Settembre è un mese ideale per
fare 'due passi' in una delle cittadine più belle e ricche di cultura del
lago di Garda: Sirmione, anticamente chiamata Sirmio Mansio, per la
ricchezza di splendide ville romane.
Sirmione, che si trova in
provincia di Brescia, si protende su una stretta e allungata penisola,
circondata su tre lati dall'acqua. Un paradiso in terra, che non ha mancato
di attirare l'Uomo fin dai tempi remoti. I turisti d'estate l'affollano, ma anche per il resto dell'anno (specie nelle giornate
soleggiate), richiamati dal suo centro balneare, vivace e commerciale; ma è nota
a livello mondiale per le sue bellezze archeologiche, per le Terme e
per il clima mite.
La presenza della fonte
Boiola, che sgorga a 69° sul fondo del bacino, alimenta tutt'oggi lo
stabilimento termale, con piscine e strutture terapeutiche famose
soprattutto per curare la sordità rinogena.
Il
primo edificio che incontriamo, entrando nella cittadina, è la Rocca
Scaligera, imponente complesso castellano fatto erigere da Mastino I
della Scala nel 1277, che evoca altri manieri scaligeri del veronese. Situata
in posizione strategica all'ingresso del borgo, in corrispondenza del
massimo restringimento della penisola, completamente circondata da un
fossato colmo d'acqua, la rocca è in perfetta salute, grazie anche alla sua
manutenzione. Fu usata con scopi militari dalla sua origine fino all'avvento
di Napoleone. E' un articolato baluardo con due ponti levatoi, merlature
ghibelline e torri di avvistamento. L'ingresso avviene attraverso un
corridoio coperto, che immette nel mastio.
Qui troviamo alcuni pannelli
illustrativi con la pianta del maniero, informazioni sulla sua struttura e
sulle sue funzioni nonchè un curioso ed arcaico tronco d'albero da cui fu
ricavata un'antica canoa. Molto suggestiva è la darsena a pianta
quadrangolare, preceduta da un piccolo cortile e difesa- in prossimità del
lago- da due torri con camminamenti. Meravigliosi sono i panorami che si
colgono da ogni punto ci si trovi, e le nostre fotografie parlano più di
tante parole.
Il castello ospitò anche i
famosi 'Catari' della zona, qui rifugiatisi in seguito all' accusa di eresia
lanciata contro di essi dalla Chiesa. Nel 1278 vennero comunque arsi al rogo
a Verona, per mano degli scaligeri.
Sarebbe dunque il caso di
approfondire la storia medievale di questo borgo, che non escludiamo possa
avere avuto anche un presidio templare. L'interessante chiesa accanto alla
Rocca (S. Anna alla Rocca), che pochi notano -attratti come sono dalla presenza
del castello scaligero- effettivamente presenta all'interno una quantità di conchiglie
scolpite da far ritenere che fosse un luogo di sosta per i pellegrini in
transito da e per Santiago di Compostela. Sirmione apparteneva infatti
all'agro veronese ed è nota nel mondo antico anche per essere stata una
stazione di sosta (mansio) lungo l'importante via che univa Brescia a
Verona.
Come ogni castello che
si rispetti, anche la Rocca di Sirmione ha un mistero (e forse chissà quanti
altri...):il fantasma di Ebengardo, che si dice si faccia 'sentire' e magari
pure vedere nelle ululanti notti tempestose. Leggenda vuole che Ebengardo
fosse amico degli 'eretici' Catari e viveva tranquillo- non si sa quanto-
nel castello, con la sua sposa Arice.
Tutto sembrava andare in modo idilliaco ma una notte funesta, di pioggia e
vento, bussò alla porta un cavaliere chiedendo asilo. Si presentò come il
Marchese del Feltrino, Elaberto. I due coniugi, dall'animo gentile, lo
accolgono e gli danno riparo. Ma l'orrendo Elaberto, veduta la bellezza e la
grazia di Arice, se ne invaghisce e architetta di averla ad ogni costo.
Durante la notte, furtivamente si introduce nella stanza di lei e vorrebbe
usarle violenza; la donna urla e fa accorrere il marito. Ma prima che egli
possa difenderla, viene uccisa con un pugnale dal terribile Elaberto. I
fulmini, i tuoni e il rumore della tempesta non impediscono ad Ebengardo di
svegliarsi -sentite le urla di Arice- e correre in suo aiuto ma quando
arriva nella stanza, la sua adorata consorte è già morta. Allora perde il
controllo, pazzo di dolore, e si avventa sull'intruso. I due hanno una
collutazione e mentre Elaberto muore, trafitto dal suo stesso pugnale, ad
Ebengardo non resta che la disperazione. Nemmeno la morte potrà
ricongiungerlo all'amata:i loro destini saranno separati anche nell'aldilà.
Arice in Paradiso ed egli è condannato a rimanere tra i viventi sottoforma
di fantasma. Ecco perchè ancora oggi, nelle notti di tempesta, lo si può
vedere aggirarsi tra le sale del castello, cercando la sua Arice, che non
seppe proteggere, e maledicendo il momento in cui fecero entrare il male
nella loro dimora.
Ma
adesso usciamo dalla leggenda (ma provate per crederci!) e incamminiamoci
per le vie del borgo, sulle rive del lago e poi all'interno, verso la
Parrocchiale, dedicata a Santa Maria Maggiore. Nel portico che
precede la facciata- nella prima colonna a sinistra- è incorporato un
miliario del IV sec. d.C., risalente a Giuliano l'apostata. Sono
diversi i luoghi in questo borgo dove si possono notare blocchi di
reimpiego, che testimoniano le vicende che si sono succedute e sovrapposte
nel corso dei secoli, a Sirmione. Nell'interno, a sala, di forme tardogotiche, sono conservati
diversi affreschi interessanti, specie sulla parete di sinistra, entrando.
Un San Rocco, con la ferita alla gamba sinistra (questo santo, come notiamo
visitando tantissime chiese, è raffigurato in contesti diversi, ora con la
ferita alla gamba sinistra, ora a quella destra...!), e numerose stelle a
otto punte...
Tra la chiesa e il castello
incontriamo un curiosissimo masso sospeso, trattenuto da un'impalcatura, con
una scritta "I don't like the rolling stone" (non mi piace la pietra che
rotola"). Chissà se forse non sia stato uno di quei massi di pagana
memoria...
Vivacità, eleganza, una
grande offerta turistica promanano ovunque, nel centro storico, che
abbandoniamo per inerpicarci in collina, verso la punta estrema della
penisola. Incontriamo un Hotel dove soggiornò anche la celeberrima
Maria Callas (c'è un parco pubblico dedicato a lei) e il simpatico trenino
che porta all'ingresso delle Grotte di Catullo. Che sono chiaramente
raggiungibilissime anche a piedi, con una passeggiata di un quarto d'ora (il
complesso archeologico è situato a circa un chilometro dal centro storico). Che poi non sono nè
grotte nè appartennero al poeta latino Catullo(morto nel 54 a.C.) ma, come tutti ormai sanno, non hanno un
proprietario, o meglio, non lo si conosce. Catullo in verità ebbe una casa a
Sirmione ma è ancora un mistero dove essa fosse. Ville romane ne sono state
individuate sotto i piani stradali e le abitazioni attuali ma la sua rimane
incognita. Può darsi che nuove ricerche confermino che questa fosse
veramente casa sua, non si può mai dire.
Le
Grotte di Catullo sono in realtà una grandiosa, immensa e favolosa Villa del
I sec. d.C., che andò a sovrapporsi ad una più antica (probabilmente del I
sec.a.C.). E' la più grande villa romana dell'Italia settentrionale. Oltre alle
'botteghe', da cui derivò il nome di 'grotte', si trovano un
criptoportico doppio a pilastri, una piscina riscaldata
appartenente al quartiere termale, la cosiddetta 'Aula dei Giganti'
e numerosi altri ambienti. Il complesso è preceduto da un Antiquarium
e Museo, dove sono esposti i reperti rinvenuti in fase di scavo e materiale
appartenente alle antiche chiese di Sirmione, che ne aveva ben quattro, di
cui due sono scomparse.
Visitare queste rovine è
qualcosa di inspiegabile: cosa dovevano provare i suoi occupanti, nel
periodo del suo splendore? Alla villa è legata una leggenda, che ha per
protagonista una giovane fanciulla di nome Quinzia la quale, innamoratasi di
Catullo e non rassegnandosi alla sua partenza, si recò in riva al lago e
pianse tutte le sue lacrime, convinta che egli fosse morto. Scivolando in
acqua, le lacrime della fanciulla formarono sul fondo un'effigie del
poeta...
Attorno alla riva si notano
grosse lastre rossastre, che creano un effetto assai suggestivo, viste
dall'alto.
Quale mirabile vista si
gode, quali pensieri vengono evocati nell'animo umano, quanta bellezza
sognata che diventa realtà! A chi appartenne? Come la consideravano gli
abitanti di allora? Quali invidie avrà suscitato? Chi avrà ospitato? E cosa
si cela, ancora oggi, sotto queste rovine?
Ad un certo punto, attorno
al IV sec. d.C. le strutture crollarono e il luogo venne progressivamente
abbandonato (ma un posto così bello si può abbandonare? Cosa successe
veramente?). Al IV secolo d.C. sono riferibili alcune tombe ad inumazione
situate in una parte della villa ormai distrutta. La zona divenne cava per
materiali; soltanto nel XIX sec. si cominciò a stilare una relazione
dettagliata dei resti della villa.
A livello archeologico, gli
studiosi sono riusciti a comporre un quadro abbastanza preciso della
struttura del complesso, e delle funzioni degli ambienti, e per tale
argomentazione invitiamo a leggere il pdf seguente:
http://images.archeologica.lombardia.beniculturali.it/f/parchiareearcheologiche/gu/guidainitaliano.pdf
Villa Catullo
Noi intanto ci muoviamo -con
una miriade di sensazioni inesprimibili- verso la vicina ed
enigmatica chiesa di San
Mavino, dell'VIII secolo ma ricostruita, insieme al campanile, nel Mille
e poi nel 1300. L'interno è interdetto al pubblico in quanto sono in atto
dei lavori di restauro; si sa che contenga affreschi che vanno dal XIII al
XVI secolo. L'impronta ricorda la mano di maestranze lombarde (Comacine).
Peccato ceh l'abside sia stata completamente stravolta!
Prima
di arrivare alla chiesa, si incontra un arco di fattura moderna ed una
campana, a ricordo dei Caduti.
Dai nostri 'due passi',
arriva direttamente questa nutrita e meritata galleria fotografica, che
sicuramente non mancherà di entusiasmare ed incantare chi ancora non ha
visitato questa perla del Benaco, ma anche coloro che già ci sono stati e
magari solo per farvi una passeggiata. Ricordate che qui c'è molto di più
che il lago e qualche romantica rovina...