A pochi chilometri dal comune di
Terlizzi, in provincia di Bari, è sito uno dei più affascinanti e misteriosi luoghi di Puglia, crocevia per i pellegrini in transito lungo l’antica via Appia verso la Terrasanta, e da sempre “centrum” di antiche conoscenze e scrigno di antichi segreti templari.
Così, per giungere al cospetto della Vergine dal volto scuro, “nigra sum sed
formosa”, dovremo addentrarci tra antichi culti preistorici e megalitici, misteriosi simboli di arcane religioni e affreschi templari, tracce indissolubili di un passato che ancora riecheggia tra le mura della bellissima
chiesa di Santa Maria di Sovereto.
Fin dal periodo protostorico il sito doveva essere ritenuto un “Omphalos”, un luogo ove, con una accezione simile
all’Etemenanki biblica, il “divino” si unisce con il “terrestre” e dove non c’è confusione di lingue. Il concetto di
centro sacro lo troviamo in moltissime tradizioni che tagliano trasversalmente l’intera Europa, dall’Italia alla Grecia, dalla Bretagna alla Scandinavia. Il culto viene descritto già in
Pausania che narra di pietre sacre e nella stessa Genesi, esso e’ l’idea di una proiezione in terra di un centro celeste, il “loco” ove dimorano gli dei. In
Omero, per esempio, l’isola di Ogigia è detta l’ombelico del mare, è solo in questo luogo, ove umano e divino posson dialogare, che Ulisse incontra una dea, Calipso, l’elemento femminile, che lo rigenera, lo rinsavisce e finchè vi rimarrà potrà esser immortale.
Da sempre il primitivo ha così cercato di indicare ai suoi simili questi mistici luoghi di culto, questi
“centri sacri” con Betili e menhir, tradizione che già ritroviamo nella Bibbia ove si narra di Giacobbe che, durante il suo viaggio
“essendo giunto in un certo luogo, e volendo riposarsi dopo il tramonto del sole, prese una delle pietre che stavano per terra e, ponendola sotto la testa, dormì in quello stesso luogo. E vide in sogno una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo, e vide anche alcuni angeli che vi salivano e vi scendevano. E in cima alla scala vi era il Signore, che gli diceva :” il sono il Signore, il dio di Abramo, tuo padre, e il dio di Isacco. La terra sulla quale ti sei coricato la darò a te e alla tua discendenza”. Alla mattina, svegliatosi dal sonno e intendendo il potere della pietra che si era posto come guanciale, Giacobbe la alzò, la piantò sulla terra a mò di stele e sparse dell’olio sulla sua sommità e pronunciò queste parole:” Questa pietra, che ho innalzato come tempio, sarà chiamata casa di Dio”: Bethel.
E’ così, seguendo questo mistico filo d’Arianna che approdiamo all’Ogigia pugliese, il mistico
omphalos di Sovereto.
Etimologicamente per diversi studiosi il suo nome sembrerebbe provenire da “Suberitum” e cioè da suber, sughero, ma intrigante è l’idea di una derivazione diversa, forse da “sovra ereto” o meglio “eretto sopra”, significato che fa pensare ad un qualcosa di importante sotto la contrada e che ci riporta nel
grembo ctonio della madre terra. Del resto, già nelle campagne limitrofe troviamo i segni di antichi rituali le cui pietre sono rimaste uniche e silenti testimoni, ed ecco così che nel vicino
Bosco delle vergini sono presenti ben quattro menhir allineati, un piccolo leys sicuramente molto più fitto in passato, ma che pian piano l’ignoranza popolare ha distrutto.
Tornando alla nostra Chiesa, la leggenda vuole che nell’anno 1000 un contadino, alla ricerca di una sua pecora scomparsa dal gregge, trovasse, in una grotta, una icona della madonna e una lampada accesa. Nacque, così, il culto di S. Maria di
Sovereto.
Se esaminiamo attentamente la leggenda, essa nasconde echi di
antichi culti pagani, i ricordi del culto della Dea Madre che riecheggiano nella mistica grotta,
il ventre materno della dea, da sempre il primo luogo di culto dell’uomo primitivo e nella pecora, o meglio ancora nella capra, animale totemico della divinità,
si rende essa stessa immanente nell’animale. Così,l’antica raffigurazione di una divinità pagana, madre e vergine, si trasformerà, con l’avvento della religione Cristiana, nella Madonna dal volto scuro, la Bruna Virgo di Sovereto, l’”eretto sopra” il ventre della sacra dea, oggi magari identificabile con lo stesso
ipogeo presente al di sotto la grata presente nella chiesa.
Da sempre il sito, ricco di fascino e mistero ha attratto pellegrini e cavalieri medievali, richiamati anche dai taumaturgici poteri, e diventando così importante crocevia di quel “movimento” di pellegrini e guerrieri che oggi definiremmo crociata, termine anacronistico
gia che si iniziò ad usare solo verso il 200-300, e che in realtà veniva comunemente definito con “iter”, “auxilium”, “succursum” o infine
“passagium”.
Verso la fine del 1100 il sito era diventato talmente importante da far realizzare ben due comunità conventuali, quella delle monache di San Marco e dei Cavalieri Ospedalieri di San Giovanni.
“…Divulgatasi la fama di questo santuario tutti coloro che andavano a Gerusalemme transitando per la via Appia, vicinissima al nostro santuario non mancavano di entrarvi…così si credè necessario di fondarsi in quel luogo e precisamente accanto al santuario, un Ospedale…e quindi per tale istituzione furono chiamati i cavalieri…per tale particolare ufficio nel 1199…resta ben dimostrato e fermo che i cavalieri di Soverito appartenevano all’ordine Gerosolimitano …e si edificò diviso a forma di due monasteri, in uno dei quali vi erano i frati che asistevano gli uomini e nell’altro le Vergini Religiose per assistenza alle
femmine…”
(P. De Giacò, Il Santuario di Sovereto a Terlizzi Bari 1872)
In realtà però molte sono le tracce e gli indizi celati nella chiesa che ci farebbero pensare ad un insediamento dei
Cavalieri del Tempio, meglio noti come Templari sempre presenti nei luoghi di culto mariani e in particolare delle vergini brune. Del resto è certo che questi cavalieri possedessero già nella zona la chiesa ora scomparsa di
Santa Maria de Muro, come testimoniato da un documento datato 18 Febbraio 1279 ove il precettore del Tempio di Puglia, Viviano, cita appunto
l’insediamento;è quindi molto probabile che si occupassero, almeno nella fase iniziale, della nuova Precettoria in costruzione.
Del resto, anche dal punto di vista architettonico, e dagli indizi celati nella tessitura delle murature, gli edifici che costituirebbero la Commenda dei Cavalieri di San Giovanni datata attorno al 1400-500 sembrerebbero comunque edificati su costruzioni ben più antiche.
E così che con mistico silenzio entriamo nel sacro luogo alla cerca di segni e basta alzare lo sguardo nella corte, che una croce “patente” spunta sotto l’intonaco dell’antistante ospedale eretto dai cavalieri di San Giovanni. Guardando nell’acquasantiera ecco celarsi, dietro lo stemma del casato,
come una strana croce a cosa di rondine, immagine che ritroviamo anche sul blasone all’interno della chiesa e che sembra cercare di celare l’antico passato del sito senza però cancellarlo. Nella chiesa poi sono presenti tre lastre tombali con rappresentati cavalieri,
anch’essi con insegne sul mantello che ricorderebbero i cavalieri del Tempio. A differenza poi delle altre due tombe presenti e legate ad altri ordini cavallereschi,colpisce
il particolare delle braccia poste in posizione crociata, la “X” del Xristos (da X in greco Chi) il nome del Messia, il nome da sempre venerato dai cavalieri
“Non nobis, Domine, non nobis sed Nomini Tuo ad gloriam”
Era così usanza dei cavalieri del Tempio farsi deporre con le braccia o le gambe incrociate a forma di “X”, idea che ricorda la morte e che è ancora utilizzata nelle rappresentazioni della stessa dall’incrocio delle due tibie. In particolare la rappresentazione presente sulla lastra può suggerire anche altre indicazioni su colui che sarebbe stato sepolto. Infatti l’incrocio delle braccia era tipico dei dignitari ecclesiastici e non dei cavalieri, infatti quello che era incrociato erano gli “arti benedicenti” e non le gambe, parte più importante per il guerriero, idea che potrebbe essere avvalorata anche della mancanza della rappresentazione di armi bianche, spade o pugnali, sulla tomba.
Interessanti sono gli antichi simboli presenti nel sito e così ecco visibile su un lastrone oggi usato come panca e all’interno della chiesa il
simbolo della Triplice Cinta, disegno che ritroviamo in moltissimi punti sacri e rappresentato da tre quadrati concentrici e da dei segmenti che uniscono i punti mediani dei lati,
e quasi stante ad indicare all’incauto viaggiatore la “centralità” e la sacralità del loco. Nella Bibbia esso indica il cortile con la triplice cerchia di mura del Tempio di Salomone, ma anche la Gerusalemme Celeste e quella Terrestre, simbologia che ritroveremo successivamente. Del resto l’idea di “coniunctio” tra mondi diversi la troviamo all’interno della chiesa stessa, ove, proprio vicino alla
cripta, è rappresentato l’albero cosmico, il tramite tra cielo, i rami, e terra, le radici. E’ in questo simbolismo che troviamo il concetto di “dualismo” presente nella dottrina templare e che ritroveremo in seguito nella nostra chiesa. Le tre radici, poi, ci fan subito pensare alla
Trinità, anche se c’è chi pensa che la Trinità adorata dai Cavalieri del Tempio fosse diversa da quella Cristiana, essa sarebbe stata di tipo gnostico, cioè composta da Padre, Madre e Figlio e non da Padre, Figlio e Spirito Santo, spiegando così anche la loro forte venerazione per la Vergine e l’importanza e la loro dedizione alla Pentecoste. Insomma, il tutto ci fa pensare di trovarci di fronte a quella che
Fulcanelli definirebbe una Dimora Filosofale.
In realtà, la bellissima chiesa è geloso scrigno di meravigliose scoperte, parafrasando Dante potremmo ben dire
“…aguzza qui,lettor,ben li occhi Al vero,
che ‘l velo e’ ora ben tanto sottile,
certo che ‘l trapassar dentro e’ leggiero…”
(Purgatorio, VIII, 19-21)
E’ così che, celati dal velo di intonaco gettato proprio per nasconderli o proteggerli, il vento della reminiscenza fa disparire
antichi affreschi dimenticati nell’ombra di quello sfortunato Venerdì 13 Ottobre 1307.
Entrando così nel vano adibito ora a sacrestia e alzando gli occhi alla volta, troviamo subito le
stelle a otto cuspidi, l’astro isideo presente anche nell’iconografia mariana sulla fronte o sulla spalla come nella Vergine Bruna Sipontina e indicante la centralità e l’origine spirituale dell’universo e presente in molte costruzioni ermetiche come il
Duomo di Santa Maria dell’Assunta a Siena, ove moltissimi sono i richiami alla Grande Opera Alchemica o
nell’Abbazia di Montecassino.
Sulla parete di destra ecco che ritroviamo delle chiare simbologie templari come la
scacchiera e la scala dal “duplice
piolo”. Tutto, all’interno dell’ambiente, ci riporta all’antica conoscenza dei cavalieri del Tempio basata sul
dualismo, idea che ritroviamo anche nel loro stesso sigillo, i due cavalieri su di un unico cavallo, per alcuni rappresentante la povertà dell’Ordine ma con un significato ben più profondo, la duplice natura dello stesso, monastico e combattente, la duplice natura dell’uomo, divina e umana. Del resto per diversi studiosi i cavalieri del Tempio erano legati ad una “regula segreta” basata sulle dottrine
Essene, una corrente eremitico-precristiana originaria della Terrasanta ove appunto si predicava la povertà del fedele che viveva
“…Tra le montagne alla maniera delle bestie…”
(Mac. 5-27)
n una concezione simile, anche se meno estrema, a quella dell’Ordine, proprio come descritto la regola di San Bernardo di Chiaravalle che nel
“De Laude novae militiae ad milites Templi liber” diceva
“…Essi portan gli abiti che egli (il commendatario n.d.a.) dà loro, non ne cercano d’altri né altre provviste. Diffidano di ogni eccesso in viveri e in abiti, non desiderano che il necessario e per essere più vicini alla perfezione evangelica vivono tutti…senza alcun bene proprio…”
La concezione dualistica si basava su un concetto dell’eterna eterna lotta tra il bene e il male, Michael contro Beliat, l’Arcangelo simbolo della lotta per la fede e dunque degli stessi cavalieri che si sentivano rappresentati dal combattente celeste e al quale i cavalieri dedicarono molte delle loro costruzioni. E’ questo dualismo che spiega il significato del
boucèant, il “bicolore”, il famoso gonfalone dell’Ordine, bianco e nero come la purezza e la forza e che non doveva mai cadere in battaglia, o il simbolismo dei due pesci,
presente in molte chiese del Tempio o ancora nella duplicità cromatica dell’abito degli stessi, bianco per i cavalieri e nero per i sergenti. Saranno poi anche questi “segni”
-simboli della gnosi templare, che porteranno poi alle accuse di eresia dell’Ordine. Ecco così che queste concezioni ritornano negli affreschi di Sovereto, la scacchiera, il simbolo del positivo e negativo, del bianco e del nero, del bene e del male, della guerra e della preghiera, dell’intelletto e della devozione. Questa simbologia doveva avere un carattere fortemente sacrale tanto che ai cavalieri del Tempio era proibito dilettarsi al gioco degli scacchi, quasi fosse una “profanazione” di un qualcosa di molto più profondo di un semplice gioco.
Stesso significato riappare nella scala, simbolo dell’eterno collegamento tra il mondo terrestre e quello celeste come nel sogno di Giacobbe, ma anche questa dal “duplice piolo” del bene e del male come le vie che portano o allontanano dal Signore.
Sul lato sinistro del vano, il messaggio non cambia.Ecco così presente, nell’ordine: un esagono costituito da un doppio quadrato, una croce patente, un sole e ancora un esagono per terminare con una
strana ruota dal doppio cerchi e dal quadruplice petalo.
Il significato riporta ancora al dualismo precedentemente accennato, il doppio quadrato riporta però non solo al principio duale della Gerusalemme Terrestre e di quella Celeste che si fondano insieme nella creazione dell’ottagono, la figura che più si avvicina alla quadratura del cerchio per raggiungere la piena ascesi e la vera salvezza. L’ottagono, che ritroviamo poi anche successivamente, è così il simbolo del rinnovamento, della resurrezione e delle otto beatitudini evangeliche ma anche dell’Ordine, infatti una leggenda vuole che nell’anno di fondazione del corpo, il 1118, l’Arcangelo Michele apparve al fondatore Hugues de Payens dicendogli che il loro simbolo sarebbe stata “la croce inserita nell’ottagono”. Ma la resurrezione e purificazione può avvenire solo nella luce del Cristo e così ecco l’immagine del radioso sole,
l'Anastasisspirituale, l’immagine del Sole-Hèlios impersonificata dal Cristo, espressione esso stesso del dualismo templare essendo uomo e dio.
Tipico simbolo templare, legato anche alla Trinità, è quello floreale, del resto secondo le Sacre Scritture fu il terzo giorno che il Creatore diede vita alla vegetazione. In particolare era spesso rappresentata la mistica rosa dai quattro petali della conoscenza, identificata con la Vergine, e racchiusa nel duplice cerchio.
Sono poi presenti i due piccoli vani ad oculo contrapposti, tipici delle costruzioni templari e che riportano al concetto del dualismo delle sfere contrapposte, uno al buio e uno alla luce del sole, la finestrella, anch’essi adornati da particolari simboli. Affreschi templari, centri di energia, acque taumaturgiche, strani menhir: nuovi interrogativi che rendono sempre più intrigante questo meraviglioso gioiello pugliese.