Foto -gallery
Brevi note.
Il toponimo 'Ingannapoltron'
da dove deriva? Ancora non lo abbiamo scoperto. Lasciamo alle immagini il
compito di illustrare la magnificenza silenziosa di questo edificio
romanico, che si erge su un poggio panoramico di rilevante bellezza
paesaggistica a poco più di 400 m s.l.m. La località di S. Giorgio di
Valpolicella è oggi compresa nel comune di S. Ambrogio di Valpolicella.
Il complesso religioso è
sorto su un santuario di epoca romana, come fanno pensare i numerosi
frammenti litici incassati qua e là nell'attuale costruzione. In
particolare, oltrepassato il chiostro e accendendo alla parte occidentale
del complesso, si troverà una lapide recante un enigmatico e mutilo residuo
di nome LVALDAE, che la didascalia ipotizza essere riferito ad una dea
Lualda, divinità che presiedeva alla fertilità dei campi e che era
venerata solo in Valpolicella, I sec.d.C. Molto interessante...
Gli studiosi hanno stabilito
che questo territorio fu abitato da una popolazione avente una propria
cultura, una propria legge e un proprio culto. I Romani ne parlarono quando,
arrivando in zona nel II sec. a.C., li trovarono già insediati: si
chiamavano Arusnati. "Il nome “Arusnati” è riportato su alcune
iscrizioni ritrovate a S. Giorgio; ma le prove più consistenti della
presenza di una popolazione con una cultura religiosa propria, consistono
nelle frequenti citazioni documentarie di varie divinità locali: Lualda, il
Sole, la Luna, Cuslano, Ihamnagalla e Sqnnagalla. Diverse statuette votive
sono state rinvenute a S. Giorgio con raffigurate varie figure, anche di
animali" (v. link a fondo pagina).
E' attesta la presenza di
una chiesa cristiana dall'VIII secolo, quando già era dotata di fonte
battesimale, mentre le iscrizioni delle colonnette del ciborio (sull'altare
maggiore) ricordano che venne scolpito ai tempi del re longobardo Liutprando
(712-744), Sicuramente, dunque, anche in questo caso possiamo dire che i
Maestri Comacini abbiano prestato servizio, realizzando mirabili
sculture. Si conoscono anche gli autori di questo ciborio:Orso, capomastro,
e i suoi discepoli Gioventino e Gioviano appunto. Non sappiamo se
fossero operatori locali o forestieri, o se abbiano lavorato in sinergia con
altre maestranze. La pietra impiegata è comunque locale.
L'opera dei Magistri
Comacini è stata poi continuativa, se si pensa che ciò che ammiriamo
oggi è soprattutto di epoca romanica, in quanto l'edificio subì danni per il
terremoto del 1117 e venne ricostruita.
Dotata di tre absidi,
conserva apparati murari che si fanno risalire anch'essi, come il ciborio,
all'età longobarda: gli storici sono concordi nell'assegnare a quest'epoca
tutta la porzione orientale della chiesa, compresi il chiostro e il
campanile.
Su un lato del suggestivo
chiostrino si conserva ancora l'antica sala capitolare, con la decorazione
pittorica originaria, mentre dietro le absidi sono stati scavati degli
ambienti situati su due livelli, uno dei quali risalente all'età del
Ferro, e un altro all'epoca romana; nella piccola area verde dietro le tre
absidi e nell’area del chiostro sono raccolti reperti di epoca romana
mentre altri resti, d’epoca pre-romana e romana, recuperati in loco, sono
conservati nel piccolo museo locale: ex voto a dèi pagani, steli, are e
iscrizioni romane (affiancati ad altri interessanti reperti d’epoca
altomedievale interessanti).
Invitiamo a visionare
attentamente le immagini, che convergono soprattutto sugli elementi del
chiostro, con dettagli simbolici unici nel loro genere, ma che
risentono dell'influsso romanico classico. Un Fiore della Vita,
consunto, è scolpito su uno dei capitelli, e ve ne sono anche
internamente.
Segnaliamo la presenza di
ben 3
Triplici Cinte: una è profondamente incisa su una lastra di
copertura del muretto del chiostro, mentre altre due sono incise sul
coperchio del sarcofago anepigrafe situato nel chiostro stesso. Le incisioni
appaiono consunte e danneggiate. Sul coperchio è presente anche una sorta di
fiore inciso (o un calice?), come a rendere un mesto omaggio all'anonimo
sepolto.
Il complesso religioso di S.
Giorgio di Valpolicella è oggi visibile quasi integralmente. Resta nascosta
una parte del muro perimetrale nord, coperta da un locale oggi adibito ad
ambiente museale (aperto solo di domenica). Sono visitabili il chiostro,
l’area est con gli adiacenti resti di epoca pre-romana, e l’interno, al
quale si accede attraverso un portale oggi inserito nell’emiciclo absidale
occidentale.
Occhi aperti, dunque, su
questa magnifica perla medievale della Valpolicella, che potrebbe avere
conosciuto la presenza dei
Cavalieri Templari. Sappiamo infatti che
essi erano sicuramente attivi nella vicina località di San Ciriaco,
dove sorgeva una magione e forse un castello, dai quali si presidiava il
transito di pellegrini e commerci. I Templari, come abbiamo già visto in
altra sede, controllavano anche Borghetto e Valeggio sul Mincio, Peschiera,
a ridosso del lago di Garda, e sicuramente la Valpolicella.
La visita della zona si
completa con la non distante chiesa di San
Floriano e una capatina a Negrar.
Per approfondire la storia,
l'architettura, la scultura della pieve consultare il seguente sito, che ci
sembra dia ottime informazioni: