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In questo sito
abbiamo dedicato due precedenti articoli al mistero della Sindone,
uno
potremmo definirlo 'storico' e l'altro sulla situazione della ricerca
scientifica, desunto da una nostra visita al
Museo della
Sindone di Torino nell'aprile 2009.
Sono recentissimi, però,
alcuni fatti che riguardano da vicino quello che è considerato il Sacro
lenzuolo che avvolse il corpo di Gesù dopo la deposizione nel sepolcro; tali
fatti ci pare doveroso esaminarli poichè ci fanno ancora una volta
riflettere sul dinamismo della Ricerca, sul suo modificarsi in base a nuovi
elementi e nuove scoperte.
Una scritta sulla
Sindone?
| Una notizia certamente
scoppiettante proviene dalla studiosa italiana Barbara Frale, la
quale sostiene che sul lino sindonico è impressa una frase o,
meglio, un vero e proprio 'certificato di attestazione di morte' dell'Uomo
che ha lasciato la sua impronta su di esso. Notizia bomba. Che infatti ha
acceso numerose polemiche e probabilmente ne scatenerà nei prossimi mesi.
Il quotidiano inglese "The Times" del 20 novembre 2009
ha dedicato un articolo agli studi della d.ssa Frale, che dal canto
suo trova semplicemente una conferma ai testi Evangelici. D'altra parte il
suo lavoro consiste nel ricercare e scoprire nuovi documenti, lasciando
poi ad altri professionisti il compito di risolvere i misteri che
comportano. |
| Pare che le lettere siano
appena visibili ad occhio nudo (e non è poco, a nostro avviso!), ma furono
individuate già nel 1978 durante l'esame della Sindone, mentre altre
lettere sarebbero emerse in seguito. Le parole si comportano come
l'immagine, che è ben visibile solo al negativo fotografico: esse
sono 'al contrario' e il loro senso è interpretabile solo in fotografie
viste in negativo. Decifrandole, la Frale così le riporta:
"Nell'anno
16 di regno dell'imperatore Tiberio, Gesù il Nazareno, calato in prima
serata, dopo essere stato condannato a morte da un giudice romano, perché
egli è stato giudicato colpevole da autorità ebraiche, è inviato per la
sepoltura, con l'obbligo di essere consegnato alla sua famiglia solo dopo
un anno intero".
Si conclude "firmato da" (il funzionario probabilmente), ma la firma non è
rimasta, così come alcune lettere, che sono mancanti. |
| C'è chi ipotizza che il
reliquiario allegato al panno in epoca medievale possa aver 'trapassato'
al lenzuolo un'eventuale scritta ma ciò è respinto dalla d.ssa Frale, che
sostiene che non si tratta di una frase appartenente al medioevo in quanto
Gesù- in essa- è chiamato 'il Nazareno' e non il Cristo. Il primo epiteto
classifica un uomo e basta mentre il secondo lo divinizza, c'è una bella
differenza. Un cristiano medievale mai avrebbe scritto Nazareno.
Scarta inoltre la possibilità di un falso medievale, in quanto appunto per
leggerle è necessario averne il negativo fotografico (e la fotografia
venne inventata quando il medioevo era finito da un pezzo) e un eventuale
falsario avrebbe utilizzato un frasario più simile al 'titulus crucis' che
a questa frase ben circostanziata. |
Secondo la norma che
riguardava le sepolture, in vigore nella Palestina del tempo, sotto i
Romani, il cadavere di un condannato a morte poteva essere restituito alla
famiglia dopo che fosse trascorso un anno dalla sepoltura in una fosse
comune; si rendeva quindi necessario 'contrassegnarne' l'identità per non
restituire un corpo sbagliato. "Un certificato di morte era quindi
incollato al sudario in modo da poterlo individuare per il successivo
recupero, e di solito era attaccato alla stoffa attorno al viso. Questo era
evidentemente stato fatto nel caso di Gesù, anche se lui non era sepolto in
una fossa comune, ma nella tomba offerta da Giuseppe d'Arimatea", dice
il Times.
Anche il quotidiano "La
Repubblica" - in occasione della presentazione del libro della studiosa
Frale, La Sindone di Gesù Nazareno (Il Mulino, pp. 254, euro 28), ha
dedicato spazio alla sensazionale scoperta della ricercatrice italiana la
quale -lavorando sui documenti trovati nell'Archivio Segreto Vaticano- ha
notato che "le tracce di scrittura identificate sul lino della Sindone
possano appartenere ad un testo derivato direttamente o indirettamente dai
documenti originali fatti produrre per la sepoltura di Yeshua ben Yosef
Nazarani, più noto come Gesù di Nazareth detto il Cristo».
La cosa ancor più
straordinaria risiede nel fatto che la frase è una ennesima 'stele di
Rosetta', vergata cioè in tre idiomi: ebraico, greco e latino. Del
resto, anche il 'titulus crucis' era in più lingue.
Pro e contro
| Il problema è che nessun
sindonologo si era mai accorto di questa scritta e si resta increduli.
Come è potuta accadere una simile omissione? Per il direttore del
Centro internazionale di Sindonologia di Torino, il dottor Bruno
Barberis, di questa frase va ancora dimostrata la presenza tramite
analisi fotografiche più specifiche. Sarebbero molti, infatti, coloro che nel tempo hanno creduto di
leggervi delle lettere ma senza fondamento. La presenza della frase
offrirebbe il fianco, poi, ai detrattori della Sindone, che la considerano un
falso. Un'altra posizione scettica è quella del vicepresidente per
l'ostensione della Sindone, monsignor Guseppe Ghiberti, il quale
riferisce di non essersi mai reso conto di queste lettere, eppure ha
guardato e riguardata la Sindone ore ed ore. Le sue esternazioni le farà
comunque dopo aver preso visione del libro-rivelazione della Frale. Più
esplicito è invece il prof. Luciano Canfora, docente di Filologia
greca e latina presso l'Università di Bari, il quale teorizza che la
supposta frase nasconda l'eventualità di una falsificazione e ritiene che
la studiosa abbia imboccato una strada difficile da perseguire. Secondo
lui, tutto suona anomalo, dal plurilinguismo usato fino al fatto che
l'apposizione della scritta avrebbe previsto la figura di un becchino o di
un funzionario mortuario, cosa che -alla luce delle conoscenze attuali
sulla Giudea del I secolo- non è accertata. |
| Prendere in
considerazione il lavoro di ricerca della d.ssa Frale è invece doveroso,
secondo il prof. Franco Cardini, medievalista e docente
all'università di Firenze. E' una pista da seguire e una tesi da
approfondire, lasciando da parte il riserbo mostrato a priori da alcuni
sindonologi. Sul fatto che la scritta sia in tre lingue non trova nulla si
particolarmente strano, poichè- a suo dire- nella Gerusalemme del I secolo
si parlava latino, ma come seconda lingua (sarebbe il nostro inglese di
base), si parlava il greco, mentre altri idiomi (come il caldeo e
l'ebraico) poggiavano su una grande tradizione grafica.
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Un nuovo sudario scoperto
a Gerusalemme getta altri dubbi sulla Sindone
Negli ultimi decenni sono
stati scoperti almeno quattro frammenti di sudari nell'area della città
santa di Gerusalemme e risalenti ai tempi di Gesù, tra cui la più
celebre Sindone di Akeldamà, costituita dal lenzuolo del corpo
separato rispetto a un fazzoletto che -secondo la pratica dell'epoca
-serviva ad avvolgere il solo
viso (e che, secondo alcuni, costituirebbe una prova della non autenticità
della Sindone torinese).
Il 16 dicembre 2009
il quotidiano "Corriere della Sera" ha pubblicato un articolo
che informa del ritrovamento, nella parte orientale di
Gerusalemme, di un sudario di lino dell'epoca di Gesù, all'interno di una
tomba nel terreno denominato Campo di Sangue. Lo stesso che, secondo
i Vangeli, Giuda avrebbe acquistato con i tristemente famosi 30 denari e
dove, per insopportazione della propria colpa, si sarebbe impiccato. La
tomba apparteneva probabilmente ad un uomo di rango elevato o ad un
sacerdote, malato di lebbra e sepolto piuttosto lontano dagli altri. I
ricercatori sono arrivati ad individuare l'antico cimitero di Gerusalemme
(che in aramaico si dice Akeldamà) proprio grazie al resoconto del Vangelo
di Matteo e degli Atti degli Apostoli. Il sudario era presente in una
tomba situata accanto a quella di uno dei personaggi più infelicemente noti
dei Vangeli, il sommo sacerdote del Sinedrio, Hannah. Sul lenzuolo vi
sarebbero tracce di DNA, che sarebbe stato analizzato, insieme alle spore;
il telo sarebbe inoltre stato sottoposto all'esame del Carbonio14
e alla TAC. Data l'autenticità del ritrovamento, si è visto come la
lavorazione in quel periodo fosse alquanto semplice, i frammenti di cotone
furono filati a mano e questa semplicità è un attore che si discosta da ciò
che presenta invece la Sindone di Torino. In essa la lavorazione è piuttosto
complicata, infatti " L'ordito della Sindone, molto più complesso e con
più fili, fu introdotto solo in epoca successiva[...] la Sindone ha
soprattutto una torcitura a forma di zeta e una trama a spina di pesce,
tipiche della Grecia o dell'Italia e comunque usate già in epoca
medievale[...], afferma il team di specialisti coinvolti nelle ricerche
del sudario del Campo di Sangue, composto da scienziati israeliani,
americani e canadesi della Hebrew University, di Sanford, dell' University
College e della New Haven University di Londra, dell'università del North
Carolina e della Lakehead University.
La notizia originale,
con i risultati dell'analisi molecolare effettuata sul lino e sui componenti
ritrovati è stata pubblicata (in inglese) nella rivista Plos One e
consultabile all'indirizzo:
http://www.plosone.org/article/info:doi/10.1371/journal.pone.0008319
Ma alcuni studiosi
contestano i giudizi espressi dalla succitata equipe, in quanto i 4 sudari
ritrovati negli ultimi decenni nell'area presentano tutti orditi diversi, e
ciò fa supporre che non esistesse soltanto un solo tipo di sudario o di
lavorazione, nella Giudea del I secolo d.C.. Tuttavia nessuno di essi
presenta l' elaborata lavorazione della Sindone di Torino.
Ancora misteri, dunque, attorno ad essa, e proprio in vista dell'ennesima
ostensione, che avverrà a partire dal mese di aprile 2010 e che vedrà il
papa Bendetto XVI in visita di pellegrinaggio. Già ci si attende qualche
sorpresa poichè, come avevamo già detto in un precedente articolo, dal 2000
(quando venne esposta al pubblico per l'ultima volta) venendo ad oggi, il
Sacro Telo ha subito importanti interventi di restauro. Infatti
gli addetti ai lavori dicono che 'Il nuovo telo di sostegno
posto sotto la Sindone appare di un colore più bianco rispetto al telo
originale e gli interventi effettuati, soprattutto la rimozione delle toppe,
hanno restituito una «immagine» della Sindone che, al primo impatto, è un
po' diversa da quella che ciascuno di noi ricorda'.
E' così facile replicare
la Sindone?
| Sulla Sindone di Torino è
stato detto e scritto di tutto e ne abbiamo già affrontato alcuni aspetti
in precedenti articoli pubblicati in questo sito. Nel 2009 non sono
mancate le novità. Secondo Lilian Schwarz,specialista in grafica della
School of Visual Arts di New York,
fu realizzata da Leonardo da Vinci con una speciale tecnica, la
pirografia(vedi
qui), dimenticando però che la presenza del Telo Sindonico in Europa
risale al tempo delle Crociate (portatavi, secondo gli ultimi studi di
Barbara Frale, dai Templari) e sicuri riferimenti si hanno dal 1353, ben
prima che nascesse Leonardo.
Qualche mese fa è stata
realizzata dal CICAP
(Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale)
una 'copia'
della Sindone, presentata in occasione dell'ultimo congresso ad Abano
Terme (PD), nell'ottobre del 2009. Il chimico prof. Luigi Garlaschelli
pare sia riuscito ad ottenere il risultato che si era prefisso, suscitando
comprensibilmente scalpore e facendo infuriare una bufera tra opposte
credenze. |
Ribadendo che il metro di giudizio in questi casi
è unicamente la Fede, non resta -per chi fosse interessato- recarsi a Torino
per l'ostensione, che si terrà dal 10 aprile al 23 maggio del 2010. Per chi
andrà e anche per chi non sarà presente, il Mistero della Sindone non
smetterà di essere tale.
Forse è proprio questo che
alimenta la speranza nel cuore di tanti esseri umani.
Mentre la Ricerca
continuerà... |
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