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di Roberto Lunghi

Cosa il quadrato magico più noto del pianeta rappresenti è ormai chiaro e definibile dalla maggioranza fra coloro che sono attratti dal suo ineffabile fascino.

Si può a buon titolo sostenere che sia ben più di un semplice mistero in quanto sembra essere la stessa essenza del mistero.

  Il tempo che scorre sta sempre più attribuendogli i connotati di un fenomeno che va ben al di là delle molteplici interpretazioni che si sono, nel corso dei secoli, susseguite nel vano tentativo di darne,entro confini precisi, una definitiva allocazione ma è quanto meno sorprendente come ogni, sia pure geniale, intuizione sia inesorabilmente smentita dagli eventi successivi.

Causa questa peculiarità ci si può senza dubbi sbilanciare nell’attribuirgli magici attributi.

Magia che è insita nel suo apparire nel contempo immutabile e mutevole quasi a far intendere all’osservatore il molteplice  messaggio di cui si fa latore conducendolo a sfiorare la sensazione di eternità come frutto di forze contrapposte.

E’ singolare notare come nel corso dei secoli esso sia stato utilizzato come talismano per sanare le afflizioni più disparate e come oggetto per pratiche negromantiche o inserito in formule cabalistiche .

  Dopo il ritrovamento di Cirencester in Britannia si ritenne che il SATOR fosse una sorta di “crux dissimulata” in quanto si ritenne che fosse stato ideato in età imperiale (tra il II e il IV secolo) e che fosse utilizzato come segno di riconoscimento utilizzato dai protocristiani come l’ancora o il pesce per sfuggire alle persecuzioni ponendo l’attenzione sulla croce formata dalle parole TENET oltretutto caratterizzate dalle “T” (tau greca).

 

Molto sostenuta è stata infatti la “corrente” che voleva dare alla cristianità la paternità del SATOR e questa nozione divenne “verità scientifica” allorquando Felix Grosser elaborò una decrittazione del SATOR anagrammando le lettere che lo compongono.

Ottenne il seguente risultato:

 

Due PATERNOSTER incrociati e delimitati da A e O,che secondo il

Grosser stavano ad indicare l’alfa e l’omega (la O vocale latina può infatti essere traslitterata in omicron oppure omega).

  Tali interpretazioni seppure ritenute valide per un lungo periodo palesano diverse lacune difficilmente colmabili.

Per quanto concerne la discussione inerente il “simbolo criptato, non esiste la benché minima traccia in alcuna fonte patristica che accenni a un”segreto del quadrato” così come avviene invece per il pesce, l’ancora, il crittogramma di Cristo e altri ancora, mentre per quanto riguarda l’anagramma “grosseriano”, tale teoria viene a cadere sulla base di diverse prove inconfutabili.

Principalmente è importante notare come in diversi casi il SATOR sia stato riportato mutilo di alcune lettere.

E’ il caso del ritrovamento nella casa di P.Paquio Proculo così come nel caso di alcuni codici compilati nel Medio Evo dove gli amanuensi lo riportavano talvolta privo di alcune lettere.

Chiaramente la semplice idea di poter anagrammare lettere che non esistono non è da ritenersi accettabile.

Inoltre la possibilità che le A e le O possano simboleggiare l’alfa e l’omega dell’Apocalisse di S.Giovanni decade quando si pensi all’anacronisticità degli eventi benché il Carcopino avesse sostenuto l’ipotesi che il più noto graffito pompeiano fosse stato lasciato da alcuni “fessores” cristiani in epoche successive all’eruzione del 79 d.C.

E’ altresì di importanza notevole per l’evoluzione della questione notare come fra i quadrati del SATOR rinvenuti a Doura Europos nella Mesopotamia e fatti risalire ad un periodo fra il 165 e il 256 d.C., ve ne sia uno redatto in Greco in cui non appare la O come omega, bensì come omicron.

  Tutti questi elementi sono di sicura rilevanza al fine di poter affermare la matrice non cristiana del SATOR.

   A dare ulteriore spunto alla considerazione sopra esposta è interessante notare come, oltre al graffito sulle pareti della casa di Paquio Proculo e a quello della Grande Palestra (nell’immagine sopra) ve ne sia un terzo ritrovato durante gli scavi borbonici su una parete della casa di Iulia  Felix in via dell’Abbondanza dipinto unitamente ad una scritta di propaganda elettorale.

Considerata la non compatibilità fra la vita eterna e la vita terrena che i cristiani primitivi adottavano come regola ferrea al punto di offrirsi al martirio, questo connubio fra il SATOR e la politica pubblica degli uomini fa ritenere che esso non poteva essere opera di un gruppo di perseguitati religiosi.

 

Ma allora cosa è il SATOR, chi ne è l’autore e qual è il messaggio che porta?

Le risposte probabilmente sono reperibili nella storia dei luoghi in cui sono stati ritrovati gli innumerevoli esemplari che conosciamo. Una caratteristica comune a tutti i quadrati di cui siamo al corrente è che, fatto salvo per i più antichi (dal I al III secolo) i ritrovamenti sono avvenuti in luoghi che ebbero nel Medio Evo funzione di magione Templare.

Questo potrebbe far ritenere che l’ordine si fece perpetuatore di un antico messaggio attraverso tutta una serie di attività fra cui l’utilizzazione di questo enigmatico scritto.

Questo è il quadrato rappresentato  sulla  facciata , alla sinistra  del portale  della Chiesa  di S.Pietro ad  Oratorium di Capestrano (Abruzzo)  fondata, secondo  la tradizione nel  752  d.C. secondo il volere di re Desiderio.Sator Capestrano(AQ).jpg (76276 byte)

Sicuramente  il  suo  primo  impianto risale comunque all’VIII secolo e fu poi ampliata e modificata nel corso del XII e XIII secolo.

  La scelta dell’immagine non è casuale in quanto questo sembra essere fra tutti gli esempi a disposizione quello con più punti in comune con il graffito pompeiano della Palestra Grande.

  Tali  punti  comuni  li  si  possono individuare innanzi tutto in una identica scelta del verso  di lettura : ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR che è assolutamente evidente ma soprattutto (e questo dettaglio lo ritengo assolutamente “interessante”) in alcuni piccoli particolari.

Come nel SATOR pompeiano che è scritto seguendo uno stile grafico singolare dove è particolarmente evidente la netta differenza esistente fra le quattro “T” oltre all’evidente differenziazione della “O” sulla prima colonna rispetto alle altre, anche nel quadrato di Capestrano si possono notare simili accorgimenti: qui sono le “A” le lettere che subiscono la mutazione di forma in ognuno dei casi e la “O” dell’ultima colonna sembra essere oggetto di un accorgimento simile a quello della “O” di Pompei.

Per tralasciare sulle “R” che sembrano sovrapposte a altrettante “A” ma questo potrebbe essere effetto dovuto all’utilizzo di materiale di recupero del precedente edificio presente sul posto precedentemente all’attuale chiesa.

  E’ quanto meno singolare come vi siano similitudini così accentuate in due esempi del medesimo palindromo rappresentato in due occasioni distanti mille anni e, verisimilmente con nessuna occasione per lo scultore di Capestrano di poter accedere alla Grande Palestra di Pompei (in realtà un collegamento potrebbe esserci fra le località Abruzzesi in cui la presenza dell’Ordine dei Cavalieri Templari è accertata e la terra di Campania ma la ricerca è ancora in fase embrionale per cui mi dilungherò in un altro prossimo documento sulla questione).

  Da questa prima parte dell’analisi assume i connotati di certezza una interpretazione del testo in quanto tale non è e non può essere la chiave di lettura del SATOR.

  Considerando quelle che furono le maggiori testimonianze che i Templari hanno lasciato al proprio passaggio, e qui mi riferisco alla capacità di progettare e di edificare Cattedrali la cui costruzione fu possibile grazie alla conoscenza e alla applicazione di innovative nozioni geometrico-matematiche, ritengo che anche nel caso del piccolo grande enigma la chiave di lettura debba essere cercata attraverso l’analisi delle geometrie e dei legami matematici utilizzati per crearlo.

  I legami fra mondi separati da mille anni di storia sono riscontrabili anche in piccoli impercettibili particolari che solitamente  non  sono  tenuti  in considerazione ma che, data l’estrema complessità della questione, è bene non tralasciare in quanto potrebbe costituire un altro piccolo tassello nella composizione di un mosaico che sembra non avere limiti di dimensioni.

  E’ necessario spostarsi in Puglia e più precisamente in Castel del Monte per reperire un altro “singolare” particolare segno di una congiunzione fra il mondo esoterico medievale e la cultura che tramandò il messaggio del SATOR.

Il mistero che avvolge Castel del Monte,

benché da molte parti si cerchi di sminuirlo è assolutamente tangibile in ogni suo angolo interno ed esterno, in ogni suo muro, in ogni pietra che lo compone.

In questa sede è utile ribadire il concetto secondo cui i piccoli dettagli che esulano dall’evidenza sono talvolta quelli che possono offrire ulteriori inesplorate chiavi di lettura dei misteri che ci circondano e che sembrano non voler essere svelati.

  Spesso, di fronte a casi come questi, ci avventuriamo in tentativi di traduzione che, raramente sono suggellati da successo e spesso rimangono casi isolati e scarsamente correlabili a eventi o situazioni ritenuti collaterali.

Spesso questo è da ritenersi plausibile ma, altrettanto spesso, il filo che lega gli eventi si rivela molto sottile in quanto si cerca sempre di trovarlo nei grandi eventi. In questo caso, come in quello del SATOR di Capestrano , è il dettaglio a fare la differenza.

L’iscrizione dell’illustrazione  si trova nel cortile di Castel del Monte. Non è, come può sembrare, un semplice messaggio ammonitore criptato, essa racchiude in sé la prova tangibile di uno stretto legame con il passato.

  Nel caso del SATOR della Grande Palestra non si può non notare una piccola figura geometrica sul lato alto:

un triangolo rettangolo che, nella forma e nelle proporzioni viene riprodotto appena sopra l’iscrizione pugliese.Tale elemento per quanto possa sembrare di piccola entità è indubbiamente un elemento comune alle due iscrizioni e, di conseguenza alle finalità delle persone che lo hanno impresso.

  Pompei, Capestrano,Castel del Monte.

  Diversi piccoli dettagli rendono simili o, meglio, assimilabili due enigmatici luoghi del XIII secolo con l’emblema del mistero appartenuto ad un luogo morto e sepolto sotto una coltre di pietra vulcanica da più di mille anni e solo ad esso riconducibili.

Nell’affrontare il problema della risoluzione dell’enigma del SATOR  il primo passo consistette nell’analisi numerica del quadrato.

Appare chiaro come la composizione del palindromo sia assolutamente particolare in quanto, se lo si osserva attentamente, appare chiaro che uno dei principi su cui è basato è quello della simmetria dei soggetti.

Esso è infatti composto da due gruppi di “12” lettere simmetricamente disposte relativamente alla “13ma” lettera, la “N”, posta in tredicesima posizione della metà superiore o in prima della metà inferiore e simmetrica che assume il ruolo di centro di equilibrio del sistema tutto.

 E’ l’ultima lettera del primo gruppo e, contemporaneamente, la prima lettera del gruppo opposto.

Figura_1.jpg (29471 byte)  Figura 1

Andando più a fondo osserviamo che tutta la frase è composta da lettere ripetute più volte: 2 volte la “S” e la “P”, 4 volte la “A”, la “O”, la “R”, la “E” e la “T”.

Solo la “N” ancora una volta si distingue in quanto viene espressa solo per una volta al centro dell’immagine.

  La suddivisione grafica di quanto sopra detto lo possiamo meglio distinguere nell’immagine che segue

  Figura2.jpg (29160 byte)Figura 2 Nella prolungata osservazione del quadrato nella disposizione delle parole esulando dal tentativo di interpretazione letterale non possiamo non rimanere colpiti dal senso di rotazione che viene offerto dai due blocchi di “12” lettere intorno ad un centro di gravità che persiste in ogni modalità di lettura.

  La rotondità dell’immagine offerta è inequivocabile e potremmo a questo punto azzardare una operazione che va al seguito dell’idea del circolarismo.

In che modo? Potremmo concepire le lettere stesse come entità prive di dimensioni e trasformarle in punti di riferimento creando una griglia di “25” punti disposte in un quadrato “5 x 5”.

Figura_3.jpg (11546 byte) Figura 3

  Il punto centrale che corrisponde alla lettera “N” diventa il fulcro di tutta l’operazione da svolgere poiché e rappresentativo dell’unica entità differenziata dalle altre: è il centro di simmetria dei due gruppi di dodici elementi diventando così il tredicesimo, è l’unica lettera che non viene ripetuta, è insomma l’unico elemento che si discosta da tutti gli altri pur garantendone gli equilibri.

  Ciò può facilmente essere paragonato al centro geometrico di diverse entità concentriche dove, pur essendo esterno e differenziato da tutte le altre, rappresenta il punto cardine di tutti gli altri elementi.

  Considerandolo quindi come centro di diversi cerchi (ROTAS) concentrici aventi le rispettive circonferenze passanti per i vari punti della griglia precedentemente ottenuta abbiamo come risultante la seguente figura.

Figura_4.jpg (111855 byte)  Figura 4 Tale figura di per sé non ha molto valore ma, e lo vedremo più avanti, assume un valore di legame e di continuità di un messaggio che dai tempi più remoti accompagna l’evoluzione della civiltà umana in campo religioso, architettonico, artistico.

  Alla vista di quest’immagine mi sono immediatamente balzate alla memoria alcune immagini relative ad una ricostruzione immaginaria della Gerusalemme Celeste descritta nell’Apocalisse di S.Giovanni di cui propongo l’immagine qui di seguito

  Figura_5.jpg (81124 byte)Figura 5 in cui è interessante notare l’esistenza di alcune analogie con la figura precedente: sulla base delle circonferenze che  compongono la pianta; quella esterna che delimita la scalinata circolare esterna all’edificio, le due su cui “corrono” due cerchie di muri, le due relative ai due colonnati. Vi è la circonferenza che delimita la parte interna della scalinata che non viene riprodotta nella serie di cerchi ottenuti dal SATOR ma vedremo in seguito che essa prenderà forma attraverso una costruzione di linee attraverso i punti della griglia “5 x 5” (come da figura 3).

  Pertanto  essendo il SATOR l’oggetto di partenza della ricostruzione si può tentare di ricondurre l’elaborazione circolare del quadrato alla pianta della Gerusalemme Celeste.

Essendo già stato in passato esso  riferito allo scritto di S.Giovanni, tale direzione sembra essere una conferma a quanto già affermato dal Grosser  sia pure attraverso differenti percorsi interpretativi.

  Necessita adesso compiere un piccolo passo indietro relativamente alle osservazioni numeriche effettuate in precedenza.

  E’ stato notato come sette lettere più una compongano l’intera enigmatica frase e come dodici siano le lettere disposte simmetricamente rispetto al centro “N”.

  I numeri utilizzati lasciano intendere che anche essi assumano un  significato che va a superare per importanza anche i significati desunti dalle traduzioni letterali confermandone l’origine: sette, otto, dodici, tredici.

  A questo punto, anche se può di primo acchito sembrare banale è necessario attribuire ad ogni numero una valenza numerica secondo il principio del “a lettera uguale corrisponde numero uguale”

Figura_6.gif (15853 byte)  Figura 6 e procedere all’annullamento delle lettere ed alla loro completa sostituzione con i numeri corrispondenti dando così origine ad una ulteriore tabella composta esclusivamente da punti numerati come  evidenziato nella tabella seguente di punti e numeri

Figura_7.jpg (24140 byte) Figura 7

Procedendo adesso alla traccia delle circonferenze ci si trova di fronte a questa figura

Figura_8.jpg (69688 byte)  Figura 8

  Osservando l’immagine notiamo la presenza del numero “8” che si trova al centro della serie di circonferenze. Questa caratteristica ricalca quella che è peculiarità dei Battisteri che situano al centro della pianta la fonte battesimale di forma per lo più ottagonale come, per esempio nel caso di S.Stefano Rotondo nell’immagine seguente.

  Figura_9.jpg (150271 byte)Figura 9

  Attraverso l’idea della similitudine fra le immagini che corrisponde alla presunta correlazione fra gli intenti dei redattori dei SATOR e gli sviluppatori del culto cristiano attraverso la costruzione di edifici sacri viene da domandarsi se tale disegno può progredire, in che modo e perché.

  Per quanto riguarda il progresso del disegno è necessario considerare i passi fin qui fatti come presupposto per una  molto più ampia fase di sviluppo che dovrebbe portare a rendere similare la ricostruzione della pianta Gerusalemme Celeste attraverso i punti del SATOR come base per lo sviluppo architettonico degli edifici sacri che si rifanno alla pianta citata nell’Apocalisse; per cui, mediante le linee di costruzione si definisce una figura che è molto similare alla pianta immaginaria nota della Città Celeste.

  Figura-10-.jpg (31558 byte)Figura 10

  La pianta sopra costruita è estremamente simile alla pianta immaginaria precedentemente illustrata (vedi figura 5): adesso la serie di circonferenze che la compongono è completa del limite interno della scalinata che circonda il “tempio” tutti i muri e tutti i colonnati sono disposti secondo la pianta originale eppure, nonostante questo c’è ancora qualcosa che non coincide con l’altra pianta.

  I raggi dei diversi cerchi non hanno la medesima misura proporzionale dell’originale ma ciò è di relativa importanza poiché la costruzione dell’immagine segue criteri ben definiti e ripetuti che si evidenziano nel grafico seguente

  Figura-11-.jpg (31281 byte)Figura 11 dove è facilmente visibile come ogni linea che serve per costruire l’intera struttura (la circonferenza mancante, i limiti di ogni singolo muro) è passante per i punti numerati originari desunti dal SATOR (evidenziati in rosso). E’ importante notare i punti contrassegnati da un numero “12” (in verde) evidenziati lungo la circonferenza limite interno della scalinata. Tale numero corrisponde alla somma dei valori numerici dei punti (rossi) attraverso cui passano le rette che  li determinano.

Tale principio è origine oltre che degli otto punti posti esternamente anche di tutti i limiti dei muri della pianta e anche dell’ottagono da me arbitrariamente inserito al centro che è originato da rette partenti dai quattro punti esterni contrassegnati dai numeri 1 e 5 che vanno ad intersecare il punto contrassegnato dal numero 6:

1 + 5 + 6 = 12 per l’appunto.

  Si può affermare che il SATOR sia rappresentativo della pianta della Gerusalemme Celeste e che la sua struttura tutta sia assimilabile ai concetti espressi nel Libro dell’Apocalisse?

Sette sono le lettere come le Sette Chiese e come i Sette Sigilli, come i Sette Angeli e le Sette Trombe, come i Sette Segni e i Sette Calici.

A fronte di un numero “8” posto al centro, concetto espletato in molti edifici sacri cristiani, come limite di pianta o come elemento interno, vediamo chiaramente come intorno alla struttura centrale vi siano gruppi di numeri che se considerati in funzione del testo dell’Apocalisse assumono significativi connotati.

  Figura-12-.jpg (29825 byte)Figura 12

Nella figura 12 si evidenziano i numeri “5” e “7” ripetuti due volte  (5 + 7 + 5 + 7 = 24) che corrisponderebbero al testo del Libro dell’Apocalisse 4,4 : “Attorno al trono erano ventiquattro seggi e sopra questi vidi seduti ventiquattro vegliardi”

  Figura-13-.jpg (29767 byte)Figura 13

“Ognuno dei quattro Viventi ha sei ali” (Apocalisse 4,8)

  Figura-14-.jpg (29734 byte)Figura 14

“A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte, a occidente tre porte(Apocalisse 21,13)

  Figura-15-.jpg (41532 byte)Figura 15

  “Il muro della città ha dodici fondamenta … “ (Apocalisse 21,14)

  Si notano nella figura 15 i quattro punti contrassegnati dai numeri “1” e “5” che sommati danno risultato pari a “12”.

A terminare l’interpretazione numerica  cito il passo 21,17 che dice: “Poi misurò il suo muro: centoquarantaquattro cubiti, secondo la misura ordinaria degli uomini …”

  Figura-16-.jpg (29257 byte)Figura 16

  Come evidenziato nella figura 16 i quattro muri a ridosso della quattro porte sono contrassegnati da (in viola) quattro semplici relazioni matematiche che si possono riassumere come segue:

 

12+7 U 5+12 ; 12+5 U 7+12 

12+7 U 5+12 ; 12+5 U 7+12

  Nell’esempio in figura 16 ho cerchiato in rosso il 12+7 U 5+12 dove i numeri corrispondono ai punti attraverso cui passano le rette per determinare il punto sulla parete a ridosso della porta.

  La somma di tali numeri da come risultato “36” che moltiplicato per i quattro punti relativi alle quattro porte risulta “144”

(“centoquarantaquattro cubiti”).

Risulta a questo punto inequivocabile di come  il SATOR possa essere la rappresentazione criptata di un

PROGETTO DELLA GERUSALEMME CELESTE.

Tanti sono gli esempi di costruzioni edificate seconda le regole desunte dalla circolarizzazione del SATOR come visto nella seconda parte e questo sembra ricondurre il tutto alla descrizione che della Gerusalemme Celeste ci viene tramandato dall’Apocalisse di Giovanni e dalle successive interpretazioni come la pianta della ricostruzione immaginaria della Città Celeste e la riconduzione allo scritto biblico del significato letterale del SATOR proposta da Felix Grosser.

  Scrivevo all'inizio di come  ogni teorizzazione sulla probabile natura del quadrato sia stata poi s mentita dagli eventi successivi determinati da nuove scoperte archeologiche che stravolgevano l’idea precedente. Ciò accadeva e accade quando si vuol circoscrivere il millenario mistero entro confini limitati quali un’unica origine culturale,  proveniente da una zona geografica ben precisa e avente origine in un tempo che si ricollega a quella determinata cultura e a quei luoghi.

  Perciò la teoria del Grosser è facilmente “smontabile” pur contenendo un fondo di assoluta verità confermata anche dalla dimostrazione illustrata precedentemente.

Se non è certa l’origine cristiana dell’enigma del SATOR è sicuramente comprovabile il seguito che esso riscontrò nell’architettura sacra cristiana che seguì nei secoli il tempo del primo quadrato pompeiano.

  L’origine di questo seguito cristiano sembra avere impulso nel periodo a partire dal IV secolo d.C. con i suoi albori al tempo dell’Imperatore Costantino e più precisamente come conseguenza di quello che fu lo stimolo che lo portò ad assumere una posizione di prestigio assoluto: la visione che portò alla celebre frase “IN HOC SIGNO VINCES”.

  Molti di più di quelli che ho potuto personalmente constatare e verificare sono sicuramente gli edifici che si rifanno in maniera pedissequa alla regola geometrica del SATOR ma, in questa sede si esemplificheranno le relazioni fra i “cerchi del quadrato” con S.Stefano Rotondo e S.Giovanni in Laterano a Roma, con il Battistero di S.Giovanni in Firenze, con la Cappella Palatina di Aquisgrana.

 

In seguito per dare un esempio di come certe nozioni non furono state utilizzate solo per edifici sacri ma anche per edifici facenti capo a “uomini sacri” saranno analizzati anche le strutture di alcuni castelli del XIII secolo realizzati secondo il volere di Federico II di Svevia e più in particolare, oltre al Castel del Monte, il Castello Maniace di Siracusa, il Castello Ursino di Catania, il Castello di Prato. 

S.STEFANO ROTONDO

S.Stefano_Rotondo.jpg (49633 byte)Figura 1

  Nella figura 1 vi è una ricostruzione di S.Stefano Rotondo secondo il progetto originale della quale  possiamo avere una visione in pianta (figura 2) in cui è evidenziata in nero la pianta attuale e tratteggiata quella che era la posizione dei muri in origine.

  Figura 2

  Ricostruendo la griglia numerica debitamente in proporzione con l’immagine della figura sopra otteniamo che la cinta esterna di S.Stefano rotondo corrisponde alla circonferenza passante per i numeri “2” e “4”, la cinta di mura tratteggiata (relativa alle murature originarie) corrisponde a quella passante per il “3”.

Prendendo in considerazione l’analisi delle proporzioni relative alla cerchia di false colonne a ridosso del limite interno del muro, si nota come essa sia circoscritta al quadrato di lato avente per vertici i numeri “5” e “7”

E, di collateralmente, inscritta al quadrato costruito attraverso la congiunzione a mezzo di linee dei quattro numeri “3”.

  Per quanto concerne il colonnato circolare interno esso è costruito mediante il medesimo principio secondo cui, nella figura 11 della seconda parte, è costruito l’ottagono centrale e che è meglio esemplificato nella seguente immagine.

Figura 3

  Congiungendo i punti “1”, “5” di ogni lato con il “6” opposto otteniamo delle intersezioni di linee (contrassegnate dalle crocette rosse) che facendo centro “8” diventano punti di una circonferenza che corrisponde con il colonnato in questione.

  Come nei casi degli edifici che verranno analizzati in seguito, nella struttura di S.Stefano Rotondo assume rilevante importanza il rapporto fra i numeri “8” e “12” che, ridotto ai minimi termini si traduce in 2/3.

S.GIOVANNI IN LATERANO

Di S.Giovanni in Laterano si hanno notizie certe circa la sua prima edificazione all’inizio del IV secolo. Dopo ripetute distruzioni, è stato più volte restaurato o ricostruito fino all’attuale Basilica risalente al XVI secolo;si può però con certezza affermare che, oltre alla sostituzione di alcune tipologie di elementi architettonici come i pilastri in luogo delle colonne originarie, la pianta della parte ottagonale (quella che sarà presa in considerazione) sia rimasta sostanzialmente invariata nel corso dei secoli.

Di tale pianta, è straordinario notare come la complessità della struttura geometrica di base tragga, come nel caso di S.Stefano Rotondo  e di tutti gli altri edifici che si vedranno in seguito, il suo fondamento nella ormai nota “griglia 5 x 5” desunta dal SATOR e da tutte le sue implicazioni in termini di forme circolari e di correlazioni di distanze che fanno di S.Giovanni in Laterano un esempio di struttura basata sui rapporti di “1/2” predominanti rispetto al “2/3” precedentemente visto.

S.Giovanni_in_Laterano.jpg (182079 byte)Figura 4

Senza entrare nel dettaglio delle linee di costruzione, peraltro ben evidenti nella figura, possiamo semplicemente annotare come la complessità dell’immagine sia totalmente costruita intorno a linee con punti estremi coincidenti con i venticinque punti del reticolo precedentemente considerato.

 

Ogni colonna, ogni muro, ogni misura è stabilita dalla geometria del SATOR.

IL BATTISTERO DI S-GIOVANNI

L’origine del Battistero di S.Giovanni è ancora incerta.

La tradizione vuole che sia stato fondato in

epoca romana e dedicato al dio Marte.

Da quest’area provenivano infatti alcuni sarcofagi e la statua di Marte che le cronache medievali ricordano all’imbocco del Ponte Vecchio. Altri sostengono invece che l’edificio fosse il Pretorio e la statua quella di un re barbarico. Dante Alighieri dichiarava il suo “bel San Giovanni” (Inferno Canto XIX) edificio romano e classico e in effetti gli scavi dell’ultimo decennio hanno rivelato resti di costruzioni romane sotto il Battistero e sotto il Duomo. Su queste basi andò certo a poggiare la fondazione del primo San Giovanni, che si può collocare fra il IV e il V secolo.

Alla costruzione paleocristiana, forse rimaneggiata o completata nei primi decenni del VII secolo durante la dominazione longobarda, appartengono l’impostazione ottagonale, i due ordini inferiori, l’attico e l’imposta della cupola, ovvero la struttura architettonica vera e propria.

  L’aspetto attuale del Battistero risale però ai secoli XI-XIII, quando furono completati il rivestimento esterno di marmo, l’interno e i mosaici della cupola.

  Particolare è la struttura della cupola in quanto, dall’esterno, niente fa presagire l’ampiezza che all’interno si può “vivere”.

  Infatti si tratta di una costruzione doppia che all’esterno nasce dal tamburo (il terzo piano del rivestimento di marmi) mentre la volta interna scende fino al secondo livello.

  Si può vedere nella  foto sopral’attaccatura della volta al livello delle formelle.

  La volta piramidale interna è interamente decorata di bellissimi mosaici che raffigurano il Giudizio Universale, storie del Battista, di Giuseppe, e della Genesi. La narrazione si svolge in sei fasce concentriche che tagliano in orizzontale gli otto spicchi della volta.

  L’intero ciclo fu compiuto in pochi decenni fra il Duecento e il Trecento.

Qui lavorarono il Maestro della Maddalena, Meliore di Jacopo, il Maestro del San Francesco Bardi, Gaddo Gaddi e soprattutto Coppo di Marcovaldo e il suo allievo Cimabue.

  Alla potente personalità di Coppo si fanno risalire la figura di Cristo Giudice e la rappresentazione dell’Inferno, mentre Cimabue avrebbe fornito i disegni per le storie di Giuseppe

Alla luce dell’analisi precedentemente svolta su altri edifici sacri del periodo dei primi secoli del Cristianesimo, il Battistero di S.Giovanni si può dire indiscutibilmente detentore di tutte quelle peculiarità che possono, a buon titolo, conferirgli i connotati di costruzione esemplare.

  Dalla struttura architettonica generale che, come abbiamo visto risale ad un periodo che potremmo definire cristiano primitivo, alla struttura della cupola (la doppia costruzione), fino alle storie in essa raffigurate e alla suddivisione delle stesse secondo un principio ormai ben noto.

  Ma procediamo con ordine:

Riproponendo l’immagine di base dei cerchi concentrici desunta dalla griglia numerica estrapolata dal SATOR si può con facilità notare come ogni linea corrisponda ad un elemento architettonico componente la struttura del Battistero.

Nel dettaglio la circonferenza passante per i numeri “1-5” delimita il massimo ingombro,  la circonferenza costruita attraverso i “12” intersecando i falsi pilastri degli archi chiusi visibili dall’esterno oltre ai lati delle porte determina, di fatto il limite esterno della muratura portante mentre la circonferenza dei punti “2-4” è il limite interno di detto muro.

All’interno si nota la circonferenza che nasce dai “3” che delimita lo spazio riservato alle colonne addossate alla parete mentre il doppio ottagono centrale risulta essere circoscritto e inscritto alla circonferenza passante per i punti di intersezione delle linee “1-6” e “5-6”.

Andando ad analizzare la struttura della volta piramidale e la suddivisione delle storie si riscontra un’analogia assolutamente evidente con quella che è la costruzione geometrica della pianta a terra.

Si è detto che i mosaici della volta sono suddivisi in sei fasce che “tagliano” orizzontalmente gli otto spicchi della volta così come accade al livello del suolo dove le sei ipotetiche fasce concentriche delimitate dalle circonferenze costruite sono “tagliate” dalle linee (tratteggiate nella figura) che dal centro si dipartono verso i punti contrassegnati dai numeri “2-4”.

In alto la piramide ottagonale a sei fasce concentriche che che chiude sulla “Lanterna”, in basso le sei fasce  concentriche che tagliano gli otto spicchi del pavimento e che concludono in un “8”.

       (continua-)

BY  ROBERTO LUNGHI   COMPLIMENTI!

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