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Di questo intrigante mistero mi
sono già occupata brevemente anni fa, quando a Padova passai vicino a
palazzo Bonifacio e ricordai che, nel cortile, è affissa una lastra che
riporta il medesimo enigma: un 'also epitaffio funebre romano dal contenuto
incomprensibile ai profani e che inizia con il nome di una aleatoria figura
femminile, Aelia Laelia
Crispis... Ne parlai inoltre occupandomi della Casa dell'Alchimista a
Valdenogher (BL). A distanza di tempo, ecco che oggi ritorno sull'argomento
poichè ho avuto l'occasione di vedere la lastra 'originale' che è conservata
nel Museo Civico Medievale di Bologna.
Dire 'originale' è scorretto in quanto non esiste più la primitiva lastra
che, secondo la storia tramandataci, venne fatta incidere nel XVI secolo da
un frate priore dell'abbazia di Casaralta (BO) di nome Achille Volta,
e affissa su una parete della chiesa del convento. L'Ordine religioso cui
apparteneva il Volta era quello dei Cavalieri Gaudenti, fondato a
Bologna tre secoli prima, nel 1261, come Ordine dei Cavalieri di Maria
Vergine Gloriosa. Dato che la Madonna ha -tra i suoi
'meriti'- quello di essere piena di gaudio o giubilo, i suoi devoti
cavalieri divennero popolarmente 'gaudenti'. Obbedivano alla regola
agostiniana e vennero riconosciuti formalmente da papa Urbano IV il 23
dicembre 1261; il loro scopo era di riportare pace nella città, che a quel
tempo era soggetta a misfatti di ogni tipo.
Le vicissitudini di
quell'Ordine, cui potevano affiliarsi anche i coniugati e con figli, furono
tante e chi volesse approfondirle è invitato a farlo; sono meno conosciuti
dei Templari o di altri ordini medievali ma hanno anch'essi una storia
interessante. Nei nostri due passi nei misteri quotidiani,
focalizzeremo l'attenzione su un momento particolare della vita di questo
Ordine, quando cioè l'oscura pietra di Bologna venne realizzata. A meno che
sia realmente un manufatto di epoca romana, e soltanto ritrovato dal Volta
nei meandri oscuri di Casaralta? Ma nel corso dei secoli se ne sarebbe
parlato, mentre inizia a 'circolare' soltanto a partire dal XVI secolo.
Antefatti di un enigma
cinquecentesco
Poco prima della
trasformazione del Priorato in Commenda, nel 1527 troviamo un Achille Volta
quale Maestro Generale dell’Ordine di Maria Gloriosa a Casaralta, nominato
da papa Clemente VII. Questo è già alquanto strano in quanto egli -a quel
tempo- avrebbe
dovuto essere arrestato o perlomeno inquisito per aver ferito con tre
pugnalate Pietro Aretino, durante il suo soggiorno a Roma,
verosimilmente per una questione amorosa. Achille era però ammanicato con il
pontefice Clemente VII, di cui godeva i benefici, pertanto -invece di una
punizione- al Volta arrivò una gratifica.
La sua data di nascita è imprecisa -forse il 1455 o il 1460 -perchè si
laureò in diritto civile presso l’Universita’ di Bologna, sua citta’
natale, il 30 ottobre 1482. Di nobile casata, Achille ricopri incarichi
prestigiosi presso la corte pontificia e venne pure fatto conte dal papa
stesso. Fu suo consulente legale ma anche poeta in latino e greco, un
indizio che avvalla il suo ruolo nella stesura dei versi enigmatici sulla
lapide.
Nel 1525 divenne segretario del già vescovo di Verona Matteo Giberti
[1495/1543), personaggio influentissimo nell'ambiente pontificio. Mentre
questi si trovava a Roma, Achille Volta venne nominato come suo segretario. Giberti era anch’egli colto e raffinato umanista come il Volta;
attorno a sè aveva raccolto un piccolo stuolo di letterati come Pietro Bembo
e storici come Paolo Giovio. E' possibile che in questo ambiente sia
maturata una propensione verso l'esoterismo e l'Alchimia,
che in quegli anni stavano interessando il mondo accademico rinascimentale.
Come vedremo, tra le tante teorie interpretative dei versi della lapide, c'è
chi la vorrebbe effettivamente legata alla Pietra Filosofale. Che cosa
accadesse nella Villa di Casaralta, sarebbe interessante conoscerlo...
Chi
redasse i versi del dubbio epitaffio sicuramente non era digiuno di elevata
cultura. Gli ultimi cinque, che illustreremo più avanti, sono stati
riconosciuti: si tratta di un componimento poetico su Niobe attribuito ad un
poeta greco del VI secolo, Agatia Lo Scolastico, versi tradotti in latino da
Decimo Magno Ausonio (310/393) e ripresi molto piu’ successivamente da
Angelo Poliziano ( 1453/1494). Achille Volta ha lasciato diversi scritti che
denotano la sua conoscenza delle dottrine neoplatoniche e orfiche; era
quindi uomo legato profondamente alla chiesa di facciata ma con il cuore
rivolto agli studi gnostico-ermetici. Nei lavori di abbellimento della Villa
di Casaralta incluse particolari misteriosi, come un caminetto fatto
in forma di enorme maschera, la cui bocca di tre metri costituiva il piano
di fuoco; un dipinto riproducente un rinoceronte con la scritta in spagnolo
“No vuelo sin vincer” (Non volo senza vincere), un bassorilievo di marmo con
sotto la misteriosa scritta“Asotus XXX”e altre stravaganze (1). Diversi
studiosi hanno riferito che la Villa di Casaralta ed i suoi giardini
ricordavano il
Sacro Bosco voluto da
Vicino Orsini a Bomarzo (VT),
guarda caso appena da noi visitato e (rivisitato) in chiave simbolica,
quella che forse è realmente celata dietro gli indovinelli, i criptici versi
e le assurde sculture che il suo proprietario vi dispose.
L'attività del Volta all'interno del priorato dei Cavalieri Gaudenti come
deve essere valutata? Perchè, nel 1550, Clemente VII trasformò il
monastero in commenda? Achille restò in veste di suo commendatario fino a
che venne assassinato, il 14 maggio del 1556, da Orazio Bergellini. Quale fu
la causa dell'omicidio? Inoltre, se i conti non ingannano, Achille Volta
doveva avere quasi cent'anni, se non di più! Qualcosa, in tutta la vicenda,
suona male.
Il complesso di Santa Maria di Casaralta passo’- assieme al titolo di Maestro generale
dell’ordine dei Frati Gaudenti- al figlio di Achille, Marcantonio, e in
seguito ai discendenti maschi della famiglia Volta. In questa narrazione si
ripresenta continuamente questo cognome, fino alla fine, con omonimie quasi
inquietanti. Si intuisce che l'istituzione era divenuta più un club
privato che un ente di beneficenza e assistenza. L’ultimo commendatario fu
Camillo, ucciso nel 1589, e ultimo Gran Maestro dell’ordine ormai in
declino. In realtà, cercando informazioni per questa ricerca, ho trovato
notizie discordanti: chi afferma che il convento passò ai Domenicani, chi
sostiene che il papa lo affidò al Collegio di Montalto (che è ufficiale); in
ogni caso, i Volta detennero sempre il diritto di risiedere a
Casaralta. Nel 1745 la Villa accoglieva i seminaristi bolognesi
durante le vacanze estive; l'attività della 'confraternita' prosegui come
pia opera di preghiera, tra alterne vicende, fino al XIX secolo, quando
l'ultimo discendente della famiglia, un altro Camillo Volta, mori nel 1859,
decretando la scomparsa definitiva dei Gaudenti.
Anche l'enigmatica lapide
scomparve.
Ora che abbiamo ricostruito, pur se per sommi capi, la vicenda, inquadriamo
meglio il contesto di questa oscura lastra che, poco nota anche ai
bolognesi, in realtà, doveva avere destato vivo interesse già in antico. Ad
esempio, pare che gli Eruditi dell’Accademia Milanese conoscessero il testo
fin dal 1546: esso doveva quindi essere già stato scritto sulla
lapide e sarebbe stato proprio il priore Volta ad inviare loro una
trascrizione (ma perchè?); non riuscendo a decifrarlo, quegli studiosi
avrebbero chiesto aiuto ai colleghi patavini (ricordiamo che a Padova esiste
un'altra copia della stessa lapide). Nella versione milanese, ci sarebbero
pure delle varianti (v. link nota 1), come forse potrebbero esistere anche
in altre trascrizioni. Nel 1567 un erudito belga (Jean Tours o Giovanni
Torre) fu ospitato alla Villa di Casaralta dal figlio di Achille,
Marcantonio, e qui ebbe modo di documentare l'enigmatico componimento, che
inviò in seguito ad un collega inglese. La voce si sparse e alla Villa
arrivarono probabilmente numerosi visitatori 'anche' per dare un'occhiata
alla lapide ermetica.
Non è difficile capire poi
come altre copie si trovino in contesti europei, come nel castello dei
Principi di Condé a Chantilly, in Francia, e nell museo di Beauvais,
capitale dell’Oise francese (contesti che sarebbe opportuno verificare di
persona). Forse, proseguendo le indagini, si potrebbe trovare l'oscuro
epitaffio anche altrove.
LA PIETRA di BOLOGNA: Aelia Laelia Crispis...
Essa, originariamente, doveva trovarsi sul muro esterno della chiesa dei
SS. Pietro e Paolo, situata accanto alla Villa di Casaralta e doveva
essere sottoposta ad intemperie se, alcuni decenni dopo, non se ne leggeva
quasi più il contenuto. Fu a quel punto che un altro Achille Volta
(1627-1676), discendente della stessa casata, lo fece ricopiare su una nuova
lastra di calcare, che con ogni probabilità venne collocata al posto della
precedente (della quale si sono perse le tracce). Il suo destino non seguì
però quello della chiesa di S.Pietro e Paolo, che crollò nel 1885; salvatasi
dal crollo, venne riposta in un vano della Villa che, nel frattempo, era stata
acquistata dallo Stato e veniva usata come macelleria militare. A qualcuno
venne in mente di trarla dall'oblìo nel 1955, quando venne trasferita nel
Museo Civico di Bologna, che era allora allestito presso Palazzo Galvani.
Attualmente il
Museo Civico Medievale è collocato in Palazzo Ghisilardi e
conserva preziosi reperti degni di essere attentamente visitati. Tra di
essi, nella sala delle 'Epigrafi', abbiamo trovato la lapide del Volta (n.
di inv. 3361), in calcare e vergata in scrittura capitale. Le sue misure
sono m 1,63 x 1,17 m. La didascalia a corredo recita:
"Al centro della
parete è esposta la famosa lapide "Aelia Laelia Crispis". Si tratta del
rifacimento -eseguito nel secolo XVII ad opera del senatore Achille Volta,
come si legge nella sottostante lapide associata - di un monumento
epigrafico del secolo precedente, fatto incidere dall'omonimo antenato del
Volta, priore della Commenda dei Frati Gaudenti di Casaralta".
La 'sottostante lapide
associata' è una piccola lastra calcarea commemorativa (n. di Inv. 3362),
anch'essa vergata in scrittura capitale, proveniente dal Convento dei Frati
Gaudenti di Casaralta. Inizia con la parola 'ENIGMA', per cui già allora i
versi incisi dal suo antenato erano ritenuti insoluti. Non è integra in
quanto venne danneggiata durante il bombardamento aereo del 1943 su Bologna,
che invece lasciò miracolosamente indenne la lapide enigmatica. Le mostriamo
qui di seguito:
Traduzione:
D. M.
ELIA LELIA CRISPIS
NON UOMO NE’ DONNA NE’ ANDROGINO
NE’ FANCIULLA NE’ GIOVANE NE’ VECCHIA
NE’ CASTA NE’ PROSTITUTA NE’ PUDICA
MA TUTTO CIO’
UCCISA
NON DALLA FAME NE’ DALLA SPADA NE’ DAL VELENO
MA DA TUTTO CIO’
NON IN CIELO NE’ NELLE ACQUE NE’ SULLE TERRE
MA DOVUNQUE GIACE
LUCIO AGATONE PRISCIO
NON MARITO NE’ AMANTE NE’ PARENTE
NON TRISTE NE’ LIETO NE’ PIANGENTE
QUESTA
NON MOLE NE' PIRAMIDE NE' SEPOLCRO
MA TUTTO CIO’
SA E NON SA A CHI E’ DEDICATA
Tanto per cominciare, vediamo quelle due lettere iniziali: D.M. Sono un
retaggio pagano degli Dei Mani (Dis Manibus), immancabili sulle lastre
funerarie latine o hanno qui un significato cristiano (Domine Maximo)?
| Il senatore Volta non fece
ricopiare- chissà perchè - i cinque versi finali dell'epitaffio, che così
recitano: |
HAC EST SEPULCRUM INTUS
CADAVER
NON HABENS
HOC EST CADAVER SEPULCRUM EXTRA
NON HABENS
SED CADAVER IDEM EST ET SEPULCRUM SIBI
Traduzione:
E’ UN SEPOLCRO CHE NON CONTIENE UN CADAVERE
E’ UN CADAVERE CHE NON HA SEPOLCRO ATTORNO A SE'
MA IL CADAVERE MEDESIMO E’ A SE' SEPOLCRO
| Forse i versi non si
vedevano già più? Egli veramente non sapeva della loro esistenza o fu un'omissione volontaria?
|
Sappiamo che dovevano essere
presenti nell'originale poichè il testo dell'epigrafe fu riprodotto in un
volume pubblicato nel 1589 da Salomon Rybish (un ebreo?), in cui sono
chiaramente visibili. In tale disegno riusciamo anche a leggere altre
lettere iniziali, oltre a D.M.: PP. e D., distanziate di una certa misura.
La lapide sembra inserita in una nicchia appositamente costruita per
contenerla e forse non era addossata ad un muro, in quanto si nota che la
vegetazione fa capolino da dietro. La data riporta a pochi decenni dopo la
realizzazione della lapide stessa, stando almeno a quanto si sa, essendo
essa stata realizzata almeno a partire dal 1527, quando Achille Volta - il
priore- diventa Maestro Generale dei Gaudenti o dal 1550, quando ne diventa
Commendatario.
In iconografie successive
alla copiatura del senatore Volta, i cinque versi sono scomparsi, come ben
si nota ad esempio nel frontespizio di un volume edito a Bologna nel 1683
ad opera di Carlo Cesare Malvasia, intitolato Aelia Laelia
Crispis non nata resurgens in expositione legali (Bologna, Eredi
Domenico Barbieri. 1683). In questa incisione troviamo alcuni spunti di
riflessione: si tratta del reale contesto della lapide copiata dal senatore
o una fantasia bella e buona? Questa 'bellissima antiporta' del volume, come
si dice in gergo, è emblematica e venne incisa da Collin; raffigura la
celebre iscrizione epigrafica sormontata da una sfinge alata di fronte ad un
leone con le insegne della città di Bologna, marca tipografica e testata
incisa con le insegne di J.B. Colbert, cui l’opera è dedicata. Sembra di essere di fronte ad un cippo, non ad
una lapide infissa nel muro, anzitutto. A farle da corona, una serie di
elementi interessanti ai fini della sua decifrazione: animali
simbolico-alchemici posti a guardia del testo sottostante, come la Sfinge e
il leone alato; un Nodo di Salomone, centralmente, prima dei versi; nei
medaglioni (con otto lati) che contornano la lapide, vi sono poi altri versi
effettivamente da approfondire (Materia Prima, Lapis,
eccetera), che rimanderebbero ad una conoscenza dotta dell'enigma. Altro
elemento interessante è che il volume è stato incluso tra i trattati di
Alchimia-Esoterismo e la motivazione è che "Sull’interpretazione
paleografica di questa iscrizione (da taluni ritenuta di epoca romana) sono
state fatte numerose congetture, e di queste svariate di interesse
alchemico, tali da far rientrare quest’opera nella bibliografia connessa,
cfr. p. es.
Nicolaus Barnaudus
in Theatrum Chemicum III, pp. 785 e ss.; e in
Manget.
Bibliotheca Chemica Curiosa (1702) II, pp. 713; inoltre
Lenglet-Dufresnoy,
Hist. De la Philosophie Hermetique, 1742, III, p. 74; Gmelin,
Geschichte der Chemie, 1797, I, pp. 305/6, 556/7;
Schmieder,
Geschichte der Alchemie 1832, p. 298;
Verginelli-Rota,
Bibl. Hermetica, n. 210". Anche il costo di questo pezzo raro non è
da...profani (1.400 euro).
Anche in quest'altro
frontespizio ritroviamo la medesima composizione.
Secondo un
misterioso personaggio patavino, Marius Michelangelus, che ebbe ad
analizzarla nel XVII secolo, nell'epigrafe si celerebbe un prezioso segreto
che gli antichi ci avrebbero tramandato, celandolo al volgo sotto il velo
di quel denso incrociarsi di opposti e negazioni. Quando una spiegazione
chiara non esiste, ecco che fiorisce tutta una serie di supposizioni e
teorie; così fu che numerosi eruditi (compreso Carl Gustav Jung) tentarono
di trovarne la chiave nei grandi misteri universali della fisica, della
cosmologia e dello spirito: "L' Idea di Platone, la Generazione e
Corruzione, la Materia Prima, l' Amore come catalizzatore cosmico e cosi'
via. Molto popolare fu anche l' interpretazione alchimistica, perche' l'
iscrizione avrebbe alluso alla pietra filosofale e di questa sarebbe la piu'
antica testimonianza della pratica alchemica presso gli antichi. Le ragioni
psicologiche e anche antropologiche di tanta risonanza mistica sono ben
sintetizzate da Nicola Muschitiello che cito testualmente: "Si e' detto che
la lapide sia uno scherzo, un' invenzione cinquecentesca per mistificazione
erudita, per stimolare la mente e incitarla al ragionare. Quando pero' lo
scherzo, l' invenzione non ripiombano nello stretto spazio della trovata, ma
chiamano i pensieri di molti studiosi e fecondano l' immaginazione,
significa che non erano ne' scherzo ne' invenzione qualsiasi o che per lo
meno da tal livello ludico si sono riscattati, perche' fu toccato un ambito
spirituale dove si radicano significati profondi, cosi' che la Pietra ha
parlato spesso per bocca altrui anche se tace"(2)
La Pietra di Bologna, se è stata oggetto di interesse nei secoli precedenti,
non ha smesso di incuriosire gli studiosi nemmeno nel terzo millennio.
Nell’ambito delle manifestazioni per "Bologna Città Europea della Cultura
del 2000", il Comitato Bologna 2000 ed i Musei Civici d’Arte Antica
hanno promosso una mostra presso il Lapidario del Museo Civico Medievale ,
durata dal 19 luglio al 17 settembre 2000, curata con rigore scientifico,
che si è posta come obiettivo quello di chiarire le molte vite di Aelia
Laelia Crispis, "ricevute" dalle molteplici, variegate congetture avanzate
fino a tutto l’Ottocento. Avvalendosi di diversi documenti e pubblicazioni,
l’esposizione ha avvicinato i visitatori all’ambiente culturale in cui fu
concepito questo raffinato testo ermetico, aiutandoli a coglierne lo spirito
fornendo, di conseguenza, un ausilio per rintracciare una chiave di lettura
ben distante dalle fantasiose, suggestive interpretazioni fornite, in
passato, da letterati, eruditi e scrittori (3). In occasione della
mostra, si è svolto un convegno scientifico, il 2 dicembre 2000, intitolato
"Aelia Laelia Crispis. Un mistero che dura da un millennio",
organizzato dall’Associazione Culturale Carlo Cesare Malvasia. E' stato in
seguito pubblicato anche un Catalogo, "Un enigma bolognese Le molte vite
di Aelia Laelia Crispis",a cura di Franco Bacchelli Costa, 2000.
L'enigma di Elia Lelia Crispi
ha attizzato l'attenzione anche del teatro, infatti la Compagnia teatrale
Il Chiostro ne ha fatto uno spettacolo dal titolo "L' enigma della
lapide- Un giallo nella storia", che è stato esibito nel luglio e
nell'agosto 2009 nel complesso di San Salvatore a Bologna (4)
Ma chi è Aelia Lelia Crispis?
Secondo alcuni,
l'assurdo componimento non sarebbe altro che un gioco enigmistico; forse
contiene un codice da decriptare, degli anagrammi da riordinare o forse è
senza soluzione.
Stando a quanti, nel corso
dei secoli, si sono cimentati nella sua decifrazione, però, troviamo nomi di
studiosi di primo livello, come Athanasius Kirker, per il quale Elia Lelia è
la personificazione dell' Arte
Alchemica; Francesco Colonna, nell' Hypnerotomachia Poliphili, dice
che Polia -personificazione dell'Alchimia - è
della famiglia dei Leli "ed è dai crispuli e tremuli crini".
All'esterno del secondo piano della Casa dell'Alchimista a Valdenogher
(BL)troviamo la scultura in marmo rosso di una figura dai capelli lunghi,
crespi e ondulati, identificata con Elia Lelia (o Polia o la Ninfa Glaura),
tutte immagini dell'Alchimia.
I capelli rossi e ondulati ricordano il vento (dice Ermete 'Il Vento lo
portò nel suo ventre') e il
fuoco (fondamentale fin dal principio per la Grande Opera [...]". Un
medico alchimista francese- nella seconda meta’ del cinquecento - certo
Nicolas Barnaud (Barnaudus nella forma latina), e il famoso Micheal Maier
(1568/1622), autore dell'Atalanta Fugiens, riconobbero
nell’iscrizione la Pietra Filosofale(5).
Il nome Aelia/Elia ricorda
Elios, il nome greco del Sole, che è metafora della Pietra dei
Filosofi. Lelia invece potrebbe essere la Luna che si sovrappone (o unisce)
al Sole, iconografie usate spesso anche nell'arte cristiana per contornare
il Cristo-Pietra (Cristos- Lapis, potrebbe divenire Crispis). Certo è che
gli Alchimisti rinascimentali hanno camuffato sotto mentite spoglie o
termini fittizi le operazioni dell'Arte che conducono alla realizzazione
della Grande Opera. Questo componimento potrebbe indicare che la Materia dei
Filosofi è tutto ciò che non è (non è maschile nè femminile nè androgina e
via dicendo), è ovunque, non muore perchè non nasce ma si trasmuta
perennemente.
Interessanti i cinque versi finali, mancanti nella copiatura del senatore
Volta e che, lo ricordiamo, risalgono ad un autore greco del VI sec. a.C. Cosa può essere il sepolcro che non contiene un cadavere, un
cadavere che non ha sepolcro attorno a sè, ma il cadavere medesimo è a sè
sepolcro? L'Uomo, l'essere umano, che sarebbe la tomba o il custode
della propria Anima. Tale concetto fu caro ai filosofi dell'antichità. Il
nostro corpo si definisce 'soma', in greco. Sèma è la custodia, ma anche il
sepolcro, la tomba. Il biblico Elia è colui che venne rapito sul carro di
fuoco in cielo e non tornò più tra i mortali. E' metafora dell'Alchimista
che ha realizzato l'Opus. Per questo i suoi seguaci si definirono
''figli di Elia'.
Curiosità: Laelia Crispa è anche il nome
di un fiore,
appartenente alla famiglia delle Cattleyodes, un tipo di Orchidea dal fiore
normalmente bianco, caratterizzato da increspature rosso-violacee e che non
si apre mai totalmente. Di piacevole fragranza, vive nei paesi caldi (Rio de
Janeiro). |
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