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      Il complesso archeologico di Monte Barro

                                                                         (di Alessandra Facchinetti)

 

Posto a sud del ramo orientale del lago di Como, isolato rispetto al territorio circostante, il Monte Barro rientra nella tipologia che gli archeologi definiscono “monti orfani”, alture che, come l'Olimpo e il Sinai, erano considerate sacre: alla loro sommità, dove i temporali si abbattevano con maggior veemenza, i fulmini avrebbero indicato agli impauriti abitanti della pianura, la sede certa della loro divinità, a cui erigere altari.

Sin dai tempi più antichi, prima ancora di divenire importante luogo strategico-militare, il Monte Barro fu frequentato dalle popolazioni preromane degli Orobi e vi sarebbe sorta, secondo alcuni, una città di Barra o Parra, ricordata da Plinio il Vecchio e narrata nelle leggende che, sin dal Medioevo, parlavano del Barro come sede di una mitica città. Indubbiamente ai Celti si richiamano alcuni toponimi locali, com'è il caso della radice “bar”. 
Di certo, sulla parte sommitale del Monte Barro, in un sito naturalmente difeso rivolto al versante che guarda ai laghetti briantei, sono stati portati alla luce i resti di un vasto complesso fortificato di età gota (V e VI secolo d.C.), attestatosi all'interno del preesistente scacchiere difensivo costituito da posti di vedetta e controllo del territorio e delle principali vie di transito dirette ai valichi alpini che, nella fase tardoantica dell'occupazione romana, si snodava lungo il limes subalpino.

  Al principio del V secolo d.C. I Visigoti entrarono con facilità in Italia. Il 2 febbraio del 402 raggiunsero le porte di Milano. Dall'alto delle mura della città si vedevano i fuochi appiccati nel contado durante il passaggio dell'esercito barbaro.”
(Claudiano)
  
Da questo momento è un succedersi di guerre ed invasioni, che scelgono la Lombardia come terreno privilegiato: Goti, Unni, Longobardi (568 o 569) e gruppi di popolazioni germaniche.

La funzione dei castelli fortificati (castra) sorti lungo l’arco alpino e prealpino nella fase tardo antica dell'occupazione romana (1), fu quindi quella di difendere, contro le incursioni barbariche (2), le città allora capitali dell’impero romano occidentale: Milano (286-402 d.C.) e Ravenna (402-476 d.C.).

Milano certamente ancora conservava una grande rilevanza, in virtù alla sua posizione centrale rispetto ai collegamenti della pianura padana con il centro Europa.

Lungo il confine dell'insediamento romano a ridosso della regione alpina (il limes subalpino, ovvero l'ampio tracciato fortificato posto all'imbocco delle vallate alpine e sui laghi) sorge uno scacchiere difensivo costituito da città fortificate in retroguardia e altre più avanzate verso i valichi, attorniate da castra minori, in siti naturalmente difesi, successivamente usati dai goti e da bizantini.

                                                 

Postazioni fortificate si registrano infatti anche nella parte centrale del limes, nell'area dei laghi (3). Tra queste, diverse postazioni fungevano principalmente da posti di vedetta e controllo del territorio e delle principali vie di transito dirette ai valichi alpini: è questo il caso, per esempio, del vasto complesso fortificato utilizzato tra il V e VI secolo all’epoca della dominazione gota in Italia, portato alla luce sulla parte sommitale del Monte Barro, da una ben nota e significativa campagna di scavo archeologico condotta in anni relativamente recenti (4).

     
 Il Monte Barro (922 m. s.l.m.) è un rilievo isolato posto a sud del ramo orientale del lago di Como; costituisce una sorta di balcone panoramico aperto a 360° sul territorio circostante, offrendo magnifici panorami sulle colline della Brianza, costellata da laghi di origine glaciale, sulla valle dell’Adda, sul Resegone, sulle Grigne, sul bacino del lago di Lecco, sui Corni di Canzo, per finire con un’ampia porzione della Pianura Padana, bordata dalle Alpi

  Un sito fondato nell'ambito dell'organizzazione dello scacchiere difensivo approntato in area prealpina nel tardo impero a protezione di Milano, ma ancora in uso durante la guerra gotica - dagli Ostrogoti incendiato e abbandonato verso il 540 dopo Cristo - e l'invasione longobarda (5).

 

Per la sua posizione aperta ai quattro punti cardinali il Monte Barro è stato, fin dai tempi più antichi, importante luogo strategico-militare: esso è naturalmente protetto da versanti a strapiombo e privi di accesso a nord (quello sovrastante Pian Sciresa) e ad est.

Verso ovest (dove il pendio si abbassa più dolcemente verso il Lago di Annone), ad una quota compresa tra i 600 e i 650 m.s.m., il dislivello è reso più dolce da alcune ampie terrazze pianeggianti, al di sotto delle quali riprendono ripidi strapiombi con pendenza quasi verticale. Su queste terrazze naturali, si sviluppava, su una superficie di ca. otto ettari, l'abitato (nell'immagine la mappa del Parco del Monte Barro)

Il monte assume una posizione altamente strategica, poiché a sud di esso correva l'antico percorso pedemontano tra Bergamo e Como, mentre il lato orientale era lambito dal fiume Adda, in questo tratto navigabile, fin dall'antichità, fino alle rapide di Calusco. 

Un altro vasto castello, anch'esso di fondazione tardoantica (Monte Brianza) sovrastava, discosto dal Barro una decina di chilometri, il percorso meridionale della Bergamo-Como. 
Entrambi erano dunque in prossimità di assi viari importanti (6). 

Una fortificazione, questa, che rientra nella casistica dei castelli edificati nella Tarda Antichità, tra la metà del V secolo - periodo in cui si verificano due pericolose incursioni di barbari attraverso il Canton Ticino - e l'età gota, quando Teodorico presta particolare cura alla difesa delle Alpi centro-occidentali, attraverso le quali temeva attacchi contro il suo regno. 

E' noto infatti come già nel tardo impero, molte fortezze servissero a dare ricetto, in caso di attacco nemico, alle popolazioni disperse nelle aree circostanti, che abitavano in insediamenti rurali aperti e indifesi; le incursioni erano spesso mirate, infatti, a razziare, con altro bottino, esseri umani, da tenere o da vendere come schiavi. 

Va sottolineato che nessun dato storico ricorda l'insediamento fortificato di Monte Barro. Unico punto di riferimento sono alcune epistole di Cassiodoro (Variae: I, 17, 40; II, 5; III, 48) nelle quali si dettano alcune regole relative ai rapporti di collaborazione tra le fortificazioni, le comunità locali e il potere centrale.
Nell'insediamento fortificato di Monte Barro una serie di elementi rispondono alle indicazioni elencate nelle lettere di Cassiodoro: la posizione (arretrata, all'imboccatura di un sistema fluvio-lacuali prealpino, su posizioni dominante), la difesa integrata tra cinta e strapiombi naturali, l'impianto pianificato, la dimensione ragguardevole dell'insediamento, la qualità delle architetture
E' pertanto possibile che l'insediamento di Monte Barro sia stato costruito negli ultimi decenni dell'impero o agli inizi dell'età gota, ovvero già a partire dalla fine del IV e agli inizi del V sec. d.C., grazie ad un rapporto di collaborazione tra il potere centrale e le comunità locali

L'imponente complesso fortificato d'età gota (sorto entro di una ristretta cronologia compresa tra il V e la prima metà del VI secolo), che si estende per almeno sei ettari nell'area dei Piani di Barra, occupando i terrazzamenti posti ad occidente dell'altura, è recinto da uno spesso CIRCUITO DIFENSIVO, il “muraioo”, una cortina continua, lunga 1200 metri e provvista di torri i cui resti (tre torri di guardia) si dispongono lungo un sentiero fra i Piani, l’Eremo e la Valle della Pila.

Il tutto rappresenta il più esteso rinvenimento del popolo goto in alta Italia, costituendo un esempio estremamente interessante di fortificazioni d'altura tra V e VII sec. d.C. 

 

Non lontano dagli edifici ubicati sui terrazzamenti ad ovest, tra l'Eremo e il versante sud-orientale, vi era inoltre un ridotto fortificato, che occupa un'area meno indagata archeologicamente

Più accessibile, ma sempre con notevole gradiente, è invece il declivio meridionale, difeso dal muraioo, che nel tratto orientale inglobava, fino allo spartiacque, una superficie di una ventina di ettari. 
Il muro terminava ad est in corrispondenza di un versante naturalmente protetto, mentre sul lato opposto si dipartiva un saliente che andava a circoscrivere, in prossimità dello spartiacque, un RIDOTTO DIFENSIVO, corrispondente all'area occupata in età rinascimentale da una nuova fortificazione e poi da un eremo (7).

In questo ridotto vi erano edifici e una chiesa dedicata a S. Vittore, un santo che denota una chiara dipendenza da Milano. 
E' anche possibile, dal momento che non è stata individuata altrove, che attorno alla chiesa vi fosse la principale area cimiteriale.

La chiesa tardo gotica di Santa Maria è ubicata al termine della scalinata in acciottolato che conduce all'Eremo, sul luogo in cui sorgeva un ridotto difensivo d'epoca gota, nell'area meno indagata archeologicamente

In generale, i ridotti fortificati, collocati nella parte più alta del centro, potevano ospitare un modesto nucleo di soldati e soprattutto fungere da nucleo di resistenza estrema nel caso la città bassa venisse invasa.

                                                         

                                                                                             Mappa piani di barra

Oltre il saliente, la cima piegava decisamente verso valle per un centinaio di metri per poi dirigersi ad occidente, fino a comprendere l'abitato.L'area protetta da mura e da strapiombi, aveva dunque un'estensione complessiva di circa 50 ettari, occupati da declivi, ora prevalentemente boschivi, ma, in antico, almeno in parte spogli di vegetazione e adatti quindi ad un pascolo di ovicaprini.
La porzione di terreno pianeggiante da destinare all'agricoltura, occupava invece non più di un ettaro di superficie. 

Dell'area abitata ai Piani di Barra, i terrazzamenti occidentali hanno restituito (1994) undici edifici (sui quindici in totale ipotizzati) di dimensioni medie costruiti con pietra del Barro, nonchè i resti di un grande edificio (avente superficie di 1680 mq), sito su un terrazzo ubicato in posizione centrale, con edifici di complemento. 

               
                                                  A sinistra i resti degli edifici; a destra il Grande Edificio

Il Grande Edificio, così denominato per l'imponenza della propria mole e per l'importanza conferita al luogo, doveva essere verosimilmente abitato da un personaggio di rango elevato; occupava l'ala nord, dove, in un ambiente centrale del piano superiore, era appesa una corona pensile di bronzo (8) sospesa su uno scranno (simbolo di potere dell'autorità da cui dipendeva l'intero insediamento); anche gli altri reperti qui rinvenuti (gioielli, due speroni da cavaliere), nonchè i resti di una più ricca alimentazione (9), sono caratteristiche che corroborano questa ipotesi. 

                                                   
Il grande ed isolato edificio nordoccidentale, che da solo occupa un terrazzamento, rappresenta un unicum nel territorio lombardo. Al suo interno vi erano ambienti, situati nell’ala est, scanditi da suddivisioni lignee e da pilastri. Il vano nord era ristretto simmetricamente tra quattro ambienti, due per lato. Il primo piano presentava pavimentazione in coccio pesto e affreschi di non rilevante qualità ma che sono indizio di un ambiente di rappresentanza che si differenziava dagli edifici limitrofi (nell'immagine, l'assonometria del Grande Edificio)

I tre corpi di fabbrica che lo componevano, si sviluppavano su due piani, ed erano disposti attorno ad un'ampia corte (sul rimanente lato l'edificio era chiuso da un muro di cinta).
I corpi di fabbrica laterali dovevano essere depositi, stalle o ambienti secondari per servi.
  

       
                                                                                  Resti di edifici

Gli edifici attigui, di cui sono visibili i perimetri a pianta quadrangolare, furono realizzati con murature legate con malta; talvolta le strutture portanti erano rafforzate da pali verticali di legno mentre i pavimenti dovevano essere molto semplici, con un ambiente per il focolare.
Il materiale edilizio sembra sia stato prelevato da zone limitrofe (pietra del Barro), con aggiunta di coperture in laterizi e carpenteria per lo più in legno di castagno, tipico della zona. 
Erano inoltre di medie dimensioni e separati l'uno dall'altro da ampi cortili, utilizzati come discarica dei rifiuti domestici. Ciascun edificio contava due piani articolati da uno (due casi) a tre vani con portico (quattro esempi).

         
                                                                                     Resti di edifici

La solidità e l'omogeneità delle costruzioni attesta l'impiego di maestranze di buon livello, quali peraltro, in età tardo-antica, si potevano reperire senza difficoltà anche in ambito rurale.
Le trasformazioni in corso d'uso denunciano invece una maggiore povertà tecnologica e alcune murature sono state innalzate da mani inesperte. Chi usò gli edifici aveva indubbiamente un livello di cultura materiale inferiore rispetto a chi li costruì.
La qualità dell'edilizia di tutti gli edifici induce inoltre ad escludere che vi abitassero servi. 
Sono state trovate tracce di focolari a testimonianza dell’uso abitativo di questi edifi ci e una piccola forgia da fabbro, come indicato dai reperti ritrovati in loco (10). 

Sulla fine dell'abitato c'è ancora incertezza. Il palazzo fu distrutto intorno al 540 ed è probabile che in quel particolare momento di caos nell'area milanese, tutto il sito fosse abbandonato. Non vi sono tracce evidenti di frequentazione posteriore. 

INTERPRETAZIONE 


Come si evince dall'esame comparato dei reperti, tenendo conto dei materiali utilizzati e dell'elevato grado di tecnologia rilevabile nell'edificazione delle strutture, il centro fortificato del Barro venne progettato e realizzato con un notevole dispendio di risorse, il che suggerisce, anche in considerazione della vicinanza con Milano, che il progetto sia stato quasi certamente voluto da un potere centrale, quale poteva essere, allora, la Milano tardo imperiale o gotica (11)
   
Tale origine si riflette nella struttura gerarchica dell'insediamento, osservabile: 
a) nella tripartizione areale che converge sul ridotto centrale fortificato, nel quale trovava posto la chiesa e dove potremmo sospettare alloggiasse un presidio militare;
b) negli edifici, all'interno dei quali si distingue per dimensioni ed articolazione simmetrica il palazzetto ad ali; 
c) nei manufatti e nei reperti faunistici, rinvenuti al suo interno, materiali che evidenziano una maggior qualificazione nella cultura e nell'alimentazione dell'ala nobile rispetto a quella laterale, occupata da persone di bassa condizione (servi?);
d) nel simbolo di potere (la corona) appesa al soffitto del vano centrale, riferibile ad un personaggio di alto rango, verosimilmente il capo dell'insediamento; 

L'analisi dei manufatti (alcuni di provenienza nordafricana) denota peraltro che chi viveva nell'abitato era di cultura tardoromana e, come tale, non si distingueva dalle popolazioni del territorio circostante; i reperti faunistici confermano che era direttamente coinvolto nell'allevamento del bestiame, attività che poteva essere svolta in parte nei 300 ettari ca. dei versanti della montagna, in parte nell'hinterland
Non essendovi spazio, sulle pendici del Barro, che per attività agricole sussidiarie, se ne deve dedurre che i prodotti dovevano essere raccolti altrove.
Vi è infatti una certa evidenza che le derrate agricole prodotte direttamente venissero integrate con approvvigionamenti;
Inoltre, sono documentate soltanto attività artigianali episodiche; non da queste doveva pertanto provenire la relativa ricchezza degli abitanti, testimoniata dall'inusuale rinvenimento di monete, in particolare per il periodo 525-543 (periodo della guerra bizantino-gotica); l'ipotesi più probabile è che costruissero un pagamento per servizi resi.


CONCLUSIONI


Un insediamento fortificato così complesso (tenuto conto del suo sviluppo abnorme, che non ha confronti in altri castelli nord-italiani e della sua articolazione in tre settori distinti), ha posto problemi interpretativi che hanno sortito pareri opposti da parte degli studiosi.

Si può quindi concludere affermando che l’insediamento fortificato del monte Barro non ebbe né un’esclusiva prerogativa militare (in considerazione dell’ampiezza dell’area residenziale del borgo e degli scarsi ritrovamenti di armi), né un'esclusiva funzione di rifugio (in quanto alcuni elementi indicano che la fortezza svolgeva anche il compito di ospitare un presidio militare, da localizzarsi nel ridotto difensivo dell'Eremo, che ricorda quelli analoghi di alcune città - supra; inoltre, l'opera muraria difensiva era assai imponente), né, tantomeno, una funzione di sbarramento (com'è tipico invece di molti castra alpini: l'apparato fortificatorio protegge solo la montagna e non il transito ai suoi piedi - le vie d’accesso a valle).

Piuttosto, sembra che l'insediamento avesse una valenza molteplice, ovvero, che coniugasse tre differenti esigenze, tra loro correlate:

a) un rifugio per le popolazioni locali, direttamente coinvolto nel progetto pianificatorio di difesa;

b) un presidio militare, probabilmente localizzato nel ridotto dell'Eremo, agli ordini di un personaggio di alto rango che risiedeva nel palazzetto;

c) un'area fortificata sui versanti meridionali, utilizzabile in caso di un lungo assedio per ammassare bestiame. 

Il connubio tra rifugio (area dell’Eremo) e cinta muraria avvalorano l'ipotesi di un centro pensato per offrire riparo alle popolazioni locali, pronto alla difesa in caso di assedio: queste caratteristiche rispondono assai bene alle esigenze strategiche delle fortificazioni di V-VI secolo, quali quelle costruite da Goti e Romani, di cui ci informa Cassiodoro (vedi sopra); fu solo dalla peculiare morfologia del sito che il castello di Monte Barro derivò una struttura insediativa inconsueta


Note

(1) Nel tardo impero, fra il IV e V secolo, per presidiare le vie d'accesso alla penisola, vengono collocati, lungo l'arco alpino (che già di per sé costituiva un limes naturale), degli sbarramenti ai valichi, le clausurae alpine, in corrispondenza delle quali si disponevano i castra e i castella usati dai Goti prima e dai bizantini poi. La persistenza delle clausurae alpine è testimoniata ancora in età longobarda, e oltre.

il ruolo dei Longobardi, per quanto riguarda l'occupazione dei castra e dei castella, è ancora piuttosto sfuggente, anche se è certo che li utilizzarono.

Lungo tale limes, sorsero città fortificate in retroguardia e altre più avanzate verso i valichi, attorniate da castra minori.

Fortificazioni si registrano anche nella parte centrale, nell'area dei laghi, fino a ricongiungersi con i Claustra Julia ad est (mediante i castra al passo del Predil e di Monte Croce Carnico, Zuglio ed infine Cividale del Friuli).

Particolarmente importanti, e con sequenze stratigrafiche simili sono: Rezzonico, Sirmione, l'Isola Comacina, Castelserpio, Monte Barro, Ibligo-Invillino, Castel Grande di Bellinzona, Doss di Trento, Pombia, Castelnovate.

Quasi tutti (sia che fossero oppida preromani o siti romani poi abbandonati) presentano una prima occupazione o rioccupazione dell'area sommitale fra il IV e V secolo, quasi sempre con strutture riconducibili ad una fortificazione, hanno spesso una chiesa tardoantica all'interno del recinto, che ospitava certamente popolazione civile, in un secondo momento, militari. Le strutture murarie, tuttavia, sono molto differenti e i confronti risultano meno stringenti. 

(2) È attestata una notevole incursione di barbari in Italia attraverso il Canton Ticino durante il V secolo d.C. ed è risaputo l’interesse della difesa dei confini di Teodorico, re dei Goti, per difendere il suo regno fondato poco dopo la caduta di Roma (G. P. BROGIOLO, S. GELICHI, I castra tardo antichi (IV-metà VI secolo), p. 18). Il Lecchese fu infatti teatro di alcuni importanti fatti d'arme come la battaglia combattuta sull'Adda nel 490 tra Teodorico, re degli Ostrogoti, e Odoacre, re degli Eruli, e altri scontri tra duchi e re longobardi, come quello datato al 678 tra Alahis e Cuinperto, a cui parteciparono i due fratelli Aldo e Grauso, sepolti nella cappella di Beolco presso Calco.

(3) Ricordiamo, sul Lario, le postazioni fortificate nell'Isola Comacina, a Castelserpio, a Brivio, a Lecco (il castrum di S. Stefano). 

(4) Tra il 1986 e il 1997 il museo Paolo Giovio di Como ha promosso campagne di scavi archeologici, diretti dal prof. Gian Pietro Brogiolo. gli oggetti rinvenuti nel corso di alcune campagne archeologiche sono visibili presso l’Antiquarium. Le indagini hanno riguardato quasi esclusivamente due dei tre settori nei quali si può articolare il complesso insediamento; la destinazione attuale del terzo, coincidente con l'Eremo, non consente infatti di condurvi ricerche di ampia portata. 

(5) Ricordiamo la forte presenza Gota a nord di Milano, nella zona dei laghi, presso l'Isola Comacina, al Monte Barro. 

(6) Ad assicurare il collegamento con i passi alpini, transitava, lungo la stretta fascia pedemontana nella Lombardia centrale, la via militare romana che congiungeva l'antica Aquileia, nel Veneto, con le Alpi (la Rezia), passando per Verona, Brescia, Bergamo, Lecco e Como, e che in questo tratto - Bergomum-Comum - si poneva in posizione intermedia tra l’ambiente montano delle prealpi orobiche a Nord e la fascia delle risorgive dell’alta pianura a Sud, correndo a settentrione dei laghi brianzoli. Per l'analisi della via militare in questo territorio, si veda anche: http://alessandra-creativefamily.blogspot.it/2012/05/per-unanalisi-storica-del-territorio-di.html  

(7) All'interno di questa fortezza, che si sviluppa entro l'area meno indagata archeologicamente, sul finire del Duecento vi si edificò una chiesa dedicata a S. Vittore (soldato martire cristiano del III secolo), mentre in periodo rinascimentale si costruì una fortificazione e successivamente l’Eremo. La destinazione in particolare di sanatorio (1968) stravolse le strutture preesistenti, delle quali non restano che poche tracce nella chiesa tardo gotica di S.Maria ubicata al termine della scalinata in acciottolato ed in diverse murature di epoca gota ancora presenti. 

(8) Corone di questo tipo, costituite da una lamina di bronzo o di metallo prezioso, finemente decorate e che, grazie a quattro catenelle, venivano di solito appese, stavano a simboleggiare il potere e l’importanza delle persone appartenenti ad un rango molto elevato. 

(9) Cereali – si presume coltivati altrove -, come orzo, segale, avena; altri prodotti vegetali, come fave, vecce; prodotti carnei sia selvatici, sia domestici. Questo tipo di alimentazione, tra l'altro, denota la riduzione dei traffici mediterranei registrabili in tutta la Lombardia, in quanto il panorama dei prodotti è orientato più sui mercati regionali. 

(10) I MANUFATTI ci permettono di definire le caratteristiche culturali della popolazione, nonché gli ambiti di approvvigionamento. Occorre peraltro distinguere tra suppellettili d'uso domestico e oggetti di ornamento. Le prime sono prodotte quasi esclusivamente in ambito regionale, salvo alcuni vetri ed un numero esiguo di contenitori e piatti di provenienza africana. Questo è un dato comune per il territorio lombardo tra seconda metà V e VI secolo ed è indizio della riduzione del volume dei commerci a lunga distanza. Gli oggetti di ornamento, oltre a quelli testimonianti lo status symbol di cui si è detto, comprendono pettini, anelli, braccialetti, fibbie e fibule, tutti rigorosamente inquadrabili nella cultura materiale tardoromana. E' anche da rilevare la totale assenza di armi, inusuale per un sito fortificato. Per questi aspetti, il nostro insediamento non differiva da quelli coevi della Lombardia occidentale; costituisce invece un'eccezione, almeno riguardo all'area transpadana, la disponibilità di denaro, in particolare in età gota, testimoniata da 20 monete rinvenute in differenti edifici (tutte databili tra il 525 e il 547, periodo della guerra bizantino/gota) e quindi non derivate dalla dispersione di un tesoretto.La ricostruzione antropologica è stata possibile in parte grazie agli unici resti umani scoperti nel cortile del Grande edificio; si tratta di due adulti e un bambino, molto probabilmente persone di un rango superiore, visto che a loro è stata riservata una sepoltura in un luogo così importante.

(11) Una fondazione dovuta ad un'autorità nascerà probabilmente da un progetto, con edifici che adottano standard tipologici e costruttivi di buon livello realizzati da maestranze specializzate.


Bibliografia  

- Claudio Azzara, I Goti nell'Italia settentrionale. In "Goti nell'arco alpino orientale”, a cura di M. Buora e L. Villa. Società Friulana di Archeologia – Onlus. Per la collana “Archeologia di frontiera 5 – 2006.  
-Geografia storica dell’Italia: geografia dell’Italia medievale - a.a. 2000-2001. Scavi medievali in Italia. Dispensa n° 2: I castelli tardoantichi e altomedievali. 
- Don Rinaldo Beretta - 1923 - Il castello e il convento di Montebarro, A.S.L., a. L, fasc. 1-2, pp. 159–171 [Ripubblicato con rimaneggiamenti in Appunti storici…, pp. 43–58, con il titolo La rocca e il convento di Montebarro]. 
- Brogiolo G. P., Gelichi S., Nuove ricerche sui castelli altomedievali in Italia settentrionale, pp. 11 e seg., Firenze, 1996.
- Settia, Le fortificazioni dei Goti in Italia, in Atti XIII Congresso Internazionale di studi sull’Alto Medioevo (Milano 1992), Spoleto. 
- Geografia storica dell’Italia: geografia dell’Italia medievale - a.a. 2000-2001 - Scavi medievali in Italia - Dispensa n° 2: I castelli tardoantichi e altomedievali. 
- Vismara G., L’alto Medioevo, in G. Vismara - A. Cavanna - P. Vismara, Ticino medievale. Storia di una terra
lombarda, Locarno, 1990. 
- G. P. BROGIOLO, S. GELICHI, I castra tardo antichi (IV-metà VI secolo) in Nuove ricerche sui castelli altomedievali in Italia settentrionale. All’Insegna del Giglio – Firenze – 1996.
- G. P. BROGIOLO, Edilizia residenziale in Lombardia (V-VIII) in Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. IV Seminario sul Tardoantico e l’Altomedioevo in Italia Centrosettentrionale (Montebarro-Galbiate, 2-4 settembre 1993). SAP Società Archeologica S.r.l.Mantova – 1994
- http://www.comune.montevecchia.lc.it/docinf.jhtml?param1_1=N1135288bd6b3e20d43f 
- http://www.parcobarro.lombardia.it/_parco/index.php?- option=com_content&task=view&id=40&Itemid=64 
- http://www.parks.it/parco.monte.barro/pun.php 
- //www.icastelli.it/castle-1255114072-fortezza_di_monte_barro-it.ph 

Nota di servizio 
I rilievi satellitari, la mappa dei Piani di Barra e l'assonometria del Grande Edificio, sono tratte da http://www.antika.it/004092_galbiate-lc-parco-archeologico-del-monte-barro.html

 

(Autrice: Alessandra Facchinetti; l'articolo originale si trova nel blog dell'autrice http://alessandra-creativefamily.blogspot.com/). Le foto, ove non altrimenti indicato, sono di Cristian Riva.

 

 

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