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(di Marisa Uberti)
La denominazione evoca un nonsoche
di arcano, rimandando ad antiche leggende in cui una Signora del lago
appare a qualche viaggiatore che ha il piacere di incontrarla, percorrendo
le amene strade affondate tra gli uliveti.Ma non c'è niente, invero, che
colleghi questa chiesa all'acqua:infatti il nome originario deriva dalla
presenza di un lucus,cioè un bosco, termine
che venne 'storpiato' lungo i secoli, arrivandoci in maniera distorta: da
'lucus' si cominciò a tramandare 'lacus', cioè lago.Sarebbe dunque più
corretto parlare di Santa Maria del Bosco,però non la conoscerebbe
nessuno con questo nome, che le è proprio.Sono i 'percorsi' che fa la
storia. C'è però da rimarcare che nelle vicinanze sgorga un'acqua
sulfurea, alla temperatura naturale di 40 gradi, che avrebbe provati
effetti benefici sulla pelle.
Non siamo giunti qui indirizzati
da qualche 'indizio', nessun simbolismo che ci fosse stato preventivamente
segnalato da valutare. Però sulla 'Guida ai luoghi misteriosi d'Italia'
del Cordier, ricordavamo di aver letto, tempo fa, il nome di questa
località, perchè proprio davanti alla chiesa di Santa Maria del Lago si
sarebbe trovata una strana 'vasca' che la leggenda
attribuiva ai 'giganti', i Paladini, che avevano
costruito le fortificazioni ciclopiche abruzzesi... Eh si, in effetti il
manufatto, che abbiamo trovato subito, appare come una gigantesca 'scodella'
in pietra ma pare che fosse originariamente una specie di 'tino' usato per
la vendemmia.Di queste vasche ne sarebbero state ritrovate parecchie,
sparse sul territorio (in provincia di Chieti e de L'Aquila).Non è
escluso un uso rituale di queste 'vasche', anche se la loro origine rimane
oscura. Comunque,davanti a questa chiesa se ne trova una, lasciata alle
intemperie e alla vista di chiunque si trovi a passare. Non presenta nè
simboli nè iscrizioni, appare alquanto 'rozza 'nell'esecuzione, e non se
ne vede il fondo perchè è coperta da uno straterello di ghiaia.
Un 'sesto'senso ci ha guidati in
questa località, che non conoscevamo:Moscufo, che nome curioso, ci
siamo detti, e man mano ci avvicinavamo sentivamo che ci avrebbe riservato
delle sorprese.Di origini antichissime, abitata già dai protoitalici, la
piccola Moscufo mutuerebbe il nome da Moskoulf, signore del
castello eretto sull’attiguo colle Luca.Le indicazioni della suddetta
chiesa sono ben segnalate e frequenti da trovare; basta seguirle che ci si
ritrova davanti al piazzalino antistante. Accanto, c'è un cimitero e il
paese rimane a circa un chilometro, a est. L'attiguo cimitero fu
realizzato durante il periodo Napoleonico e si narra che abbia una
caratteristica: le cappelle funebri hanno replicato le forme della chiesa
di Santa Maria del Lago!
I battenti della chiesa erano
chiusi, ma sul pannello accanto all'edificio c'era un numero di telefono
da chiamare in caso si volesse visitarla, così è bastato comporlo ed un
gentilissimo sacerdote è giunto prontamente ad aprircela, illuminandocela
e indicandoci l'opera che è un vanto possedere, per la comunità e che è
oggetto di venerazione:un dipinto di Madonna
con Bambino
che è attribuito ad Andrea
Delitio (1490 circa)
Noi, per la verità, eravamo
talmente rapiti dalla bellezza sprigionatasi dall'interno dell'edificio,
che ci mancavano anche le parole! Sono emozioni che salgono dall'anima
quando ci si trova al cospetto del 'meraviglioso' (che suscita
meraviglia):all'esterno, difatti, la chiesa è semplice, con facciata a
capanna, e non lascia presagire la ricchezza dei rilievi interni, il
sapiente sposalizio della luce con le tenebre che vi si celebra:un
matrimonio sacro, di cui ci sentiamo ospiti impacciati, quasi dei
profanatori. Sarà che tutto è immerso in un silenzio magistrale, e
abbiamo tutta la chiesa per noi! Lo avevamo detto che sentivamo che
avremmo avuto delle sorprese!
La chiesa fu costruita nel XII
secolo su un precedente edificio e faceva parte di un complesso abbaziale,
ma di quell'antica costruzione non restano tracce.Le sue dipendenze sono
con il monastero di San Clemente a Casauria.
La facciata fu rifatta nel 1733 ma
quella che vediamo oggi è recente (XX secolo),tranne che il portale.
Ha tre navate, terminanti in
altrettante absidi semicircolari. L'impianto risulta familiare con quello
delle chiese benedettine.Un momento di grande fioritura dell'arte
plastica abruzzese.
Noi non vorremmo nuovamente
ricadere nella ripetizione che anche qui possano aver lavorato i 'nostri'
Comacini (o quanto meno,che la loro Scuola abbia 'ispirato' e forgiato
altri Maestri) ma una frase riportata sul pannello informativo fuori dalla
chiesa, ci conferma la nostra ipotesi:"Alla spazialità raccolta e
suggestiva dell'interno, corrispondono i composti ed equilibrati partiti
architettonici dell'esterno, improntati al recupero del repertorio
classico e alla citazione di stilemi lombardi, che
sottolineano ed esaltano il valore geometrico e lineare delle forme".
Semicolonnine, archetti pensili,
arcatelle cieche, capitellini a foglia e lesene angolari piane.
Le feritoie delle absidi minori e
la monofora dell'abside centrale, sono inoltre segnate da cornici decorate
da motivi vegetali e animali, fra cui spicca una scena di cani che
inseguono cervi.
All'interno, l'elemento di maggior
presa è l'ambone, realizzato e firmato nel 1159 da Nicodemo da
Guardiagrele su commissione dell'abate Rainaldo. E'addossato al
pilastro sinistro della navata mediana; è in travertino ed è sostenuto
da quattro colonne calcaree raccordate da arcatelle su cui si sviluppa la
tribuna polilobata.
A lato, abbiamo illustrato alcune
delle scene scolpite sul manufatto,che conserva dei colori magnifici.
Naturalmente, a noi che amiamo i 'particolari' non è potuta sfuggire la
seguente scritta, che compare sul lato esterno della scaletta che porta al
pulpito:
Le lettere sono contenute in
cerchi, eccetto le ultime.Il primo tondo contiene una croce; l'ottava
lettera dall'alto non sembra far parte dell'alfabeto latino.La sequenza
delle lettere non suggerisce alcuna parola di senso compiuto! Se qualcuno
fosse in grado di svelare l'enigma,lo faccia senza indugio.
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L'ambone, capolavoro di
Nicodemo da Guardiagrele, che firmò l'opera', è carico di simbologia,
legata a temi narrativi sacri e 'profani': Giona vomitato dalla balena,
un Santo, una sorta di Minotauro, un Monaco incensiere e un uomo che
cavalca un mostro mentre l'altro tenta di ucciderlo.Molti i motivi di
intreccio e annodamento di riempimento delle scene.
A sinistra,una figura
umana nuda sale sulla colonnina liscia e spigolosa;a destra una analoga
figura(di cui restano solo i piedi e le braccia) ne ridiscende...
Uomini che si arrampicano
nudi, protomi animali reali e fantastiche, un Angelo(simbolo
dell'evangelista Giovanni), ed altri elementi figurativi completano e
arricchiscono l'incredibile opera scultorea. Naturalmente, uno studio
mirato potrebbe portare all'identificazione di risvolti ermetici in tutta
la simbologia presente sul manufatto, che rivela anche un'influenza
arabo-moresca.
Sul fianco emerge
una colonnina tortile, sormontata da un ridondante capitello e sostenuta
da un nano accocolato; sullo stesso lato compare la preziosa iscrizione
che contiene la firma dell'autore(foto sopra)
Le navate sono ritmate da
due serie di quattro colonne in laterizio, intercalate da due pilastri
centrali con semicolonne addossate che dividono idealmente la zona
riservata ai fedeli dal presbiterio.
Le colonne, poste a
sostegno dei poderosi archi a tutto sesto, sono sormontate da pittoreschi
capitelli ornati da raffigurazioni simboliche vegetali ed antropomorfe,
uno diverso dall'altro(di cui sotto diamo soltanto un assaggio)
Le 'consuete' facce
ghignanti che i costruttori si 'divertivano' ad apporre nelle loro opere e
spesso in posti particolari: i capitelli era uno dei loro 'preferiti'.Al
centro, un volto d'uomo, serio, è attorniato da due figure umane togate,
molto curate nei dettagli.Il significato della scena è tutto da
decifrare...
Nella zona absidale
rimangono lacerti di un ciclo di affreschi, attribuiti con riserva al XIII
secolo. Sopra, vediamo i piedi trafitti dai chiodi di ciò che doveva
essere la figura gigantesca di un Cristo Pantocratore.
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