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         Il Sator di Brusaporto(BG)

                                                         (di Marisa Uberti)

          

 

C’era una volta un castello, che oggi non c’è più. Di esso, restano solo rovine. E un toponimo, via Castello, che vi conduce. Lungo il paramento murario di questa via, dopo una curva a gomito, incastonata tra le altre, vi è una pietra molto speciale, per noi appassionati di misteri e simbologie. Una pietra che reca inciso il noto palindromo del SATOR.

                                        

Dobbiamo ad un gentile utente del nostro sito, il signor Andrea Micheletti (che ringraziamo), la segnalazione di questo esemplare, che siamo andati immediatamente a documentare, vista anche la vicinanza cui si trova, rispetto al luogo di residenza di chi scrive.

L’esistenza di questo Sator bergamasco, sebbene sporadicamente citata altrove, è stata a lungo trascurata nei censimenti in letteratura; noi stessi la ignoravamo e ci è assai gradito poterla divulgare attraverso il nostro sito, per tutti coloro che coltivano il comune interesse per la materia.

Detto ciò, passiamo ai numerosi misteri che questo ritrovamento presenta.

 

La località:Brusaporto

L'attuale comune dista da Bergamo 8 chilometri; ha una superficie di 501 Kmq ed è situato a 238 m sul livello del mare. Non esistono attestazioni di questo toponimo prima dell'anno Mille, tuttavia nella preistoria e protostoria si deve far riferimento all'area attorno ai fiumi Serio e Cherio orbitante attorno al monte Tomenone(che interessa il comune dell'attuale Brusaporto, Bagnatica, Montello, Costa di Mezzate), dove furono rinvenute delle asce in pietra verde levigata, risalenti all'Età del Bronzo. Abitata da popolazioni Celtiche dal VI al IV secolo a.C., di cui, oltre a reperti fittili rimarrebbe traccia nei toponimi e nel linguaggio, subì probabilmente il predominio romano in epoche successive. Poche notizie si hanno dell'epoca longobarda (Bergamo fu sede di Ducato Longobardo a partire dal 569 d.C.), che dovette interessare le popolazioni dell'area brusaportese e del Tomenone, così come in quella Carolingia. Si sa che Bergamo venne distrutta dalle truppe di Arnolfo alla fine del IX sec. d.C., cui seguirono le distruzioni degli Ungari (X sec.). Fino all'anno Mille, Brusaporto non compare nei documenti, nemmeno nella forma che richiami il nucleo abitato ritenuto più antico(Brusa e, in seguito, Brugia), toponimo frequente in area bergamasca e lombarda. Tra il X ed XI secolo iniziano ad apparire i nomi delle località limitrofe: vasti possedimenti a Montello di appartenenza dei conti Gisalbertini, la cui influenza iniziò con Giselberto I (922-927) per terminare con Alberto (1081-1093). La zona cominciò a riscuotere l'interesse del potente ordine monastico francese dei Cluniacensi, ai quali Gisalberto donò, nel 1079, un terreno per costruirvi un monastero (presso il Monte Argon, oggi noto come l'abbazia di San Paolo d'Argon). Nel Mille anche Costa di Mezzate appare già dotato di un castello.

Nel 1260 fa la sua comparsa- nei documenti d'archivio- una chiesa di Brusaporco, dedicata a Santa Margherita (facente parte del Primiceriato di Seriate). Il che fa pensare alla presenza di una comunità locale già ben delineata. Curioso che  non venisse chiamato Brusaporto con la 't', ma con la 'c'. A tal riguardo vi è una leggenda che narra che a quel tempo un signorotto governasse il paese con tale crudeltà e rudezza che un giorno, catturato e messo sul rogo, la gente gli urlò 'Brusa, porco!' (ovvero Brucia, porco!), e da qui il nome sarebbe stato esteso al luogo. In un atto del 1304 il paese è citato come Brusaporcho. Nel 1200 Bergamo aveva diviso il proprio territorio in 4 factae (settori) corrispondenti ad altrettante Porte cittadine: quella di S. Alessandro, di S. Lorenzo, S. Andrea e S. Stefano, sotto le quali vennero raggruppati i Comuni geograficamente corrispondenti. Brusaporcho compare come comune pertinente alla Porta S. Stefano (che raggruppava gran parte della pianura e le sue borgate), in particolare è citato negli Statuti del 1331 insieme a Montesello (attuale Monticelli), Mezate (attuale Costa di Mezzate), Baniatica (attuale Bagnatica), Amberete(?) ed altri. Il paese doveva avere una vocazione agricola; nobili proprietari di poderi avevano al servizio braccianti e contadini, allevatori e pastori. In quel periodo Bergamo era governata dal figlio dell'imperatore di Lussemburgo Enrico VII, il principe Giovanni di Boemia, cosa che segnò la fine del libero comune, dando avvio alle 'signorie'. Ma a livello locale, erano più le famiglie nobili e importanti ad avere la parte del leone (i Suardi, i Colleoni, sempre in lotta tra loro, appoggiati ora da un'altra casata ora dall'altra). Dal 1332 prese il potere la famiglia Visconti, di parte ghibellina (filo-imperiale), cui si contrapposero i della Torre (di parte guelfa e filo-papale). Le guerre tra le due opposte fazioni apportarono distruzioni, morti, carestie e pestilenze. Brusaporto viene citata nelle cronache dell'aprile 1380 per azioni nefande in cui venne svaligiata e bruciata. A questo punto si viene a conoscenza della distruzione del castello. Ma quando era stato costruito?

Il castello dei Rivola (e un'altro ancora da scoprire?)

In Bergamasca si ipotizza l'erezione dei sistemi difensivi tra il XII e il XIII secolo e, perciò, anche quello di Brusaporto dovrebbe risalire a quel periodo. Esso non sorse isolato ma sulla stessa linea collinare Comonte-Montello, sulla quale erano distribuiti 4 fortilizi: -quello di Comonte (proprietà dei guelfi Rivola), -di Brusaporto (anche'esso dei Rivola), -di Costa di Mezzate (della famiglia ghibellina Zoppi, poi divenuto dei Rivola)), -di Monticelli (della ghibellina famiglia Suardi).

Dei Rivola, dunque. Una famiglia che ebbe notevole importanza per la Bergamo dell'epoca (a loro è intitolata una via in Città Alta), fin dal X secolo - e per i molti a venire - li troviamo a ricoprire cariche prestigiose nell'ambito della vita cittadina. A Brusaporto non possedevano soltanto il castello ma delle terre, che detennero per secoli. Rami della famiglia Rivola sono giunti fino ai giorni nostri.

Come è stato detto poc'anzi, il maniero venne distrutto nel 1380 e mai più ricostruito; da un lato ciò ha permesso che si conservasse la sua planimetria perimetrale, tutt'ora leggibile. Quando, nel 1984, il Comune di Brusaporto acquisì la proprietà del castello con le sue pertinenze verdi, provvide alla risistemazione dell'area, durata diversi anni. Da via Castello, si può già apprezzare la muratura del maniero, conservatasi per una discreta altezza. Salendo verso il poggio su cui si trovano i ruderi, si gusta un'atmosfera arcana: un passaggio coperto conduce alla spianata, dalla quale si gode un bel panorama a 360 gradi. Questo castello non fu mai residenza,a quanto dicono gli studiosi. Era un sistema difensivo, in collegamento con gli altri tre sopra accennati. Molta storia è transitata di qui e il castello conserva i suoi segreti, come la presenza del SATOR!

E' opportuno compiere l'intero giro del fortilizio, passando attraverso l'area boschiva e scendendo dalla parte opposta alla quale si sale: si apprezzerà in tutta la sua mole (quella superstite). Ogni tanto si incontrano resti litici (capitelli?) in alcuni angoli o precedenti le salite. Incantevole la gradinata a valle.

Una piccola curiosità. Sulla sommità del Monte Tomenone giacciono dei ruderi di mura ancora misteriosi: c'è un pozzo-cisterna, ci sono delle muraglie a secco, ma a cosa appartenevano? Ad un castello, un punto di osservazione e/o avvistamento?

Non proseguiremo con la storia brusaportese poichè -se quell'area peri-castellana non venne più riutilizzata dal 1380 -è probabile che il palindromo del SATOR appartenesse proprio al castello. Fosse, in poche parole, incassato in qualche punto del fortilizio; il lastrone venne reimpiegato come materiale di riempimento nella realizzazione dell'attuale muraglia che delimita la strada che conduce al  castello stesso.

   

 

Il SATOR: domande e misteri

 Il problema numero uno è dare un inquadramento cronologico al contesto attuale:

  • a quando risale la muraglia  in cui è incassato questo SATOR? Nonostante abbiamo cercato la risposta, essa non è ancora stata precisata e attendiamo di ricavare maggiori notizie con il proseguimento dell'indagine.

  • C'è qualcuno che sa dove è stato raccolto il blocco di preciso? Si trovava tra le rovine del castello? Perchè si è deciso di incastonarlo nella attuale collocazione?

  • A quando può risalire il SATOR stesso? Sembra una domanda ancora più difficile delle precedenti ma proviamo a cercare qualche appiglio. Per quanto già espressamente ribadito in un precedente nostro articolo, sappiamo che non può essere di epoca romana in quanto, almeno dagli studi fino ad oggi portati avanti, i primi palindromi di questo genere iniziavano con il termine ‘Rotas’ e non ‘Sator’. Questo almeno fino all'VIII secolo, momento in cui compare la prima citazione del palindromo iniziante per ‘Sator’. Del resto, la storia locale accennata sopra, ci conferma che a quel tempo una località definita nemmeno esisteva. Lo stile con cui è stato inciso potrebbe essere gotico, dunque medievale o tardo medievale. Se appartenne al castello, non può comunque essere posteriore al 1380, anno in cui l'edificio venne distrutto. Ma non possiamo escludere un'abile copia...!

  • Chi erano questi Rivola? Se il castello era un loro possedimento, è ipotizzabile che i committenti di questo SATOR (sempre ammesso che fosse collocato nel maniero) siano stati proprio loro. A meno che si sia trattato di un 'vezzo' di qualche subalterno 'superstizioso'... Ma quali conoscenze avevano i Rivola (o qualcuno all'interno della famiglia)? Da quali personaggi si circondavano? Nel Medioevo il noto 'quadrato magico' era certamente diffuso, specie in certi ambienti monastico-cavallereschi e nelle società segrete dei Costruttori. L'elenco dei siti dove esso è stato censito, mostra una prevalenza di edifici religiosi su quelli civili (tra questi ultimi, ricorderemo Castel Mareccio a Bolzano, il Castello Challant di Issogne(AO), Palazzo Benciolini a Verona). Le chiese recanti un SATOR sono invece molto numerose (v. il nostro censimento).

  • Un'indagine conoscitiva interessante, sarebbe appurare se anche negli altri tre castelli della stessa linea collinare, vi fosse lo stesso palindromo (operazione che prevediamo assai ardua!). A Costa di Mezzate il castello è stato trasformato in residenza privata, ma è visitabile in giorni prestabiliti, degli altri due (scomparsi) cercheremo nei prossimi mesi di approfondire la storia..

Dall'analisi del blocco, esso appare lungo attualmente una cinquantina di centimetri:la parte destra non presenta incisioni mentre la sinistra presenta una cornice ben squadrata e rilevata, entro cui è stata incisa una griglia di 25 quadrati, ben delineata. All'interno di ciascun quadrato, le 25 lettere che compongono il noto palindromo. Le misure della griglia sono di circa 20 x 20 cm.

  • Il blocco era più lungo oppure no? Poteva costituire un'architrave di un portoncino, far parte di un pilastro, una soglia o cos'altro? Il materiale di cui è costituito è l'Arenaria, che si estraeva poco distante e che viene utilizzata come pietra da costruzione per architravi e stipiti, ma anche per monumenti interi (come in Città Alta a Bergamo, ad esempio). Le arenarie hanno un colore grigio-azzurrino o grigio-verdastro, che può sfumare nel rosso, se alterate.  Nel territorio  di Brusaporto l'attività estrattiva dalle cave di arenaria cessò negli anni '30 del XX secolo. A pag. 101 del bel volume "Brusaporto -Profilo storico" (Bruno Caccia-Vittorio Mora, Ferrari Edizioni, 1994), i due autori lanciano una domanda, che non ha ancora trovato una risposta, e che noi riproponiamo a chi, magari, potrà farlo: "Tale scritta (il Sator, n.d.r.)era forse posta all'ingresso di una scuderia o deposito di carri?".  ''E' un'ipotesi suggerita dalla scritta stessa e dalla zona in cui tutt'ora si trova', concludono. Loro si riferiscono al fatto che la traduzione dal latino all'italiano del famoso palindromo suoni così "L'opera, l'intelaiatura, regge le ruote', e allora hanno pensato, probabilmente, all'associazione con carri e scuderie. Ma sappiamo che il SATOR ha tutta un'altra valenza, magica, alchemica o comunque esoterica (della quale abbiamo già discusso in altri articoli). E' possibile che fosse stato apposto come simbolo di magia apotropaica (per scacciare influssi negativi o apportarne di benefici) in qualche punto del castello. Ma chi può dirlo?

Le lettere furono incise profondamente e con maestria, da chi sapeva usare gli attrezzi del mestiere:esteticamente è ben proporzionato, studiato. Il blocco è quasi interamente leggibile, eccetto nella sua parte inferiore, dove una grossa frattura della pietra ha danneggiato la parola finale ROTAS, di cui restano superstiti mezza O, gran parte della T e della A, la S finale e integra. La R iniziale è solo intuibile.

                                                            

            

 

         

L'analisi epigrafica che si può fare, da profani, è che le S sono uguali nello stile in tutto il palindromo; così le A(apicate), le T, le O, le R, le P. Fanno eccezione le E: tre infatti sono simili e 'curvate' mentre una (la prima di TENET), è diversa:

 

                                           

  • Come mai? Sembra anche più rimarcata, e parrebbe essere stata così anche in origine, poichè non si notano segni di una precedente lettera, al di sotto.

 

Ci fermiamo qui, per il momento. Abbiamo voluto dare un assaggio delle nostre prime ricerche in merito a questo esemplare di SATOR bergamasco. Non appena avremo ulteriori novità, che speriamo possano arrivare anche da chi ci legge, aggiorneremo la pagina. Il mistero continua...                     

 


 


 

 

 

 


 

 

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                                                                                   Giugno 2010

Si ringraziano: il sig. Lorenzo de Curtis per le immagini e il sig.Giulio Coluzzi per aver rilevato l'anomalia della E.