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Origini del Mitraismo: lo Zoroastrismo
Lo
Zoroastrismo è una delle più antiche religioni professata ancora
oggi, che prende il nome dal profeta persiano Zarathustra,
o Zoroastro (forma grecizzata), vissuto tra il 630
e il 532 a.C. La tradizione vuole che il giovane Zoroastro, all’età di
vent’anni, si ritirò nel deserto per meditare e lì, in quell’immensità
solitaria, cadde in estasi e gli apparve il dio supremo del Bene,
Ahura Mazda, o Ohrmazd.
Questi gli comandò di intraprendere una lotta con il principio del Male,
incarnato nella figura di Angra Mainyu, o
Ahriman. Dopo questo avvenimento, Zoroastro
propose una profonda riforma del culto induista, del quale soprattutto
sfoltì drasticamente il numero degli dei. Il nuovo culto presentava un
carattere fortemente dualistico, nel quale tutto ciò che esiste può essere
diviso tra Bene e Male e tutto ciò che accade è il risultato dell’eterna
lotta tra questi due principi. Ciò che oggi conosciamo del culto originario
proviene dall’Avesta, l’insieme dei testi sacri
dello Zoroastrismo composto da 21 libri a carattere non solo religioso, ma
anche cosmogonico, astronomico e, soprattutto, astrologico. Tra i pochi dei
sopravvissuti del pantheon buddista, conservati nel culto zoroastriano,
spicca il dio Mitra (o Mithra,
nell’etimologia originale persiana), venerato sin dal 1200 a.C. Citato nei
Veda, ovvero i testi sacri dell’Induismo, è
associato al culto solare, e veniva venerato come dio dell’onestà,
dell’amicizia e dei patti.
Il culto presso l'Impero Romano
Presso gli
antichi Romani il culto mitraico cominciò a diffondersi nel I sec. a.C.,
importato dalle legioni che tornavano dalle campagne militari nell’Oriente.
Per questo motivo, e per la durezza di alcune delle prove iniziatiche che
l’adepto doveva superare, il culto era prettamente diffuso tra i militari,
ed era comunque aperto ai soli uomini. Durante il III sec. il culto venne
incentivato dagli stessi imperatori, che vi vedevano un ottimo strumento di
propaganda con il quale si assicuravano la fedeltà e l’impegno in battaglia
dei soldati. Durante questo stesso periodo, tuttavia, il mitraismo
cominciava anche a fondersi con il culto del Sol
Invictus, ma, soprattutto, con il nascente culto cristiano, finendo
pian piano soppiantato da questo. In effetti, ciò che oggi conosciamo del
mitraismo lo dobbiamo sia agli scavi archeologici, che hanno portato alla
luce diversi luoghi di culto dedicati a Mitra, sia a quanto riportato dagli
autori cristiani, in una visione chiaramente distorta e tendente a mostrarne
tutti i lati negativi, in quanto esso costituiva un temibile concorrente da
sopprimere. Tuttavia non si può fare a meno di sottolineare molte
similitudini tra i due culti, retaggio comune di culti ancora più antichi,
ma sempre legati alla figura solare.
Il mito
Secondo la
dottrina base del mitraismo, Mitra era un dio nato da una roccia e destinato
ad assicurare la salvezza del mondo. Per fare ciò fu comandato dal dio Sole
(per mezzo di un corvo) di uccidere un Toro, che
rappresentava la pienezza della vita. Mitra, con l’aiuto di un
cane, riesce a condurre il toro in una caverna,
dove lo intrappola. Sollevando la testa del toro per le narici, il giovane
gli pianta il coltello nel fianco e riesce ad ucciderlo. Dal corpo del toro
morente nascono tutte le piante necessarie per la vita dell’uomo: in
particolare il grano, che si genera dal midollo,
e la vite, che nasce dal sangue caduto a terra.
Altri due animali intervengono a sostenere il dio nella sua impresa: sono
uno scorpione, che punge il toro ai testicoli,
ed un serpente, che lo morsica. Secondo un’altra
interpretazione, i due animali sono invece inviati dal dio del male,
Ahriman, a contrastare la generazione della natura. Alla fine il dio,
riconciliato con il dio Sole, celebra con lui un banchetto con le carni del
toro ucciso. L'iconografia classica raffigurava Mitra come un giovane dal
berretto frigio, nell’atto di uccidere il toro ("tauroctonia"),
ed ai suoi piedi compaiono spesso gli altri animali che lo aiutarono nella
lotta. Il culto comprendeva sette gradi di iniziazione,
ciascuno presieduto da un pianeta (o dal dio ad esso associato) e
simboleggiato da uno o più emblemi caratteristici che nei cerimoniali veniva
portato in mano o indossato. Nella tabella seguente sono elencati i nomi dei
gradi, il pianeta e gli emblemi ad essi associati
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Pianeta
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Emblema
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Corax (Corvo)
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Mercurio
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Coppa, caduceo
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Nymphus (Ninfo)
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Venere
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Corona, lampada, velo
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Miles (Soldato)
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Marte
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Elmetto, lancia
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Leo (Leone)
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Giove
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Fulmine, picca infuocata
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Perses (Persiano)
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Luna
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Spada persiana, falce
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Heliodromos
(Corriere del Sole)
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Sole
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Corona solare, torcia, frusta
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Pater (Padre)
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Saturno
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Anello, asta, copricapo
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Interessante, dal punto di vista simbolico, il rituale di iniziazione che
spettava al primo grado, il Corvo. Secondo
alcune tradizioni, infatti, il recipendiario doveva resistere al doppio rito
dell’acqua (immersione in una vasca di acqua gelata) e del fuoco
(attraversamento di un fuoco o di una lastra bollente). Questi riti
dopvevano costituire una sorte di morte mistica dell’iniziato alla vecchia
vita, per rinascere nella nuova come seguace di Mitra. Il corvo è di colore
nero e l’adepto indossava una tunica di questo colore: non è altro che il
tema universale e simbolico della nigredo
alchemica che si ritrova più o meno invariato in ciascun culto a carattere
iniziatico. A seguire, la fase al bianco, o albedo:
nel culto mitraico essa è rappresentata dal grado del Ninfo, il vergine
fanciullo. Per superare la prova d’ammissione l’adepto doveva togliersi la
veste nera e rimanere completamente nudo davanti tutti gli altri, per poi
essere rivestito di una veste candida, a simboleggiare la sua condizione di
rinascita. Secondo alcuni, le prove successive erano più miti, soltanto a
carattere simbolico (per passare al grado di Leo,
ad esempio, ci si doveva semplicemente cospargersi la bocca di miele); per
altri invece erano prove sempre più complicate volte a dimostrare il valore
come guerriero. Di fatto, i primi tre gradi erano accessibili a tutti mentre
quelli successivi erano alla portata di pochi. L’ultimo grado, quello di
Padre, era riservato a pochissimi eletti e pare che di solito ci si
arrivasse più per raccomandazione piuttosto che per valori reali.
Il mitreo
I misteri
di Mitra venivano celebrati in templi sotterranei, costruiti ad imitazione
della caverna nel quale si tramandava che il dio avesse intrappolato ed
ucciso il toro, chiamati mitrei. Il tipico mitreo
era una camera rettangolare sotterranea di circa 25 m x 10, con soffitto a
volta, e poteva contenere fino a 30 persone. Se non era possibile celebrare
in una caverna naturale, il mitreo veniva costruito in edifici chiusi,
spesso destinati originariamente ad altri usi (magazzini, cantine, stalle)
adattati in modo da ricreare l’ambiente di una caverna. Il mitreo poteva
avere un’anticamera nella quale veniva posto il toro nell’attesa di essere
immolato per il banchetto celebrativo, momento culminante di ogni cerimonia
mitraica. All’ingresso erano solitamente poste le statue dei due
Dadofori, cioè i portatori di fiaccole:
Cautes e Cautopates,
rappresentati, rispettivamente, con la fiaccola alzata o abbassata,
simboleggianti l’Equinozio di Primavera (quando
il giorno prevale sulla notte), e l’Equinozio d’Autunno
(quando la notte si fa più lunga del giorno). Due stretti e lunghi sedili
fiancheggiavano la sala ai due lati, sopra i quali i partecipanti prendevano
posto. Nella parte terminale prendeva posto l’altare, che spesso era cavo
per accogliere una lucerna al suo interno. L’effetto era quello di
diffondere una luce tenue e soffusa adatta per la celebrazione. Sull’altare
era posta una falce di luna rovesciata, mentre dietro ad esso si trovava
generalmente una raffigurazione della tauroctonia, l’uccisione rituale del
toro da parte del dio Mitra, in bassorilievo oppure dipinta. Alcuni mitrei
presentavano al loro interno una fonte d’acqua per le abluzioni rituali e
dei pozzetti per la raccolta del sangue dell’animale sacrificato.
In Italia sono presenti molti mitrei, anche ben conservati. Se ne trovano
molti a Roma (famosi quello del Circo Massimo, quelli sotto le chiese di S.
Prisca e di
S. Clemente, e il mitreo Barberini) e ad
Ostia Antica. Tra gli altri, ricordiamo:
- il Mitreo di Marino
(RM)
- il Mitreo di Sutri
(VT)
- il Mitreo di Vulci
(VT)
-
il Mitreo di
Duino (TS)
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il Mitreo di
Santa Maria Capua Vatere (CE)
I Mitrei di Ostia Antica
Nell’area
del litorale laziale, laddove gli antichi Romani avevano il loro porto
principale, sorgeva un importante insediamento militare (castrum),
il cui scopo principale era quello del controllo sull’accesso fluviale a
Roma, attraverso il fiume Tevere che qui aveva la sua foce ("ostium"):
la cittadella, perciò, venne chiamata Ostia.
Sorta intorno al IV sec. a.C., l’antica Ostia crebbe e si sviluppò,
raggiungendo il massimo splendore durante i primi secoli dell’era Cristiana,
in particolare nel periodo dal I al III sec. d.C. L’area degli scavi che
oggi è possibile visitare ricopre circa 34 ettari e corrisponde più o meno a
due terzi della sua estensione originaria. Molto, quindi, potrebbe essere
ancora scoperto attraverso gli scavi archeologici che, finora, a partire dal
secolo scorso, hanno comunque permesso di ricostruire gran parte della
conformazione dell’antica città.
Intorno al II sec. d.C. il culto di Mitra, di origini persiane, cominciava
ad avere ampia diffusione presso la civiltà romana, soprattutto tra le
gerarchie militari, pertanto nel castrum
ostiense, che come abbiamo detto in quel periodo era all’apice della sua
prosperità, trovò un terreno molto fertile per la sua proliferazione.
Infatti, accanto ai templi dedicati alle divinità tipiche del paganesimo
romano (Giove, Nettuno, Marte, Venere, Ercole, ecc.) ed ad alcune basiliche
proto-cristiane più tarde, si riscontra un alto numero di
Mitrei, dislocati un po’ in tutto il territorio. Ad oggi se ne
conoscono con certezza ben 16, di cui uno, il Mitreo
Aldobrandini, è di proprietà privata e si trova all’interno della
confinante tenuta della nobile famiglia omonima, e non è accessibile. Degli
altri 15, alcuni sono liberamente visitabili, altri previa un’autorizzazione
o tramite associazioni apposite (come "Sotterranei
di Roma"), mentre alcuni sono inaccessibili o chiusi al
pubblico per allagamenti o opere di restauro.
Citandoli in ordine cronologico di realizzazione, abbiamo:
01) il
Mitreo degli Animali,
02) il Mitreo del Palazzo Imperiale,
03) il
Mitreo delle Sette Porte,
04) il
Mitreo delle Sette Sfere,
05) il
Mitreo della Planta Pedis,
06) il Mitreo Aldobrandini,
07) il
Mitreo delle Pareti Dipinte,
08) il Mitreo degli Aurighi,
09) il
Mitreo della Casa di Diana,
10) il Mitreo delle
Terme del Mitra,
11) il
Mitreo di Lucrezio Menandro,
12) il Mitreo presso Porta Romana,
13) il Mitreo del Sebazeo,
14) il Mitreo di Fructosus,
15) il
Mitreo dei Serpenti,
16) il
Mitreo di Felicissimo.
A questa
lista va aggiunto un altro ambiente, sull’uso originario del quale ancora
gli archeologi sono divisi. Per questo è stato denominato "Sacello
delle Tre Navate" (e non "Mitreo"). Si tratta comunque di un ambiente di
culto antico, in forma di sala rettangolare allungata, provvisto di un
altare verso il fondo ed un pavimento musivo con simboli ricorrenti. I
mitrei di Ostia hanno alcune caratteristiche peculiari, che li rendono molto
interessanti. La prima che salta subito all’occhio è il fatto che,
contrariamente a quanto accade solitamente, essi non sorgono in ambienti
sotterranei, ma sono tutti edifici di superficie, senza finestre,
originariamente coperti e sormontati da una volta che doveva dare l’aspetto
di una caverna. Il perché di questa soluzione realizzativa si comprende
meglio se si osserva che il terreno della zona è sabbioso, friabile e
acquitrinoso, sostanzialmente inadatto allo scavo di ambienti ipogei. In
tutta Ostia, infatti, sono poche le struttura interrate, e si limitano a
opere idrauliche di captazione o smaltimento, e a qualche edificio termale.
Fa unica eccezione il Mitreo delle Terme di Mitra il quale, appunto, sorge
in prossimità del complesso termale omonimo.
Ogni
mitreo si sviluppa principalmente nel senso della lunghezza: si tratta di
sale strette e lunghe, talvolta precedute da un vestibolo, fiancheggiate da
sedili da entrambi i lati e recanti un altare sul fondo. Generalmente, esso
è posto all’interno di una nicchia ornata a rilievo per sembrare l’antro di
una grotta, elemento essenziale del culto perché fu proprio in una grotta
che Mitra riuscì ad incastrare il toro ed ad ucciderlo: il sacrificio
rituale del bovino, la cosiddetta "tauroctonia",
era il momento clou del rito mitraico. Le pareti laterali venivano di solito
dipinte con figure simboliche, che dovevano spiegare i fondamenti del culto
agli adepti, generalmente analfabeti. È questo uno dei motivi principali,
oltre naturalmente al carattere misterico del culto, per cui esso venne
tramandato solo oralmente, tant’è che ciò che oggi noi sappiamo del
Mitraismo in ambito romano è dovuto o ai rilevamenti archeologici, o a ciò
che ne scrissero i primi autori cristiani.
Sul pavimento dei mitrei ostiensi, generalmente mosaicato, compaiono figure
simboliche che rievocano i sette gradi di iniziazione che l’adepto doveva
percorrere: le rappresentazioni più comuni sono sette
porte, sette sfere (o cieli) celesti, e una
lunga scala con sette pioli, che percorre l’intera
lunghezza della sala mitraica e presenta in ciascun riquadro tra un piolo e
l’altro i simboli più comuni associati a ciascun grado (v. tabella inserita
più sopra). Nelle pagine collegate ipertestualmente, mostreremo le
caratteristiche particolari di alcuni di questi ambienti, che rivelano un
simbolismo molto profondo e ricco di spunti per la ricerca, legati a molti
dei temi ricorrenti e spesso affrontati negli articoli del mio sito.
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