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Il
28 gennaio 2012 ha aperto al pubblico una nuova risorsa culturale per i
bergamaschi e non: il Museo dell'età veneta, allestito nel rinnovato ed
elegante Palazzo del Podestà, un tempo residenza di questo personaggio (e
poi del suo Vicario), che la Serenissima mandava a Bergamo (insieme ad un
Capitano che alloggiava nella Cittadella) per affiancare il governo della
città quando quest'ultima si trovava sotto il suo dominio (1428-1797).
Siamo andati a
visitarlo tra i primi, riportandone un'impressione positiva e suggeriamo
la visita ai nostri lettori.
Questa apertura
ci è particolarmente gradita poichè, diversi anni fa, avevamo potuto
vedere gli scavi archeologici in corso, sotto il detto Palazzo (in uno dei
rari momenti in cui si erano offerti alla vista del pubblico), che sorge
su un'area che dal VI-V sec. a.C. è stata sempre insediativa. Prima in
epoca pre-romana, poi con le botteghe inerenti il grande Foro romano che
aveva sede dove c'è l'attuale Piazza Vecchia, fino ai livelli di
abbandono tardo antichi e alle fasi altomedievali e medievali. Una zona
archeologica che si stende sotto tutti gli edifici presenti nella piazza.
Entrando nel Palazzo del Podestà, per prima cosa si incontra dunque
l'area archeologica che è stato possibile scavare e mettere in evidenza,
fino a 2, 5 m di profondità, per poi accedere al Museo vero e proprio,
costituito da sette sale.
1: gli scavi come li vedemmo nel 2008
2: lo scavo oggi
Prima di accedere
alla prima sala, è bene soffermarsi ad ammirare le raffinate colonne del
loggiato, i residui parietali di affreschi, il contesto edilizio
all'esterno. Per poi immergersi letteralmente in un altro tempo, tra suoni
e visioni di quel mondo medievale che sta per lasciare il passo al
"nuovo" che, con la scoperta dell'America, avanza. Le nuove
scoperte permettono la produzione di carte geografiche sempre più
definite, colmando le lacune conoscitive che lasciavano spazio a mostri e
creature misteriose. Venezia in quel tempo è un crocevia per i commerci
tra Oriente e Occidente; strappata Bergamo al ducato di Milano, se la
tiene ben salda, ponendola come terra di confine, una difesa a Occidente.
Bergamo dovrà diventare una città-fortezza. E come ci si spostava dalla
città lagunare al centro orobico? Lo scopriamo nella seconda sala
interattiva, in cui il visitatore diventa protagonista di quegli
itinerari, al pari di nunzi, mercanti, corrieri postali, rettori,
pellegrini e viandanti, che li intrapresero cinque secoli or sono,
combattendo con i pericoli e le difficoltà che di volta in volta potevano
sorprenderli.
La terza sala ci
presenta la città com'era nel Cinquecento, sprovvista ancora delle mura
che solo il secolo seguente verranno realizzate dai veneziani. In essa si
agitano le vite di tanti personaggi importanti, i signori locali, le cui
gesta e i cui volti scorrono su pannelli sapientemente allestiti. Ci
immergiamo nel fosco periodo delle iniziative ereticali, che scatenano le
reazioni degli Inquisitori, processi e severe punizioni.
Uno
scorcio degli ambienti del Palazzo del Podestà
Venezia manda il
Podestà e il Capitano come suoi rappresentanti, per controllare il
governo di Bergamo. Tali figure durano in carica 16 mesi e al termine di
questo periodo devono stilare una dettagliata relazione scritta sulla
situazione della città e del territorio. E' proprio grazie ad una di
queste descrizioni, quella del Capitano Giovanni da Lezze (1596) che il
visitatore apprende com'era Bergamo a quel tempo, la sua situazione
economica e sociale, ma anche l'architettura, che stravolge il tessuto
urbano esistente. Bergamo diventa una città- fortezza, un baluardo della
Serenissima ai confini dello stato del re cattolico. La quarta sala mostra
la splendida mappa seicentesca di Stefano Scolari, con le nuove mura, le
Porte, i luoghi del potere, le rogge, i mercati.
I luoghi del potere civile
e religioso di Bergamo Alta nel '600 (mappa di S. Scolari)
La V e la VI sala
ci parlano di una città vivace, in cui non manca nulla: arrivano merci da
ogni parte, si contano almeno 20 botteghe di speziali nel 1576, che
svolgono la propria funzione in ambito sanitario ma soprattutto
commerciale. Un tavolo interattivo mostra i rimedi naturali con cui ci si
cura all'epoca, ma anche rimedi estetici, culinari, sfiziosi e... quando
la medicina popolare non basta, si ricorre alle pietre considerate
taumaturgiche e alle reliquie miracolose...
Numerose sono le
botteghe che vendono libri, anche quelli che in città non si trovano e
vengono fatti arrivare dal resto d'Europa, per rispondere a curiosità e
desideri sempre crescenti. Gli eruditi bergamaschi passano gran
parte della loro vita leggendo di argomenti vari: svago, letteratura,
educazione al fare, norme del vivere, giustizia, scelte di fede ma anche
libri "sospetti". La scoperta dei caratteri mobili ha favorito
la diffusione delle pagine stampate e a Bergamo numerose biblioteche si
riempiono di tesori. Determinante fu l'arrivo in città del tipografo
bresciano Comino Ventura, che ha lasciato un'ampia produzione letteraria
conservata, ancora oggi, nella Biblioteca Civica A. Mai.
La settima e
ultima sala porta il visitatore sul Prato di Sant'Alessandro, solcato
dalle rogge, in Città Bassa, dove si svolgeva il gran mercato della
Fiera. Nella rielaborazione di una mappa settecentesca, tra voci e suoni
si animano i passaggi tra le botteghe ("trasande") dei
commercianti che raggiungevano Bergamo da tutta l'Europa in occasione
della festa patronale di Sant'Alessandro.
Il percorso è
personalizzabile grazie alla tecnologia innovativa su cui è stato basato.
Ed è... tempo di ritornare al presente!
- Una chicca: in
una sala "spoglia", senza allestimento, abbiamo trovato dei
graffiti sul davanzale del grande finestrone da cui si vede anche la
Torre del Gombito. Tra di essi, una bella Triplice Cinta.
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