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1.
Premessa
L’obiettivo principale del lavoro
è di analizzare e rappresentare alcuni monumenti di epoca preistorica,
per i quali è stata ipotizzata una rilevanza di carattere astronomico.
La ricerca, condotta in ambito
mediterraneo, coniuga il bagaglio classico degli strumenti operativi e di
conoscenza, con le nuove tecniche di analisi dei dati e rappresentazione
digitale mettendo in evidenza il legame tra architettura e astronomia.
Civiltà eterogenee,
geograficamente e culturalmente distanti fra loro, hanno avvertito la
comune esigenza di erigere monumenti per enfatizzare e sancire il legame
tra uomo e cielo, con conseguenti connessioni religiose, architettoniche,
sociali e filosofiche.
A prescindere dalla finalità della
costruzione, le antiche popolazioni, (già a partire dal paleolitico)
prestavano particolare attenzione alla disposizione e all’allineamento
dei propri manufatti in relazione ai movimenti e ai cicli degli astri. Lo
scopo era ingraziarsi le divinità associate ai corpi celesti, predire
eventi ciclici (eclissi, solstizi), ottenere un calendario, determinare
fenomeni di epifania e di ierofania.
I siti oggetto di questo studio
sono i megaliti delle isole Baleari, della Sardegna, della Puglia, della
Calabria (per i quali è stato intrapreso un lavoro generale attraverso le
ricerche già condotte precedentemente da altri studiosi), mentre per i Megaliti di
Malta è stata condotta una ricerca originale sul campo. I manufatti
maltesi, infatti, hanno la caratteristica di essere degli esempi unici ed
eccezionali per il megalitismo europeo, inoltre, la loro rappresentazione
ad oggi è scarna e inefficace essendo i disegni risalenti ai primi scavi
archeologici del secolo scorso o a piccole rielaborazioni moderne.
La ricerca si propone, quindi, di
fornire gli strumenti necessari per una corretta conoscenza e lettura
formale dei templi stessi, una nuova interpretazione archeoastronomica
certificata da una puntuale e scientifica interpretazione dei dati
ottenuti e di proporre una nuova fruizione di questi veri e propri
capolavori archeologici, strepitosi esempi di architettura e tecnologia
antica, purtroppo poco valorizzati e poco promossi.
Fig. 1-2:
Osservatori archeoastronomici mediterranei e maltesi. Tavole
d’insieme
2.
Osservatori
archeoastronomici maltesi.
L’arcipelago maltese è formato
da Malta, che è l’isola principale e la più grande, dalla vicinissima
Gozo e dalla più piccola Comino. La preistoria maltese comincia
relativamente tardi rispetto agli altri paesi mediterranei. Malta è stata
colonizzata solo intorno al 5200 a.C. da una popolazione con un’economia
basata essenzialmente sull’agricoltura e sulla pesca e i cui interessi
artistici e produttivi erano orientati alla realizzazione di ceramiche e
piccole costruzioni in pietra e mattoni, simile a quella delle altre
culture mediterranee ad essa coeve. Ad un certo punto però, la
“normale” attività creativa si spense in favore di una nuova, molto
singolare, produzione. Infatti, durante il periodo che intercorre
pressappoco fra il 3500 e il 2500 a.C. questa popolazione intraprese
un’attività edificatoria di maestose fabbriche, note tutt’oggi col
nome di templi, caratterizzata
dall’uso di enormi blocchi litici, ricchi di decorazioni a spirale e
punti, sculture e raffinati dettagli. Dopo circa un millennio di costante
attività, la società di questi arcani costruttori conobbe un improvviso
collasso, del quale sono sconosciute le cause. Improvvisamente, la grande
fase megalitica s’interrompe.
I templi maltesi sono ritenuti
eccezionali nell’ambito del megalitismo mediterraneo: per le modalità
costruttive, per la loro elevata concentrazione in un territorio così
ristretto, per la morfologia, per la dimensione, per i decori e per le
rifiniture utilizzate e soprattutto per il fatto di essere unici e in
nessun altro luogo replicati o emulati. Essi rimangono un esempio
esclusivo con sviluppo autoctono che riflette la cultura e le credenze
religiose della popolazione locale. Molti
caratteri di queste costruzioni come: la facciata monumentale, le stanze
disposte su ciascun lato attorno ad una serie di cortili e corridoi, la
presenza di nicchie alle quali si può accedere mediante piccole aperture,
hanno permesso agli studiosi di ritenere che, in qualche modo, derivassero
dalle tombe collettive, tanto diffuse nel Mediterraneo e presenti anche a
Malta. John Evans ritiene che il piano su cui poggiano i templi derivi
dall’architettura ipogea delle tombe scavate nella pietra tipiche della
fase di Zebbuġ (in seguito, la tendenza verrà invertita poiché
alcune parti dei templi verranno incorporate nell’Ipogeo di Hal Saflieni).
È certo però che non si tratti di
tombe, poiché nei templi non sono stati mai ritrovate sepolture (tranne
che a Tarxien dove tali tombe sono però di epoca molto successiva e
nell’Ipogeo di Hal Saflieni) ma forse, almeno in origine, è possibile
che avessero avuto una destinazione funeraria.
Fig. 3: Piante delle tombe
5-6 di Xemxija
È inoltre molto probabile che
fossero dedicati al culto della Dea Madre, Dea della Fertilità o comunque
ad una divinità femminile, vista la mole di reperti che a lei sono
dedicati.
Lo sviluppo formale, architettonico
e decorativo di ogni tempio è certo che sia legato ad una evoluzione
dello stile direttamente dipendente dalla successione cronologica dei
templi stessi che, quindi, ne hanno determinato una evoluzione costruttiva
ed estetica. Per questo, la datazione di ogni tempio è importante anche
per capirne la modificazione stilistica. Per molti di essi è difficile
dare una datazione certa, perché hanno subito manipolazioni postume nel
corso dei secoli anche sull’organismo embrionale di epoca più antica.
Ogni edificio è composto da una
doppia pianta, una interna ed una esterna e da una serie di ambienti
lobati. Lo spazio risultante
fra le due piante veniva riempito con pietre di piccola taglia o materiale
da risulta. La pianta interna pare avere avuto una certa evoluzione nel
corso del tempo: restando immutato lo schema di base, sono state aggiunte
una serie di ulteriori ambienti lobati che, molte volte, hanno dato vita
ad altri templi affiancati ai preesistenti (come probabilmente è successo
a Tarxien o Ħaġar Qim). Lo sviluppo del disegno interno dei
templi è stato curiosamente affiancato alla replica della figura della
Dea Madre, ma per molti studiosi questa supposizione è effettivamente
troppo fantasiosa.
Fig. 4:
Doppia pianta dei templi
Altre peculiarità tipiche dei
templi maltesi hanno destato parecchi dibattiti, primo fra tutti la
questione sulla “copertura” degli stessi. L’esterno, infatti,
presenta una graduale rastremazione verso l’alto delle file di pietre,
attraverso l’impiego di blocchi in aggetto a guisa di falsa cupola.
Questa caratteristica, supportata anche dal ritrovamento di
numerosi reperti archeologici e rappresentazioni, come il
petroglifo inciso a Mnajdra II che rappresenta un tempio completo di
copertura, o il piccolo modellino di tempio rinvenuto a Tà Hagrat, ha
sollevato numerose teorie sui tipi e sulle tecniche di copertura. I
templi, purtroppo ne sono tutti privi, pertanto il dibattito è tuttora
aperto.
Fig. 5: Petroglifo di
Mnajdra II
Fig. 6: Modellino
di tempio rinvenuto a Tà Hagrat
Altri elementi che
destano incertezza sono gli strani fori presenti nei templi (sia
sugli ortostati, sia sulle lastre del pavimento).
Sono sette i templi più grandi e
importanti rinvenuti nell’arcipelago maltese, di cui uno ipogeo. Essi
sono, in ordine cronologico: Ta Hagrat (3600-3000 a.C.); Skorba (3200-3000
a.C.); Gġantija (3600-3200) e che si trova nell’isola di Gozo;
Ħaġar Qim (3000-2500 a.C.); Mnajdra (3600-2500); Ipogeo di Hal
Saflieni (3600-2000 a.C,); Tarxien (3600-2500 a.C.).
Oltre alla evidente importanza storica e archeologica, i Megaliti di
Malta rivestono un ruolo straordinario
poiché sembra che abbiano una valenza astronomica.
Fig. 7: Il Tempio di Tà Hagrat
Fig. 8: Il Te
Fig. 9: Il Tempio di Gġantija
Fig. 10: Il Tempio di Ħaġar Qim
Fig. 11: Il Tempio di Mnajdra
Fig. 12: Il Tempio di Tarxien
3.
L’interpretazione
archeoastronomica precedente
L’interesse per il cielo dei
costruttori dei templi maltesi è attestato, fra l’altro, da due
importanti reperti archeologici che rappresentano simboli astronomici,
entrambi custoditi al Museo Nazionale di Archeologia: la famosa “Pietra
di Tal-Qadi” e la ruota solare di Ħaġar Qim. La prima è un
frammento lapideo (probabilmente parte di un disco molto più grande) che
raffigura una suddivisione in cinque segmenti, quattro dei quali sono
incisi con simboli che sembrano simboleggiare stelle ed il quinto una Luna
crescente. Tale frammento lapideo assume maggiore importanza in seguito
agli ultimi studi condotti da John Cox negli scorsi anni. La ruota solare
di Ħaġar Qim potrebbe rappresentare appunto il Sole oppure una
sorta di calendario. È probabile che la Tal-Qadi fosse parte di una
figura più grande a sedici settori mentre la ruota solare di Ħaġar
Qim ne conta otto.
Fig. 13: Pietra Tal Qadi
Fig. 14: La ruota solare di Ħaġar Qim
Secondo
Hoskin, dalla disposizione planimetrica dei templi maltesi, ci si rende
conto che tutti hanno l’ingresso rivolto a Sud-Est, tranne Tarxien
(rivolto a Sud-Ovest) e Mnajdra III orientato all’Est vero. Questa
chiara tendenza dell’orientamento a Sud-Est, potrebbe far presagire la
volontà di voler rivolgere i templi al sorgere del Sole al solstizio
d’inverno oppure alla stazione lunare Sud. Ma in realtà, egli
sostiene che siano troppo a sud per contemplare questi obiettivi, mentre
crede sia più probabile che osservassero delle costellazioni, in
particolare la Croce del Sud e il Centauro. Tarxien orientato a Sud-Ovest
sarebbe invece orientato al solstizio d’inverno e Mnajdra III alle
Pleiadi.
Dagli
ultimi studi archeoastronomici eseguiti da un’equipe di studiosi
inglesi, John Cox e Tore Lomsdalen, pare che invece che i templi di Ta
Hagrat, Gġantija, Mnajdra e Ħaġar Qim siano orientati
ai lunistizi alla declinazione 29° S.
4.
La
nuova interpretazione archeoastronomica e i metodi di analisi dei dati
La
mia ricerca è stata svolta a partire dalle teorie dei precedenti
studiosi, come Hoskin o Cox, ma affrontando i rilievi e le analisi dei
dati con un atteggiamento oggettivo, applicando le metodologie in maniera
scientifica e sperimentando sul campo alcune tecniche moderne e
sofisticate, escluse invece dalle indagini precedenti e direttamente messe
a punto da Adriano Gaspani. È per questo che la disamina è stata svolta
utilizzando un rilievo topografico accurato (eseguito mediante i dati
acquisiti attraverso le più innovative tecniche del telerilevamento) in
modo tale da stabilire con certezza l’esatta posizione dei punti
identificativi l’asse di ogni tempio (i cui estremi individuano
l’allineamento), ottenendone al contempo le coordinate relative ed
escludendo il più possibile l’accumulo inevitabile di errori dovuto
alle misure eseguite con un rilievo di campagna.
Ricavate
le coordinate geografiche WGS84, sono stati calcolati gli azimut di ogni
orientamento individuato. Quest’operazione ha un’importanza
fondamentale, in quanto la misura dell’azimut ci fornisce la conoscenza
dell’angolo che l’asse del tempio forma con la direzione N-S del
meridiano astronomico locale, a partire dal quale è possibile applicare
tutte le successive investigazioni di carattere astronomico e, attraverso
la conoscenza della latitudine e longitudine di ogni punto, è possibile
ricostruire la simulazione dell’antico cielo. I possibili target e la
ricostruzione dell’antico cielo relativo ad ogni tempio, sono stati
ottenuti mediante sofisticati software che utilizzano dispositivi
matematici e test propri della disciplina statistica e probabilistica in
grado di identificare un intervallo di confidenza entro cui far convergere
i dati ottenuti e depurare questi risultati da tutti gli eventuali errori
accumulati durante la fase di rilievo o elaborazione degli stessi.
È
doveroso chiarire una tra le prime obiezioni che vengono opposte
all'ipotesi astronomica di certi orientamenti, specialmente se questi sono
stati trovati su strutture preistoriche. Spesso, infatti, si eccepisce che
questi orientamenti possano essere casuali. Un solo allineamento
individuato su una struttura, orientato su un punto dell'orizzonte
particolarmente interessante dal punto di vista astronomico, potrebbe, in
linea di principio, anche essere del tutto casuale. Nell'interpretazione
dei dati delle misure eseguite su antiche strutture delle quali non
esistono documenti scritti, è sempre d’obbligo usare il termine
“probabilità” poiché di certezza difficilmente, ma solo in
pochissimi casi, si può parlare. Un atteggiamento di grande cautela deve
essere infatti la regola che tutti i ricercatori che lavorano in questo ed
in molti altri campi della scienza dovrebbero seguire con rigore. Ogni
interpretazione avanzata deve essere sempre considerata come un’ipotesi
di lavoro, suscettibile di continue verifiche e di smentite. La certezza,
specie in archeologia, in archeoastronomia e più in generale nelle
discipline che riguardano il lontano passato, è un termine di cui è
necessario fare un uso estremamente prudente poiché la quantità di
informazioni diminuisce sempre con il trascorrere del tempo. In generale,
per definire un sito astronomicamente rilevante è necessario verificare:
1.
L’esistenza stessa dell’orientamento
2.
Le prove archeologiche dei reperti rinvenuti coerentemente con
epoca e cultura supposte
3.
Le eventuali prove etnografiche
4.
Le prove derivate dai test statistici e probabilistici a supporto
delle teorie ricavate delle precedenti investigazioni
La
statistica, considerando elementi provenienti da un certo numero di casi,
può indicare il grado di attendibilità dell’interpretazione. Essa,
naturalmente, deve essere applicata con le dovute accortezze e seguendo
una metodologia rigorosa. Nelle ricerche di tipo archeoastronomico si
possono utilizzare varie applicazioni. Il test statistico che è stato
usato in questo lavoro è basato sulla distribuzione binomiale (Bernoulli
e di Poisson)[1]
e sul test statistico gaussiano (che stabilisce quale sia
l’intervallo di confidenza per un determinato livello di probabilità
stabilito a priori).
Sia
n un certo numero di allineamenti misurati ed e (in gradi) l’incertezza dovuta allo stato della struttura; un
solo orientamento ha la probabilità pari a p=e/360°
di coincidere con uno che sia astronomicamente interessante. Se r
è il numero di allineamenti con orientamenti significativi allora
la probabilità che r
orientamenti sugli n misurati
siano casuali, nella distribuzione considerata è:
La
significatività è tanto più alta quanto più piccolo è il valore di P.
Questo
test postula sostanzialmente due ipotesi da provare per l’accertamento
della rilevanza astronomica di un sito. La prima ipotesi è che le
possibilità che il sito sia astronomicamente rilevante siano nulle, (A2
in figura, dunque la concordanza fra gli allineanti ritrovati in situ e i
corrispondenti target astronomici è casuale). La seconda è che questa
possibilità invece esiste e corrisponde alla deliberata materializzazione
di essi da parte delle popolazione antica che costruì il sito
archeologico (A1 in figura). La regola decisionale (quindi di accettazione
o rigetto della ipotesi nulla/casuale rispetto a quella di positività
astronomica del sito) è determinata dal valore del P
critico=0,03 (livello di probabilità critica con valore ragionevole
fissato al 3%). Siccome è assunto che gli errori σ sugli azimut
(errori accidentali, errori insiti negli strumenti di misurazione, errori
di calcolo o conversione, etc.) seguano una distribuzione normale, viene
individuato un intervallo di confidenza che identifica i due valori
estremi di accettazione (percentuali di errore consentito rispetto al
grado di probabilità inizialmente stabilito) rispetto all’azimut
misurato. Poiché A1 risulta interno all’intervallo di confidenza per
una certa probabilità P allora il target astronomico cui si riferisce
viene accettato come correlato all’allineamento osservato in situ,
mentre A2 risultando esterno al suddetto intervallo viene rigettato, poiché
la misura del suo azimut non rientra nei parametri appena espressi.
Fig. 15: Test statistico gaussiano di accettazione o rigetto dei target
astronomici
Un
test statistico molto più attendibile e rigoroso è quello di B.E.
Schaefer. Esso è più affidabile perché restringe notevolmente
l’intervallo di accettabilità dei dati ottenuti, fissando al 99,7% il
livello di probabilità critica (3σ e oltre).
Specificato
questo delicato passaggio, proseguiamo con l’esplicazione della nostra
analisi.
Una
volta assunti tutti i dati necessari attraverso specifici software è
possibile simulare un complesso dinamico in cui sono codificati i
movimenti da Sole, gli algoritmi di precessione per il calcolo indietro
nel tempo delle coordinate equatoriali delle stelle, le equazioni inerenti
alle proprietà ottiche dell'atmosfera terrestre e un modello matematico
del comportamento del sistema visivo umano. Il tutto è
ottimizzato da una rete neurale artificiale che gestisce le operazioni. Una
volta inseriti opportuni input al sistema come il riferimento temporale
(comunque entro il 4500 a.C.), le coordinate geografiche e l'azimut di
orientamento degli allineamenti individuati, è possibile selezionare un
insieme di stelle, tra la prima e la terza magnitudine, per un totale di
circa 144 oggetti, che possono o meno ricadere entro l’intorno
individuato. L’analisi deduttiva e storica ci consentono poi di
identificazione della stella più coerente al monumento.
Il
dato sorprendente è che non solo in molti casi alcune teorie precedenti
sono state confutate, (anche quelle attualmente accettate e sfruttate
turisticamente nell’arcipelago maltese) ma è stato possibile fornire
una nuova interpretazione astronomica dei siti considerando non solo le
stelle, il Sole e la Luna, ma anche i pianeti, estremamente valutati in
antichità ed esclusi però dalle precedenti disamine.
Per
i templi complessi (costituiti da più unità al loro interno) sono stati
misurati e analizzati tutti gli assi presenti.
Possiamo
dunque brevemente riassumere gli esiti per ogni tempio secondo quanto
segue:
Il
tempio di Tà Hagrat è
fondamentalmente lunare. È presente un singolo allineamento astronomico
di tipo lunistiziale lunare coincidente con l’asse di simmetria del
monumento (PQ). Lo stesso allineamento potrebbe anche essere correlato con
il punto di prima visibilità di Sirio alla
sua levata eliaca oppure verso i punti di levata e di tramonto di
Venere alle sue declinazioni minime e massime e quindi alle sue
digressioni massime settentrionali e meridionali.
Fig. 16: Asse del Tempio di Tà Hagrat e relativi dati
Il
tempio di Skorba possiede un solo allineamento astronomico (RS),
coincidente con il suo asse di simmetria e risulta diretto verso la levata
eliaca della Costellazione della Croce del Sud.
Fig. 17: Asse del Tempio di
Skorba e relativi dati
Il
complesso di Gġantija è sostanzialmente lunare poiché è presente
una coppia di allineamenti astronomici (rispettivamente TU per Gġantija
I e VZ per Gġantija II) di tipo lunistiziale lunare coincidente con
l’asse di simmetria di ogni tempio. Gli stessi allineamenti
potrebbero anche essere correlati con il punto di prima visibilità
di Sirio alla sua levata
eliaca e verso i punti di levata e di tramonto di Venere alle sue
declinazioni minime e massime e quindi alle sue digressioni massime
settentrionali e meridionali.
Fig.
18: Assi del Complesso di Gġantija e relativi dati
Il
complesso di Ħaġar Qim è essenzialmente lunare; sono presenti
due allineamenti astronomici di tipo lunistiziale lunare, coincidenti con
l’asse principale del tempio nelle due direzioni LM/ML, avendo il tempio
un doppio ingresso. Gli stessi potrebbero anche essere correlati con il
punto di prima visibilità di Sirio alla
sua levata eliaca. Un’interessante ipotesi alternativa prevede
l’allineamento verso i punti di levata e di tramonto di Venere alle sue
declinazioni minime e massime e quindi alle sue digressioni massime
settentrionali e meridionali. Gli altri assi indicati in figura (1-2; 3-4;
5-6), vista la complessità del tempio e la possibilità che anch’essi
fossero stati edificati su base astronomica, sono stati presi comunque in
considerazione. Sono stati infatti scelti gli assi di simmetria di ogni
ambiente con accesso diretto all’esterno o attraverso possibili mire fra
le pietre. È stato analizzato anche l’asse ON attraverso il quale si
verifica attualmente la presunta manifestazione del solstizio d’estate.
Nessuno di essi però ha mostrato alcuna linea astronomicamente
significativa, neppure quello attualmente millantato come tale.
Fig. 19: Assi del Complesso di Ħaġar Qim e relativi
dati
-
Complesso
di Mnajdra:
Mnajdra I (asse AB): Orientamento E; target astronomico: Levata eliaca
delle Pleiadi
Mnajdra I (asse FG); Orientamento S-E; target astronomico: Levata
eliaca della Cintura di Orione
Mnajdra I (asse HI) Orientamento N-E; target astronomico: Levata
eliaca di Capella (Alpha Aurigae),
sorge il Sole a D=+ε (solstizio d’estate).
Il
tempio di Mnajdra I presenta tre allineamenti: il primo, AB, coincidente
con l’asse di simmetria del tempio, gli altri FG e HI sono simmetrici
fra di loro e rispetto all’asse AB. Tutti e tre costituiscono gli unici
assi abitualmente presi in considerazione per l’intero complesso di
Mnajdra (escludendo quindi gli assi di Mnajdra II e Mnajdra III) ma
erroneamente interpretati. Sembra infatti che AB sia orientato agli
equinozi, HI e FG rispettivamente al solstizio d’estate e a quello
d’inverno. Dallo studio emerge che l’asse AB, coincidente con l’asse
principale, non ha nessuna correlazione con i movimenti solari, bensì
l’azimut di 92° potrebbe molto probabilmente avere una correlazione con
la levata eliaca delle Pleiadi, l’ammasso aperto visibile nella
costellazione del Toro, caratteristico per la riconoscibile forma. La
previsione dell’equinozio, fra l’altro, è un’operazione molto
complessa, difficilmente eseguibile con strumentazioni rudimentali.
L’asse
FG identificato con la direzione del Sole al solstizio d’inverno è
invece orientato verso la levata eliaca della Cintura di Orione
identificata nelle sue tre stelle: δ
Orionis o Mintaka, ε
Orionis o Alnilam e ζ
Orionis o Alnitak.
L’asse
HI identificato con la direzione del Sole al solstizio d’estate è
orientato verso la levata eliaca di Capella, la stella più brillante
della costellazione dell’Auriga e la sesta stella più brillante del
cielo. Esso però potrebbe effettivamente coincidere anche con la levata
del Sole al solstizio d’estate.
Mnajdra II: Orientamento S-E; target astronomico: Levata eliaca di Toliman
(Alpha Centauri)
-
Il
tempio di Mnajdra II non viene abitualmente preso in considerazione.
Esso possiede come gli altri un allineamento principale, CB,
coincidente con l’asse di simmetria del tempio. Secondo i calcoli
esso potrebbe essere stato diretto all’osservazione della levata
eliaca di Toliman, più nota come Rigel Kentaurus, la terza stella più
brillante del cielo (dopo Sirio e Canopo).
Mnajdra
III possiede un unico allineamento, DE, coincidente con il suo asse di
simmetria. Anche l’allineamento di Mnajdra III non viene abitualmente
preso in considerazione, ma
dai nostri studi è emerso che era orientato verso la levata eliaca di
Arturo (o Arcturus, α Boo o
Alpha Boötis) è la stella più luminosa della costellazione di Boöte.
Fig. 20:
Assi del Complesso di Mnajdra e relativi dati
Tarxien
I possiede un unico allineamento coincidente con il suo asse di simmetria
e risulta essere orientato all’osservazione della stella Alphecca.
Tarxien
II possiede un unico allineamento coincidente con il suo asse di simmetria
e risulta essere orientato all’osservazione della stella Alphecca.
Tarxien
III possiede un unico allineamento coincidente con il suo asse di
simmetria e risulta essere orientato all’osservazione della stella
Alphecca.
Il complesso di Tarxien mostra un’orientazione connessa con i movimenti
della stella Alphecca e del suo percorso precessionale nei secoli. Dalle
nostre elucubrazioni, infatti, appare possibile come, la rotazione
sistematica dell’asse dei templi I, II e III possa avere una
correlazione con il movimento precessionale della stella medesima. È
molto probabile che i costruttori di Tarxien abbiano utilizzato un
orientamento simbolico verso Alphecca a partire dal III tempio, il più
antico, per il quale venne utilizzato il tramonto eliaco dell’astro. A
causa degli effetti della precessione, col trascorrere dei secoli,
l’azimut della stella variò, dunque, per la costruzione dei templi
successivi, fu necessario ruotare, in accordo con esso, l’asse di ognuno
di loro, adeguandolo alle levate eliache di Aphecca.
Fig. 21: Assi del Complesso di
Tarxien e relativi dati
Conclusioni
Le
conclusioni finali sulle ipotesi del culto praticato nell’arcipelago
maltese e sulle motivazioni dello stesso, derivano sia dai risultati
dell’analisi archeoastronomica precedentemente brevemente descritta, sia
da ipotesi formulate sulla base di congetture storiche, sociali, religiose
ed economiche presenti nella cultura analizzata e in quelle coeve o delle
quali ci è pervenuta una prova certa e con le quali si può operare un
certo confronto. I monumenti maltesi esaminati, essendo risalenti per lo
più al neolitico, non possiedono alcuna traccia scritta se non la loro
stessa esistenza e quella delle decorazioni incise sulla pietra in essi
contenute.
In
base agli esiti relativi ai target astronomici ottenuti per ciascun sito,
è emerso che tre dei sei templi analizzati (Tà Hagrat, Gġantija e
Ħaġar Qim) hanno come obiettivo astronomico la Luna e/o la
levata-tramonto eliaco di Venere. Gli altri templi hanno invece target
stellari e solo Mnajdra III
per l’asse HI potrebbe anche essere correlato alla levata del Sole al
solstizio d’estate.
La
levata eliaca di un astro si riferisce al giorno di prima visibilità
dello stesso poco prima del sorgere del Sole. Questo fenomeno avrebbe
potuto costituire un utile riferimento calendariale, sia ai fini delle
attività produttive (agricoltura, caccia, pesca) sia per scopi rituali.
In molte civiltà antiche in concomitanza della levata eliaca della stella
oggetto di culto veniva celebrata la festa ad essa connessa. Abbiamo ad
esempio i dati provenienti dall’antico Egitto nel quale la levata eliaca
di Sirio costituiva l’inizio del calendario agricolo e preludeva alla
benefica inondazione del Nilo. I Maya dividevano il loro calendario
rituale in quattro parti sulla base delle date di levata eliaca del
pianeta Venere, fenomeno questo correntemente osservato anche a Babilonia,
in India e in Cina.
Le
prove del culto di una qualche divinità femminile, Dea Madre,
(estremamente diffuso in molte civiltà mediterranee), il fatto che in
molti siti maltesi fosse presente la pratica del culto dei morti
(seppelliti in cavità sotterranee) e il fatto stesso che la Luna
(notoriamente identificata come divinità femminile) era un target molto
probabile in almeno tre dei sei templi analizzati, avvalorano l’ipotesi
che si praticasse una religione basata sul culto degli elementi naturali,
sui cicli della fertilità della terra e sulla credenza di una vita
ultraterrena che prevedesse la congiunzione degli uomini con la dea
genitrice (essendo essi sepolti nel “ventre della Madre”). La Luna,
inoltre, era un utile mezzo di orientamento e di scansione del tempo per
molte popolazioni marittime dell’antichità, che la usavano per la
navigazione.
Dobbiamo
considerare che per le popolazioni preistoriche i fondamenti della società
erano i culti religiosi (e le credenze in essi radicati) e le attività
produttive, i primi intesi come elementi di aggregazione, di
socializzazione e quindi di differenziazione dal mondo animale, le seconde
come mezzi di sussistenza, vita e dignità individuale all’interno di un
sistema più ampio. Si tratta ovviamente solo di illazioni di carattere
deduttivo ricavate sulla base dei risultati scientifici ottenuti e
supportate da ragionamenti fatti sulla civiltà maltese e sulle altre
analoghe delle quali si possiedono più documenti certi, poiché nulla di
sicuro può dirsi.
Fig. 22: Modelli
tridimensionali, rendering e ricostruzione
Degli antichi
cieli dei Templi di Mnajdra, Gġantija e Ħaġar Qim
(Autrice:
d.ssa Antonella Riotto; Tutor: prof. Adriano Gaspani)
RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
•
Ariela Fradkin Anati, Emmanuel Anati (a cura di), Missione
a Malta. Ricerche e studi sulla preistoria dell’arcipelago maltese nel
contesto mediterraneo, Jaka Book, Milano 1988
•
Anthony Bonanno, Pietro Militello, Malta
in the Hybleans, the Hybleans in Malta. Malta negli Iblei, gli Iblei a
Malta. Atti del Convegno Internazionale Catania, 30 Settembre, Sliema
10 Novembre 2006, Officina di Studi Medievali, Palermo 2008
•
John Cox, Tore Lomsdalen, Prehistoric
Cosmology: Observations of Moonrise and Sunrise from Ancient Temples in
Malta and Gozo, Journal of Cosmology, Vol. 9, July 2010
•
Silvia Cernuti , Adriano Gaspani , Introduzione
all’ Archeoastronomia: nuove tecniche di analisi dei dati, Atti
della Fondazione Giorgio Ronchi, vol. LXXXIX, Edizioni Tassinari, Firenze
2006.
•
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