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In
un periodo risalente almeno a 4 o 5 mila anni fa, popolazioni di non
sicura provenienza fondarono un abitato nell’attuale territorio
solarolese; si tratta del villaggio preistorico detto di via Ordiere, uno
dei più grandi abitati
preistorici
dell’alta Italia
L’abitato
si trova sopra un deposito alluvionale portato in loco
da un corso d’acqua che fino ad alcune decine di migliaia di anni
fa raccoglieva le acque sia
della vallata del Santerno che quelle della vallata del Senio. Si tratta
di una striscia di terreno
stabilmente alta che essendo per questo esente da alluvioni, ben si
prestava ad essere abitata.
Tale striscia, di larghezza variabile, parte dalla via Emilia ,
e arriva nella bassa lughese.
Questo
aggregato, molto esteso ,si trovava a
non meno di una quindicina di km
dal mare, in
una antichissima direttrice di traffico
che, passando per
la valle del Senio, metteva in comunicazione
il mare Adriatico con il
mare Tirreno. Molto probabilmente si tratta della direttrice ricordata
nel periplo dello Ps Scilace,
risalente al IV secolo a.C. che
con un viaggio di tre giorni da Spina
arrivava a Pisa . Tale
direttrice corrisponde
alla attuale via Lunga. Questo
abitato si trovava pure in prossimità di un corso d’acqua,
probabilmente formato dal corso del Santerno
del Rasena , dai Romani detto Vatreno
e dai Greci Spinete.
Tipologicamente
il villagio sembra inquadrabile fra le così dette “terramare” ma la
mancanza di alcune caratteristiche , che in genere
evidenziano questo
genere di aggregazioni, mettono in discussione tale
tipologia: la disposizione
non ha nessuna forma geometrica ,(infatti si espande irregolarmente verso
varie direzioni), il
terreno interessato non è emergente sopra
il territorio circostante,(il breve tratto di terrapieno
fu probabilmente costruito come argine
difensivo per frenare le acque del fiume),
non risulta che sia mai stato una cava di marna;
tutto il territorio circostante è disseminato da numerosi abitati
preistorici, alcuni distanti anche poche centinaia di metri, segno
evidente di una totale mancanza di pianificazione, e, molto interessante
non risulta che verso il XII secolo a.C l’insediamento
sia stato interessato da un abbandono abitativo, durato
un paio di secoli, riscontrato
invece nelle altre terramare padane. Si tratta
riguardo a quest’ultimo, di
un enigmatico abbandono insediativo,
un vero rompicapo per gli studiosi; non si sa infatti
quali siano gli eventi che lo avrebbero provocato. Tale
abbandono non è
facilmente spiegabile, anche perché le aree preistoriche venete, dello
stesso periodo, non sembra
siano state interessate dal
fenomeno. Le causa dovrebbe
essere stata
“climatica”. Mi
pare che si debba
escludere quella di una
persistente siccità, con conseguente messa in discussione di qualsiasi
pratica agricola, in quanto, se quella fosse stata la causa,
il fenomeno avrebbe sicuramente interessato anche le zone
dell’oltre Po veneto.
Più
probabile perciò che
l’abbandono sia stato
provocato da un lungo periodo piovoso, con conseguente
impaludamento, che ha impedito non solo
una qualsiasi pratica agricola ma ha creato anche grossi
problemi di transitabilità stradale.
Se così stanno le cose, si spiegherebbe l’abbandono per un lungo
tempo delle terremare padane,
come pure si comprenderebbe il non necessario abbandono
abitativo della nostra area preistorica , dal momento che , come
detto, questo abitato si
trovava in una fascia di terreno eccezionalmente alta, esente da
alluvioni. Naturalmente
solo i risultati degli scavi potranno dare
al riguardo risposte
definitive.
L’orientamento
Nord –Sud delle numerose
capanne facilmente
individuabili, fa pensare che i fondatori di tale abitato conoscessero
molto bene il vantaggio dell’orientamento
solare; la leggerissima
deviazione a levante di alcuni
gradi, fu resa
probabilmente necessaria per seguire la
pendenza del terreno.
Oltre
che alla centuriazione romana, il loro orientamento corrisponde
esattamente a quello della via Lunga, una via che a sua volta
partiva a perfetto angolo retto dalla via Emilia. Si tratta di
aspetti non casuali che meriterebbero di essere approfonditi.
Un abitato
tanto grande, attraversato da una importante
direttrice terrestre e con
un breve percorso fluviale,
facilmente collegabile alle rotte marittime,
non poteva non essere stato in rapporti anche con popolazioni
lontanissime.
In
attesa che i dati dello scavo facciano luce su questi rapporti, mi sembra
opportuno
“rispolverare”
alcune antichissime cronache ,
che ricordano antichi
rapporti fra le nostre zone ed
alcune antiche popolazioni.
Si
tratta di resoconti di viaggi
e di migrazioni, alcuni dei
quali non tenuti nella giusta considerazione in quanto ritenuti
solamente frutto della fantasia
degli autori greci.
Vediamo
gli antefatti: verso il XII secolo A.C. tutto il Mediterraneo fu teatro di
grandiosi sconvolgimenti : avvenimenti
ricordati nelle Bibbia, avvenimenti
ricordati nella Iliade e nella
Odissea, (in particolare la caduta di Troia),
invasioni dei così detti “Popoli del Mare,” ricordati in
alcune stele egiziane,
crollo di alcuni imperi fra cui quello Ittita ed il
Miceneo,ecc. Tutti questi sconvolgimenti crearono delle migrazioni
che a loro volta crearono
altre migrazione; alcune delle quali interessarono anche
l’alto Adriatico.
Molti
sono gli autori della antica
Grecia , che direttamente o indirettamente ricordano l’alto Adriatico:
Esiodo, Erodoto, Tucidide, Licofrone,
Ellanico di Mitilene, Eumelo di Corinto, Artemidoro di Efeso,
Callimaco.
Molti
sono i popoli che risultano approdati
nelle nostre coste: Pelasgi, Lelegi, Tirreni,
Tessali; a questi vanno aggiunti i leggendari Iperborei .
Moltissimi
i miti Greci ambientati anche
in Adriatico: Fetonte, le isole Elettridi,
tre fatiche di Ercole, (mandrie di Gerione, cerva Cerinea, e Pomi delle
Esperidi), due saghe Argonautiche (quella di Apollonio Rodio e
quella tramandataci da Eumelo di Corinto, la cosi detta Leggenda
Minia), la maga Circe, Dedalo ed Icaro, Cadmo ed Armonia, Gerione, Castore
e Polluce. Alcuni eroi: Antenore,
Diomede, Odisseo, Enea,
ed alcune divinità:
Artemide e Tiberino.
Molte
le città che sarebbero state fondate da questi popoli oppure da questi
eroi: fra queste, Padova da
Antenore, Ravenna dai Tessali, Spina da Diomede. Faenza dagli Attici, pure
Imola sarebbe stata fondata da un
eroe fuggito da Troia.
Sarebbe
troppo lungo elencare tutti gli
avvenimenti che hanno avuto per protagonisti questi popoli, questi eroi e
queste divinità nell’arco Adriatico, perciò vediamo di passare
in rassegna solo i miti e le cronache
che possono avere direttamente
interessato il nostro
abitato preistorico.
Queste
isole leggendarie, che si sarebbero trovate alla foce del Po e che
sono ricordate da tantissimi autori greci, erano
il punto terminale dell’ambra , una resina all’epoca
ricercatissima, proveniente dal mar Baltico. Considerato che l’ambra è
stata trovata in quasi tutti gli abitati preistorici, sicuramente sarà
trovata anche nel nostro
insediamento.
La
prima tappa degli Iperborei, leggendaria popolazione residente
nell’Europa centrale, era in una delle
isole Elettride, ebbene la città di Pisa,
punto terminale della direttrice
Spinete –valle Senio –Tirreno, sarebbe stata fondata da Piso,
re degli Iperporei.
Codeste
isole erano sacre alla dea Artemide, una dea corrispondente
alle romane Diana e
Feronia . Ebbene due santuari dedicati a Diana
si trovavano nel lughese: uno
di questi era nei pressi della
via Lunga, quello di Feronia si trovava a Bagnacavallo.
A
proposito di Bagnacavallo, vuole una antica tradizione che questa
cittadina sia stata costruita sopra una delle isole Elettridi. Considerato
che su queste isole sarebbero
approdati i protagonisti della Saga Argonautica, cioè la spedizione
partita alla conquista del
“vello d’oro”, stranamente nello
stemma di questo comune
appare un cavallo bianco con scritto Cillaro, (cavallo più volte
ricordato dallo storico greco Stersicoro) appartenente a
Polluce, uno dei Dioscuri, cioè la coppia di fratelli che
risultano fra i partecipanti della già ricordata
saga degli Argonauti.
Come
è noto questo eroe sarebbe
fuggito da Troia dopo la distruzione della
città.
Tutti
gli studiosi concordano che questi avrebbe
fondato la città di
Lavinio, da cui poi avrebbe avuto origine
Roma. Divergenze si riscontrano invece
riguardo alla strada che questi intraprese per raggiungere
il Lazio.
Quasi
tutti gli studiosi ritengono che Enea raggiunse questa regione con una
rotta tirrenica e una breve risalita del Tevere; non mancano comunque
tradizioni che indicano invece
un diverso tragitto
marittimo (risalita
dell’Adriatico) e conseguente diverso tragitto terrestre.
Approfondiamo
questa ultima e non impossibile direttrice.
Una
antica tradizione vuole che Enea per arrivare nel Lazio da Troia avrebbe
percorso a ritroso la strada
che il suo avo Dardano
aveva fatto per arrivare da Cortona
alla Troade. Ebbene, se questa antica tradizione contiene un
barlume di verità,( tradizione riportata anche nella Eneide Virgiliana),
significa che Enea avrebbe fatto il tragitto
fiume Spinete , Cortona, Lazio
, conseguentemente sarebbe passato dal
nostro territorio. Anche un
passo di Licofrone potrebbe mettere
in discussione il tragitto
“tirrenico” tenuto da Enea, infatti si legge che
l’eroe prima di arrivare nel
Lazio si trovava
nei pressi di Pisa, un passaggio inspiegabile
per chi da Troia dovesse andare,
via tirrenica, nel Lazio. Spiegabile invece per chi avesse
invece usato il
tragitto Adriatico, Spinete , valle Arno, Lazio.
Qualcuno potrebbe giustamente chiedere la ragione per cui Enea,
intenzionato a raggiungere il
Lazio, col tragitto Adriatico- Cortona, avesse dovuto per forza approdare
e risalire il
fiume Spinete: ebbene la risposta si ricava
da un passo di Ellanico di
Mitilene, questi parlando dei Pelasgi
dice:… i Pelasgi scacciati dal loro paese,
la Grecia
, arrivati al fiume Spinete lasciarono le navi, proseguirono il viaggio
via terra e arrivati a Cortona l’occuparono poi proseguirono verso
la Tirrenia
… questo significa che
anche la direttrice
Spinete-valle del Savio- Cortona, Lazio, era
nella antichità molto praticata.
A
parere di molti studiosi, il
culto del dio Tiberino, dio delle acque, sarebbe stato portato in Italia
da Enea, non a caso il Tevere
si chiamava Tiberiacum e pure
Tiberiacum si chiamava in antico il Senio. Semplice coincidenza? E allora
come spiegare che il nome
ancor più antico del Tevere era Spino, cioè come il nome antico del
fiume che attraversava il nostro abitato preistorico? Sappiamo dallo
storico romano Plinio il Vecchio che
lo Spinete era un fiume proveniente dall’Imolese, il Vatreno, un fiume
formato dal Santerno, dal Rasena e dal Senio.
Oltre
a quelle già elencate non mancano nelle nostre zone altre tracce di
presenze di antichissime popolazioni.
Da
molte cronache antiche risulta che vi
era una città chiamata
Spina, fondata all’epoca
della guerra di Troia dai Pelasgi: Questa Spina non può assolutamente
corrispondere alla Spina etrusca scoperta nei pressi di Comacchio,
risalente al V secolo a.C, ma corrisponde
ad una città più
antica di almeno sette secoli, città ricordata da molti scrittori
antichi; Strabone, Dionisio di Alicarnasso, Plinio, Polemone, Ellanico di
Mitilene, Stefano Bizantino, Artemidoro di Efeso, città che
aveva eretto un “tesoro” nel santuario greco di Delfi. Si
tratta quest’ultimo di un abitato
che se si vuole scoprirlo occorre cercarlo lungo
la già ricordata antica direttrice, cioè la via Lunga.
Vi
sono buone ragioni per credere che questa direttrice, dallo Spinete al
Tirreno, sia stata usata dai Micenei antica popolazione greca. Tracce del
loro passaggio sono già state
rinvenute lungo la valle del Senio, nei pressi di Monte Battaglia
e nel versante toscano. Sicuramente
le tracce “micenee” saranno trovate anche nel Solarolese.
Riassumendo:
l’importanza di questo abitato preistorico è in particolare dovuto al
fatto che si trovava in una delle più importanti direttrici
di traffico della antichità; infatti
le popolazioni che dal
centro Europa intendevano
andare nella Italia centrale, dovevano obbligatoriamente usare le due
direttrici Spinete-valle del
Senio oppure Spinete valle del Savio, perciò
dovevano passare dal nostro abitato preistorico. Altrettanto dicasi
per le popolazioni che per tale scopo usavano la
rotta Adriatica
Gli
scavi intrapresi faranno molta “luce” al riguardo di queste
antichissime migrazioni: Vi sono buone ragioni per credere che, a scavi
conclusi, la preistoria e la protostoria romagnola ( e non solo romagnola)
sarà in parte da riscrivere.
Gli
scavi “diranno” molte cose ma un “enigma” che riguarda il nostro
abitato preistorico difficilmente sarà svelato :
la inspiegabile ragione per cui nell’area dell’abitato non sono
state nel medioevo costruite le cittadine di Bagnara oppure di Solarolo.
Bagnara vecchia si trova a meno di due Km, l’attuale Bagnara a poco più
di due Km, Solarolo a circa
3 Km
. Cosa avrà impedito che una di queste cittadine fosse costruita in
loco?.
Con
tutte le riserve del caso, formulo
al riguardo due ipotesi: prima ipotesi (la più probabile), all’epoca
della fondazione di Bagnara e di Solarolo, l’area preistorica non era più
attraversata da un corso d’acqua. Dove
fu fondato Solarolo
passava il Santerno, e dove fu fondata Bagnara vecchia passava il
Rasena. Tutte le città medioevali sono state fondate in prossimità di un
corso d’acqua.
Seconda
ipotesi (poco credibile): già in
epoca romana detta area era considerata “terra di nessuno” cioè non
apparteneva né all’ager Faentino, il cui territorio arrivava solo alla
attuale via Lunga, né all’ager
Imolese, il cui territorio arrivava solo alla attuale via Pilastrino. Se,
come è probabile, tali confini, oltre che costituire i
civili , hanno nel
medioevo continuato a fissare anche
quelli ecclesiastici, le
popolazioni che ad un certo punto ritennero necessario fondare qualche
abitato, si resero immediatamente conto che un
centro nato in tale
territorio non avrebbe potuto far
parte di nessuna giurisdizione
né civile nè ecclesiastica,
perciò ritennero giustamente
opportuno costruire detti centri abitati in altri territori. Mi rendo
perfettamente conto della “debolezza” di questa ultima ipotesi, ma
considerato che al riguardo si brancola
nel “buio”, tutto può servire per fare un po’ di “luce”.
I
temi qui sommariamente trattati sono solo una piccola parte di quelli
scaturiti in oltre vent’anni di mie ricerche al riguardo della
protostoria solarolese, infatti
questi temi, con
maggiori approfondimenti, li ho più volte
trattati in vari saggi: Circe
Ulisse ed Enea in Adriatico?; Alla
ricerca del tesoro di Spina nel santuario greco di Delfi;
Le radici della Romagna affondano nella saga Argonautica ;
La via Lunga ed il
Periplo dello Ps Scilace; Il
Senio l’antico Tiberiacum?; Si
tratta di saggi facilmente consultabili
in varie biblioteche della Emilia-Romagna.
(Autore: Giuseppe
Sgubbi. Nota del 10.10.2010: questo articolo
è stato scritto nel 2006, molto
del suo contenuto ha trovato conferma
nei recentissimi scavi)
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