Lungo via Roma, nell'attuale tessuto
urbano di Piacenza, si staglia un'imponente chiesa dalle forme
settecentesche che nessuno direbbe celare al proprio interno dei tesori
medievali così importanti e preziosi. Eppure basta varcare la scalinata
d'accesso per scoprire una seconda facciata, romanica, sulla quale sono
appesi antichi frammenti lapidei, preludio all'incontro con un luogo unico
e sorprendente. Il
pavimento è un'onda marina continua e si ha l'impressione di camminare
sulle...acque!
La storiografia locale attesta al 420
d. C, l'esistenza di una primitiva chiesa dedicata ai Santi Apostoli, in
questo punto, fondata dal vescovo Savino, che qui venne sepolto e dal
quale poi trasse il nome. Doveva trattarsi di una zona cimiteriale, a quel
tempo. Nel corso delle invasioni degli Ungari venne distrutta (IX-
X secolo) e ricostruita nel Mille dal vescovo benedettino
Sigifredo, che aggiunse un convento per i monaci. La chiesa venne
consacrata nel 1107 dal vescovo Aldo e nel corso dei secoli ha
subito ampi rimaneggiamenti, che ne alterarono lo stile originario e fecero
scomparire nell'oblìo i suoi capolavori artistici più preziosi.
Fortunatamente, con il Novecento, essi sono stati rimessi in luce, così come
sono state eliminate le aggiunte barocche.
La cripta, il labirinto e il mosaico
dei mesi
Questa chiesa può essere considerata
formata da due chiese, la superiore e la inferiore, che è la cripta,
legate da un elemento artistico in comune:un mosaico pavimentale a
tessere bianche e nere. Nella chiesa superiore, proprio nella porzione
sovrastante la cripta, vi è un altrettanto splendido e interessante mosaico
pavimentale: due 'gemelli' della stessa epoca (XII secolo), forse un unicum?
I soggetti cambiano ma non la tecnica e la magnificenza. Prima di scendere
nella sorprendente cripta, osserviamo le sculture di due leoni, uno a
destra e uno a sinistra posti come a guardia di tesori (il leone è
uno dei segni distintivi dei maestri comacini, spesso posto fuori dalla
chiesa, a guardia dell'ingresso). Accanto a loro, un'asta a forma di
serpente e, sopra la balaustra che separa il presbiterio dall'ambiente
ipogeo, ammiriamo un fregio costituito da lastre (o plutei?) di marmo
mirabilmente istoriate con motivi tipici dell'arte irlandese (celtica),
ripresi nell'arte alto-medievale che probabilmente erano situati in un'altra
zona (indagheremo). All'interno di un rosone troviamo un Fiore della
Vita.
Vediamo cosa illustra il mosaico della
cripta, cercando di 'leggerlo' dal punto di vista simbolico, ermetico,
andando oltre la sua valenza letterale. Vi troviamo infatti numerosi
soggetti esoterici che raccontano l'evoluzione della Vita umana, paragonata
ad una Grande Opera Alchemica, i cui insegnamenti -per trasmettersi
di epoca in epoca -si sono via via ammantati di allegorie e metafore in base
al contesto culturale, celandosi dietro un vero e proprio
linguaggio, incomprensibile ai profani. I
costruttori medievali spesso hanno affidato alla pietra questo messaggio.
Un tempo questo pavimento musivo doveva
avere un labirinto, oggi
perduto. Sarebbe stato interessante conoscere almeno dove esso si trovava. Risaliva al XII secolo e ad esso era legato un motto dal valore
oscuro, che per taluni è negativo. Metteva in guardia i fedeli, che vi
dovevano vedere il mondo: largo per chi entra ma stretto per chi tenta di
liberarsi dai vizi per uscirne. Una sorta di itinerario, ci pare di capire,
comunque iniziatico. La frase latina era:
"Hunc mundum tipice laberinthus
denotat iste
intranti largus, redeunti set nimis artus
sic mundo captus, viciorum mole gravatus
vix valet ad vite doctrinam quisque redirE"
La presenza di un labirinto su questa
direttrice della
via Francigena avvalora più
che mai l'ipotesi di un percorso preciso in cui questi supporti 'filosofico-ermetici'
venivano collocati. Forse erano molti di più di quanti ne siano pervenuti
fino ad oggi.
Lucca
ne ha uno, esterno al duomo, risalendo si trova il labirinto di
Pontremoli, questo di Piacenza e più avanti
quello di
Pavia
(pure pavimentale, giuntoci frammentato).
Nella vicina Cremona
fu trovato un labirinto musivo presso una domus romana in località
Bedriacum
(l' odierna Calvatone) con al
centro il Minotauro morente. Se questo mosaico pavimentale esclude la sua
appartenenza al mondo dei pellegrinaggi medievali, fa riflettere sul fatto
che nel mondo romano il labirinto era molto diffuso, mutuato dalla mitologia
greca; nel medioevo venne recuperato nel suo valore simbolico e trasposto in
chiave cristiana come supporto iconografico di espiazione dei peccati e
redenzione. Sappiamo che il labirinto assume un significato iniziatico, come
abbiamo già illustrato a
questa nostra pagina.
Danilo Braccini (1) nota che «il labirinto
è una figura che compare di frequente nei manoscritti alchemici come simbolo
sia del piccolo Magistero, o magistero lunare (se percorso dall’ingresso al
centro), sia del grande Magistero, o Magistero solare (se percorso dal
centro all’uscita)». L'alchimista
Fulcanelli insegna che «l’immagine
del labirinto ci si offre come emblema dell’intero lavoro dell’Opera, con le
sue due maggiori difficoltà: quella della strada da seguire per raggiungere
il centro — nel quale si scatena il duro duello delle due nature — e
l’altra, quella della strada che l’artista deve seguire per uscirne".
La cripta è un ambiente altamente
suggestivo e intriso di un misticismo particolarissimo. La volta è retta da
sottili colonne aventi capitelli istoriati, alcuni di arcaica
fattura. Vi abbiamo notato intrecci e
Nodi di Salomone, come su questo
capitello mostrato nella foto sotto, in cui su un lato dello stesso
capitello ne spicca uno e sull'altro lato due, su un terzo lato infine vi è
un simbolo strano, che pare fondere due nodi insieme.
E' tutto un guardarsi attorno: sopra, ai
lati e...sotto i nostri piedi. Qui si può lasciarsi guidare dalla bellezza
raffinata dei maestri medievali che ci hanno lasciato un'opera veramente
apprezzabile e didattica per i discepoli del simbolismo, un calendario
annuale perpetuo in cui i Mesi narrano le operazioni umane da
compiersi. Di dodici originari, se ne distinguono bene soltanto nove e un
tempo alcuni personaggi dovevano essere policromi (restano tracce residue di
colore sulla loro carnagione). Il grande mosaico è compreso in un quadrato che per tre
lati ha una cornice geometrica, e lungo un lato vi sono scene figurate di
scontri tra cavalieri e una dama con unicorno. Le scene di
battaglia sono state confrontate con quelle illustrate nel
mosaico di Bobbio,
con le quali potrebbero avere attinenza (storia biblica dei Maccabei?).
Il valore letterale dei Mesi, spesso
presenti nelle 'decorazioni' di chiese e cattedrali medievali, va in
parallelo con quello simbolico, così come lo Zodiaco, e adesso cercheremo di
capire meglio quale possa essere. Dietro le semplici attività umane che i
mesi propongono e che chiunque poteva anche allora distinguere e
comprendere, si nasconde l'evoluzione della Grande Opera, in quel duplice 'senso'
essoterico ed esoterico che tanto ci ha appassionato quando
abbiamo parlato del
medioevo e delle cattedrali gotiche. .
Sarebbe opportuno associare ai mesi le feste religiose e le
tradizioni che ancora oggi vi si svolgono perchè testimoniano la
prosecuzione di quella Tradizione che tramanda il sapere, pur se molti non
ne distinguono più l'origine e il vero significato. Ma in questa sede ci
limiteremo, rimandando il lettore interessato ad approfondire verso sedi più
opportune.
I mesi sono ritratti entro clipei
circolari e l'intero sfondo è un fondale marino a onde, popolato
di pesci che alludono ai cristiani che costituiscono la Chiesa di
Cristo. Ci sono anche un Tritone (metà uomo e metà pesce) e
una Sirena. Entrambi hanno una valenza ermetica, oltre che letterale.
Infatti
Fulcanelli insegna che "la sirena, mostro favoloso e simbolo ermetico, risultante dall’unione d’una donna e
d’un pesce, serve a caratterizzare l’unione dello zolfo nascente, che è il
nostro pesce, con il mercurio comune, chiamato vergine, nel mercurio
filosofico o sale di saggezza. Il nome seirèn, termine contratto di Seír,
Sole, e di Méne, Luna, indica anche la materia mercuriale lunare combinata
con la sostanza solforosa solare». E' la prima madre che genera il 'pesce';
questa iconografia è tipica della nostra Era ma originariamente era
rappresentata in aspetto di donna giovane e bella nella parte superiore del
corpo e di uccello nella parte inferiore(2).
Ricordiamo che il pesce, nel
cristianesimo primitivo, era riferito a Gesù (così i pesci erano considerati
i cristiani, la Sua Chiesa), poichè in greco le iniziali del Suo nome
formavano un acrostico ICTHYS (=Iesous/ Gesù CH /Cristos THeou/ Dio
Yos /Figlio Soter /Salvatore=Gesù
Cristo Figlio di Dio Salvatore),
che significa appunto pesce, in greco. In questo mosaico tutto è 'acqua' in
cui i pesci sguazzano: letteralmente è la Comunità di fedeli che vive nella
Santa Assemblea. Ma esotericamente è il 'compost' che evolve verso la
Perfezione, l'incorruttibilità, attraverso una serie di prove/operazioni o
fasi. I pesci assumono dunque il duplice significato del doppio mercurio
dei saggi.
Fulcanelli insegna che «il pesce è il geroglifico della pietra
dei filosofi al suo primo stato, perché la pietra, come il pesce, nasce
dall’acqua e vive nell’acqua.Facciamo notare che in alcune basiliche
bizantine, il Cristo, talvolta, era rappresentato come le sirene con una
coda di pesce».
Orientativamente, nella disposizione
musiva, distinguiamo due
registri:superiore, che occupa meno spazio e inferiore, che occupa la parte
maggiore del quadrato. Nel primo registro è compreso l'altare del XV secolo
(con Vergine, Bambino e Santi), ai cui lati si sono i due clipei circolari più
grandi che raffigurano i mesi di Gennaio (a sinistra) che non è
visibile e
Febbraio/Februarius (a destra), quest'ultimo impersonato da una figura maschile che
pota i sarmenti delle viti mentre il segno zodiacale dell'Acquario
versa l'acqua da un'anfora. Ciascun clipeo è circondato da una corona
circolare entro la quale è riportata una frase distintiva in latino.
Il nostro calendario parte dal mese di
gennaio ma in epoca romana esso cominciava in marzo, tuttavia con una
distinzione tra anno religioso e anno civile (si veda a tal proposito
Il ritmo dell'anno nel calendario romano arcaico).
Il nome Gennaio è derivante da Janus, considerato il dio dei
cominciamenti. Ma il nome comune janus sostantiva da ianua, cioè
porta e appunto fa da ponte tra il vecchio e il nuovo anno. Per questa
sua ambivalente funzione, si usava raffigurarlo con due volti, uno vecchio e
barbuto (l'anno vecchio) ed uno giovane e imberbe (quello nuovo) ed
equiparabile a Giano, il dio dai due volti che, ermeticamente, è il
geroglifico del doppio mercurio dei saggi e base del lavoro
filosofale.
"Il periodo si trova sotto il segno zodiacale del Capricorno, giacché
l’anno astrologico inizia il 21 marzo all’equinozio di primavera. Questo
simbolo esoterico sembra ricordare la capra Amaltea con il suo Corno
dell’Abbondanza", scrive E. Danese.
Il secondo mese del nostro calendario è
febbraio, mentre nel calendario romano antico era l'ultimo.
Etimologicamente è derivante dal latino februarius, aggettivo del
verbo februare cioè purificare. Era in questo periodo finale
dell'anno, con la festa dei Lupercali, che le donne si purificavano a
Lupercis mentre la stessa festa, presso i Celti, si chiamava Imbolc (inizi
di febbraio) in cui il sacro fuoco purificatore Kildare era protetto da nove
caste fanciulle. Il periodo si trova sotto il segno dell'Acquario,
geroglifico della materia purificata; l'adepto tempra lo spirito grazie
all’acqua rara che sgorga dall'anfora.
Nel secondo registro si trovano tutti gli
altri mesi con i relativi segni zodiacali, purtroppo in alcune parti
danneggiati. Il mese di Marzo (Marcius) è impersonato da un uomo che
porta un berretto frigio e ha una corta tunica (sembra il dio Pan) mentre
sta suonando un corno, rivolto verso due Pesci, che sono il segno
zodiacale del mese. La frase distintiva recita "Procedunt duplice sin marcia
tempora pisces" con un simboletto conclusivo e la croce. Marzo era il
primo mese del calendario antico romano ed è dedicato a Marte (il
mercurio dei Saggi).
Aprile è un giovane tra due
alberelli che hanno messo le foglie, e dei quali sembra avere il potere
poichè li tiene saldamente per i rami. L' Ariete, simbolo zodiacale
del mese, lo guarda docile. Nel clipeo non vi sono i nomi relativi nè al
mese nè al segno, che compaiono però nella frase della corona circolare. E'
questo segno che nasconde il Fuoco Segreto dell'Opera, infatti
Fulcanelli scrive che «Filalete ci assicura
che lo si può trovare nascosto nel ventre dell’Ariete, costellazione che il
sole attraversa durante il mese di aprile. Per indicarlo ancor più
precisamente, aggiungeremo che questo ariete nasconde in sé l’acciaio
magico, porta con ostentazione sul suo emblema l’immagine del sigillo
ermetico, stella con sei raggi» (e sei sono pure i germogli presenti su
questi due alberelli...). Significa che l'iniziando sta proseguendo sulla
via giusta.
Il mese di Maggio/Maius è
raffigurato da un clipeo bellissimo: un uomo smontato dalla sella, sta
offrendo del cibo al proprio cavallo e, sotto questo, il Toro- segno
zodiacale del mese- ne approfitta per cibarsi di fili d'erba che gli
giungono da destra.
Fulcanelli suggerisce che «il toro e
la vacca, il sole e la luna, lo zolfo e il mercurio, sono dei geroglifici
d’identico significato, ma indicano le nature primitive prima della
loro congiunzione». Maggio è tradizionalmente il mese dedicato a Maria, alla
Madonna, cristianizzazione della dea madre ancestrale. Il nome deriverebbe
da Maja, madre di Ermes/Mercurio (considerato il padre dell'Alchimia), ed
emblema del mercurio filosofico.
Che fa Giugno/Iunius? Lavora i campi
mentre il segno del mese, i Gemelli/Gemini, impersonato da due
fanciulli intenti a discutere tra di loro, sembrano commentare il suo
operato. Il clipeo è parzialmente abraso e parte della scritta che corre
intorno non è più leggibile. Per la prima volta nella sequenza seguita
compaiono sia il nome del mese che quello del segno. Giugno deriva dal
latino junius, a sua volta ricollegabile a juno-onis cioè
Giunone, sposa di Giove (Zeus per i greci). Sono questi i 'genitori' primari
del Magistero Alchemico. Il periodo è posto sotto il segno zodiacale dei
Gemelli, che incarnano -secondo la mitologia greca- Càstore e Polluce,
geroglifici delle due nature fondamentali dell'Opera che dovranno riunirsi
in una sola.
Per il segno del Cancro l'artista
sembra avere superato se stesso poichè propone una dualità voluta, espressa
dal gioco di bicromia tra il bianco della figura maschile che
raffigura Luglio (posta su fondo nero) e il nero del
Cancro, impresso su fondo bianco. Allusione al fatto che dal solstizio
estivo le ore di luce cominciano a diminuire rispetto alle tenebre?
Qualcosa deve calare, se altro deve aumentare. Al solstizio
estivo si celebra la festa di san Giovanni Battista, a quello invernale il
Natale di Gesù. "San Giovanni Battista, parlando del frutto da lui generato
— il bambino appena nato — come rivela il Vangelo di Giovanni (III,
30) dice: «Egli deve crescere, io, invece, diminuire», ci informa E. Danese
(op. citata). Tra il Cancro e Luglio del nostro clipeo, come a volerli quasi
separare (o unire?), c'è il fascio di spighe che, ormai mature, l'uomo
taglia alla base con un corto falcetto; mentre i loro nomi sembrano rubarsi
lo spazio (ivliuscan-cer sono scritti di seguito). La frase a corredo,
abrasa e non leggibile in parte, allude al Solstizio 'ardente' (estivo).
L'etimologia del mese di Luglio è per tradizione legata a Giulio Cesare (Julius
Caesar) ma un'altra possibilità potrebbe essere julius -joulios,
dedicato a Giove, padre del Magistero Alchemico.
Anche per il mese di Agosto compare
il nome(parzialmente illeggibile), così come quello del relativo segno
zodiacale, il Leone/Leo. L'uomo prepara le botti per la vendemmia, ed
è seguito benevolmente dall'espressione contenta del leone, in atteggiamento
di riposo. Infatti attende la mortificazione totale del sole fisso. Il mese
è per tradizione antica dedicato ad Augusto imperatore ma secondo Dante
Olivieri potrebbe risalire al fatto che fosse consacrato agli àuguri.
"Ermeticamente- suggerisce E. Danese - quest’interpretazione sarebbe la più
indicata, poiché il giorno 15 si festeggia l’Assunzione della Madonna, cioè
della Dea Madre che ha compiuto la Grande Opera elevandosi fino al Cielo".
Infatti, dopo il mese di agosto e il compimento della Grande Opera,
terminerebbe anche il significato ermetico dei mesi.
Ma l'anno non è finito e dunque vediamo
come prosegue il nostro Magistero e, insieme, la narrazione dei nostri
clipei musivi. Guardate come l'artefice ha disposto il
nome del mese di Settembre/September, settimo mese del calendario
romano antico, sicuramente arrangiandosi in
base allo spazio che aveva a disposizione senza invadere il disegno. Il
clipeo è visibile solo per metà; notiamo un uomo con una vanga nella mano
destra mentre con la sinistra tocca degli oggetti appesi (ma cosa sono?).
Non si vede, perchè è scomparso, il segno della Vergine, che doveva essere a destra.
L'otto di settembre la Chiesa festeggia la
nascita di Maria Vergine e Madre; il 15 agosto la Sua Assunzione in Cielo.
In questa considerazione trova posto un'associazione di tipo astronomico che
pone al 15 agosto la levata eliaca della stella Spica (alfa-Virginis)
-la più prominente della
costellazione
della Vergine- e all' 8 settembre
il suo tramonto eliaco (3). Questa è una stella brillante di prima
magnitudine che doveva essere rilevante per i Babilonesi, i quali
rappresentavano la loro dea madre con una spica (spiga di grano) in mano.
Generalmente anche il segno zodiacale della Vergine ne regge in mano una
nelle rappresentazioni canoniche dello Zodiaco. In ambito cristiano, la
creazione del vaso dei filosofi era simboleggiata dalla levata eliaca
della stella Spica, mentre il coronamento dell’Opera dal suo tramonto
eliaco. Avviene in questo mese l'Equinozio d'Autunno che, secondo Cattabiani
"era consacrato a Mitra-Sole- come quello di primavera- considerato
demiurgo e kosmokátor, signore e animatore del cosmo, la cui funzione era
simboleggiata da una sfera che teneva in mano; ma anche mediatore cosmico e
dunque per tanti aspetti analogo a Hermes -Mercurio». E' interessante
osservare come una raffigurazione analoga a questa descrizione la troveremo
nella chiesa superiore, al centro del mosaico pavimentale del presbiterio.
Ottobre (il cui nome deriva dal
fatto che nel calendario romano antico era l'ottavo mese dell'anno) è mancante totalmente ma
rimane una piccola parte del clipeo, in cui si vede parzialmente la
Bilancia/Libra, che ermeticamente ricorda all'iniziato che il frutto
ermetico sta crescendo, ma è necessario che egli conosca pesi e
proporzioni. Le stesse che
Fulcanelli insegna far parte d’una doppia
conoscenza esoterica: "quella del peso di natura e quella dei pesi
dell’arte [...] Se i pesi dell’arte sono noti all’artista e sono
rigorosamente da lui stessi determinati, in cambio il peso di natura è
sempre ignoto. Anche dai più illustri Maestri. Si tratta di un mistero
riservato unicamente a Dio e la cui comprensione resta inaccessibile per
l’uomo».
Il mese successivo, Novembre,
non è visibile. Diremo però che il segno zodiacale del mese è lo
Scorpione, notoriamente un aracnide velenoso. Così la Scienza di Ermes
mette in guardia dai pericoli della Pietra Filosofale, gli avventori e gli
pseudo -filosofi, coloro che si accostano alla Grande Opera con
superficialità. Perchè il Solvente Universale che è stato ottenuto, è
definito da
Fulcanelli come un potente veleno
«dall’odore penetrante e nauseabondo, un toxicum et venenum». Che può
dare la vita o la morte. La Vita, sì, poichè "la Medicina Universale
ricavata dalla Pietra "è fatta con questo minerale tossico, e nessuna
malattia della razza umana resiste al suo potere; per quanto possa essere
una di quelle malattie riconosciute inguaribili».
Il clipeo di Dicembre, ultimo
mese per il nostro calendario ma decimo in quello romano antico, è molto
deteriorato riuscendo a vederne solo una piccola porzione. Essa ci offre
la scena di un uomo che squarta un animale appeso ad un gancio sulla parete,
che fa da divisoria con il segno zodiacale, il Sagittario/Sagittarius,
di cui si intravedono l'arco e la freccia, ma manca tutto il resto; sappiamo
che esso è raffigurato da un centauro che simboleggia l’unione degli
elementi primari: la scienza (cabala) e la psiche (uomo).
E' il mese del Solstizio d'Inverno, che prima della riforma
del calendario gregoriano cadeva attorno alla festa di S. Lucia, la cui
radice è lux, lucis, luce (oggi cade il 21).
Segnava la fine delle tenebre, il ritorno del Sole Invicto. Era
il mese del ritorno all'Età dell' Oro per gli antichi romani, in cui
venivano sospese le differenze sociali riaffermando la congiunzione tra le
parti. Il 25 dicembre nasceva tradizionalmente da una Vergine la divinità
solare Mitra poi, in epoca cristiana, Gesù, la nostra Pietra, il nostro
Oro Filosofale.
Ma adesso lasciamo la cripta e risaliamo
in superficie, nella chiesa superiore, dove ci attende un'altra lettura di
un mosaico altrettanto simbolico e meraviglioso, per fortuna quasi intatto.
La chiesa superiore
Consta di tre navate e tre
absidi semicircolari; la nave centrale è fiancheggiata da numerose
colonne e pilastri sui cui capitelli (ben 26) si ammira un
repertorio di simboli zoomorfi e di nastri intrecciati, di matrice lombarda
(Comacina), databili al XII sec. e che evocano il confronto
con quelli già visti nella chiesa di
S.Maria e S.Sigismondo a Rivolta d'Adda (CR).
Oltre a preziose opere parietali, che
invitiamo a leggere in un' interessante descrizione esterna, si segnala un
prezioso crocifisso ligneo del XII secolo, con il cosiddetto "Cristo triumphans" con gli occhi aperti e il capo con una leggerissima inflessione
verso sinistra.
Nella zona dell'altare è situato un
tappeto musivo di grande bellezza, formato da tessere bianche e nere e
racchiuso in un rettangolo di circa 3,5 m per 4,5 che apparteneva alla
chiesa romanica( si presume una datazione alla fine del XII secolo). La fascia geometrica più esterna pare
collocata in epoca posteriore, mentre le
figure interne sono distribuite su una direttrice longitudinale in modo
simmetrico. Si resta colpiti da questo sfoggio di apparente incoerenza
iconografica, che va 'letta' adagio e rielaborata in silenzio. Cosa lega tra
di loro i soggetti rappresentati?
Anzitutto al centro c'è un doppio
cerchio inscritto in un quadrato; i cerchi sono sostenuti da un
telamone che sembra reggerne il peso mentre al centro c'è un uomo
barbuto, abbigliato riccamente, assiso su un trono. Regge nella mano
destra il Sole e nella sinistra la Luna; intorno a lui, nella
corona circolare delimitata dai due cerchi concentrici, vi è una sequenza di
animali, forse otto (in parte sono abrasi), fantastici (grifoni)
e felini. Attaccate al cerchio più esterno vi sono quattro
figure umane, che rendono bene l'idea di essere in movimento, come se
stessero muovendo il cerchio che diventa, alla luce di questi dettagli, una
sorta di Ruota. Soggetti di questo genere, l'iconografia medievale
romanica non è priva: si tratta delle cosiddette Ruote della Fortuna
o del Tempo. Appunto il Signore del Tempo secondo
alcuni è il Re seduto al centro sul trono, che governa la Luce e le
Tenebre, il Cosmo intero. Lui rimane immutabile in eterno, è il Centro del
Mondo, che ruota attorno a lui, il perno. Ermeticamente vi si
ravvisano tutti gli aspetti simbolici dell'Alchimia (Sole-Luna, le due
Nature; l'elemento fisso (i felini) e il volatile
(grifoni) e il Fuoco di Ruota necessario per compiere le operazioni e
portare a termine la Grande Opera. Variamente, il personaggio è anche
ritenuto il Signore Anno.
Un'ulteriore fascia corre
superiormente, oltre il fregio geometrico, ma la sua vicinanza all'altare
non ci ha permesso di inoltrarci oltre un certo limite (è zona sacra e già
abbiamo approfittato della clemenza del custode).
Ai lati di questa scena centrale, possiamo
grosso modo distinguere quattro scene parzialmente deteriorate, disposte su
due 'registri'.. A sinistra, superiormente, abbiamo due guerrieri in
lotta, sotto i quali si trovano tre personaggi poco indagabili, di cui è
in piedi e regge in mano un oggetto e gli altri due parrebbero chini (ma il
mosaico è qui abraso e non permette di saperlo con esattezza).
A destra abbiamo la stessa disposizione:
una scena superiore e una inferiore. Nella prima si vedono due personaggi,
uno su un trono (Rex) e l'altro inginocchiato di fronte a lui; l'uomo
chino rivolge l'attenzione e il dito verso un libro aperto su cui è scritto
Lex, Legge. Poco sopra la scritta Iudex. Come debbano essere
interpretati è difficile dirlo; secondo alcune tesi la lettura andrebbe
fatta in base a tutto il mosaico, considerando anche quelle a sinistra del
cerchio. Sarebbe dunque un dialogo tra la Virtù (il Re che osserva la Legge)
e la Fortuna, simboleggiata dagli scacchi, raffigurati sotto.
Soffermiamoci proprio su questa bellissima
immagine, insolita a trovarsi in una chiesa di culto, proprio vicina
all'altare. Scacchiere ne abbiamo trovate incassate fuori dagli
edifici cristiani, diverse volte, e nella
Basilica di S. Ambrogio a Milano anche
all'interno, ma sempre in verticale. Deponendo per un'intenzione simbolica e
chiaramente non ludica del manufatto. Infatti, dietro l'apparente unico
aspetto di gioco di pedine, gli scacchi nascondono una valenza esoterica, di
cui abbiamo parlato nella sezione dedicata al
duomo di Crema. Questa di San Savino è certamente
interessantissima, sia per la posizione (proprio sotto l'altare), l'antichità
(ha circa mille anni) sia per
l'accuratezza dell'esecuzione; la presenza dei pezzi sul tavoliere e
la naturalezza della scena, danno l'impressione di una partita eternamente
disputata. Uno dei giocatori è noto ed è
raffigurato chiaramente seduto da un lato (su un lussuoso sedile) mentre
l'altro è ignoto: si vede solo un braccio, il destro, che entra nella scena
rimanendo misterioso.
E se tutto l'insieme, i due mosaici e il perduto labirinto, fossero stati
realizzati in un 'tutto' organico? Se la decifrazione degli uni non si
disgiungesse dal secondo e viceversa? Perchè forse fu proprio il labirinto
la "chiave" Perduti entrambi -labirinto e chiave -lasciandoci sgomenti di
fronte a ciò che non comprendiamo. Ci viene in mente una frase di Renè
Alleau (4) che paragona la ricerca della 'prima materia' (il
viaggio iniziatico del neofita) all'ingresso di un labirinto nel
quale i segreti dell' "alta scienza" sono nascosti in una colonna come i
libri del Tempio:
"Hai sentito parlare, o straniero, di
un labirinto con cui Salomone formò il piano nel suo spirito e che fece
costruire con le pietre raccolte in circolo? Questo disegno ne rappresenta
la disposizione, la forma e la complicazione, tracciate con linee fini, in
maniera razionale. Vedendo i suoi mille circuiti, dall'interno all'esterno,
le sue strade sferiche che girano in tondo, di qua e di là, su se stesse,
impara il corso circolare della vita che ti manifesta così i giorni
scivolosi dei suoi cammini bruscamente ripiegati. Con le sue evoluzioni
sferiche si avvolge sottilmente in cordoni composti; come il serpente
pernicioso, nelle sue spire, striscia e scivola, in maniera manifesta o
segreta. C'è una porta posta obliquamente e dall'ingresso difficile. Più
accorri dal di fuori volendo lanciarti, più lui stesso con i suoi meandri
sottili ti impegna all'interno, verso la profondità, dove si trova l'uscita.
Ti seduce ogni giorno nelle tue corse, ti gioca e si burla di te con il
ritorno della speranza; come un sogno che t'inganna con visioni vane finchè
il tempo che regola la commedia si sia smaltito e il trapasso, ahimè,
ordinando tutto nell'ombra, ti abbia ricevuto senza permetterti di riuscire
a raggiungere l'uscita".
۞ ∞ ۞
Note:
1) Riportato da Ermando Danese ne "La Vita.
La Grande Opera", Italia Editrice
2)- Vedi nota sopra.
3)- Quando il sole, nel suo movimento
apparente annuale, arriva all’eclittica, le stelle scompaiono al tramonto
sull’orizzonte dell’occidente e riappaiono le une dopo le altre a oriente,
un po’ prima dell’aurora (E. Danese, op. cit.)
4)- Renè Alleau "Aspetti dell'Alchimia
tradizionale"(pag. 57), Ed.Atanor, 1989, Roma