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SULLA LOCALITA’ QUINTO DOVE NEL 536 d.C. FU UCCISO IL RE

DEI GOTI TEODATO

(di Giuseppe Sgubbi)

 

Breve profilo di Teodato

Re degli ostrogoti dal 532 al 536. Nipote di Teodorico, più che alle armi si  era dedicato agli studi e per questo  ricevette gli elogi da Cassiodoro. Benché Belisario avesse occupato Napoli, Teodato se ne stette inoperoso  nella sua fortezza; accusato di viltà e sospettato di tradimento, fu deposto dai Goti e sostituito  con Vitige. Nel dicembre del 536 fu ucciso mentre cercava di raggiungere Ravenna.

  •  Premessa

Questa ricerca si colloca nell’ambito di un mio studio sulla centuriazione romana, e, più specificamente, sul quintario, cioè la strada più larga che veniva tracciata ogni cinque strade partendo dalle strade consolari e dai decumani, come attestano i gromatici (Igino, Flacco, Frontino ecc.). [1] La presenza di un toponimo Quinto potrebbe quindi attestare l’esistenza di un antico quintario, e non sarebbe dunque da collegarsi unicamente alla distanza in miglia indicata da un miliario[2]. Ad esempio, un toponimo Quinto (Massa di Quinto)  ubicato in territorio solarolese nei pressi del confine di Solarolo con Castel Bolognese[3] è ricordato in documenti del 1037, 1164, 1186.[4] Il termine Quinto, in questo  caso, non indica una  distanza in miglia, in quanto  lì non vi era alcuna importante strada romana;[5] appare quindi più plausibile ricollegarlo al fatto  che nella zona esisteva un quintario. Ora, in base alla testimonianza delle fonti, Teodato fu ucciso in una località chiamata Quinto: si tratta quindi di stabilire innanzitutto se la denominazione Quinto sia riferibile a un quintario, e, successivamente, se sia possibile identificare la località con una di quelle contrassegnate ancora attualmente dal toponimo.

 

  • Le fonti sulla morte di Teodato

In una località  Quinto nel 536 d.C.  il re goto Teodato fu “sgozzato come un agnello”[6]. Cronache e annali dell’epoca ragguagliano sulle modalità dell’uccisione, ordinata dal suo successore Vitige.

Procopio da Cesarea  (Gotica):  ”I Goti  riuniti a Terracina eleggono re Vitige al posto di Teodato. Questi, saputa la cosa,  cerca di raggiungere Ravenna; ma Vitige  manda contro di lui Optaris che lo uccide prima che arrivi a Ravenna”.

Jordanes  (Getica):  Vitige diventato re  ordina ai suoi fedelissimi di uccidere Teodato.”

Anonimo Cuspiniani (a. 536):  “sotto il consolato di Paolino e Apione  muoiono Alarico e Teodato ed è elevato a re Vitige”.

Liber Pontificalis  romano: ”per ordini divini viene ucciso Teodato”.

Continuatore di Marcellino (Chronicon); ”Vitige si dirige a Ravenna, uccide Teodato in località Quinto presso il fiume Santerno  (locus Quintus iuxta fluvium Santernum) e procede personalmente attraverso la Toscana  annientando tutte le forze di Teodato”.

Agnello Ravennate (Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis): ”dopo pochi giorni il re Teodato andò a Roma e al ritorno fu ucciso dai Goti al XV miglio da Ravenna.”

Le indicazioni delle fonti non consentono di individuare con precisione il teatro del luttuoso evento, come dimostrano le perplessità degli studiosi che più o meno direttamente si sono interessati della vicenda .[7]

Holder Egger[8] confronta il passo di Marcellino con quello dell’Agnello e sostiene che “corrispondono”. Una corrispondenza plausibile solo a patto che la “località Quinto” indicata da Marcellino si possa identificare con l’attuale Pieve Quinta che infatti dista da Ravenna XV miglia, come peraltro rileva il  Pierpaoli[9], che riferendosi all’ipotesi di Egger, puntualizza:  “ma qui si parla di Quinto, mentre l’Agnello  dice XV miglio: la differenza è di circa 16 Km.” Evidentemente  per il Pierpaoli l’Egger  intendeva Pieve Quinta. Lo stesso Pierpaoli propone però successivamente una  reinterpretazione dell’ipotesi di Egger: “probabilmente l’Egger ha inteso dire  che la “coincidenza”  delle due affermazioni riguarda  solamente  la morte di Teodato e non la distanza da Ravenna “.  E’ l’opinione che ha ribadito in una lettera recentemente inviatami: ”Il toponimo Quinto acquista  ubicazione abbastanza chiara se lo si intende come “Quinta” pietra miliare  da Ravenna”; e aggiunge poi che tale interpretazione è confortata da Pauly-Wissowa  s.v. “Santernum” .

Il Keine, (s.v. Santernum in Pauly-Wissowa ) dopo aver riportato per intero la testimonianza di Marcellino, precisa che, a suo parere, il “Quinto” citato non sarebbe un toponimo, ma un riferimento al “quinto” miliario da Ravenna.

Il Testi Rasponi,[10] dopo aver  riportato quasi tutte le fonti che riferiscono della morte di Teodato, sostiene che le testimonianze di Marcellino e dell’Agnello sono complementari: il primo farebbe  riferimento alla località (Quinto),  l’altro alla distanza da Ravenna (XV miglia). Osserva peraltro che all’epoca il Santerno non seguiva il corso attuale: passava infatti  a levante di Bagnacavallo, e di conseguenza vicino a Bagnacavallo si dovrebbe cercare il locus Quintus; aggiunge poi che probabilmente Teodato, dopo aver attraversato  la Toscana, avrebbe preso  una via “indiretta”  per raggiungere Ravenna  e che,  inseguito, si sarebbe rifugiato nella Selva Litana. Sul che ritorneremo.

Prima di passare ad analizzare singolarmente questi contributi si può rilevare che sono inquadrabili in due tendenze: per alcuni  il “quinto” è un  toponimo, per altri  è il quinto miglio da Ravenna.  Non si può però eludere la testimonianza delle fonti, cioè che l’evento si verificò, secondo Marcellino, in un locus Quintus, secondo l’Agnello, al XV miglio da Ravenna. Da queste testimonianze  prenderà le mosse la mia breve indagine sui toponimi “Quinto”.

 

  • Sull’ubicazione del “locus Quintus” 

Ho  già ricordato  la “ Massa Quinto “ del solarolese;  sappiamo dal Padovani dell’esistenza  di un fondo “la Quinta “  vicino a Conselice; un fondo “Quinto in curte  Quartolo “ nelle colline faentine in Pieve Afri è attestato nel 972[11]; un “Quinto Minore”, ricordato nel 940, si trovava nei pressi di Comacchio[12]. A questi occorre aggiungere  la “Pieve Quinta”, ricordata già nel 965[13]. Vediamo ora quali di questi “Quinto”, ammesso che non ve ne fossero altri ora scomparsi [14], si adattino contemporaneamente a entrambe le indicazioni, quella di  Marcellino e quella dell’Agnello Ravennate.

Sarà bene premettere alcune osservazioni: se teoricamente ognuno di questi  Quinto può essere quello che stiamo cercando, nessuno però corrisponde perfettamente alla descrizione delle fonti, e nel contempo nessuno presenta caratteristiche tali che autorizzino una drastica esclusione. La ricerca quindi, lungi dal giungere a conclusioni definitive, si limita a proporre ipotesi probabili.

Le caratteristiche della località Quinto definite dalle fonti sono le seguenti: 

- “vicino al Santerno: non lo è quello delle colline faentine, né quello vicino a Comacchio, né Pieve Quinta, considerato che all’epoca il Santerno aveva un corso diverso[15], né quello di Conselice. L’unico a trovarsi vicino al Santerno è il Quinto di Solarolo: infatti all’epoca il Santerno attraversava i prati di Castelnuovo e di Solarolo, e conseguentemente  lambiva la Massa Quinto.

- “al XV miglio da Ravenna”: abbiamo già visto quanto controversa  sia questa  testimonianza, ma non si può non tenerne conto. Una simile definizione porta a  escludere il Quinto delle colline faentine e crea grosse difficoltà a quelli di Solarolo e di Comacchio; risultano invece favoriti quelli di  Conselice e di Pieve Quinta.

Questo “XV miglio  da Ravenna” merita  qualche precisazione.

Secondo la Fasoli[16] l’Agnello non era a conoscenza della cronaca di Marcellino; pertanto la sua indicazione della distanza non aveva la finalità di completare l’informazione di Marcellino. I due riferimenti  andrebbero quindi considerati separatamente. Oltre a questo è il caso di tener presente che per quanto riguarda le distanze in miglia l’Agnello non risulta del tutto affidabile: basta ricordare che nella sua biografia del Vescovo Martino[17] afferma che la distanza in miglia  fra Ravenna ed Ad Novas (Cesenatico) è di XV miglia,  mentre nella realtà sono almeno XXII. In altre circostanze lo stesso Agnello ha omesso (o l’hanno omesso i copisti?) un X, scrivendo XV invece che XXV. Tenendo conto di queste possibilità di equivoco,  il Quinto Solarolese  presenterebbe, almeno in linea di massima, i requisiti richiesti.

Alla luce dei dati ora esposti si devono dunque escludere le località “Quinto”:

- delle colline faentine, in quanto lontano dal Santerno e da Ravenna (anche perché se  Marcellino avesse voluto indicare tale località avrebbe detto  “Curte Quartolo”);

- di Comacchio, sia perché  lontano dal Santerno, sia anche perché  troppo a Nord da Ravenna.

Inoltre se, come sembra, la testimonianza di Marcellino è la più affidabile, sono pure da escludere  sia Pieve Quinta che  il Quinto di Conselice.

 

  • Il Quinto di Solarolo

A questo punto, sia pure con le dovute riserve,  l’unico Quinto plausibile rimane quello di Solarolo.

Esaminiamo quindi più da vicino questa ipotesi.

Iniziamo con gli  avvenimenti che  hanno determinato  l’uccisione di Teodato nel resoconto di Procopio da Cesarea[18].  Belisario ha già occupato la Sicilia e si appresta ad occupare l’intera Italia, ma Teodato , che si trova in Tuscia nei suoi possedimenti[19], non si preoccupa di quello che sta accadendo. Se ne preoccupano invece i  comandanti dell’esercito Goto, stanziato a Roma: essi  si riuniscono a Narni, detronizzano  Teodato ed eleggono in sua vece Vitige. Teodato, venuto a conoscenza della sua  detronizzazione,  cerca di arrivare a Ravenna con la parte dell’esercito ancora a lui fedele; ma la sua ritirata termina con la morte.

Sarebbe interessante sapere  quale itinerario seguì Teodato per cercare di arrivare a Ravenna. Di certo, non potendo  usare strade di grande traffico, come la Flaminia, la Popilia, l’Emilia controllate dai Goti, avrà cercato di raggiungere Ravenna usando una  transappenninica [20]; non  quelle delle valli del Savio o del Lamone, in quanto sboccano a Cesena, a Forlì e a Faenza, città controllate dai suoi nemici, ma, con buona probabilità, quella della valle del Senio.[21] Si tratta di una strada che, seppur  secondaria, era  praticata e conosciuta da tempi antichissimi: era usata dai Micenei  nel XII° secolo a.C. per passare dall’Adriatico al Tirreno[22], come dimostrano i reperti dell’età del  bronzo  trovati nei pressi di Monte Battaglia, fra cui l’ambra tipo Tirinto[23], e molto probabilmente  corrisponde al tragitto  terrestre segnalato nel Periplo Scilace[24]. Questa strada attraversava zone  ben conosciute dai cronisti altomedioevali, come per esempio  il Mugello,  i Mucella di Procopio, i Mucellos in Tuscia  di Marcellino e  di Jordanes: una strada  abitata da Goti[25]  e ben conosciuta da Teodato in quanto si trovava, almeno nella prima parte, nei suoi possedimenti.

Se Teodato prese la strada della valle del Senio, dalla via Emilia aveva la possibilità di arrivare  a Ravenna per strade poco frequentate, come la via Lunga[26]; poi, giunto nella San Vitale, deviando a destra, raggiungeva  Ravenna da Ovest, oppure poteva  andare verso Ravenna prendendo il “quintario” che passa da Gaiano, Barbiano, Lugo ecc. Questi quintari avevano sicuramente dei guadi sul Santerno, (da escludere la presenza di ponti) ma, tenendo presente che era in inverno e il fiume era perciò difficilmente guadabile,  è possibile  che Teodato si fosse fermato a Quinto a preparare  l’occorrente per un  tragitto fluviale lungo il Santerno-Senio.  Qualunque fosse il suo percorso, era costretto a passare dalla Massa Quinto, dove Optaris lo intercettò.

Se le vicende si fossero effettivamente svolte in tale maniera, troverebbe spazio un’altra allettante ipotesi: la Fasoli in un suo articolo[27] fa presente che  la dicitura “Battaglia”, sicuro riferimento ad una battaglia di discrete proporzioni, è già presente nel più antico ricordo di quella che sarà la Rocca di Monte Battaglia (1154). Perciò questa studiosa,  andando a ritroso nel tempo, va alla ricerca  del ricordo di una battaglia, avvenuta in loco, che possa avere lasciato ricordo così icastico nella toponomastica. Dopo essersi soffermata sulle guerre fra il 568 e il 774 , che  videro per  protagonisti i Longobardi, ma che scarta  per un insieme di ragioni, propone, seppure poco convinta, la guerra  fra Greci e Goti  avvenuta nel 542,  che ebbe per protagonista Totila.

La storia è nota: Totila dopo aver riconquistato Faenza, con l’intento di riconquistare anche Firenze si dirige verso la Toscana, usando la strada romana Faenza-Firenze. Nei pressi di Firenze sconfigge in una cruenta battaglia le forze greche.  Niente collega questa battaglia alla località di Monte Battaglia, che si trova in provincia di Ravenna, nella valle del Senio, sopra Casola Valsenio, tanto più che le tracce dello scontro, pezzi di armature, lance, spade, sono state rinvenute  non lontano da Firenze[28].

A mio parere il nome Battaglia può  essere  derivato da un altro evento a cui fa cenno Marcellino: ”Vitige dopo aver fatto assassinare Teodato,  procede personalmente  attraverso la Toscana  annientando  le forze di Teodato”.

L’affermazione si adatta perfettamente ai dati relativi all’inseguimento e all’uccisione di Teodato: Vitige si trovava  a Narni; ebbene, saputo che Optaris  ha ucciso Teodato, “procede verso la Toscana”, cioè attraversa quasi tutta la Toscana,  raggiunge  il grosso dell’esercito di Teodato, che poteva benissimo trovarsi  in località Monte Battaglia, e “lo annienta”. Questa può essere stata la “battaglia” che ha dato il nome a Monte Battaglia e che sarebbe avvenuta  nel dicembre del 536.

Alla luce di queste considerazioni appaiono particolarmente convincenti, perché conformi ai dati forniti dalle fonti, le indicazioni di Testi Rasponi, che ipotizza un Quinto non lontano da Bagnacavallo e vicino al Santerno.

Un tale Quinto deve essere ancora trovato; allo stato

attuale delle ricerche,  si può proporre come ipotesi di lavoro il Quinto solarolese, che più degli altri  sembra possa corrispondere alle caratteristiche segnalate dalle fonti. 

                                                                                                         

(Autore: Giuseppe Sgubbi, Solarolo  Giugno 2002)


BIBLIOGRAFIA
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  • ZAMBELLI, E. Il territorio di Castelbologbese nel Medioevo, 1999.

                                                                                                          


[1] Cfr. i miei Dalla più remota antichità all’anno Mille in Il territorio di Solarolo e le sue vicende, 1992, p. 22  ss. e Dai primi abitanti alla colonizzazione romana, in Storie per un millennio, 1993,  pp. 9-15, e, in corso di elaborazione,  Quintario, duodecimano ed altri aspetti meno noti riguardanti la centuriazione romana. Alla fine dell’impero romano, passata  la bufera barbarica ed esauritosi  il noto peggioramento climatico, queste  strade, insieme  alle consolari  ed ai decumani-cardini massimi, furono sicuramente le prime  ad essere messe in condizione di viabilità;  di conseguenza lungo  queste (e, da quanto mi risulta, solo queste) sono state erette le  prime chiese  ed i primi castelli. Non  a caso  su tali strade  si trovano Solarolo, Bagnara Vecchia e Bagnara Nuova, Limite Alto, Donigallia, Sant’Andrea in Panicale, San Pietro in Lacuna, S.Stefano in Barbiano, San Martino in Sablusi, Felisio,  San Mauro, Casanola, Gaiano, Castel Nuovo, ecc.  Eventuali eccezioni alla “regola”, almeno in queste zone, sono “frutto” di successive  variazioni fluviali oppure di variazioni di confini  di contado o diocesiani. Questo significa che se si rintracciano correttemente i quintari, come è stato fatto in questa zona, è possibile individuare eventuali chiese  e castelli scomparsi. Cfr. di nuovo Dalla più remota antichità all’anno Mille cit., e Dai primi abitanti alla colonizzazione romana, cit. Riguardo ai quintari  occorre aggiungere un’altra importante constatazione: quando gli agrimensori  dovevano centuriare un nuovo ager, per prima cosa tracciavano sia il cardine che il decumano massimo; quindi, indipendentemente dalla  direzione, tracciavano le strade, in modo che  il confine di detto ager venisse contrassegnato da un quintario. Così è stato fatto in occasione della centuriazione dell’ager di Faenza (partenza dal cardine massimo via  Naviglio ed  arrivo alla via Lunga);  altrettanto è stato fatto in occasione della centuriazione dell’ager di Imola ( partenza dal cardine massimo, cioè  Via Selice ed arrivo  alla via Pilastrino). Non solo, con i quintari, oltre ai confini di ager , venivano pure segnati, come vedremo più avanti, anche i confini, che oggi chiamiamo comunali. Perciò,  per trovare i confini, quelli dell’ ager e  altri, diventa indispensabile rintracciare i quintari.

[2] M.Calzolari, Ad sextum Miliarem, I toponimi derivati dalle distanze in miglia come fonte  per la ricostruzione della rete stradale di età romana in “Atti e memorie della deputazione di storia Patria per le provincie modenesi” 1986, pag. 27-56. Senza alcun dubbio il toponimo Quinto, come pure i toponimi Quarto, Sesto, Ottavo, ecc. spesso derivano  dalle distanze in miglia, ma questo di sicuro solo  quando  si trovano in corrispondenza di miliari  esistenti su strade consolari  o decumani-cardini massimi. Se questo non accade, occorre cercare una diversa derivazione; ed è plausibile ipotizzarne l’origine nel  quintario.

[3] L. Donati Note di topografia antica per l’alta  pianura  tra Senio e Santerno in Storie per un millennio 1993, pag. 54 e piantina a pag. 57.

[4] M. Fantuzzi  Monumenti Ravennati dei secoli di mezzo  per la maggior parte inediti, 6 voll. 1801-1805.

[5] Questo Quinto,  che sicuramente  è da collegare al fatto che si trovava  nella quinta strada dalla consolare via Emilia, si trova in un quintario  che, come ho ricordato,  attualmente segna il confine fra Solarolo e Castel Bolognese; ed è probabile che avesse la stessa funzione anche in età romana. Peraltro in un documento  del 1228 è pure ricordato un  “rio di Quinto” , il che induce a pensare che questo Quinto  fosse una località molto importante;  non a caso era detta “massa”, cioè un agglomerato di più fondi (cfr. sull’argomento  E.Zambelli, Il territorio di Castel Bolognese  nel Medioevo 1999, pag. 118).

[6] D.P. Pavirani, La storia dei Goti in Italia 1846, pag. 461 e Storia dei Goti secondo i monumenti Ravennati (il manoscritto è reperibile nella biblioteca Classense di Ravenna.)

[7] Sull’identificazione della località Quinto cfr.  A.Padovani, Insediamenti  monastici nella zona di Imola dalle origini al secolo XIII, in “Ravennatensia” 1997 pag. 271; l’autore, ricordando  la Massa Quinto del solarolese ed il podere La Quinta esistente  nelle vicinanze di Conselice osserva che “ad entrambi i siti potrebbe  riferirsi  quel locus Quintus iuxta fluvium Santernum ove, secondo  Marcellino, Vitige uccise Teodato”.

 

[8] Agnelli Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis  1878, pag. 322 e nota 8 (Monumenta Germaniae Historica Scriptores Rerum Langobardorum  et Italicarum saec VI-IX..

[9] Il Libro di Agnello Storico 1988, pag. 89, n. 156

[10] A. Testi Rasponi, Pontificalis Ecclesiae Ravennatis in  Rerum Italicarum Scriptores 1924,  pag. 175 n. 3

[11] A. A. V. V. Gli archivi come fonti  per la storia di Ravenna pag. 494 1992

[12] ibid.  pag. 443.

[13] M. Fantuzzi Monumenti Ravennati II, cit..

[14] E’ assai probabile l’esistenza all’epoca di altri Quinto: infatti  una “quinta strada” cioè un quintario  è pure una parallela al cardine massimo faentino, quella che passa da San Pierlaguna, San Severo ecc.; naturalmente un eventuale “Quinto” è da cercare solamente ove il quintario segna un qualche confine.

[15] G.Sgubbi,  Contributo sul corso antico del Santerno nel territorio solarolese in “Atti del Convegno Archeologia tra Senio e Santerno” 1985  pp. 15-25.

[16]G. Fasoli,  Rileggendo il Liber Pontificalis in “Settimana di studio sull’alto medioevo” 1969 pag. 476

[17] M.Pierpaoli : Il libro di Agnello storico 1988 pag. 186.

[18] La Guerra Gotica  1-11.

[19] Non è ancora chiaro ove si trovasse effettivamente Teodato: c’è chi dice nella sua fortezza, quella indicata nell’Appendix Maximiani, che poi non si sa dove esattamente Teodato fece costruire, oppure a Roma.

 

[20] E’ anche l’opinione di G. Rossi, Historiarum Ravennatum libri decem 1589, tr. it. di M. Pierpaoli 1996, p. 158 e di Testi Rasponi, op. cit. p.. 175.

20  Poco credibile appare perciò l’affermazione di G. Tamassia, Storia dei Goti e dei Longobardi in Italia, 1825, pag. 65, che Optaris avrebbe raggiunto e ucciso Teodato mentre questi si trovava nella strada Flaminia.

[22] C. E. Oestenberg Luni sul Mignone e problemi della preistoria Italiana  1967 pag.246.

[23] M. Catarsi Dall’Aglio  Storia di Bellaria 1993, pag. 167.

[24] E’ la strada grazie alla quale con tre giorni di viaggio  era possibile collegare Spina con Pisa cfr. G. Sgubbi  Dalla  più remota antichità all’anno mille cit. e  Alla ricerca del tesoro di Spina nel santuario greco di Delfi: appunti di protostoria romagnola e spinetica 2001 pp. 11-13).

[25] V. Bierbrauer, Das Frauengrab von Castelbolognese in der Romagna (Italien) in “Jahrbuch des Römisch-Germanischen Zentralmuseums“  Mainz 1991, pag. 541.

[26] Si tratta  della direttrice in pianura del già ricordato Periplo Scilace.

[27] G. Fasoli,  Alla ricerca di un toponimo, in A.A. V. V. Monte Battaglia – Giornata di studi,  21 luglio 1973,  pp. 1 ss.

[28] Esattamente, in località Crocione, alla destra del torrente Bagnone, cfr. F. Niccolai Guida del Mugello e della val di Sieve  1974, pag. 147.

 

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