Durante gli anni cinquanta del XX secolo, due uomini lontani geograficamente, ma
molto vicini per indipendenza ed amore della libera ricerca, unirono i propri
sforzi sfidando l’establishment politico e culturale : il peruviano Daniel
Ruzo e l’italiano Costantino Cattoi.
Incominciamo ad esporre il lavoro di ricerca di uno straordinario personaggio
che più di ogni altro si presta a rappresentare con i suoi studi una diversa
visione della questione " cultura mondiale delle origini " : il Dottor Daniel
Ruzo ( 1900-1992 ) ( 1 ).
Daniel Ruzo, peruviano, è stato uno studioso eclettico, archeologo ed esoterista
nello stesso tempo. Personaggio dai molteplici interessi, purtroppo non è mai
diventato veramente famoso presso il grande pubblico degli appassionati di
archeologia. Eppure sulla sua vita e sulle sue attività si potrebbe scrivere un
libro intero. Infatti lo riteniamo un personaggio chiave nel panorama
dell'archeologia del mistero, che ebbe intuizioni sorprendenti ed innovative al
punto che solo oggi cominciano ad essere capite ed apprezzate.
Peruviano di Lima, dopo essersi laureato e diventato avvocato presso
l'Università di San Marcos a Lima, a partire dal 1927 cominciò ad
interessarsi alle scienze esoteriche, costituendo nel corso di vari anni, per
esempio, una delle raccolte più imponenti al mondo di opere riguardanti la vita
del " profeta " provenzale Nostradamus ( circa 1200 libri ). E probabilmente, in
certi ambienti di appassionati di " scienze " previsionali o divinatorie, Ruzo
viene ancora oggi ricordato per la sua notevole mole di lavoro di ricerca.
Affascinato dagli studi di Gurdjieff e
di Ouspenski, fece parte di alcuni “gruppi” Gurdjiefiani di ricerca
esoterica ed interiore sia nel suo Paese che, soprattutto, in Messico.
Ad un certo punto della sua vita però si rese conto che , per risolvere i
problemi del suo tempo , non era più sufficiente tentare di creare una vera e
propria " scienza delle previsioni " ( compito assai arduo ed astratto, osiamo
dire ) quanto piuttosto mettersi a studiare seriamente il passato dell'uomo,
liberamente ed al di fuori da ogni teoria ufficiale. Ruzo si dedicò quindi allo
studio della Preistoria.
La molla scatenante si verificò nel 1948, quando alcuni giornalisti del
quotidiano di Lima El Comercio , organizzarono una spedizione fotografica
sull'altopiano di Marcahuasi ( Ande Centrali , a circa 100 km. da Lima)
località non certo turistica ( come oggigiorno in effetti ), ma comunque
conosciuta dagli alpinisti visto che, a più di 4000 metri di altitudine, il
panorama offerto era , ed è, strepitoso. Chi scrive può confermarlo perché si
era recato là nel 1998.
Le foto della spedizione rivelarono qualcosa di molto strano : sulle rocce
granitiche che spuntavano dall'altopiano si potevano distinguere contorni a
forma di figure e volti umani o di animali.
Nella foto sotto: 'testa di leone' olmeca
'Testa di
cammello'
Una specie di altorilievi, visibili perfettamente ad occhio nudo, e solo in
determinati orari.
Il granito però è generalmente molto soggetto a fenomeni di erosione di tipo
atmosferico, e nonostante le foto fossero pubblicate, il tutto fu attribuito ad
una bizzarria della natura.
Non era di questo avviso il dottor Ruzo il quale, a partire dal 1952 e per un
decennio, si recò regolarmente a Marcahuasi nel periodo peruviano della stagione
secca ( da maggio a settembre ), soggiornando in una capanna di pietra costruita
dai campesinos della Comunità di San Pedro de Casta, apposta per lui.
Ispezionava le rocce dell'altipiano a tutte le ore del giorno e nelle notti di
luna più chiara : voleva cercare di carpire il minimo indizio che gli
permettesse di identificare le forme di quelle che lui si convinse fossero
antichissime sculture rupestri prodotte con una tecnica inusitata che teneva
conto dei raggi solari e lunari in determinati periodi dell'anno.
In questo periodo di ricerca durato 10 anni produsse più di 5000 fotografie
dell'altopiano, ivelando centinaia di forme e volti umani e di animali.
Questa enorme mole di lavoro fece di lui il primo al mondo che rivelò alla
comunità scientifica internazionale l'esistenza di una antichissima civiltà (
antidiluviana , secondo Ruzo ) , che lui chiamò Masma, capace di produrre
una forma d'arte di tipo "organico", e cioè che utilizzava le rocce così come si
trovano in natura elaborando sopra di esse gli altorilievi più disparati
alterandole il meno possibile.
Che questa civiltà Masma fosse realmente una colonia degli Atlantidi
descritti da Platone , come Ruzo sosteneva, non possiamo certo dirlo. Quello che
possiamo dire però senza pericolo di essere smentiti è che a partire dagli anni
'50 fino ad oggi molte sculture rupestri simili sono state ritrovate anche in
molte altre parti del mondo : Brasile , Centro America, Africa Occidentale,
Germania, Romania, e Australia, solo per fare alcuni esempi.
Negli anni ’50 c’era molto fermento nel campo della ricerca alternativa,
fermento che in questi ultimi anni, piuttosto , si sta riconducendo ad un
silenzio mediatico praticamente totale. Lo studioso di antropologia americano George Hunt Williamsoned il “Gurdjeffiano” intellettuale francese Denis
Saurat aiutarono Ruzo a farsi conoscere in Europa, così come lo avrebbe
aiutato qualche anno dopo l’esploratore francese Marcel Homet, parlando
di Ruzo nei suoi libri ( 2 ).
Venne così organizzata un importante conferenza a Parigi, a cura della Società
di Etnografia, presso la scuola di studi superiori dell’Università della
Sorbona, il 5 gennaio 1957.
Il dr. Ruzo
in un momento della sua relazione alla conferenza parigina del 1957
Da un giornale peruviano di quel periodo ( 3 ) estrapoliamo questo breve brano:
“Davanti ad un pubblico di studiosi, il Dr. Ruzo sviluppò la sua interessante
conferenza che suscitò l’ammirazione dei presenti quando rivelò che queste
scoperte erano state fatte di recente, ma là si potevano trovare pietre lavorate
da antichi abitanti del Perù di migliaia di anni prima, anche se non si poteva
stabilire il periodo esatto. Sostenne così che queste figure di animali, volti e
corpi umani si trovavano nella località di Marcahuasi, ubicata tra le valli di
Santa Eulalia e Rimac. La “ meseta “ ha una lunghezza di circa tre chilometri
per uno di larghezza e domina la valle di Santa Eulalia, il cui nome in lingua
“quechua” è di Mamay…”.
Dopo un periodo di iniziale successo, seguito
da un’altra importante conferenza tenuta a Parigi nel 1958, Ruzo a partire dagli
anni ‘60 fu però sempre più osteggiato dal governo peruviano nelle sue ricerche
, mentre nel frattempo aveva girato un documentario di grande interesse sulle
figure risaltanti dalle rocce dei monti Carpazi in Romania. Il problema
con le autorità peruviane sorse per questo ordine di motivi: Ruzo era convinto
che tra le rocce di Marcahuasi , in una parte dell'altipiano conosciuta come
Infernillo , ci fossero degli accessi ( antichi camini di areazione ) che
addentrandosi nel suolo permettevano di raggiungere quelle misteriose gallerie
sotterranee che, da tempo, rappresentano uno dei veri misteri archeologici del
Sud America , per non dire del mondo intero.
Fu per questo motivo che Daniel Ruzo decise di esiliarsi volontariamente in
Messico. E si stabilì dal 1966 nella località che più di tutte gli ricordava
Marcahuasi: Tepoztlan , nello stato di Morelos, dove vi rimase fino alla
morte, sostenendo sempre le sue idee. Fu qui che lo conobbe, e divenne sua
amica, la principessa Maria Beatrice di Savoia, durante un suo viaggio in
Messico.
Il tenente colonnello Costantino Cattoi, nato in Frosinone nel 1894,
esprimeva invece una poliedrica personalità, ma soprattutto credeva nell’uomo e
nelle sue origini divine.
Eroe di guerra, inventore della prospezione fotografica applicata alla
cartografia, legionario dannunziano, esperto internazionale di ricerche idriche
e minerarie, scopritore delle città di Capena nel Lazio e di Lilibeo vicino
Marsala in Sicilia, si presenta in questo modo al Dr Filippo Martinelli in un
carteggio del 1958/1959 ( 4 ) :
“ Non sono un professore, ma il geotecnico Cattoi. Se fossi professore avrei
tenuto in gran dispregio le sculture rupestri, e non sarei giunto a scoprire che
non sono altro che iscrizioni oracolari e ideografiche, i prototipi italici di
tutte le successive iscrizioni e scritte geroglifiche del mondo, a partire
dall’Egitto… .... la mia è una ricerca mistica sulle origini dell’uomo”.
Uno straordinario schizzo del colonnello C.
Cattoi in cui si vedono bene, anche se confuse sulla parete rocciosa a
strapiombo sul mare, le sculture zoomorfe che egli identifica e nomina, in basso
nella didascalia riportata nella foto stessa. In fondo a destra, annotò:
"Sculture rupestri Ansedonia scoperte da C.Cattoi il 30/9/1954".
Prima osservando dall’aereo i rilievi montani,
quindi eseguendo assieme alla moglie, la famosa sensitiva e radiomante Maria
Mataloni, ricerche idriche, minerarie ed archeologiche nel sottosuolo,
Costantino Cattoi comprese che le sculture rupestri furono deliberatamente
costruite dagli antichi con un duplice scopo :
da una parte esse indicano luoghi per
l’atterraggio di veicoli volanti
dall’altro servono a segnalare le aree dove
esistono minerali e, soprattutto,
energia elettro-magnetica, fonte di
rifornimento per quegli stessi veicoli. In quegli anni, tali veicoli vennero
codificati come U.F.O.
Grazie al dr. Francesco Polimeni,
editore della rivista Spazio e Vita, pubblicata fra il 1958 ed il 1959, (
5 ) Cattoi entra in contatto con l’antropologo statunitense George Hunt
Williamson ( 6 ) e, successivamente, con Daniel Ruzo.
Il Colonnello Cattoi spiega al Dr Martinelli come “…le numerose teste di cane
delle Apuane sono identiche a quelle trovate da Ruzo e Williamson presso Lima
sull’altipiano di Marcahuasi in Perù. Fu a causa di questa mia segnalazione
preventiva a Williamson che cioè avrebbe dovuto trovare teste di cane scolpite
in Perù, la sua venuta in Italia ! “
Come riportato dal quotidiano La Nazione di Firenze nell’estate del 1958
(foto sotto), George Hunt Williamson arriva in Italia da Madrid, partecipa a
conferenze in Catania ed in Roma, visita assieme a Cattoi l’Ansedonia.
L'articolo de 'La Nazione' (1958) relativo alla
visita del prof. G. H. Williamson ad Ansedonia
Le comuni scoperte, la grande eccitazione per
aver riscoperto sia in Sua America che in Italia le nostre origini, la
sensazione inebriante di stare per entrare in contatto con altri esseri, la
preparazione di importanti spedizioni in Italia da parte di Williamson, sono
tutte attività che improvvisamente si fermano.
A Daniel Ruzo viene praticamente impedito di
continuare le proprie ricerche in Marcahuasi, così che lo studioso si isola
volontariamente in Messico in Tepoztlan.
George Hunt Williamson non torna più in Europa, nonostante tutti i programmi
annunziati a Cattoi e si ritira probabilmente nell’amato Perù, sotto con il nome
di “Brother Philip”.
Costantino Cattoi solo e senza mezzi, resta bloccato, non pubblica nemmeno il
libro sulle sculture rupestri che stava pianificando. Di lui resta solamente
un’intervista rilasciata al giornalista Franco Bertorelli, pubblicata nel
settimanale Epoca del 27 agosto 1967. Egli morirà nel 1975 a Roma.
Nasce spontanea una domanda:
il blocco delle loro attività fu forse
dovuto a cause esogene, avevano -questi uomini indipendenti - sfiorato
informazioni e conoscenze a loro non destinate ?
Cattoi ne fa cenno nel carteggio con il dr.
Martinelli, ammonendolo a non entrare nelle grotte senza permesso, citando
esplicitamente divieti che erano stati comunicati a lui ed a Williamson. “Quelli
dei dischi sono alla ricerca dei loro dischi e delle loro astronavi, dovute
abbandonare in seguito a cataclismi etc…Gli ingressi alle porte sono
contrassegnati, ma io ne ignoro il segno. Poi lei sa che le astronavi e i dischi
si rendono invisibili: quindi c’è da ritener per certo che costante è la loro
guardia alle loro aviorimesse, e non credo si igienico neanche a pensare di
andare alla ricerca delle loro astronavi e dei loro dischi rimasti nel cuore
delle montagne o in fondo al mare, negli astroporti del passato. I fratelli
delle stelle NON INTENDONO DARE ALL’UOMO BIANCO né dischi né astronavi. E la
ragione è intuitiva. Si immagini se ce ne lasciano prendere uno! Hanno armi
paurose e silenziose per disintegrare chicchessia, a partire dai curiosi. E
sanno, cioè possono LEGGERE NEL PENSIERO, quindi con quella gente non c’è
speranza di far niente in segreto. Per quanto mi mandarono Williamson, di
urgenza, con alcuni LORO DIVIETI!”.
Proprio negli stessi anni, esattamente il 21
aprile 1963, appare nella Domenica del Corriere un articolo scritto dal
giornalista Mario Miniaci, a titolo “ Il rabdomante elettronico”.
Il giornalista spiega che uno stupefacente dispositivo inventato da un ingegnere
milanese permette di scoprire e di localizzare sottoterra, anche a grandi
profondità, giacimenti minerari, monumenti sepolti oppure ignorati tesori. Tale
apparecchio viene impiegato, spiega sempre il giornalista, addirittura in piazza
Duomo a Milano per ritrovare “ gli avanzi della parte destra della millenaria
basilica di Santa Tecla”.
Immediatamente si nota il collegamento con quell’ apparecchio atto a ricerche
nel sottosuolo che il Colonnello Cattoi preannuncia più volte nel suo carteggio
con il dr. Martinelli come segue : “Non sono adatti, allo scopo di rivelare i punti di emissione, né lo
scintillatore né il geiger, ma un apparecchio già pronto e funzionante, di
rivelazione e di misura di intensità di energia elettromagnetica,
portatile….Oggi esiste solo l’apparecchio di misura dell’energia che si
sprigiona dal sottosuolo e che scende dal cielo! ….Non c’è ancora la macchina
che la capta (la forza) e la trasmette in forza elettrica industriale…
l’inventore mi ha fatto dire che occorre creare un tipo speciale di valvola in
Italia costruibile solo in uno stabilimento militare”.
Il padre dell’Ingegnere milanese inventore del rabdomante elettronico, il famoso
geologo Cesare Porro era un importante consulente di società petrolifere,
come d’ altronde il Colonnello Cattoi prima della seconda guerra mondiale. Il
comune amore per la ricerca libera ed indipendente aveva portato questi studiosi
ad elaborare strumenti “ non ortodossi dal punto di vista scientifico
occidentale” di prospezione del sottosuolo, che avevano evidentemente permesso
sia il ritrovamento che la ricostruzione di antichissimi siti e città. Grazie
all’odierno sviluppo delle tecnologie, il nuovo “rabdomante elettronico” è in
grado di effettuare prospezioni in strati geologici vecchi di milioni di anni,
per cui sarebbe importante poter effettuare le comparazioni con chi detiene le
informazioni sulle antichissime civiltà sepolte o sommerse sotto il suolo
italico.
Note :
1) Per altre informazioni vedasi il saggio di Marco Zagni, Impero Amazzonico,
MIR, Firenze, 2002.
2) Vedi per esempio Marcel Homet, Chan Chan la misteriosa, Sugarco,
Milano, 1980.
3) Dominical, Lima, 27 gennaio 1957, pag. 4
4) Il carteggio originale si trova nelle mani del figlio del dr.Filippo
Martinelli
5) La rivista, formato tabloid su 8 facciate, durò dal maggio 1958 al dicembre
1959, chiudendo per problemi di ordine economico
6) G. H. Williamson è una figura particolarmente poliedrica e misteriosa. Dai
contatti con esseri extra-terrestri assieme ad Adamski, alle numerose spedizioni
in America del Nord e del Sud, dette inizio alla paleo-astronautica, scrivendo
una serie di libri durante gli anni cinquanta. Anche la data della sua morte è
soggetta a controversia, infatti, secondo alcune fonti, egli muore nel 1965
durante una spedizione in Perù e non nel 1986 negli Stati Uniti come comunemente
riportato.
7) In grassetto vengono riportate le parole del Colonnello Cattoi secondo le
lettere scritte sul finire del 1958
(Copyright Marco Zagni – Maurizio Martinelli 2009)