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La Festa di Sant’Antonio Abate e il Nume Arboreo

Antichi rituali pagani nelle tradizioni popolari del Sud Italia(prima parte di I-II-III)

di Andrea Romanazzi

 

Esempio potrebbe essere Sant’Antonio,  l’abate anacoreta su cui si sono accumulate e stratificate antiche credenze e remoti rituali in questo modo poi assorbiti dalla mistica figura attraverso un’operazione di sincretismo religioso.

Miste ad immagini fortemente cristiane, però, ecco che e feste stagionali rimangono ancora oggi il più evidente ricordo dell’ancestrale culto pagano delle campagne.

 

La Festa di Sant’Antonio e le Tradizioni Popolari nel Sud Italia

Non c’è un santo più fortemente radicato nella tradizione popolare e tra le genti contadine come  il Santo Anacoreta. La festività del santo si svolge normalmente in occasione della data della sua morte tra il 16 e il 17 Gennaio, e presenta, in tutti i luoghi, elementi comuni come i falò, le tradizioni alimentari, la benedizioni degli animali e l’uccisione del porco rituale.

  Il Tema della Questua e dell’Orgia Alimentare

  Tipici elementi distintivi della tradizione delle feste del fuoco legate all’Anaconeta sono, come già accennato prima, il tema del banchetto rituale, ed in particolare la Questua, la Distribuzione Gratuita di Cereali e l’Orgia Alimentare, che oggi si manifesta nei numerosi punti di ristoro presenti nei borghi ove avvengono i festeggiamenti.

In passato però la tradizione era molto più rigida, definendo ben precisi momenti di festa.

La fase iniziale coincideva con la Questua, in realtà il prologo dei festeggiamenti e dei banchetti che si svolgevano e tutt’ora svolgono, in numerose regioni d’Italia. Il termine deriverebbe dal latino questa, questuo, quaestus, quaerere, cioè chiedere.

Qualche giorno prima del dì di festa, gruppi di uomini del paese andavano in giro di porta in porta a chieder cibarie che poi sarebbero servite ad allestire il banchetto in onore del Santo.

La questua è di solito organizzata dai giovani ragazzi del paese e normalmente si presenta come più di una “richiesta”. Infatti diviene una vera e propria manifestazione folklorica, i questuanti vanno in giro di casa in casa cantando e suonando, in alcuni casi anche mettendo in opera una pantomima teatrale che narra gli episodi di vita tra Sant’Antonio e il Diavolo.

Nella tradizione vi è l’obbligatorietà di donare qualcosa, in realtà, il rifiuto, non è un’offesa alla comunità privata dell’”apporto” di un suo membro, ma al santo stesso, in un alone di timore e riverenza che avvolge la figura indifferentemente in grado, come vedremo successivamente esaminando i patronati, di graziare o punire.

Del resto il fatto che i doni fossero intesi non solo per il banchetto ma proprio come offerta all’Anaconeta è testimoniato proprio dall’usanza tra i questuanti di vestirsi da Sant’Antonio,

una persona vestita di camice, con barba di stoppa, mitra di carta, bordone con campanello, accompagnata da cantori e suonatori…”[1], con tanto di campanello nelle mani del santo sempre pronto a tintinnare, un modo quasi per riproporre la vera presenza terrena del Santo.

Ancora oggi il ricordo delle antiche questue alimentari è vivido nei canti popolari regionali, come in quel dell’Abruzzo  “…Sant’Antonio de la rocca damme’ na piega de savicicce, e si ni mi li vo da’ ti si pozza fracicà…” o ancora “…e si nun ng’ date niente ve pjjasse ia’ n’ accidente….”[2].

  Il Tema del Banchetto e l’Orgia Alimentare

 

In moltissime piazze di tutta Italia si accendono fuochi e si pongono calderoni nei quali vengono cotti ogni tipo di cereale.

La tradizione vuole che questi vengano distribuiti gratuitamente ad ogni viandante, ad ogni povero, ad ogni sconosciuto che, nel sui “ire”, potrebbe essere lo stesso Sant’Antonio o, l’antico Nume tutelare del luogo.

Ecco che però già traspare in questi comportamenti la superstizione, e così il cibo acquista un valore magico-apotropaico, così sembrerebbe che i pani e ci cibi di Sant’Antonio possano allontanare i mali e avere poteri di protezione, alleviare il peso della gestazione alle donne partorienti come traspare dalle canzoni popolari

Sant’Antonio mio benigno, io ti prego e non so’ degno. Come nostro protettore, prego a Cristo salvatore. La mia vita è castigata. Molte grazie Dio ci ha dato. La virtù degli stensorio [si tratta dell’ostensorio n.d.A.], facci la grazia Sant’Antonio…quelle povere vedovelle, quelle povere ‘rfanelle, quelle povere partorienti, che gli passa l’ingrandimente…[3]

  La tradizione del banchetto, in realtà, in numerosi paesi, aveva forse anche a causa del rigido clima, un carattere domestico, tutta la famiglia infatti si riuniva attorno al fuoco del caminetto sul quale apparivano innumerevoli immagini e santini dell’Anaconeta.

Però anche l’ambito domestico non era uno spazio chiuso, ma, proprio come capitava nel caso dei banchetti comuni, gli usci aperti delle case, invitando i passanti e gli abitanti dello stesso borgo a portare i saluti nelle singole case assaggiando deliziosi piatti e bicchieri di vino.

Spesso questi festeggiamenti si tramutavano in vere e proprie orge alimentari, come testimoniato dalla tradizione in molti paesi di dar vita ad un pasto che iniziava in serata e terminava all’alba del giorno 17.

Era un modo di rompere il tabù della dura frugalità del pasto contadino e finalmente festeggiare l’arrivo delle nuove messi.


[1] Di Nola A., Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana; Bollati Boringhieri, 2001 Torino

[2]Di Nola A., Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana; Bollati Boringhieri, 2001 Torino

[3] Di Nola A., Op. Cit.

(continua-Andrea Romanazzi "La Festa di Sant’Antonio Abate e il Nume Arboreo -Antichi rituali pagani nelle tradizioni popolari del Sud Italia")

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