Sulla cima di un aspro picco roccioso che domina le strette gole del
torrente Albegna sta l'abitato medioevale di Rocchette di Fazio. Il borgo
antico dai tratti incantati, pare uno dei sorprendenti luoghi elfici sorti
dalla fantasia di Tolkien.
Nel 1216 il sito viene ricordato per la prima volta
con il nome di Rocchetta ed annoverato tra i possedimenti del Conte
Bonifazio degli Aldobrandeschi di Santa Fiora e pare identificarsi con uno
dei due castrum nominati nella Bolla di Clemente II risalente al 5 Aprile
dell'anno 1188: Arcem Tedulam e Ripa Grandaria . In effetti
già nell'849 esisteva il Casale Sempronianum e comunque l' area è
stata interessata da insediamenti umani fin dal periodo preistorico per
l'abbondanza di sorgenti , grotte ed aree boschive. Nel 1243 la terra e la
corte sono invase dalle milizie di Federico II dirette verso Sovana e
nell'anno 1251 il Castello diviene proprietà della Repubblica di Orvieto,
circostanza menzionata nel Codice Diplomatico della città. Su questo
documento il borgo acquista il nome di “Rocchette di Samprugnano”.
Nell'anno 1274 in questo luogo avviene un fatto singolare e misterioso.
Durante la spartizione del feudo aldobrandesco, l'abitato di Rocchette
rimane stranamente indiviso: “ item actum fuit inter eos quod castrumRocchette non veniat ad divisionem”.La cosa appare alquanto insolita
e solletica la fantasia verso affascinanti ipotesi. Forse che Rocchette sia
stata talmente soggetta ad interessi contrastanti che per il bene di tutti
sia stata resa “zona franca”? Poteva probabilmente essere uno strategico
nodo viario, riunire importanti risorse o custodire un antico segreto. Poco
più a nord, al di sotto della Rocca Silvana fin dal periodo etrusco – romano
erano attive le miniere di mercurio ed al di là del ponte sull'Albegna
correvano importanti strade commerciali. Il grande Romitorio dedicato a San
Cristoforo protettore dei viandanti le cui rovine sorgono nei boschi
prospicienti al Monte Faete in località denominata appunto “Romitorio” è
testimonianza dell'importanza di queste strade antiche. Già lungo il corso
del Fiora, nei pressi dell'antica Chiesa di Santa Maria in Vinea tra
Pitigliano e Manciano e più a valle nei pressi del Ponte dell'Abbadia di
Vulci, il transito era sorvegliato da milizie Templari che riscuotevano il
pedaggio da chi percorreva la Maremma dalla costa ver
so la montagna. Il Castello di Rocchette ha sempre occupato una modesta area
mentre la sua corte si estendeva su una vasta zona che confinava ad est con
la comunità di Semproniano a sud - ovest con Saturnia ed a nord con la
Signoria di Triana e con la Comunità di Roccalbegna. Un antico ponte
crollato nel 1581 che si racconta fosse a due arcate, collegava le terre al
di qua e al di là del torrente Albegna. La strada che dal ponte attuale
sorto poco più a valle di quello originario conduce a Rocchette di Fazio per
poi proseguire verso Semproniano, è disseminata di fonti antiche,
testimonianza di importanti transiti del passato. Secondo
Venerosi-Pesciolini il castello di Rocchette aveva dominio sulla strada che
da Talamone conduce alla montagna. Ritenuto dall'autore una delle sentinelle
avanzate della parte sud-occidentale della Contea di Santa Fiora, rivestì
grande importanza nella lotta tra Papato guelfo e fronte santafiorese
ghibellino. In effetti dall'osservazione colta e pertinente compiuta dallo
storico Ippolito Corridori non si può trascurare il ruolo strategico di
Rocchette di Fazio ed il suo legame con il sito a monte di esso denominato
“Torrione”. Su un poggio sovrastante l'abitato di Rocchette fu costruita una
torre di vedetta dalla cima della quale si dominava verso settentrione la
vallata superiore dell' Albegna ed a sud-ovest le zone di Fibbianello e
Saturnia. Da un documento custodito presso l' Archivio di Stato di Siena si
ha notizia di un rogito del notaio Ranuccio di Giovanni Grasso, datato 29
aprile 1291, nel quale si attesta che Fazio e Cacciaconte del già Ranuccio
Cacciaconti del castello di Scialenga divengono proprietari di Rocchette. Si
può dunque ragionevolmente supporre che dopo il 1216, in data non
conosciuta, il conte Ranuccio sia divenuto il signore della Rocchetta. Una
vicenda assai importante è rappresentata dalla distruzione del castello
avvenuta per opera degli orvietani nel 1304, cui seguì la sua ricostruzione.
Proprio dagli Orvietani, il Conte Fazio dei Cacciaconti era chiamato “Il
Signore delle Rocchette”. Il nome del luogo quindi, come ha ben argomentato
Ippolito Corridori potrebbe riferirsi a questo personaggio e non a quel
Bonifazio degli Aldobrandeschi che possedeva “Rocchetta”.
Su Fazio Cacciaconti circolava ancora nell’ottocento una pittoresca
leggenda secondo la quale egli avrebbe rubato e nascosto in Rocchette, un
forziere di monete d' oro.Non è l' unica leggenda aurea che circola in
questo territorio. Poco distante da Rocchette ove un tempo sorgeva il
Castello di Calegiano, si narra che il tesoro custodito all'interno delle
mura venne nascosto in un baule e trasportato nottetempo poco più a valle
nell'alveo oscuro del torrente Calizzano. Nell'anno 1322 una parte della
corte di Rocchette viene assegnata al cavaliere grossetano Cecco di Berizio
ma pochi mesi dopo gli vengono confiscati i beni che passeranno tutti
quanti alla Repubblica di Siena. Nel 1346 Jacopo Donati Fiorentino, monaco
dell'Abbazia di Aquas Salvias diviene affidatario della Pieve in Rocchette.
In ordine cronologico in seguito,entrano in possesso della corte le famiglie
:Baschi, Salimbeni, Orsini. Nel 1428 si ha menzione di opere di ripristino
sulla cisterna, la torre e l'alloggio del castellano ad opera di Pietro di
Manno finanziate tutte dalla Repubblica di Siena. Il Castello all’interno
delle sue mura, conserva la chiesa romanica di Santa Cristina edificata alla
fine del 1200 ed attualmente adibita a magazzino. L' architrave del portale
d' ingresso reca scolpita una croce patente simile a quella attribuita
all'Ordine di Malta. Non è mancato chi nel corso di questi ultimi anni abbia
ravvisato in Rocchette un avamposto templare di estrema importanza e nei
personaggi di Fazio, Cacciaconte e Simone dei Cacciaconti l' appartenenza
effettiva all'Ordine del Tempio. Si è addirittura ipotizzato che Rocchette
sia stato un luogo di rifugio dell'Ordine stesso minacciato
dall'Inquisizione nel periodo successivo al rogo in cui perì l'ultimo Gran
Maestro Templare Jacques de Molay. L' edificio di Rocchette che più ha
infiammato la fantasia dei neo- ricercatori Templari è l' Ospedaletto di
Rocchette dedicato a San Tomè.
Immediatamente fuori della cinta muraria, accanto ad
una porta di accesso alla cittadella sostenuto da due barbacani in cemento
armato,l' Ospedaletto si presenta come un corpo di modeste dimensioni a due
piani, fornito di due ingressi indipendenti posti su due livelli ancora
agibili separati da un solaio di tavole in legno. L'ambiente superiore al
quale si accede tramite il portale principale, risulta spoglio e assente di
qualsiasi traccia di intonaco o affresco.L' ambiente inferiore presenta un
alloggio simile ad una vasca o mangiatoia per bestiame quasi certamente
posteriore al periodo di edificazione e comprende tracce di volte in
laterizio. Si accede al lato inferiore tramite un portale posto sul lato est
dell'edificio. Su questo stesso lato, al di sopra di una finestra è incisa
una croce iscritta in un cerchio. Tale croce detta anche “cosmologica” è
stata per lungo tempo il simbolo distintivo dell'Ordine Benedettino. Ancora
più a sinistra un concio grigio perfettamente squadrato presenta incisa una
croce semplice. All'estrema destra lungo lo stesso lato si può osservare un'
altra finestra posta al di sotto dello spiovente del tetto. Chiude la
finestra un bassorilievo erratico su quale è scolpito il volto di un uomo
barbuto dal capo tonsurato.
La scultura eseguita su pietra bianca diversa dal
resto della struttura è del tutto simile alle lapidi con iscrizioni latine
poste sul fianco destro dell'edificio. Nello stile del volto è ravvisabile
un legame con le maestranze operanti in Sant Antimo, Lamula e Sovana. La sua
collocazione a chiusura di una finestra era in origine diversa. Alcuni
autori hanno ravvisato nel volto dell' Ospedaletto di san Tomè la
rappresentazione del “Bafometto” templare. Secondo le accuse ufficialmente
mosse dalla Chiesa ai Templari il Bafometto... ha la forma d' una testa
d' uomo con una gran barba e viene baciato e adorato nei capitoli
provinciali.Fulcanelli lo ritiene essere:”l' emblema completo delle
Tradizioni dell'Ordine usato come paradigma esoterico, sigillo della
cavalleria e segno di riconoscimento”.Sarebbe da riferirsi secondo il
grande alchimista francese, all'Arte Reale e il suo nome deriverebbe da
Bafeùs Métis che vuol significare “colui che tinge”, ossia che
conferisce Saggezza. Significato di Scienza intesa come Natura in pieno
dinamismo affine al mitologico Dio Pan. Louis Charpentier lo fa risalire
alla deformazione in lingua della Languedoc della parola “Mahomet”
considerando il fatto che in questa regione le moschee venivano chiamate “Baphomeries”.
L' autore aggiunge che questa sarebbe stata l'interpretazione del Bafometto
secondo le genti profane e non certamente quella dell'Ordine Templare in
quanto Ordine Iniziatico. Sottolinea il fatto che le più antiche
raffigurazioni ascrivibili al Bafometto presenti in luoghi documentati
templari, sono “ teste barbute provviste di corna”del tutto simili al
Dio Celtico Cernumnos. Secondo Hammer-Piergstall, “Bephé” è Battesimo e
“Meteos” Iniziazione e quindi la parola Baphomet sarebbe da intendere nel
suo significato di parola identificativa di un percorso iniziatico. Non è
mancato chi ha accostato la figura di Baphomet a Giovanni Battista o al
Diavolo. Giulio Malvani propone un' interpretazione archeologicamente
interessante riferendo il Bafometto al culto delle teste in uso presso i
Celti. L' uso della divinazione a mezzo di teste mummificate o tramite crani
di antenati è comune a molte civiltà antiche che ebbero a praticare con esse
riti sciamanici. Con la venerazione della testa del Battista o quella di
altri santi, tale consuetudine proseguì poi nel cristianesimo. La testa
mozzata delle tradizioni pagane possiede lo stesso significato che la Coppa
del Graal avrà nella letteratura medioevale: Salvezza,Predizione,
Sapienza. Ma i Templari si sono limitati a riprendere questo tipo di
rappresentazioni pagane o il fenomeno ha origini diverse? Il filosofo e
scrittore Idries Shah, eccelso rappresentante del Sufismo Islamico, ipotizzò
che il nome Baphomet derivasse da “Abu-Fihamat”, il Padre del Sapere.
Baphomet non sarebbe quindi da considerarsi come immagine di un idolo bensì
come simbolo di un “iniziato” che abbia raggiunto la “consapevolezza”.Nel
Castello di Chinon in Francia a sud Ovest di Tours, nella torre più alta
denominata “di Chaudray”i Templari furono incarcerati per anni e fra essi
anche il Gran Maestro Jacques de Molay. Lo storico Yvon Roy che ha lavorato
alla decodifica dei graffiti templari ha ritrovato una pietra la cui
autenticità medioevale non può purtroppo essere comprovata. La pietra reca
scolpito un volto di quattro età diverse circondato da una corona di raggi e
presenta l' iscrizione:” Baphomet est le principe des estres crees de
Dieu Trinite”. Traducibile forse con “Bafometto è il Principio delle
(energie creative?) del Dio Trino”.Per concludere il volto di Rocchette pare
piuttosto uno di quei volti posti spesso sulle strombature delle finestre o
lungo le absidi di Pievi romaniche poiché ha poco degli attributi
ascrivibili al Bafometto del quale abbiamo esempio illustre sulla facciata
della Rotonda di Montesiepi e all' Abbazia di Sant Antimo. Il volto di
Rocchette rappresenta probabilmente il magister, il committente o
semplicemente un monaco che sorveglia la strada per la Terra Santa. Volge
infatti lo sguardo in direzione della Francigena. E' noto come i cavalieri
del Tempio usassero costruire i loro Ospedali fuori dalle mura per offrire
ricovero a quei pellegrini giunti di notte quando le porte della città
erano chiuse. La posizione dell' Ospedaletto rispetta perfettamente tali
regole. Sull'archivolto che orna il portale principale, è scolpito “l' Agnus
Dei” ad immagine dei vessilli appartenuti alla Militia Christi.
Poco più a destra al di sotto dello spiovente del
tetto è scolpita una bella croce templare inscritta in un cerchio.
Gli elementi più sorprendenti di questo inedito
edificio sono costituiti da due coppie di lapidi.
La prima coppia posta alla destra del portale dell’ingresso principale reca
nel primo rigo la seguente scritta :
M Ch tep Spo. Esplicitate le contrazioni epigrafiche danno: Militia
Christi Templi, Sancto Sepulcro, termini che potrebbero riferirsi
all’ordine templare e che si potrebbero tradurre con: “La milizia di
Cristo del Tempio, nel luogo del Santo Sepolcro”
Il testo che segue, incerto e lacunoso scritto in latino volgare:
“t(empo) anni 8 dal t(empo) ke è cominciata l’opera è tri e due anno ke c’è
lo spidale di S. TomeApostolo”.
L'inizio dell’opera risalirebbe quindi a 8 anni prima
della data di allocazione delle lapidi, ma la lapide comproverebbe
l’esistenza dell’ospedale già da trentadue anni prima. Dunque potrebbe
trattarsi di una ricostruzione dopo la distruzione del 1304 ad opera degli
orvietani e l' edificio parrebbe quindi sorto intorno all'anno 1279 ,
periodo in cui il territorio rimase indiviso.
Sul fianco destro dell’edificio accanto alla porta
murata,è presente un secondo messaggio dal contenuto esotericamente
interessante. Il testo suddiviso in due campi si esprime così:Ano domine
MCCCXXXA di XXVII d’aprile Alfa Omega,< ideogramma a forma di sole o ruota >
principi et finis
La traduzione suona: “nell’anno del Signore 1330 al dì 27 d’aprile Alfa e
Omega divenire (l’ideogramma rappresenterebbe il ciclo cosmico, il
movimento) del principio e della fine”.
Dunque il giorno della conclusione dei lavori risulta essere il 27 di aprile
1330. I caratteri di queste lapidi murate sul fianco dell’edificio sono
diversi da quelli delle due lapidi sul fronte ed appaiono più recenti.
Inoltre poiché si trovano accanto ad una porta laterale si può pensare che
questa sia stata aperta nell’ultima fase dei lavori e cioè poco prima del 27
aprile 1330. Così i lavori terminarono quando l’Ordine templare era già
stato soppresso ufficialmente. Sappiamo da fonti documentate che soprattutto
in luoghi decentrati, i templari operarono anche dopo il 1312 ed a Rocchette
parrebbe quindi che fossero ancora attivi negli anni trenta. Rammentando che
nel 1346 il monaco Jacopo Donati Fiorentino dell'Abbazia delle tre Fontane
in Roma (Aquas Salvias) diviene affidatario della Pieve di Rocchette, ho
ricercato legami antichi tra le proprietà dell'Abbazia romana e la corte
amiatina. Di origini pagane antichissime l' Abbazia fu retta dai monaci
benedettini per un lungo periodo fino a che Bernardo di Chiaravalle in
visita al monastero, accompagnato da Innocenzo II ebbe in questo luogo una
visione a seguito della quale fu edificata la Chiesa di Santa Maria Scala
Coeli. Da allora il monastero divenne proprietà dei cistercensi i quali vi
rimasero fino all'anno 1400.Dalle memorie del frate cistercense Goffredo di
Chiaravalle si apprende che esisteva nelle vicinanze di questo luogo una
Casa Templare. Il monaco di Rocchette era allora un cistercense e
probabilmente la zona era da molto tempo proprietà dell'Ordine.E'
documentato che i cistercensi dell' Abbazia delle Tre Fontane possedevano la
Pieve di San Giovanni Battista dell' Isola del Giglio e quella di Orbetello
avente lo stesso titolo. Entrambe dipendevano dal Priorato Templare della
zona franca Jirifai in Sardegna ove si trova ancora tuttora la Pieve di San
Giovanni Battista de Lilliu (Giglio). Accordi con la Repubblica Marinara di
Pisa consolidavano gli interessi cistercensi nell' Arcipelago toscano. Le
miniere di mercurio amiatine e la facile via per le grandi strade di
pellegrinaggio avevano probabilmente spinto gli uomini di Bernardo di
Chiaravalle verso l' entroterra maremmano. La Chiesa di Semproniano
esistente fin dall'anno 1259 è intitolata ai santi Vincenzo e Anastasio.
Inusuale la scelta di queste figure mistiche per una Pieve di campagna se
non fosse che la Chiesa Madre dell'Abbazia delle tre Fontane fondata intorno
al 1216 risulta intitolata proprio a questi santi. Anche questa coincidenza
potrebbe comprovare i legami tra l' Abbazia cistercense delle tre Fontane ed
il territorio di Rocchette-Semproniano. Con la soppressione dell'Ordine del
Tempio molti templari si rifugiarono nell'Ordine Cistercense fondato da
Bernardo di Chiaravalle che con il suo “De Laude Novae Militiae” aveva
istituito la Regola Templare. Sappiamo inoltre che in alcuni luoghi
“protetti”, i templari continuarono ad operare pur sotto insegne diverse.
Così l' ideogramma della ruota solare posto sulla lapide nel suo ciclo
eterno rammenta che ad ogni fine succede sempre un principio. Perché è il
divenire “la chiave” dell'Eternità ed è lì che vive la memoria.