"Ci si presentano come aborigeni o
primi abitatori e lasciarono il deposito del loro sangue, della loro
lingua, dei loro costumi,aggregazione di uomini e di famiglie, che tennero
stanza fra l'Adda e il Ticino e portarono il nome di Insubri:vennero
in gran numero a confondersi con essi, genti discese d'oltralpe, che
soverchiarono i nati, e il territorio invaso chiamarono Gallia,
come chiamavano quello abbandonato. Non andò molto che comparvero,
sbucate non si sa donde, se dalla Liguria o dalla Venezia, alcune tribù Etrusche,
le quali si erano diffuse dal Po' alla Magra, e stabilite al di qua e al
di là dell'Appennino,da Felsina a Chiusi e Volterra, da Luni al Verbano e
al Lario, cui Catone il vecchio attribuì etimologia etrusca.
Sopraggiunsero uomini greci,
forse all'età delle grandi migrazioni elleniche, dall'Asia Minore,
dall'Arcipelago Jonico e dalla Grecia, e occuparono parecchie alture fra i
laghi d'Iseo, di Como e Maggiore, conosciuti sotto la denominazione greca
di Orobi ossia abitatori dei monti. A cotesta migrazione
marina, fece seguito un' altra più grossa e gagliarda, transalpina,
di Galli commisti con grande numero di Cimbri e Reti, i quali non
solo invasero l' Insubria ma si spinsero fino a Roma. I Romani
sconfissero quei nemici e inseguendoli all'insù entrarono nel territorio
che era abitato dai nativi Isubri, ormai mescolati con Etruschi,
Liguri, Orobi, e con prevalenza di Galli amalgamati con altri
ultramontani di varia lingua e varia specie.[...] (1)
Non andò molto che i Galli furono
fiaccati e rotti alla costanza delle coorti romane. Como, che era
stata rovinata dai Reti, incominciò a riprendere nuova vita. "Pompeo
Strabo, padre del gran Pompeo, lasciò scritto il geografo e storico
Strabone, la ripopolò dopo che i Reti, abitando al di sopra di essa,
l'avevano disertata;poscia Caio Scipione vi condusse anch'egli
tremila persone e all'ultimo il divo Cesare ve ne aggiunse ben
cinquemila,fra i quali i più illustri furono cinquecento Greci.
A costoro egli diede il diritto della cittadinanza, e li
ascrisse nel numero dei coabitanti; nè solamente si stabilirono
essi in quel luogo, ma diedero alla città il nome che porta al presente;
perocchè tutti gli abitanti si dissero al paro di loro Neocomensi, nuovi
borghigiani: e interpretando questa parola si fece il nome di
Novocomum".
Per tal modo l'elemento romano e
l'elemento greco si confusero una seconda volta e si cementarono con
l'elemento indigeno; pare che da allora quelle elemento misto,
insubrico-romano o gallo-romano divenisse base o ceppo delle popolazioni
del territorio comense che insieme al resto della Gallia Cisalpina prese
il nome per alcun tempo di Liguria, senza sensibili tralignamenti e spurii
innesti. I Comensi stettero fedeli ai romani fino alla caduta dell'
Impero; e opposero valorosa resistenza ai Goti e i Longobardi. Si
hanno tradizioni che attestano che la libertà romana lanciò l'ultimo suo
dardo, e trasse l'ultimo sospiro sul lago di Como, propriamente sugli
scogli dell'Isola Comacina. Leggesi in Paolo Diacono,
longobardo ma amico di Carlo Magno, che allorquando Alboino,
divenuto re d'Italia, aveva già stabilito il suo dominio a Milano e a
Como, l'isola Comacina e il Lario
superiore seguitavano a tenersi indipendenti, e avevano leggi,
amministrazione e il piccolo esercito alla romana.Un
Francione, governatore d' Insubria in nome di Maurizio
imperatore d'Oriente, dopo aver invano contrastato i barbari, e aver
veduto Roma vinta e depredata, radunò le reliquie di alcune legioni
avanzate nell'Insubria, si ridusse a Como, poi all'Isola Comacina,
che munì di fortilizi;colà raccolse romani e provinciali che
fuggivano dinnanzi ai Longobardi; pose sotto custodia i tesori
ch'egli aveva salvati e che vi avevano portato i profughi, e stette
fortemente armato a difesa dell'indipendenza.
Da più di vent'anni i'aquila
romana; e serbavasi libera, sotto la
protezione degli ultimi legionari di Francione.
Autari,
terzo re dei Longobardi, il primo marito della regina Teodolinda,
il quale aveva percorso tutta l'Italia vincitore discendendo fino a Reggio
Calabria, e colà aveva spinto in mare il suo cavallo gridando "Fin
qui arriva il mio regno", non potè più oltre sostenere che una
piccola isola e un piccolo territorio sul lago di Como vivesse
all'infuori della sua giurisdizione, mostrasse sulle sue torri l'aquila da
lui vinta, durasse sicuro asilo ai suoi nemici, e ciò che forse più lo
istigava, servisse di propugnacolo ad agognati preziosissimi tesori.
Venne a Como, allestì una flottiglia e
con questa, e con numerose schiere avviate lungo il litorale, mosse alla
conquista della Comacina.Sei interi mesi resistettero Francione e i suoi
agli iterati assalti di Autari, che aveva un numero di uomini
preponderante: mancarono non le forze e il coraggio, ma i viveri agli
assediati, laonde fu necessità pei romani arrendersi ai Longobardi.
Onorevoli furono i patti della dedizione:Francione, del quale vive ancora
il nome in una spiaggia alle falde del Legnone, presso Colico, ottenne
-come lo attesta Paolo Diacono- di ritirarsi con la famiglia libero a
Ravenna; i legionari si dispersero o rimasero sulle terre vicine al lago;
la Cristopoli cadde in mano di Autari, che non le recò danno ma
si accontentò di mettere le mani sul Tesoro ivi reposto, e di
trasportarlo alla sua sede di Verona. Pare che agli abitanti dell'isola
Comacina e dei dintorni non venisse fatto alcun male da Autari, che anzi
fosse conferito qualche speciale diritto o privilegio, forse per
l'intromissione di Micezio, arcivescovo di Treveri,cui diresse una lettera
di preghiera e di raccomandazione un tal Floriano,che si è sottoscrive abate
nel Monastero romano, forse nella stessa Cristopoli o lì vicino.Si
leggono in quella lettera le seguenti parole:"Vi prego
supplichevolmente di raccomandare moltissimo al figliuol Vostro
gloriosissimo il re Teobaldo, l'isola Lariana, che chiamasi
Cristopoli, affinché ai romani di lui servi, siano in ogni modo
conservati i sacramenti che loro furono dati". Da questo documento
appare che l'isola Comacina o Lariana ai tempi di Autari e di Teobaldo o
Teodobaldo, figlio di Teodeberto, re dei Franchi e di Austrasia,
chiamavasi Cristopoli e che ai romani di quella parte della Gallia
Ciusalpina erano stati dati alcuni speciali diritti o sacramenti, cioè
concessi privilegi con un giuramento, dopo essere caduti in potere dei
Longobardi e avere abbassata, gli ultimi, l'aquila di Roma(2).
La condizione degli abitanti fu quella
dell'Aldionato, perchè pareggiati ai Romani, quindi di
servi, sebbene gli storici siano di opinione variegata, fatta eccezione
per i Maestri
Comacini.
[...] E' noto come, con il decadere
dell'autorità di Roma, e il sorgere della dominazione bizantina, il
territorio dell'impero venisse ripartito in diocesi, le quali erano
governate da nuova specie di prefetti civili o militari; e come, al
dilatarsi e consolidarsi del cristianesimo, in ciascuna diocesi venisse
stabilito un antistite spirituale con il nome di Vescovo,
laonde uno stesso territorio arriva di solito due capi, uno per gli affari
civili e l'altro per quelli ecclesiastici. Como, che era stata
colonia di Roma, divenne anch'essa diocesi. Non rimangono i nomi dei
suoi reggitori politici, dopo cessate le prefetture romane; bensì resta
la memoria del primo vescovo che fu un romano,di nome Felice,amico di
Sant'Ambrogio, dal quale venne ordinato. Verso la metà del secolo V, era
nominato, come si hanno sicure prove, vescovo di Como, Sant' Abbondio,
greco di Tessalonica in Macedonia (patrono della città di Como).
Mancano i documenti per conoscere da
quale metropolita la diocesi di Como dipendesse dai suoi inizi; ma si può
dire con certezza che a partire dal 600 essa era unita alla sede di Aquileia,
il cui presule, fin dal 369, portava il titolo di Arcivescovo.E'
ben difficile scoprire ora, per quale ragione gli abitatori del Lario,
nell'occidente, fossero e stessero collegati nell'unione religiosa con
quelli del Veneto litorale a levante: una grave ragione deve aver creato
un fatto che fu causa a sua volta dell'inclinazione e dell'educazione
artistica secondo la scuola e la tradizione greca o meglio bizantina nei
tempi del decadimento di Roma, che in tutto andava perdendo il suo
primato. Si hanno le prove che nel 557 l'arcivescovo di
Aquileia, Paolino, convocò un sinodo dei vescovi suoi suffraganei
per rigettare i tre famosi articoli del Concilio Ecumenico V di
Costantinopoli e si volsero alle dottrine dell'Arianesimo,
costituendo loro capo l'Arcivescovo di Aquileia con il titolo di Patriarca.
A Como venne mandato un vescovo di nome Agrippino, filoariano, che
rinnegò in seguito lo scisma e fu dichiarato santo, stette onorato nell'isola
Comacina venendo sepolto nella chiesa di Sant'Eufemia nel 607
circa, sulla mensa del cui altare vedesi tuttora una lapide di quei tempi
ricordante le virtù di Agrippino (nel XVIII secolo fu traslato a Dalebbio
in Valtellina, che ritenendolo ivi nativo, ne richiese i resti).
Il Vescovo Agrippino aveva
introdotto nella diocesi il rito di Aquileia detto Patriarchino,
avvicintantesi a quello romano, che aveva un proprio simbolo di fede,
breviario e messale particolare, salmodie speciali e un canto corale
particolare. Questo rito fu, più che altrove, conservato lungamente
nell'isola Comacina:nel 1169 quelli della città di Como, per ire
partigiane, assalirono quell'isola e la Cristopoli e misero ogni cosa a
fiamma e ruba e i miseri abitanti si trasferirono al paese di Varenna
sulla spiaggia opposta;non rimase che la chiesa.Quei di Varenna
ospitarono I fratelli derelitti;accettarono il loro rito e lo
esercitarono, ond'ebbero il nome di Patriarchini che ancora li
distingue[...].
Poco si sa delle condizioni del
territorio di Como durante il regno di Carlo Magno e dei Carolingi
(3),
cui successero gli imperatori germanici la cui assenza dal territorio,
però, portò alla progressiva estensione del potere dei Comuni, i quali
litigavano per lotte interne e discordie intercomunali. Approfittò di
questo Federico di Hohenstaufen, detto il Barbarossa, che con il
pretesto di venire a riportare la quiete, trovando Como e Milano opposte,
pensò di assoggettarsele.
Per questioni religiose soppraggiunte
nei secoli, era scoppiata una guerra civile tra Milanesi e Comensi,
durata 10 anni e finita con la distruzione di Como nell'agosto del 1127
ma risorta con la calata dell'imperatore Federico Barbarossa contro
Milano, e sfogatasi col prendere parte i Comensi nel marzo 1162
all'assalto ultimo e alla completa rovina di Milano".
In quel 1127 Isola Comacina aveva
appoggiato Milano nella distruzione di Como;si deduce quale fosse la
potenza che aveva raggiunto,per ardire a tanto.Quarantadue anni più
tardi,nel 1169, quest'ultima si vendicò e con l'aiuto delle tre
Pievi (Dongo,Gravedona e Sorico) -nonchè dell'imperatore tedesco- sferrò
una sanguinosa vendetta agli isolani e al loro territorio, che venne raso
al suolo e mai più ricostruito.
Quando venne rasa al suolo nel 1169,
l'isola Comacina subì la scomunica da parte del vescovo di
Como, Vilulfo, perchè erano state distrutte anche le chiese e pare
venisse lanciato un monito "Non
suoneranno più le campane,non si metterà pietra su pietra, nessuno vi
farà mai più l'oste, pena la morte violenta".
Come se non bastasse, Barbarossa emise un decreto (1175) con cui vietava
la ricostruzione di fortezze,chiese e case.
La storia dell'isola sembra terminare
qui, come se il tempo si fermasse per lei.
Di proprietà del Vescovado,venne in
seguito venduta e nel 1914 il proprietario fu Augusto Giuseppe Caprani che
da volontà testamentaria la donò al re del Belgio, Alberto I,che a sua
volta, nel 1920, la lasciò allo Stato Italiano per farne luogo di riposo
e di ispirazione per artisti belgi e non. Nel 1927 divenne Ente
Morale;dall'inizio del XIX secolo sono stati intraprese delle campagne di
scavo,che hanno riportato alla luce numerosi reperti
archeologici,consentendo di stendere una pianta degli edifici antichi che
vi sorgevano .A parte alcune aree, tutte le strutture emergenti sono
ricoperte di fitta vegetazione e versano in condizioni di degrado.E' stato
però avviato un Progetto di Rivalorizzazione del Territorio, l'Accordo
Quadro di Sviluppo Territoriale (AQST) per la valorizzazione culturale del
Lago di Como e in particolare dell'area dei Magistri Comacini
. Attualmente l'isola Comacina è raggiungibile con un traghetto e
visitabile.Per arrivare
clicca qui.
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Bibliografia:
Descrizione storico-artistica di
Giuseppe Merzario ne "Il territorio comacino e i suoi artisti"-
Proemio de "I Maestri Comacini- storia artistica di
milleduecento anni"-1893
N O T E:
1)-Curioso modo di esprimersi del
Merzario, che pubblicò queste notizie nel 1893.A pag.34 del Capitolo I,op.cit.,
inoltre, egli ci informa che a Lenno, sui monti dinanzi all'isola Comacina,
ove oggi c'è il venerato Santuario della Beata Vergine del Soccorso,
c'era- fin dai tempi antecedenti ai Romani - un tempio sacro a
Cerere Eleusina, generatrice e protettrice dei frutti e delle
biade dalla bionda capigliatura, coronata di grappoli e di spighe; alle
idi di settembre si riuniva una moltitudine di persone a supplicare la
dea, si appendevano voti, e si faceva mercato.Il vetusto tempio si ergeva
sopra la villa di Plinio il giovane, chiamata Comedia, il quale
volle ampliarlo e restaurarlo e per farlo chiamò un Mustio,
valente architetto Comacino.Questo è importante perchè ci fa capire in
che ambito di Culti, di Genti, di Culture diverse si dovettero formare e/o
sviluppare i Magistri.
2)-Secondo Paolo Diacono, di tesori
sull'isola ve n'erano ancora al tempo del successore di Autari, Agilulfo;
vennero asportati e condotti a Pavia.."Agilulf vero rex in eandem Comacinam insulam ingressus, homines expulit et thesaurum, quem ibidem a Romanis positum invenerat, Ticinum
transtulit" (in Pauli "Historia Langobardorum", Incipit
liber quartus -3)
3)-Per
un'ampia trattazione
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La chiesa di San Giacomo
(XI secolo) apparteneva alla Pieve di Isola Comacina.Si trova sulla
terraferma,di fronte all'isola,in località Spurano.Fu costruita
certamente dai Magistri Comacini.L'edificio poggia in parte sulla roccia e
in parte su due archi sostenuti da pilastri con fondamenta nel lago.
VVeduta
della facciata della medesima chiesa.Notare gli archetti pensili,che
corrono lungo tutto il profilo della facciata e corrono lungo le pareti
laterali fino all'abside.
Davanti alla chiesa c'è
un piccolo portico che si affaccia direttamente sul lago.Da qui si vede
benissimo l'isola Comacina, da cui dipendeva.
Ancora una veduta in
dettaglio della facciata:si noti la finestra a croce e i due 'oculi'
laterali,forse aventi funzione 'astronomica' (correlazione con
Equinozi/Solstizi?).
Chiesa di Santa Maria
Maddalena (XI-XII sec.) ad Ossuccio (località Ospedaletto). Faceva capo anch'essa alla Pieve
dell'Isola Comacina e si trova di fronte ad essa,ma sulla terraferma.I
suoi artefici furono i Magistri Comacini. Presenta una facciata simile a
quella di San Giacomo, vista sopra, ma è inglobata in un complesso
edilizio più vasto.Qui infatti sorgeva un Ospedale per i pellegrini, che
forse fu anche templare.
Si notano due croci
patenti speculari sugli stipiti del portale, ma difficile dire se siano
coeve all'edificio, in quanto quest'ultimo ha subito un rifacimento
radicale. Anche il caratteristico campanile, con la cella applicata
all'originaria torre, è in restauro, attualmente. ed è coperto da
impalcature.
Epigrafe attestante la
dedicazione a S.M.Maddalena, che viene qui appellata come 'diva', ovvero 'dea'.
Cosa che ci è sembrata singolare e meritevole di segnalazione.
L'edificio visto di lato.
I villaggi della
terraferma visti dall'isola Comacina
Vegetazione sull'isola
Comacina, paradiso degli artisti (e degli archeologi!).E dei curiosi come
noi...
Ancora un bel paesaggio
circostante l'isola
L'isola(a sinistra) e
i dintorni che si specchiano nel lago (vista dal traghetto)
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