Dopo
Cattolica,
Gradara, Osimo (tutte località limitrofe alla costa
adriatica), ma ricordiamo anche la toscana Chiusi
(SI), cittadine accomunate dalla presenza di labirintici
ambienti ipogei, scendiamo oggi in quelli di Santarcangelo di Romagna,
interessante località nell'entroterra romagnolo, a pochi chilometri da Rimini.
Anche qui, come negli altri casi citati, mancano le risposte
alle numerose domande: chi, quando e perchè ha scavato queste gallerie
sotterranee? Sappiamo che non sono tutte della stessa epoca: sulle 160 circa oggi conosciute, ne esistono alcune più antiche ed altre più
recenti. Gli studiosi ritengono il complesso di grotte sotterranee di
Santarcangelo il fenomeno più vistoso e importante del versante
romagnolo. Della loro presenza si hanno notizie a partire dal XV secolo,
esattamente in un documento del 1496 (al 1505 risale una scritta lasciata sulla parete di una grotta); se
esistevano prima, le fonti disponibili tacciono. Le prime descrizioni le
definiscono 'volte', caverne, spelonche, tane. A partire dal 1701 si
inizia a trovare nelle fonti scritte il termine "grotta", per tutto il
Settecento/Ottocento se ne parla più diffusamente e probabilmente se ne
realizzano molte altre. Le documentazioni insistono sul ruolo degli ipogei
come cantine per il deposito di botti di vino e questo è giustificato dal
fatto che effettivamente in quell'epoca Santarcangelo produceva 20.000
some annue di vino, di cui 12.000 per uso interno e il resto veniva
esportato. Il vino comunque, fin dalle epoche più remote, ha assunto un
particolare valore sacrale legato alle feste dionisiache o bacchiche, e su
questo andrebbe fatta una riflessione. Ma prima che fossero cantine a
tempo pieno, cos'erano state? Comunicavano tra di loro, come facenti parte
di un progetto unitario?L'impulso ad approfondire
le ricerche sui misteriosi cunicoli, arrivò nel 1936 da un appassionato
di storia locale, l'energico Cavalier Luigi Renato Pedretti, che li
riteneva molto antichi e ciò aprì il dibattito tra gli 'addetti ai
lavori'. Sembra che
egli fosse riuscito a rintracciare una pergamena dei primi secoli dell'Era
cristiana in cui le grotte erano già citate, ma dov'è andata a finire?
Le interpretazioni spaziarono fin da allora da improbabili tombe
etrusche a santuari occulti per cerimonie mitraiche (che
avvenivano sempre in ambienti ipogei), da catacombe paleocristiane
a rifugi per i monaci basiliani provenienti dall'Oriente, oltre
alle ipotesi che fossero di origine romana o celtica... Ci è capitato di
visitare recentemente delle grotte basiliane (v.Ruffano,
in Puglia), ma a parte il fatto che le loro dimensioni non sono
paragonabili a queste gallerie monumentali, quelle venivano solitamente
affrescate e avevano delle caratteristiche specifiche, che qui non sono
state appurate.
Lo studio sistematico in
epoca recente è cominciato nel 1987 ed è durato fino al 1994;
inizialmente il Comune ha disposto i rilevamenti, proseguiti poi dal
Servizio Provinciale Difesa del Suolo di Rimini. Chiaramente ulteriori
indagini sono state portate avanti nel corso degli anni. Queste ricerche hanno
portato all'individuazione di 130 grotte, alle quali hanno fatto seguito
le scoperte di decine di altre grotte, di cui mancano studi specifici
perchè furono tamponate in seguito a probabili crolli (e quindi sono
inaccessibili). Dall'analisi dell'architettura (paragonata più ad una
scultura che ad una costruzione generica) è emerso che le maestranze
deputate alla loro realizzazione dovevano essere altamente qualificate,
oltre che dotate di raffinata cultura. Chi vi ha lavorato non ha potuto
permettersi molti errori (non si è trattato, cioè, di erigere un
edificio dalla base al tetto ma di asportare materiale dal colle e
lavorare la roccia).
Le principali
conformazioni rilevate dagli esperti sono le seguenti:
-sale parallelepipede o
cubiformi
-quelle a struttura
semplice, costituite cioè da un corridoio (largo in media 1, 20 m e alto
2) sul quale si aprono delle nicchie laterali a pettine, generalmente
dotate di volte a botte oppure a crociera e terminanti in una sala
semicircolare dotata, a sua volta, di una nicchia centrale ben lavorata e
diversa dalle altre
-quelle articolate
(monumentali) e disposte su più livelli (raccordati da pozzi o scale)
Se il primo tipo fu creato
molto probabilmente con scopi utilitaristici (depositi/cantine), non si può dirlo
per il secondo tipo ma men che mai per il terzo.
Come ad Osimo, c'è dunque
una città sotto la città, i cui accessi sono celati a chi non li conosce
e oggi appartengono alle singole proprietà; queste grotte sono servite
da rifugio per la popolazione durante la II Guerra Mondiale, anche perchè
la maggioranza delle persone se le trovava sotto casa, alla stregua di
cantine. Sono documentate le testimonianze di persone che vivevano stipate
all'interno delle nicchie, in quel periodo, E' probabile che in diversi
casi esse siano servite come vie di fuga nel corso dei secoli
(specialmente durante il dominio dei Malatesta), e mettiamo pure che
abbiano rivestito anche il ruolo di magazzini per olio, vino, e prodotti
merceologici ma sicuramente la funzione di alcune di esse deve essere
ricondotta -come ad Osimo- a pratiche rituali ancora da capire.
La temperatura degli
ambienti sotterranei è costante e si aggira tra i 12 e i 13° C e ancora
oggi molti privati le utilizzano come cantine per conservare il vino,
prodotto tipico regionale. Approcci di indagine più moderni hanno però
portato diversi studiosi ad interrogarsi su diverse questioni, compresa la
presenza del toponimo Monte Giove (Mons Jovis), che potrebbe trovare
riscontro nella sua sacralità. Abitato almeno dall'Età del Bronzo, ha
accolto necropoli Villanoviane, ed era certamente importante in epoca
romana. Attorno al Mille l'abitato di Santarcangelo, che si era sviluppato
attorno alla Pieve, abbandonò progressivamente quell'area e si spostò
alle pendici del colle, che divenne il nucleo del futuro centro storico
medievale.
La Grotta Teodorani
Scendiamo dunque nel sottosuolo e andiamo a vedere cosa si cela nel
misterioso mondo sotterraneo santarcangelese. La prima che visitiamo è la
Grotta Teodorani, gentilmente aperta al pubblico dalla proprietaria
(a offerta libera), che desidera far conoscere questo patrimonio archeologico
per tentare anche di darvi una spiegazione, il più possibile veritiera.
L'ipogeo è scavato in pieno centro storico, prima di salire le scale che
portano alla Rocca Malatestiana, a sinistra (via Pio Massani). Dopo aver superato il vano
d'ingresso, la prospettiva volumetrica cambia di colpo: un primo tratto in
discesa e poi un lungo corridoio orizzontale focalizza l'occhio verso la
sua conclusione, laggiù in fondo, dove deve celarsi qualcosa di molto
suggestivo. La lunghezza complessiva della grotta è di 47, 5 m.
Ma
andiamo con ordine:a sinistra per chi scende c'è una cameretta piuttosto
bassa che, all'interno, mostra (se si ha la curiosità di esplorare) sei
nicchiette intagliate nella roccia dalla vaga forma pentagonale (ottime
per riporre il vino...?); il buio fittissimo della cavità è lacerato
soltanto dal flash della digitale.
Ma rimettiamoci in
cammino: il lungo corridoio è perforato a destra e a sinistra da ampie nicchie,
14 per lato (totale 28, che è il massimo conosciuto, ad oggi). La
lavorazione della volta del corridoio è in alcuni tratti molto ben
eseguita e lascia pensare al motivo per cui- se cantine fossero- lavorarle
così bene. Le cappelline, nome che preferiamo a 'nicchie', sono absidate
(cosa che rende maggiormente difficile considerarle cantine se non, forse,
come utilizzazione secondaria) e i setti delle pareti divisorie delle
ultime sono stati assottigliati e trasformati in pilastri, creando
così un piccolo passaggio di comunicazione tra le varie absidiole. I
passaggi vanno a costituire un 'corridoio parallelo' a quello
principale. Motivo?
Questo
ultimo tragitto che separa il corridoio dai restanti tre ambienti è forse
il più interessante per la presenza di diverse 'incongruenze'
apparentemente inspiegabili: ad esempio, che scopo ha l' apertura laterale
che conduce nella sala successiva, quando c'è quella centrale che vi
accede direttamente? Forse in origine quest'ultima non era presente? O la
sala ellittica non era visibile dal corridoio e vi si accedeva da quelle 'porticine'?
Rimanendo, per così dire, occultata da chiunque fosse entrato a cercar
bottiglie o botticelle ma raggiungibile da chi 'sapeva'. Fantasie?
Forse.
Le
'nicchie' confluiscono tutte in una sala biabsidata, dove
l'atmosfera che si respira non ha nulla a che fare con qualcosa di
profano, lo possiamo assicurare. Il soffitto della sala è molto grezzo, a
differenza delle cappelline disposte a pettine lungo il corridoio e al
corridoio stesso. Lo stupore è accentuato dalla presenza di un varco ad
arco a tutto sesto, con doppia strombatura, cosa che sarebbe stata
veramente superflua se si fosse trattato di un deposito di damigiane! E'
invece indice di grande perizia e ricerca di proporzioni
armoniche...Attraverso questo passaggio si accede ad un piccolo atrio,
interessato da un altissimo pozzo (circa 30 m), ritenuto di aerazione..
Dopo di che... eccola la
misteriosa conclusione, che l'occhio frugava già dal momento in cui è
entrato: una incredibile sala ellittica si spalanca al visitatore,
sempre più affascinato.
Nella
parete che ci sta di fronte osserviamo una nicchia a fondo piatto,
posta in asse con il cannocchiale del corridoio di accesso; essa è
accuratamente rifinita e dà l'idea di aver potuto contenere, in antico,
la statua di una divinità. L'ambiente fa risuonare echi lontani di
cerimonie iniziatiche più che di botti di vino! Mettendosi davanti alla
nicchia e guardando verso l'uscita, ci si avvede di due aperture a
tutto sesto ai lati dell'apertura centrale (pure ad arco a tutto
sesto), che sono collegate alla sala biabsidata, ma perchè? Per
alleggerite la struttura sovrastante pare improbabile; sono perfettamente
eseguite, armoniose anche se di dimensioni troppo esigue perchè una
persona in stazione eretta vi passi (ci si deve chinare).
Inoltre,
tutta la struttura che abbiamo percorso -ce ne accorgeremo molto bene
vedendola poi in pianta- ha la forma di una croce ma, volendo
essere più pignoli, di una spada o forse le incarna entrambe. Perchè?
Questa grotta sembra esprimere un senso del sacro già nella sua
impostazione concettuale, prima ancora che in quella fisica; doveva essere
importante. Di seguito, alcune foto (autorizzate dalla proprietaria):
La proprietaria si dice
molto possibilista sull'eventualità che perfino i Cavalieri Templari
avrebbero potuto c'entrare qualcosa con l'uso di questo affascinante
ipogeo; mentre ringraziamo e riflettiamo su quanto visto, ci dirigiamo a
visitare un'altra grotta.
La Grotta Monumentale
Ruggeri
Questa visita avviene con
guida tramite l'Ufficio IAT della Proloco. Superato il portale d'accesso,
una soffusa e sapiente scenografia ci accoglie: sulla destra sono state
collocate le colonne provenienti da una chiesa che non esiste più le
quali, insieme alla studiata luminosità artificiale, evocano arcane
suggestioni.
Una seconda porta
d'ingresso immette negli ambienti ipogei, che sono molto articolati e
diramati. Considerati tra i più antichi della rete ipogea santarcangelese,
questi cunicoli presentano stili diversi di lavorazione; probabilmente furono realizzati in epoche diverse e da mani
diverse, per scopi -anche- diversi. Pareti, volte, corridoi, cambiano
continuamente al passaggio del visitatore, e tra nicchie, nicchiette,
scale che ufficialmente non portano a nulla, tamponamenti vari, pozzi
chiusi, finte uscite, c'è davvero di che stupirsi continuamente.
Un' uscita che non è quella usata per le visite
Un lungo corridoio è
dotato di 26 'camerette', culminanti in una sala circolare (con una volta a
cupola che lascia con la bocca aperta), perforata dalla presenza di 7 nicchie
disposte ad emiciclo. Non sono tutte della stessa dimensione: come
mai? La sala ha un'acustica
particolare; il numero 7 è proverbialmente magico, associato a prove
iniziatiche specialmente ai gradi del culto del dio Mitra. Collocarsi
all'interno di una di queste nicchie è come vedere il resto della sala con
occhi diversi, tutto sembra dirigersi verso un centro, l' omphalos' della
Terra, intesa come Madre. D'altra parte, sul significato che gli ipogei
hanno rivestito per l'Uomo fin dall'antichità, abbiamo discusso più
volte, in questo stesso sito. L'atmosfera è molto suggestiva,
mistica, palpabilmente evocativa
Ammissibile o meno che
sia, l'utilizzo a scopi cerimoniali dell'ambiente non appare difficile da
credere. Ma perchè se ne sa così poco? Si troveranno mai documenti che
ne parlino? Forse no perchè certe informazioni appartengono a quella
Tradizione tramandabile da bocca ad orecchio, l'Arte della Memoria,
che prevedeva di tenere tutto nel cervello e non sulla carta. Sicuramente però qui vi hanno soggiornato molte persone durante
il secondo conflitto mondiale. Si trovano ancora numerosi graffiti,
lettere, date...
Dietro una grata di
separazione (la grotta confina in un tratto con la cantina di un
ristorante) notiamo che vengono ancora oggi conservate delle bottiglie di
vino, indice che gli ambienti sono tutt'ora validi a tale scopo. L'uscita- sorpresa sorpresa- è dall'altro capo
dell'ingresso, poco distante dalla Grotta Teodorani. E scusate se
è poco.
Di seguito, alcune foto
(autorizzate dalla guida):