Le origini avvolte nel
mistero...dall'Oriente... (a cura di duepassinelmistero)
Si dice che risalga al tempo di Matteo Visconti (detto
il Grande), nominato da suo zio (l'arcivescovo di Milano Ottone
Visconti) podestà e capitano del popolo. Matteo il Grande, considerati i
precedenti oscuri del proprio casato, era consapevole della necessità di creare
una gloriosa saga dei Visconti da tramandare ai posteri. Quindi, egli chiese
agli scrittori della sua corte di elaborare sia la storia che la leggenda della
famiglia, inventando in particolare le imprese gloriose degli antenati.
Ebbene, si racconta che tra i reduci della prima Crociata dopo la presa di
Gerusalemme del 1099, c'era anche quell'Ottone Visconti, zio di Matteo il Grande
e poi divenuto arcivescovo di Milano, capostipite dei Visconti e morto a Roma
nel 1111. Duellando intorno alle mura di Gerusalemme, Ottone avrebbe ucciso
un nobile saraceno il quale portava come stemma inciso sullo scudo un serpente
divorante un uomo.
Secondo altre opinioni, però, il trofeo strappato al saraceno da Ottone
Visconti non sarebbe stato uno scudo ma un cimiero, simbolo della gloria
militare che incoronava l'eroe. Il Biscione, in questo caso, deriverebbe
allora dalla tradizione longobarda (i Longobardi, infatti, portavano come
amuleto il serpente azzurro, loro simbolo, in una borsetta appesa al collo e lo
usavano come insegna militare), raccolta dai Visconti i quali avrebbero fatto
proprio l'antico simbolo longobardo: il Biscione in campo azzurro (perché
azzurro era il serpente dei Longobardi) appunto, espressione della loro potenza
e delle loro ambizioni. Il drago, simbolo araldico di fedeltà, di vigilanza e
di valore militare divenne il loro emblema, mentre l'uomo (o il bambino)
raffigurato tra le sue fauci rappresenterebbe i nemici dei Visconti che il
Biscione è sempre pronto a distruggere.
Come leggeremo adesso, l'origine dello stemma
potrebbe derivare anche da un'altra affascinante storia...
IL MISTERO DEL LAGO GERUNDO
(DI GIUSEPPE RAG.PETRUZZO)
Tra Adda, Serio e Oglio, un tempo c'era
il mare. Non però il mare del Pliocene che faceva della pianura padana un
grande golfo adriatico, bensì un mare o lago d'acqua dolce di epoca
geologica molto più tarda, post glaciale: il Gerundo, o Gerundio, o
Girondo che per la prima volta appare citato in certe carte notarili
dell'inizio del secolo XIII. Esisteva ancora in epoca storica,
ricordato parallelamente e confusamente dalla cronaca e dalla leggenda.
Veniva chiamato ora lago ora mare, ma la parola mare va presa con cautela:
nel nostro caso è una parola del basso latino 'mara' che significa
palude. Su di esso si è molto scritto e ancor più favoleggiato cercando
di definirne confini, dimensioni e durata temporale. Oggi si è propensi a
credere che si trattasse di un insieme di paludi, acquitrini, lanche,
corsi d'acqua dolce, stagni che, progressivamente, avevano occupato
l'esteso piano di divagazione dell'Adda durante l'anarchia della
regolamentazione delle acque manifestatasi dalla tarda antichità e fino
all'alto medioevo. Da questo specchio d'acqua poco profondo ma molto
esteso (circa 35 Km da est a ovest e 50 Km da nord a sud) emergevano isole
e isolette molto allungate parallele alla direzione della corrente. La più
grande era l'isola Fulcheria su cui si sviluppò la città di Crema.
Lodi era città costiera affacciata
alla sponda ovest del lago, Orzinuovi era costiera sulla sponda opposta (o
meglio, tale sarebbe stata se fosse esistita ai tempi del lago).
A nord il lago raggiungeva Vaprio,
a sud Pizzighettone. Il lago doveva essere una distesa di acqua alimentata
dagli straripamenti dei tre fiumi e dalle risorgive di provenienza
sotterranea. La profondità variava dai dieci ai venti metri con punte sui
venticinque.
Nelle aree meno profonde erano frequenti
le formazioni paludose; a Genivolta venne trovata un'ara, conservata oggi
al museo di Cremona, dedicata alla dea italica Mefite, sovrana delle
paludi. L'uomo era insediato sulle sue sponde e sulle isole sia su
terraferma che su palafitte (la pretesa città di Acquaria nei pressi di
Soncino) e navigava sul lago con piroghe monoxile, scavate da un unico
tronco di quercia, di cui si sono rinvenuti alcuni esemplari. Si nota,
inoltre, in molte località, la presenza di torri con infissi grossi
anelli di ferro cui si ancoravano presumibilmente queste piroghe, le navi
del lago Gerundo. Proprio la presenza di imbarcazioni ritrovate anche
piuttosto lontano dall'attuale riva dell'Adda farebbe pensare che le
popolazioni che abitavano l'area fossero in comunicazione con un più
vasto bacino a valle e che proprio da tale situazione abbia avuto origine
l'equivoco di nomenclatura che riguarda il lago o il mare Gerundo. E'
altrettanto probabile che all'epoca delle invasioni barbariche, a causa di
frequenti intense piogge e dell'abbandono delle opere di bonifica che
erano state incominciate dai romani, l'estensione del lago Gerundo sia
andata aumentando progressivamente spingendosi anche molto lontano verso
sud.
Ulteriori indicazioni della presenza umana vengono dai toponimi come
Gerola, Girola, Gera d'Adda, derivati dalla radice gera, ossia ghiaia, che
compare nel nome stesso del lago Gerundo. L'acqua si stendeva, infatti, su
un fondo ghiaioso di origine glaciale e oggi, in alcune zone, dopo un
primo strato argilloso spesso un paio di metri, dovuto ai sedimenti del
mitico lago, si trova un banco di ghiaia, profondo circa otto metri in cui
si riconosce il sedimento dovuto alle acque di scioglimento dei ghiacciai,
infine, un nuovo fondo argilloso, lasciato dal mare vero che occupava la
pianura padana prima dell'era glaciale.
Per quanti
secoli esistette il mitico lago? Non si sa quando si formò, ma si
può ragionevolmente ipotizzare l'epoca in cui cominciò a scomparire:
l'epoca intorno al Mille e nei primi secoli successivi. Il drenaggio del
lago fu in massima parte opera dell'uomo: le bonifiche dei benedettini,
cluniacensi e cistercensi, poi i canali costruiti dal comune di Lodi o da
famiglie feudali come i Borromeo o i Pallavicino il cui nome è ancora
legato a rogge o navigli. Del lago Gerundo sono rimasti ricordi e leggende dove storia e fantasia
sono difficili da separare. Anche il Gerundo ebbe il suo drago, come il
suo fratello scozzese di Loch Ness: il drago Tarànto, un grosso biscione
con la testa così grande da sembrare un drago che terrorizzo le campagne
tra Lodi e Crema. Si diceva venisse dalle viscere della terra di
Soncino dove era stato sepolto Ezzelino da Romano, feroce tiranno di parte
ghibellina. Ezzelino rimase a lungo nella fantasia della gente. Era un
gigante e sulla torre di Soncino si conservarono a lungo, dice la
leggenda, due ferri murati che indicavano la sua statura sia a piedi che a
cavallo. Della sua sepoltura si è persa traccia , ma in compenso ha
lavorato la fantasia.
Si tramanda perfino l'epigrafe latina che sarebbe stata incisa sulla sua
tomba:
Terre Suncini / Tumulus canis est Ecelinis
quem lacerant manes / tartareique canes che tradotta liberamente suona:
Qui in terra di Soncino / giace il cane Ezzelino. Le sue spoglie mortali /
son date in pasto ai cerberi infernali.
Un'altra leggenda attribuisce il merito per la morte del drago al vescovo
di Lodi Bernardino Tolentino il quale esortò tutti i cittadini a
supplicare il Signore affinché li liberasse da quella grande bestia che
andava nuotando nelle acque e che con il suo alito mefitico era causa di
epidemie. Ordinò anche che si facessero solenni processioni per tre
giorni di seguito e che tutti facessero voto di ampliare e restaurare il
tempio in onore di San Cristoforo, eretto sul bordo del terrazzo
sovrastante la palude, qualora la divina clemenza li avesse liberati dal
pestifero serpente. Terminate le processioni, il primo gennaio del 1300,
si verificarono due eventi miracolosi: il serpente morì ed il lago si
prosciugò. I cittadini, riconoscenti, tennero fede alle promesse e
restaurarono ed ampliarono il tempio di San Cristoforo dove si dice che,
ancora nel 1700, pendesse dalla volta una gigantesca costola del drago.
Certo è che il 1300 fu il primo anno giubilare cattolico e che le solenni
preghiere ed il restauro del tempio siano da porre in relazione al
giubileo promulgato da Papa Bonifacio VIII. Si narra anche che nel lago
Gerundo nuotasse un grosso biscione che era un pericolo per tutti quelli
che si avventuravano nel lago per attraversarlo e che, avvicinandosi alle
sponde, faceva strage di uomini e specialmente di bambini. Uno
sconosciuto, nobile e temerario cavaliere capita dalle parti di Calvenzano
e uccide il grosso biscione e prosciuga il lago. Il valoroso cavaliere era
il fondatore della famiglia Visconti che per stemma adottò, appunto, il
biscione con un bambino in bocca.A Calvenzano la contrada
principale è ancora denominata "della biscia". Un'ulteriore
mito attribuisce l'uccisione del drago a Federico Barbarossa. In tutte le
varianti della leggenda all'uccisione del mostro seguirono il ritiro delle
acque, la scomparsa del lago ed il recupero di immense e buone terre da
coltivare che ancora oggi sono il perno fondamentale dell'economia della
zona.
(DI GIUSEPPE RAG.PETRUZZO)
Ancora oggi, in molte chiesine
bergamasche o cremonesi si conservano le 'ossa di drago'appartenute forse
al leggendario 'mostro'del lago Gerundo!
MONZA:
le sorprese del Museo del Duomo
Praticamente nessuno può sapere che c'è anche
una mummia da visitare in questa sede(naturalmente il Museo è
conosciuto in tutto il mondo per il famoso Tesoro della regina longobarda
Teodolinda;la Corona ferrea e altri reperti interessantissimi)a
meno che lo abbiate letto da qualche parte su qualche
'guida'specializzata(come è accaduto a me).
Eppure,se passeggiate nel cortile interno del
Museo e vi accinate alle due 'vetrine' che riportano la planimetria del
cortile, vedrete che una è chiusa a chiave mentre l'altra la si può
aprire, presentandossi così ai vostrio cchi una mummia ben conservata.
Essa si presenta in stazione eretta,è priva del
piede sinistro- che giace al di sotto- e di una parte di gamba.La ferita
fu causata da una pietra lanciata da una 'spingarda'. Appare in buono
stato conservativo:si notano le unghie,i denti,la pelle che ha assunto un
colore brunito.Le mani quasi incrociate sulla parte inferiore
dell'addome,ed è stato coperto sommariamente da un telo a livello
inguinale.L'espressione del volto è sofferente. Un semplice foglietto
scritto a mano attesta l'identità della mummia(è appeso all'interno
dell'anta). Questa conservazione è del tutto straordinaria in queste zone
dal clima umido.
Appartiene ad ESTORE VISCONTI , di un ramo
della nobile famiglia,contro la quale combattè per impadronirsi di
Milano.Nel 1405 era stato imprigionato e poi liberato dai Monzesi che lo
elessero loro Signore.Nel 1412 tentò di nuovo di riprendere il Ducato di
Milano ma venne battuto da Filippo Maria Visconti, restanfo ferito in
battaglia e probabilmente morendo in seguito a quella ferita Accanto a lui
fu ritrovata una spada in acciaio brunito e decorazioni auree,oggi
conservata in una vetrina del Museo del Duomo..
Estore Visconti è ricordato per aver coniato le
uncihe monete Monzesi(una delle quali è in mostra al Museo Archeologico
presso l'Arengario).
MONZA:una croce patente "fuori
mano"
Questa croce 'patente',che ricorda quella adottata dai Cavalieri
dellOrdine, è sulla facciata di una anonima chiesina all'interno delParco della villa Reale a Monza.