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LA “MUMMIA” NELLA FARMACOPEA E NELLE CREDENZE MAGICHE DEL PASSATO (Gianluca Toro) Introduzione Il termine mummia origina dal latino medievale mumia, derivato dall’arabo mumiyya, che a sua volta si rifà al persiano mum, “cera”, riferito al bitume, miscela di idrocarburi di colore scuro probabilmente usato nell’imbalsamazione. Per estensione, il termine “bitume” è successivamente stato associato alle mummie egizie. Infatti, gli Arabi che giunsero in Egitto nel VII secolo d.C., trovarono nei sepolcri un liquido essudato dai cadaveri trattati per l’imbalsamazione, simile al bitume all’epoca estratto in Persia. In alternativa, “bitume” potrebbe riferirsi al colore scuro della pelle del cadavere sotto le bende. In passato, con il termine “mummia” si intendevano differenti prodotti per uso magico e medicinale, quali la mumia vera (“mummia vera”, polvere di mummia reale), un generico cadavere essiccato, il liquido essudato da un cadavere imbalsamato e il bitume. La commercializzazione della mummia, soprattutto quella egizia, inizia nel XII secolo d. C.. La si ritrova nelle farmacie a partire del primo Evo Moderno ed è riportata nelle farmacopee fino alla metà del ‘700. Ancora nel 1924, la Ditta Merck di Darmstadt la vendeva con il nome di Mumia vera aegyptiaca (“vera mummia egizia”). Mummia come parte di cadavere La qualità migliore era ottenuta dai sepolcri di persone di un certo rango. In sostituzione, si impiegavano i cadaveri di persone comuni, ma l’efficacia era inferiore. Le proprietà delle mummie in genere erano attribuite anche a vari tipi di bitume. Le mummie polverizzate erano leggendari ingredienti magici di bevande afrodisiache (filtri d’amore) e bevande dell’immortalità. Nelle farmacopee del passato, la mummia si prescriveva pura o si preparava in elisir, triaca (sorta di panacea composta da numerosi ingredienti, corrispondente al theriak dell’antichità, il noto antidoto contravveleno a base di oppio, dal lattice del Papaver somniferum) e balsamo. La mumia vera curava tutte le malattie, era indicata come anticoagulante, per le contusioni e come emetico, rilassava il corpo e rianimava le membra. La mummia pura si assumeva come polvere o bolo per vertigini, paralisi ed epilessia. Si applicava anche esternamente per le ferite e per prevenire la cancrena. Una ricetta di un balsamo di mummia comprendeva tintura di mummia, triaca di Venezia, sale di perle (forse perle polverizzate), corallo (probabilmente Corallium rubrum), terra sigillata (argilla) e muschio (secrezione ghiandolare di una specie di capriolo, Moschus moschiferus). Il preparato rinvigoriva le membra affaticate e curava tisi e ulcere. P. Ispano, nel Thesaurus pauperum (XIII secolo), riporta di bruciare una miscela composta, tra l’altro, da mummia, sangue di drago (per lo più resina di Daemonorops draco, Dracaena cinnabari o Dracaena draco), incenso (generalmente resina di Boswellia papyrifera, Boswellia sacra o Boswellia serrata) e mastice (resina di Pistacia lentiscus), da bere con ”sciroppo rosato” o “zucchero rosato”. D. Boccamazza, nel Trattato della Caccia (XVI secolo), la consiglia polverizzata e ammorbidita in olio di nardo (Nardus spp.), mentre in un Fasciculo di medicina volgare (1494), volgarizzato da S. Manilio, è citata la preparazione di un unguento composto, tra l’altro, da mummia, pece navale (ottenuta dalla distillazione di prodotti resinosi), mastice, terra sigillata e sangue di drago bruciati, bolo armenico (miscela argillosa) e colla di pesce. Per W. Bulleyn (XVI secolo), la mummia proveniva dall’Arabia e indicava il corpo di un morto. Polverizzata, miscelata con acqua e inalata, guarirebbe i danni causati dalle cadute. Paracelso (1492 - 1541) la utilizzava per preparare un balsamo e una triaca. O. Crollius, suo discepolo, nella Bazilica Chymica (1670), descrive ciò che il maestro intendeva: “[…] non quella materia liquida che si trova nei sepolcri egiziani, in cui i corpi umani, imbalsamati con sostanze aromatiche, sono stati posti: bensì secondo Paracelso è la carne di un uomo morto per morte violenta e tenuta per un certo tempo all’aria”. Crollius afferma anche che Paracelso la chiamava mumia patibuli, nel senso di “carne di impiccato”. J. Agricola, nella Chymische Medicin (1638), riporta una ricetta per il laudano (preparato antidolorifico e sedativo a base di oppio creato da Paracelso) contro febbre e agitazione, composta da mummia, oppio, semi di papavero (probabilmente Papaver somniferum), radice di giusquiamo (Hyoscyamus spp.), canfora (Cinnamomum camphora), zafferano (Crocus sativus), castoreo (secrezione ghiandolare del castoro, Castor fiber), ambra (formazioni calcolose del capodoglio, Physeter macrocephalus) e muschio, il tutto addizionato di spiritum vini (probabilmente un liquido di tipo alcoolico). In una ricetta alternativa, compare la radice di mandragora (Mandragora autumnalis o Mandragora officinarum), vischio (Viscum album) e unicorno (animale favoloso). J. Parkinson, nel Theatrum Botanicum (1640), afferma: “[La mummia] è proprio il corpo di un uomo o di una donna, portato principalmente dall’Egitto o dalla Siria (in nessun’altra parte del mondo è così di qualità). La vera mummia deve essere imbalsamata secondo la pratica degli Egizi e non secondo quella degli Ebrei”. L’autore si riferisce all’uso degli Ebrei di commercializzare un sostituto dell’originale, per far fronte alla domanda. In proposito, un certo G. De La Fontaine, medico del Re di Navarra, spiega che, durante un viaggio ad Alessandria per acquistare la mummia, visitò il negozio di un ebreo che proponeva alcune mummie da lui preparate. Egli aveva raccolto i cadaveri di schiavi e altre persone, li aveva aperti e riempiti con bitume, per poi bendarli ed essiccarli al sole, finchè non fossero diventati buone copie dell’ originale. In generale, ciò significa che ogni corpo umano essiccato era adatto allo scopo. Le false mummie erano preparate estraendo le parti interne di un cadavere, riempiendolo di mirra (essenzialmente resina di Commiphora molmol o Commiphora abyssinica), aloe (Aloe spp.), gomma (per lo più da Acacia spp.), bitume e pece, avvolgendolo in bende ed essiccandolo in forno. P. Pomet, nella Histoire générale des drogues (1691), afferma che alcune imitazioni dell’originale erano costituite dalle “mummie bianche”, preparate seppellendo nella sabbia del deserto africano i cadaveri di viaggiatori soffocati. Fino al XIX secolo, i cadaveri trovati nei deserti persiani si raccoglievano e si vendevano per uso medicinale. Secondo Pomet, la vera mummia si distingueva dalla falsa per il colore nero lucente, l’assenza di resti ossei, il profumo piacevole e l’assenza di odore di pece quando bruciata. D’altra parte, secondo il Ricettario fiorentino (1498), la mummia autentica è sì di colore nero lucente, soda e facile da polverizzare, ma di odore e sapore sgradevole. Mummia come essudato di cadavere Già nel XII secolo si affermava che la mummia era qualcosa che si trovava nei sepolcri dei cadaveri imbalsamati. Nota anche come cerops (“cera”), si riteneva che fosse il liquido denso e odoroso che si otteneva, dopo molti anni, dai cadaveri di “re ed eroi” egizi, trattati con mirra, cinnamomo (probabilmente Cinnamomum camphora o Cinnamomum cassia), aloe, gomma di cedro (essenzialmente Cedrus spp.) e altri aromi. Un altro trattamento poteva essere a base di bitume, mirra, aloe, zafferano e balsamo (per lo più resina di Commiphora opobalsamum). Probabilmente, nel liquido, si trovava anche grasso umano. P.A. Matthioli, nel Volgarizzamento di Dioscoride (1550), definisce la mummia come “umidità” che trasuda dai cadaveri nei sepolcri, trattati con mirra, aloe e altri componenti, e non come la carne di cadaveri imbalsamati. Crollius riporta un metodo di preparazione della mummia. Si appende il cadavere di un giovane uomo rosso, lo si asperge con polvere di mirra e aloe, macerandolo per alcuni giorni in spiritum vini, lo si secca all’aria e infine si estrae una tintura rossa. Una leggenda dell’India narra di un certo Momiai Sahib, un europeo al servizio del governo locale. Egli costringeva i giovani ragazzi, meglio se grassi e di pelle molto scura, a seguirlo per mezzo di un bastone magico. Dopo averli rapiti e portati in un luogo nascosto sulle colline, faceva loro un foro sulla testa. Poi li appendeva per i talloni sul fuoco, raccogliendo da ognuno 7 gocce di un prezioso essudato corporeo (momiai). Egli deteneva la concessione e il monopolio di questa pratica ed operava con impunità. Mummia come bitume Avicenna (980 - 1037) la consigliava per paralisi, eruzioni cutanee, ascessi, malattie della milza e del fegato. T. Herbert, nei Viaggi in Persia (1627), scrive che, vicino a Lar, nella città di Jaarown o nei pressi, “[…] si trova un prezioso liquido, o mummia, che esce, mumnaky-koobas lo chiamano, che nessuno pensa di prendere, essendo attentamente custodito per l’uso del solo Re. Solo a giugno, dalla cime di queste stupende montagne, distillano circa 5 once ogni anno. E’ una gomma umida e fragrante, sovrana contro i veleni; e (se dobbiamo creder loro) un catholicon [rimedio] per tutti i tipi di ferite, cosicchè quando altri principi mandano l’oro di Shaw-Abbas, perle o simili regali costosi, egli dà in cambio un po’ di questo balsamo come adatta ricompensa”. W. Crooke, in Religion and Folklore of Northern India (1926), riporta che il governatore di Lar, per ordine dello Shah, sigillava per 364 giorni l’entrata della montagna da cui essudava il liquido, aprendola solo una volta all’anno per permetterne la raccolta. Tale liquido poteva curare ogni sorta di malanno, soprattutto le fratture. Sempre Crooke aggiunge che, in India, il liquido si chiama Narayan Tel o Ram Tel, rispettivamente “olio di Vishnu” od “olio di Rama”, e cura le ferite causate da ogni tipo di arma. Chi lo possedesse, sarebbe invulnerabile. Altri viaggiatori riferiscono i termini momiya kani (“mummia minerale”), muminahi kodreti (“mummia data da Dio”) e momnahy, trattandosi essenzialmente di una sostanza bituminosa che essuda dalla roccia. Popolarmente, si credeva che il bitume fosse l’ “essenza” dei ragazzi dell’Abissinia, bollito a fuoco lento, e anche che il bitume derivasse dalle mummie egizie, ma quando le mummie originali iniziarono ad esaurirsi, i mercanti le sostituirono con il vero e proprio bitume. Altre identificazioni Ai tempi di Paracelso, lo sperma ispessito o seccato era detto “mummia” e si usava come afrodisiaco (Philtran). Le proprietà delle mummie erano attribuite anche a resine solide, come il benzoino (ottenuto dallo Styrax benzoin), resina nota come silajit, “che vince la roccia”. Interpretazione E’ possibile ipotizzare che le proprietà attribuite alla mummia fossero dovute alla composizione dei prodotti utilizzati nell’imbalsamazione, in particolare ai principi attivi delle specie vegetali. E’ però necessario distinguere tra la mummia in sé e per sé e la mummia come componente di ricette. Nel primo caso, l’azione sarebbe attribuibile ai prodotti dell’imbalsamazione, nel secondo vi sarebbe il contributo preponderante di altri ingredienti. Per quest’ultimo caso, si possono distinguere tre tipi di componenti. I primi svolgono un’azione reale e sono generalmente piante contenenti uno o più principi attivi. I secondi non avrebbero necessariamente un determinato effetto e la funzione sarebbe quella di modulare l’azione dei primi ingredienti. Gli ultimi sono quelli normalmente privi di azione farmacologica, con la funzione di legante e per migliorare l’aspetto generale (odore o gusto). Tralasciando i preparati in cui compare la mummia come ingrediente, riassumiamo di seguito l’identificazione, la composizione essenziale e la possibile azione dei materiali per l’imbalsamazione: - Aloe (Aloe spp.). Alcune specie contengono aloina, barbaloina ed emodina. E’ tonico, emmenagogo, vermifugo, purgativo drastico e stomachico. - Balsamo (Commiphora opobalsamum). Contiene un olio essenziale. Potrebbe essere balsamico, antisettico e antiparassitario. - Canapa (Cannabis spp.). Contiene per lo più tetraidrocannabinolo. E’ analgesica, sedativa, narcotica e inebriante - Cinnamomo (Cinnamomum camphora, Cinnamomum cassia). Cinnamomum camphora - Contiene un olio essenziale composto, tra l’altro, da eugenolo, pinene, safranale, safrolo e terpineolo. Potrebbe essere antibiotico. Cinnamomum cassia - Contiene un olio essenziale composto da acetati e aldeidi. Troviamo inoltre cinncassiolo A, cinnzeilanolo, cinnzeilanina, benzaldeide e cumarina. E’ antibiotico. - Gomma (Acacia spp.). Contiene tannino, acidi gallici e acido arabinico. Avrebbe proprietà astringenti - Mirra (Commiphora molmol, Commiphora abyssinica). Contiene un olio essenziale composto, tra l’altro, da pinene, aldeidi e acido mirrolico. Potrebbe essere narcotica e inebriante. E’ astringente e antisettica. - Olibano o incenso (Boswellia papyrifera, Boswellia sacra, Boswellia serrata). Contiene un olio essenziale composto, tra l’altro, da pinene, borneolo, fellandrene e olibanolo. Potrebbe essere narcotico e inebriante. Avrebbe mostrato alcune applicazioni medicinali. - Zafferano (Crocus sativus). Contiene un olio esenziale composto per lo più da safranale. E’ presente anche picrocrocina. Sarebbe eccitante e euforizzante, anche narcotico, si usa per mestruazioni dolorose e dolori lombari concomitanti, dispepsie atoniche, tossi insistenti, spasmi bronchiali e asma. - Bitume. Miscela di idrocarburi solidi o viscosi, di colore dal bruno scuro al nero, che può impregnare determinati tipi di rocce. Sembra che nell’antichità fosse usato in alcune preparazioni come tonico nervoso. - Pece. Massa nera di varia consistenza e di aspetto bituminoso, derivata dalla distillazione di prodotti resinosi, per esempio la colofonia ottenuta da conifere (per lo più, Pinus spp.). E’ costituita da composti acidi resinosi e idrocarburi:. E’ balsamica, antisettica e topica. In definitiva, i componenti utilizzati nell’imbalsamazione possono avere un qualche effetto reale, considerando in particolare l’azione psicologicamente stimolante degli oli essenziali in generale, ma è anche possibile la mummia fosse inattiva e che le sue proprietà si basassero su un’azione magica. La caratteristica sinistra, teatrale e bizzarra della mummia avrebbe generato una certa suggestione e un certo sensazionalismo. Per quanto riguarda le ricette in cui compariva la mummia, la loro efficacia dipendeva dagli altri componenti, la cui azione reale poteva essere attribuita alla mummia stessa, confondendosi con le proprietà di quest’ultima. In generale, l’effetto farmacologico avrebbe potuto combinarsi con quello psicologico.
Riferimenti essenziali: - Battaglia S., 1975, Grande Dizionario della lingua italiana, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino - Camporesi P., 1983, La carne impassibile, Il Saggiatore, Milano - Cortellazzo M. & P. Zolli, 1979, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna - Crooke W., 2005, Religion and Folklore of Northern India, Rupa, New Delhi - Rätsch C., 1996, Räucherstoffe. Der Atem des Drachen, AT Verlag, Aarau - Rätsch C. & C. Müller-Ebeling, 2003, Lexicon der Liebesmittel, AT Verlag, Aarau (Autore:Gianluca Toro) Sezioni correlate in questo sito:
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