Per poter parlare del Serpente e
del suo significato nell’opera degli scalpellini è necessario cancellare
temporaneamente quel senso di negativo e malvagio che la religione cristiana
ufficiale gli ha affibbiato, forse in virtù della narratio della tentazione
di Eva, da parte del serpente sull’albero della conoscenza.
Il significato di questo simbolo
è remoto, profondo e complesso per le valenze positivo-negative assunte e
forma, in una più comune variazione formale del drago, uno degli Arcani
maggiori tra i simboli iniziatici dei costruttori di Cattedrali.
Il Serpente primordiale,
abitatore degli oscuri abissi vede il suo contrapposto nell’Uroboros
cosmogonico. Se il primo è l’abitatore delle profondità terrene delle quali
protegge i tesori nascosti, il secondo rappresenta l’eternità nella
perpetuità dei cicli cosmici, mito dell’eterno ritorno nel suo ritmo di
successioni di vita e morte.
Non a caso il Serpente, primo tra
tutti nel clipeo ofitico all’interno del quale campeggia il Chrismon
(Serpente-Cristo) che perpetua il regno del Padre nel mondo con la
centralità cosmica del Salvatore, è un simbolo che non ebbe un gran successo
nell’ufficialità ecclesiastica, ma riconosciuta nei primi secoli dagli
gnostici.
Il Serpente primordiale,
protettore d’un grande tesoro, è il guardiano della soglia, il custode della
conoscenza tellurica celata nelle oscure profondità, spesso la soglia è a
cavallo di due realtà diverse come tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Non a caso nelle antiche culture orientali ed ancora in Egitto, il cobra è
custode della tomba o addirittura della necropoli. A Deir-el-Medina il cobra
era il patrono degli artigiani, sotto le sue spoglie si celava la dea
Mertseger, la “Signora della Cima Grande” nella “Sede della Verità”.
Parimenti ecco comparire lo
stesso concetto su un gradino dell’ipogeo cristiano di Mellebande, a
Poitiers, risalente all’VII secolo. Tre serpenti sono intrecciati tra loro
scolpiti sul gradino di soglia assieme a frasi cabalistiche.
Anche sul portale di
Monkwearmouth, in Inghilterra, troviamo l’identico motivo, scolpito sul
piedritto.
L’Artigiano si vede coinvolto in
una scalata sapienziale che dal semplice operare lo porta a confondersi con
l’Opera stessa.
Il Serpente, simbolo di corrente
tellurica, inesplorata ed insfruttata, deve essere affrontato e, a seconda
del mito, esserne divorato o ucciderlo per possederne la potenzialità e la
conoscenza ed ottenere il passaggio alla maestria.
Non è un caso se il mito di
Sigfrido vede un apprendista fabbro di spade che forgiando la propria spada,
senza l’ausilio del maestro, passerà alla classe degli Operai. E' un Capo
d’Opera quella spada che gli servirà per uccidere il Drago, protettore del
tesoro dei Nibelunghi, divenendo lui stesso un “Figlio del Drago” avendone
assorbito tutte le proprietà e le conoscenze occulte che lo portano nella
classe dei Maestri.
La cultura Druidica assegna al
Serpente un dominio privilegiato. Presso i costruttori era determinante
percepirne il flusso, l’energia primordiale dell’Universo che fluisce
dall’Uovo in un groviglio di serpi simbolo del creato vivente, come
concentrato di energia.
Se la Vouivre dei Druidi conduce
alle rappresentazioni delle cattedrali francesi, per il panorama italiano le
fonti sono scarse, ma soprattutto poco note.
Come per tutte le nazioni europee
anche in Italia il mito passa attraverso due filtri: il primo quello che
dalla cultura egizia passa nella cultura pitagorica, dunque non solo filtra
tra i Druidi della Gallia, ma anche presso i circoli esoterici romani e
dunque alle Scholae dei costruttori.
Il secondo avvenimento vede la
cultura del Serpente-Drago proveniente dalle fonti eurasiatiche assorbite
dai popoli nordici.
Non a caso, quando i Longobardi,
gettarono le prime fondamenta di un regno nell’Italia del Nord, molti di
loro erano adoratori della Vipera d’oro e della quercia.
Proprio Rotari, il re Longobardo
famoso per l’Editto omonimo, era, prima d’abbracciare l’Arianesimo, un
adoratore della Vipera, la stessa vipera che diverrà uno degli arcani
maggiori di quei Magistri Commacini da lui liberati con l’Editto.
Con analogo significato già
menzionato, troviamo in questo periodo longobardo una profusione di
bassorilievi ofitici, con rettili più o meno intrecciati sino ad esser poi
dissimulati in trecce e soprattutto nei nodi.
Una tradizione esoterica espressa
poi lungo tutto il Medioevo “Lombardo”, riscontrabile in ogni luogo in cui
questi costruttori itineranti operavano, in varie forme e simbologie tra le
quali spicca per bellezza, difficoltà tecnica e significato la serie delle
colonne annodate, dette appunto ofitiche, il cui esempio più antico è quello
conservato nella Pieve di Gropina nell’ambone longobardo.
Perpetuatosi nel tempo, in modo
più o meno sotterraneo, l’arte dei “Lombardi” trova impiego ancora in epoche
storiche più recenti.
Sul fronte battesimale di San
Biagio di Bagnasco (Asti), per esempio, troviamo scolpite nell’arenaria, due
magnifiche serpi annodate ed affrontate. E’ un’opera ottocentesca dei
Sartorelli, originari di Saltrio nel varesotto, ma pregna di un forte gusto
medievaleggiante nella tipologia del simbolo.
Foto di Frans
Ferzini
Nella parte superiore campeggia
la colomba dello Spirito Santo, al di sotto alcune foglie d’alloro ed ancora
due foglie di palma al di sotto e sopra l’arco.
L’attenzione, inevitabile, si
sposta sulle lateralità decorate da una fascia intrecciata in modo da
formare un nastro con spazi circolari in cui alcune rosette sono
rappresentate. Sul trave “di soglia” proprio al di sopra della vasca, eccole
le due serpi magnificamente scolpite formano solo apparentemente un elemento
decorativo simmetrico zoomorfo. In realtà il monito è presente: la duplicità
del rettile rammenta la lotta dei due draghi rappresentati sulla cattedrale
di Chartres, il drago senz’ali affronta quello alato, la bassa materia
combatte con l’aerea spiritualità in una dinamo costante di scambio
energetico. Qui però non vi è lotta, v’è intesa e pacificazione, come nel
caduceo mercuriale, le due forze elettromagnetiche s’intrecciano lungo il
perno centrale, asse del mondo e colonna vertebrale sino all’affronto
statico, prima dello scatto definitivo delle due teste affrontate,
sinergiche, tra i due musi, l’arco voltaico della luce divina scaturito
dagli opposti naturali, “gran veleno, gran medicina”, un simbolo che da
sempre raffigura un monito:
Prudenza!
(Autore:Frans Ferzini
www.fransferzini.com )