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Posto
a sud del ramo orientale del lago di Como, isolato rispetto al territorio
circostante, il Monte Barro rientra
nella tipologia che gli archeologi definiscono “monti orfani”, alture
che, come l'Olimpo e il Sinai, erano considerate sacre: alla loro sommità,
dove i temporali si abbattevano con maggior veemenza, i fulmini avrebbero
indicato agli impauriti abitanti della pianura, la sede certa della loro
divinità, a cui erigere altari.
Sin
dai tempi più antichi, prima ancora di divenire importante luogo
strategico-militare, il Monte Barro fu
frequentato dalle popolazioni preromane degli Orobi e vi sarebbe sorta, secondo alcuni, una città di Barra o Parra, ricordata da Plinio il Vecchio e narrata
nelle leggende che, sin dal Medioevo, parlavano del Barro come sede di una
mitica città. Indubbiamente ai
Celti si richiamano alcuni
toponimi locali, com'è il caso della radice “bar”.
Di certo, sulla parte sommitale del Monte
Barro, in un sito naturalmente difeso rivolto al
versante che guarda ai laghetti briantei, sono stati portati alla luce i
resti di un vasto complesso fortificato
di età gota (V e VI secolo d.C.), attestatosi all'interno del
preesistente scacchiere difensivo costituito da posti
di vedetta e controllo del territorio e delle principali vie di transito
dirette ai valichi alpini che, nella fase tardoantica
dell'occupazione romana, si snodava lungo il limes subalpino.
“Al
principio del V secolo d.C. I Visigoti entrarono con facilità in Italia.
Il 2 febbraio del 402 raggiunsero le porte di Milano. Dall'alto delle mura
della città si vedevano i fuochi appiccati nel contado durante il
passaggio dell'esercito barbaro.”
(Claudiano)
Da questo momento è un
succedersi di guerre ed invasioni, che scelgono la Lombardia come terreno
privilegiato: Goti, Unni, Longobardi (568 o 569) e gruppi di popolazioni
germaniche.
La
funzione
dei castelli fortificati (castra)
sorti lungo l’arco alpino e
prealpino nella fase tardo antica dell'occupazione romana (1),
fu quindi quella di difendere,
contro le incursioni barbariche (2),
le
città allora capitali dell’impero romano occidentale: Milano
(286-402 d.C.) e Ravenna (402-476 d.C.).
Milano
certamente ancora conservava una grande rilevanza, in virtù alla sua posizione
centrale rispetto ai collegamenti della pianura padana con il centro
Europa.
Lungo
il confine dell'insediamento romano a ridosso della regione alpina (il
limes
subalpino, ovvero l'ampio tracciato fortificato posto all'imbocco
delle vallate alpine e sui laghi) sorge uno scacchiere difensivo
costituito da città
fortificate
in retroguardia e altre più
avanzate verso i valichi, attorniate da castra
minori,
in siti naturalmente difesi, successivamente usati dai goti
e da bizantini.
Postazioni
fortificate si registrano infatti anche nella parte centrale del limes,
nell'area dei laghi (3). Tra queste, diverse postazioni fungevano principalmente da posti
di vedetta e controllo del territorio e delle principali vie di transito
dirette ai valichi alpini: è questo il caso, per esempio, del
vasto
complesso fortificato utilizzato
tra
il V e VI secolo all’epoca della dominazione gota in Italia, portato
alla luce sulla parte sommitale del Monte
Barro, da una ben nota e significativa campagna di scavo archeologico
condotta in anni relativamente recenti (4).
Il
Monte Barro (922 m. s.l.m.)
è un rilievo isolato posto a sud del ramo orientale del lago
di Como; costituisce una sorta di balcone panoramico aperto a 360°
sul territorio circostante, offrendo magnifici panorami sulle colline
della Brianza, costellata da laghi di origine glaciale, sulla valle
dell’Adda, sul Resegone, sulle Grigne, sul
bacino del lago di Lecco, sui Corni di Canzo, per finire con un’ampia
porzione della Pianura Padana, bordata dalle Alpi
Un
sito fondato nell'ambito dell'organizzazione dello scacchiere difensivo
approntato in area prealpina nel tardo impero
a protezione di Milano, ma ancora in uso durante la guerra gotica - dagli Ostrogoti incendiato e abbandonato verso il
540 dopo Cristo - e l'invasione longobarda (5).
Per
la sua posizione aperta ai quattro punti cardinali il Monte Barro è
stato, fin dai tempi più antichi, importante luogo strategico-militare:
esso è naturalmente protetto da versanti a strapiombo e privi di accesso
a nord (quello sovrastante Pian Sciresa) e ad est.
Verso
ovest (dove il pendio si
abbassa più dolcemente verso il Lago di Annone), ad una quota compresa
tra i 600 e i 650 m.s.m., il dislivello è reso più dolce da alcune ampie
terrazze pianeggianti, al di sotto delle quali riprendono ripidi
strapiombi con pendenza quasi verticale. Su queste terrazze
naturali, si sviluppava, su una superficie di ca. otto ettari, l'abitato (nell'immagine la mappa del Parco del Monte Barro)
Il monte assume una posizione
altamente strategica, poiché a
sud di esso correva l'antico percorso
pedemontano tra Bergamo e Como,
mentre il lato orientale era lambito dal fiume Adda, in questo tratto
navigabile, fin dall'antichità, fino alle rapide di Calusco.
Un
altro vasto castello, anch'esso di fondazione tardoantica (Monte Brianza)
sovrastava, discosto dal Barro una decina di chilometri, il percorso
meridionale della Bergamo-Como.
Entrambi erano dunque in
prossimità di assi viari importanti (6).
Una
fortificazione, questa, che rientra nella casistica dei castelli
edificati nella Tarda Antichità, tra la metà del V secolo - periodo
in cui si verificano due pericolose incursioni di barbari attraverso il
Canton Ticino - e l'età gota,
quando Teodorico presta particolare cura alla difesa delle Alpi
centro-occidentali, attraverso le quali temeva attacchi contro il suo
regno.
E'
noto infatti come già nel tardo impero, molte fortezze servissero a dare
ricetto, in caso di attacco nemico, alle popolazioni disperse nelle aree
circostanti, che abitavano in insediamenti rurali aperti e indifesi; le
incursioni erano spesso mirate, infatti, a razziare, con altro bottino,
esseri umani, da tenere o da vendere come schiavi.
Va
sottolineato che nessun dato storico ricorda l'insediamento fortificato di
Monte Barro. Unico punto di riferimento sono alcune epistole di Cassiodoro
(Variae: I, 17, 40; II, 5; III, 48) nelle quali si dettano alcune regole
relative ai rapporti di collaborazione tra le fortificazioni, le comunità
locali e il potere centrale.
Nell'insediamento
fortificato di Monte Barro una serie di elementi rispondono alle
indicazioni elencate nelle lettere di Cassiodoro: la posizione
(arretrata, all'imboccatura di un sistema fluvio-lacuali prealpino, su
posizioni dominante), la difesa integrata tra cinta e strapiombi naturali,
l'impianto pianificato, la dimensione ragguardevole dell'insediamento, la
qualità delle architetture
E'
pertanto possibile che l'insediamento di Monte Barro sia stato costruito
negli ultimi decenni dell'impero o agli inizi dell'età gota, ovvero già
a partire dalla fine del IV e agli inizi del V sec. d.C., grazie ad un
rapporto di collaborazione tra il potere centrale e le comunità locali.
L'imponente
complesso fortificato d'età gota
(sorto entro di una ristretta cronologia compresa tra il V e la prima metà
del VI secolo), che si estende per almeno sei ettari nell'area dei Piani
di Barra, occupando i terrazzamenti posti ad occidente dell'altura, è
recinto da uno spesso CIRCUITO DIFENSIVO, il “muraioo”,
una cortina continua, lunga 1200 metri e provvista di torri i cui resti
(tre torri di guardia) si dispongono lungo un sentiero
fra i
Piani, l’Eremo e la Valle della Pila.
Il
tutto rappresenta il più esteso
rinvenimento del popolo goto in alta Italia,
costituendo un esempio estremamente interessante di fortificazioni
d'altura tra V e VII sec. d.C.
Non
lontano dagli edifici ubicati sui terrazzamenti ad ovest, tra l'Eremo
e il versante sud-orientale, vi era inoltre un ridotto
fortificato, che occupa un'area meno indagata archeologicamente
Più
accessibile, ma sempre con notevole gradiente, è invece il declivio
meridionale, difeso dal muraioo, che nel tratto orientale inglobava, fino
allo spartiacque, una superficie di una ventina di ettari.
Il muro
terminava ad est in corrispondenza di un versante naturalmente protetto,
mentre sul lato opposto si dipartiva un saliente che andava a
circoscrivere, in prossimità dello spartiacque, un RIDOTTO
DIFENSIVO, corrispondente all'area occupata in età rinascimentale da
una nuova fortificazione e poi da un eremo (7).
In
questo ridotto vi erano edifici e una chiesa dedicata a S. Vittore, un
santo che denota una chiara dipendenza da Milano.
E'
anche possibile, dal momento che non è stata individuata altrove, che
attorno alla chiesa vi fosse la principale area cimiteriale.
La
chiesa tardo gotica di Santa Maria è ubicata al termine della scalinata
in acciottolato che conduce all'Eremo, sul luogo in cui sorgeva un ridotto
difensivo d'epoca gota, nell'area meno indagata archeologicamente
In generale, i
ridotti fortificati, collocati nella parte più alta del centro, potevano
ospitare un modesto nucleo di soldati e soprattutto fungere da nucleo di
resistenza estrema nel caso la città bassa venisse invasa.
Mappa
piani di barra
Oltre
il saliente, la cima piegava decisamente verso valle per un centinaio di
metri per poi dirigersi ad occidente, fino a comprendere l'abitato.L'area
protetta da mura e da strapiombi, aveva dunque un'estensione complessiva
di circa 50 ettari, occupati da declivi, ora prevalentemente boschivi, ma,
in antico, almeno in parte spogli di vegetazione e adatti quindi ad un
pascolo di ovicaprini.
La
porzione di terreno pianeggiante da destinare all'agricoltura, occupava
invece non più di un ettaro di superficie.
Dell'area
abitata ai Piani di Barra, i terrazzamenti occidentali hanno restituito
(1994) undici
edifici (sui
quindici in totale ipotizzati) di dimensioni medie costruiti con
pietra del Barro, nonchè i resti di un grande
edificio (avente superficie di 1680 mq), sito su un terrazzo ubicato
in posizione centrale, con
edifici di complemento.
A
sinistra i resti degli edifici; a destra il Grande Edificio
Il Grande
Edificio, così denominato per
l'imponenza della propria mole e per l'importanza conferita al luogo,
doveva essere verosimilmente abitato da un personaggio di rango elevato;
occupava l'ala nord, dove, in un ambiente centrale del piano superiore,
era appesa una corona
pensile di bronzo (8)
sospesa su uno scranno (simbolo di potere dell'autorità da cui dipendeva
l'intero insediamento); anche gli altri reperti qui rinvenuti (gioielli,
due speroni da cavaliere), nonchè i resti di una più ricca alimentazione
(9), sono caratteristiche che
corroborano questa ipotesi.
Il
grande ed isolato edificio nordoccidentale, che da solo occupa un
terrazzamento, rappresenta un unicum nel territorio lombardo. Al suo
interno vi erano ambienti, situati nell’ala est, scanditi da
suddivisioni lignee e da pilastri. Il vano nord era ristretto
simmetricamente tra quattro ambienti, due per lato. Il primo piano
presentava pavimentazione in coccio pesto e affreschi di non rilevante
qualità ma che sono indizio di un
ambiente di rappresentanza che si differenziava dagli edifici limitrofi
(nell'immagine, l'assonometria del Grande Edificio)
I
tre corpi di fabbrica che lo componevano, si sviluppavano su due piani, ed
erano disposti attorno ad un'ampia corte (sul rimanente lato l'edificio
era chiuso da un muro di cinta).
I corpi di fabbrica laterali dovevano essere depositi, stalle o ambienti
secondari per servi.
Resti
di edifici
Gli
edifici attigui, di cui sono visibili i perimetri a pianta
quadrangolare, furono realizzati con murature legate con malta; talvolta
le strutture portanti erano rafforzate da pali verticali di legno mentre i
pavimenti dovevano essere molto semplici, con un ambiente per il focolare.
Il
materiale edilizio sembra sia stato prelevato da zone limitrofe (pietra
del Barro), con aggiunta di coperture in laterizi e carpenteria per lo più
in legno di castagno, tipico della zona.
Erano
inoltre di medie dimensioni e separati l'uno dall'altro da ampi cortili,
utilizzati come discarica dei rifiuti domestici. Ciascun edificio contava
due piani articolati da uno (due casi) a tre vani con portico (quattro
esempi).
Resti
di edifici
La
solidità e l'omogeneità delle costruzioni attesta l'impiego di
maestranze di buon livello, quali peraltro, in età tardo-antica, si
potevano reperire senza difficoltà anche in ambito rurale.
Le
trasformazioni in corso d'uso denunciano invece una maggiore povertà
tecnologica e alcune murature sono state innalzate da mani inesperte. Chi
usò gli edifici aveva indubbiamente un livello di cultura materiale
inferiore rispetto a chi li costruì.
La
qualità dell'edilizia di tutti gli edifici induce inoltre ad escludere
che vi abitassero servi.
Sono state trovate tracce di focolari a testimonianza dell’uso abitativo
di questi edifi ci e una piccola forgia da fabbro, come indicato dai
reperti ritrovati in loco (10).
Sulla fine dell'abitato c'è
ancora incertezza. Il palazzo fu
distrutto intorno al 540 ed è probabile che in quel particolare
momento di caos nell'area milanese, tutto il sito fosse abbandonato. Non
vi sono tracce evidenti di frequentazione posteriore.
INTERPRETAZIONE
Come
si evince dall'esame comparato dei reperti, tenendo conto dei materiali
utilizzati e dell'elevato grado di tecnologia rilevabile nell'edificazione
delle strutture, il centro fortificato del Barro venne progettato e
realizzato con un notevole dispendio di risorse, il che suggerisce, anche
in considerazione della vicinanza con Milano, che il progetto sia stato quasi certamente voluto da un potere centrale,
quale poteva essere, allora, la Milano
tardo imperiale o gotica (11).
Tale origine si riflette nella
struttura gerarchica
dell'insediamento, osservabile:
a) nella tripartizione areale
che converge sul ridotto centrale fortificato, nel quale trovava posto la
chiesa e dove potremmo sospettare alloggiasse un presidio militare;
b) negli edifici, all'interno
dei quali si distingue per dimensioni ed articolazione simmetrica il
palazzetto ad ali;
c) nei manufatti e nei reperti
faunistici, rinvenuti al suo interno, materiali che evidenziano una
maggior qualificazione nella cultura e nell'alimentazione dell'ala nobile
rispetto a quella laterale, occupata da persone di bassa condizione
(servi?);
d) nel simbolo di potere (la
corona) appesa al soffitto del vano centrale, riferibile ad un personaggio
di alto rango, verosimilmente il capo dell'insediamento;
L'analisi dei manufatti
(alcuni di provenienza nordafricana) denota peraltro che chi viveva
nell'abitato era di cultura tardoromana e, come tale, non si distingueva
dalle popolazioni del territorio circostante; i reperti faunistici
confermano che era direttamente coinvolto nell'allevamento del bestiame,
attività che poteva essere svolta in parte nei 300 ettari ca. dei
versanti della montagna, in parte nell'hinterland.
Non essendovi spazio, sulle
pendici del Barro, che per attività agricole sussidiarie, se ne deve
dedurre che i prodotti dovevano essere raccolti altrove.
Vi è infatti una certa
evidenza che le derrate agricole prodotte direttamente venissero integrate
con approvvigionamenti;
Inoltre, sono documentate
soltanto attività artigianali episodiche; non da queste doveva pertanto
provenire la relativa ricchezza degli abitanti, testimoniata dall'inusuale
rinvenimento di monete, in particolare per il periodo 525-543 (periodo
della guerra bizantino-gotica); l'ipotesi più probabile è che
costruissero un pagamento per servizi resi.
CONCLUSIONI
Un insediamento fortificato
così complesso (tenuto conto del suo sviluppo abnorme, che non ha
confronti in altri castelli nord-italiani e della sua articolazione in
tre settori distinti), ha posto problemi interpretativi che hanno
sortito pareri opposti da parte degli studiosi.
Si può quindi concludere affermando che l’insediamento
fortificato del monte Barro non ebbe né un’esclusiva prerogativa
militare (in considerazione dell’ampiezza dell’area residenziale
del borgo e degli scarsi ritrovamenti di armi), né
un'esclusiva funzione di rifugio (in quanto alcuni elementi indicano
che la fortezza svolgeva anche il compito di ospitare un presidio
militare, da localizzarsi nel ridotto difensivo dell'Eremo, che ricorda
quelli analoghi di alcune città -
supra; inoltre, l'opera muraria difensiva era assai imponente), né, tantomeno, una funzione di sbarramento (com'è tipico invece di
molti castra alpini: l'apparato fortificatorio protegge solo la montagna
e non il transito ai suoi piedi - le vie d’accesso a valle).
Piuttosto,
sembra che l'insediamento avesse una valenza molteplice, ovvero, che coniugasse tre
differenti esigenze, tra loro correlate:
a)
un rifugio per le popolazioni
locali, direttamente coinvolto nel progetto pianificatorio di difesa;
b)
un presidio militare,
probabilmente localizzato nel ridotto dell'Eremo, agli ordini di un
personaggio di alto rango che risiedeva nel palazzetto;
c)
un'area fortificata sui versanti
meridionali, utilizzabile in caso di un lungo assedio per ammassare
bestiame.
Il
connubio tra rifugio (area dell’Eremo) e cinta muraria avvalorano
l'ipotesi di un centro pensato
per offrire riparo alle popolazioni locali, pronto alla difesa in caso
di assedio: queste caratteristiche rispondono assai bene alle esigenze
strategiche delle fortificazioni di V-VI secolo, quali quelle
costruite da Goti e Romani,
di cui ci informa Cassiodoro (vedi sopra); fu solo dalla peculiare
morfologia del sito che il castello di Monte Barro derivò una struttura
insediativa inconsueta
Note
(1)
Nel
tardo impero, fra il IV e V secolo, per presidiare le vie d'accesso alla
penisola, vengono collocati, lungo l'arco alpino (che già di per sé
costituiva un limes naturale),
degli sbarramenti
ai valichi, le clausurae
alpine, in
corrispondenza delle quali si
disponevano i
castra
e i castella
usati dai Goti prima e dai bizantini poi.
La persistenza delle clausurae
alpine è testimoniata ancora in età longobarda, e oltre.
il
ruolo dei Longobardi, per quanto riguarda l'occupazione dei castra
e dei castella, è ancora
piuttosto sfuggente, anche se è certo che li utilizzarono.
Lungo
tale limes, sorsero città fortificate in retroguardia e altre più
avanzate verso i valichi, attorniate da castra
minori.
Fortificazioni
si registrano anche nella parte centrale, nell'area dei laghi, fino
a ricongiungersi con i Claustra
Julia ad est (mediante i castra
al passo del Predil e di Monte Croce Carnico, Zuglio ed infine Cividale
del Friuli).
Particolarmente
importanti, e con sequenze stratigrafiche simili sono: Rezzonico,
Sirmione, l'Isola Comacina, Castelserpio, Monte
Barro, Ibligo-Invillino, Castel Grande di Bellinzona, Doss di Trento,
Pombia, Castelnovate.
Quasi
tutti (sia che fossero oppida preromani
o siti romani poi abbandonati) presentano una prima occupazione o
rioccupazione dell'area sommitale fra il IV e V secolo, quasi sempre con
strutture riconducibili ad una fortificazione, hanno spesso una chiesa
tardoantica all'interno del recinto, che ospitava certamente popolazione
civile, in un secondo momento, militari. Le strutture murarie, tuttavia,
sono molto differenti e i confronti risultano meno stringenti.
(2)
È attestata una notevole incursione di barbari in Italia attraverso il
Canton Ticino durante il V secolo d.C. ed è risaputo l’interesse
della difesa dei confini di Teodorico, re dei Goti, per difendere il suo
regno fondato poco dopo la caduta di Roma (G. P. BROGIOLO, S. GELICHI, I
castra tardo antichi (IV-metà VI secolo), p. 18). Il Lecchese fu
infatti teatro di alcuni importanti fatti d'arme come la battaglia
combattuta sull'Adda nel 490 tra Teodorico, re degli Ostrogoti, e
Odoacre, re degli Eruli, e altri scontri tra duchi e re longobardi, come
quello datato al 678 tra Alahis e Cuinperto, a cui parteciparono i due
fratelli Aldo e Grauso, sepolti nella cappella di Beolco presso Calco.
(3)
Ricordiamo,
sul Lario, le postazioni fortificate nell'Isola Comacina, a Castelserpio,
a Brivio, a Lecco (il castrum
di S. Stefano).
(4)
Tra
il 1986 e il 1997 il museo Paolo Giovio di Como ha promosso campagne di
scavi archeologici, diretti dal prof. Gian Pietro Brogiolo. gli oggetti
rinvenuti nel corso di alcune campagne archeologiche sono visibili
presso l’Antiquarium. Le indagini hanno
riguardato quasi esclusivamente due dei tre settori nei quali si può
articolare il complesso insediamento; la destinazione attuale del terzo,
coincidente con l'Eremo, non consente infatti di condurvi ricerche di
ampia portata.
(5)
Ricordiamo
la forte presenza Gota a nord di Milano, nella zona dei laghi, presso
l'Isola Comacina, al Monte Barro.
(6)
Ad
assicurare il collegamento con i passi alpini, transitava, lungo la
stretta fascia pedemontana nella Lombardia centrale, la via
militare romana che congiungeva l'antica Aquileia, nel Veneto, con
le Alpi (la Rezia), passando per Verona, Brescia, Bergamo, Lecco e Como,
e che in questo tratto - Bergomum-Comum - si poneva
in posizione intermedia tra l’ambiente montano delle prealpi orobiche
a Nord e la fascia delle risorgive dell’alta pianura a Sud, correndo a
settentrione dei laghi brianzoli.
Per l'analisi della via militare in questo territorio, si veda anche: http://alessandra-creativefamily.blogspot.it/2012/05/per-unanalisi-storica-del-territorio-di.html
(7)
All'interno di questa fortezza, che si sviluppa entro l'area meno
indagata archeologicamente, sul finire del Duecento vi si edificò una
chiesa dedicata a S. Vittore (soldato martire
cristiano del III secolo), mentre in periodo rinascimentale si
costruì una fortificazione e successivamente l’Eremo. La destinazione
in particolare di sanatorio (1968) stravolse le strutture preesistenti,
delle quali non restano che poche tracce nella chiesa tardo gotica di
S.Maria ubicata al termine della scalinata in acciottolato ed in diverse
murature di epoca gota ancora presenti.
(8)
Corone
di questo tipo, costituite da una lamina di bronzo o di metallo
prezioso, finemente decorate e che, grazie a quattro catenelle, venivano
di solito appese, stavano a simboleggiare il potere e l’importanza
delle persone appartenenti ad un rango molto elevato.
(9)
Cereali
– si presume coltivati altrove -, come orzo, segale, avena; altri
prodotti vegetali, come fave, vecce; prodotti carnei sia selvatici, sia
domestici. Questo tipo di alimentazione, tra
l'altro, denota la riduzione dei traffici mediterranei registrabili in
tutta la Lombardia, in quanto il panorama dei prodotti è orientato più
sui mercati regionali.
(10)
I
MANUFATTI
ci
permettono di definire le caratteristiche culturali della popolazione,
nonché gli ambiti di approvvigionamento. Occorre peraltro distinguere
tra suppellettili d'uso domestico e oggetti di ornamento. Le prime sono
prodotte quasi esclusivamente in ambito regionale, salvo alcuni vetri ed
un numero esiguo di contenitori e piatti di provenienza africana. Questo
è un dato comune per il territorio lombardo tra seconda metà V e VI
secolo ed è indizio della riduzione del volume dei commerci a lunga
distanza. Gli oggetti di
ornamento,
oltre a quelli testimonianti lo status
symbol di cui si è detto,
comprendono
pettini, anelli, braccialetti, fibbie e fibule, tutti rigorosamente
inquadrabili nella cultura materiale tardoromana. E'
anche da rilevare la totale assenza di armi, inusuale per un sito
fortificato. Per
questi aspetti, il nostro insediamento non differiva da quelli coevi
della Lombardia occidentale; costituisce invece un'eccezione, almeno
riguardo all'area transpadana, la disponibilità di denaro, in
particolare in età gota, testimoniata da 20 monete rinvenute in
differenti edifici
(tutte databili tra il 525 e il 547, periodo della guerra
bizantino/gota) e
quindi non derivate dalla dispersione di un tesoretto.La ricostruzione
antropologica è stata possibile in parte grazie agli
unici resti umani scoperti nel cortile
del Grande edificio; si tratta di due adulti e un bambino, molto
probabilmente persone di un rango superiore, visto che a loro è stata
riservata una sepoltura in un luogo così importante.
(11)
Una fondazione dovuta ad un'autorità nascerà probabilmente da un
progetto, con edifici che adottano standard tipologici e costruttivi di
buon livello realizzati da maestranze specializzate.
Bibliografia
-
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Geografia storica dell’Italia: geografia dell’Italia medievale -
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tardoantichi e altomedievali.
-
Vismara G., L’alto Medioevo, in G. Vismara - A. Cavanna - P. Vismara,
Ticino medievale. Storia di una terra
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Locarno, 1990.
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2-4 settembre 1993). SAP
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http://www.comune.montevecchia.lc.it/docinf.jhtml?param1_1=N1135288bd6b3e20d43f
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http://www.parcobarro.lombardia.it/_parco/index.php?-
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http://www.parks.it/parco.monte.barro/pun.php
-
//www.icastelli.it/castle-1255114072-fortezza_di_monte_barro-it.ph
Nota
di servizio
I
rilievi satellitari, la mappa dei Piani di Barra e l'assonometria del
Grande Edificio, sono tratte da http://www.antika.it/004092_galbiate-lc-parco-archeologico-del-monte-barro.html
(Autrice:
Alessandra Facchinetti; l'articolo originale si trova nel blog
dell'autrice http://alessandra-creativefamily.blogspot.com/).
Le foto, ove non altrimenti indicato, sono di Cristian Riva.
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