 20
Poco credibile appare perciò l’affermazione di G. Tamassia, Storia
dei Goti e dei Longobardi in Italia, 1825, pag. 65, che Optaris avrebbe
raggiunto e ucciso Teodato mentre questi si trovava nella strada Flaminia. [22]
C. E. Oestenberg Luni sul Mignone e
problemi della preistoria Italiana 1967
pag.246. [23]
M. Catarsi Dall’Aglio Storia di Bellaria 1993, pag. 167. [24]
E’ la strada grazie alla quale con tre giorni di viaggio
era possibile collegare Spina con Pisa cfr. G. Sgubbi
Dalla più remota antichità
all’anno mille cit. e Alla
ricerca del tesoro di Spina nel santuario greco di Delfi: appunti di
protostoria romagnola e spinetica 2001 pp. 11-13). [25]
V. Bierbrauer, Das Frauengrab von Castelbolognese in der Romagna (Italien)
in “Jahrbuch des Römisch-Germanischen Zentralmuseums“
Mainz 1991, pag. 541. [26]
Si tratta della direttrice in
pianura del già ricordato Periplo Scilace. [27]
G. Fasoli, Alla
ricerca di un toponimo, in A.A. V. V. Monte
Battaglia – Giornata di studi, 21
luglio 1973, pp. 1 ss. [28]
Esattamente, in località Crocione, alla destra del torrente Bagnone, cfr.
F. Niccolai Guida del Mugello e della
val di Sieve 1974, pag. 147.
www.duepassinelmistero.com Avvertenze/Disclaimer Febbraio 2012 .
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