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“JANA” ED IL CULTO DEL DIO GIANO NELL’ANTICA “MATILICA”
(di Danilo Baldini)
La radice indoeuropea del suo nome “ia” allude al concetto di “passaggio”, come il gaelico “ya-tu” (guado) ed il sanscrito “yana” (porta). In effetti, il dio Giano era il “custode delle porte” (“Ianitor”, da “ianua”, in latino “porta”) e di ogni passaggio, quindi anche di ogni inizio (anno, mese, giorno ecc…).Giano era dunque una divinità solare che aveva il controllo delle “Porte del Cielo” (Januae caelestis aulae), aperte all’alba (Oriente) e chiuse al tramonto (Occidente) dal Sole che vi transitava col suo carro splendente e “iani” in latino si chiamavano infatti gli archi di passaggio a forma di volta, simbolo della volta celeste. Questa tesi viene autorevolmente sostenuta anche dal Prof. Andrea Antinori, esperto geologo e docente di geografia, nel suo libro “I Sentieri del Silenzio”, il quale sottolinea, fra l’altro, come le varie “Valli di Jana” del nostro Appennino siano quasi sempre costituite da anguste forre e da pareti a precipizio che sembrano chiudersi come una volta o un arco, cioè come delle vere e proprie “Porte della Montagna”. A questo proposito vorrei far notare come la Gola di Jana sia, guarda caso, disposta in direzione Est-Ovest e corrisponda quindi perfettamente alla descrizione sopra riportata. Inoltre, vi è anche il fatto che, fin dall’antichità, questa valle era attraversata da un’importante strada che metteva in comunicazione l’Adriatico ed il Tirreno, utilizzata dai mercanti greci che, dagli empori di Numana ed Ancona, commerciavano con le città-stato etrusche. Ma Giano era anche colui che apriva e chiudeva ogni anno le Porte Solstiziali, che rivestivano un’importanza fondamentale in quanto erano i punti estremi di levata e tramonto del Sole, cioè quelli che segnavano il giorno più lungo e quello più corto dell’anno.
In origine, quando il dio Giano veniva raffigurato bifronte su sculture e monete, le due facce erano una barbuta e l’altra no, forse a simboleggiare il “maschile” ed il “femminile”, quindi il “Sole” e la “Luna”. Anche Plinio il Vecchio lo rappresenta come un dio solare a due facce, mentre Macrobio nei Saturnalia dice che Gennaio (Januarius) era dedicato a Giano, dio con due facce, in quanto fuso con Jana, cioè Diana, chiamata da Varrone anche “Jana Luna”, la dea della luce lunare, protettrice dei boschi e delle fiere selvagge. Varrone sostiene anche che Janus era il vero “dio del cielo” e lo identificava addirittura con Juppiter, cioè con Giove stesso ! Ma che l’area fosse stata in antichità importante per i culti legati agli astri celesti è testimoniato anche dal toponimo “Roti”, da “rota”, cioè “ruota”, che in questo caso rappresenta un simbolo solare (i raggi del Sole), ma soprattutto il “ruotare” del Sole e della Luna nell’arco celeste. In effetti, sempre all’alba del Solstizio estivo, il disco solare nella sua ascesa al cielo sembra “rotolare” lungo il fianco del monte Pagliano, che delimita a sud la Porta d’Oriente della Valle di Jana e lo stesso effetto visivo, in maniera anche più suggestiva, è compiuto dal disco lunare, ma al Solstizio invernale. E’ certo, quindi, che in antichità fosse stato edificato in quell’area un tempio dedicato a questa duplice divinità “Giano-Jana”, “solare-lunare”, e personalmente ritengo che esso fosse ubicato nel luogo dove poi fu costruita l’Abbazia di Roti. Infatti, i grandi lastroni di pietra squadrata presenti nell’aia di fronte l’Abbazia, non appartengono al contesto architettonico del complesso abbaziale e potrebbero quindi essere stati il basamento del tempio pagano di Giano-Jana, poi distrutto dai primi monaci benedettini che edificarono
l’Abbazia di Santa Maria de Rotis. Una tesi sostenuta autorevolmente anche dall’illustre latinista
Don Amedeo Bricchi, autore di vari libri di etimologia del dialetto matelicese, il quale sosteneva appunto che il termine “rotis” indicasse la presenza in loco di un edificio pagano di culto solare, poi soppiantato dalla costruzione dell’Abbazia benedettina, come del resto avvenuto anche per l’Eremo di San Silvestro sul Monte Fano a Fabriano e in molte altre parti d’Italia.
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febbraio 2007
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