Come accertato dalle ricerche effettuate dall'INGV di Pisa, intorno al 6000 a.
C. il fianco orientale dell'Etna crollò in mare e provocò uno tsunami così
potente da devastare non solo la Sicilia e l'Italia Meridionale ma tutto il
Mediterraneo Orientale. Secondo quanto ritengono gli studiosi, esso fu anche
responsabile dell'abbandono dei primi insediamenti urbani sulle coste
mediorientali, tra cui la città di Atlit-Yam, nel nord di Israele, le cui rovine
sommerse giacciono ad alcune centinaia di metri dalla costa. Ma secondo quanto
stanno appurando geofisici e vulcanologi, la catastrofe etnea di 8000 anni fa
potrebbe ripetersi di nuovo (speriamo in un futuro lontano), come indicato dal
lento "slittamento" verso il Mar Jonio della parete est del vulcano, sotto la
spinta della Faglia Pernicana. (For the English version click here).
Nel suo suggestivo volume “Misteri antichi” (edito in Italia nel 1999
dall'Editore Marco Tropea) lo scrittore inglese Michael Baigent tratta, fra gli
altri argomenti, anche degli enigmi posti dalle rovine dell'antico insediamento
di Catal-Huyuk, nell'odierna Turchia, ad una cinquantina di chilometri dalla
città di Konya. Gli scavi e gli studi condotti da James Mellaart, il suo
scopritore, nella prima metà degli anni '60 l'hanno riconosciuta come una delle
più antiche città del mondo, risalente perlomeno al VII millennio a. C. insieme
ai resti di altri due insediamenti urbani mediorientali, Giarmo nel Curdistan
iracheno e la vecchia Gerico, in Palestina. Tutte e tre queste località
presentano come caratteristica comune un sistema socio-economico basato sulle
prime forme di agricoltura e di allevamento. Rispetto alle altre due tuttavia,
Catal-Huyuk si distingue, sin nei suoi strati più antichi, per il livello
avanzato della sua civiltà e per l'alta qualità dei suoi manufatti: “Qui furono
trovate le testimonianze di un'abilità tecnica mai raggiunta prima; centinaia di
coltelli, pugnali, punte di freccia e di lancia in selce e in ossidiana, la cui
lavorazione tocca livelli di perfezione unici e straordinari, che superano di
gran lunga quelli raggiunti nel Vicino Oriente nello stesso periodo...Furono
trovati anche specchi di ossidiana perfettamente levigati, perline forate con
estrema maestria, gioielli e tessuti di altissima qualità, tappeti, che
testimoniano uno standard di vita elevato. Gli abitanti non usavano vasellame,
ma cestini e oggetti in legno, la cui lavorazione perfetta e sofisticata non ha
uguali in altri insediamenti dello stesso periodo... (M. Baigent, Misteri
antichi, op. cit. p. 156). Eppure questa città sembra fiorita come
all'improvviso nel VII millennio a. C., col suo grado di civiltà già alto, già
in possesso di tutte quelle conoscenze agricole, tecniche e religiose che
avrebbe poi diffuso ad oriente, verso i bassopiani mesopotamici, e verso
occidente, in Europa e nel resto del Mediterraneo. Un'antica “civiltà-madre”,
insomma, fondata non si sa da chi, ed in possesso di raffinate conoscenze
tecniche e culturali di cui ugualmente si ignora la provenienza.
Il medesimo Baigent, tuttavia ipotizza che a fondare Catal-Huyuk siano stati gli
abitanti di altre città ancora più antiche, ubicate lungo la costa meridionale
dell'Anatolia, costretti ad abbandonare i loro insediamenti a causa
dell'innalzamento del livello del mare. Spinti dalle mareggiate sempre più
catastrofiche e dalle alluvioni provocate dall'ingrossamento dei fiumi, in piena
fase di scioglimento dei ghiacci alla fine dell'ultima era glaciale, le
popolazioni si sarebbero rifugiate sempre più nell'interno portando con sè le
loro conoscenze, la loro cultura e la propria organizzazione socio-economica. In
tal modo sarebbe stata fondata di punto in bianco Catal-Huyuk, città già alla
nascita più che evoluta e progredita rispetto ai pochi altri insediamenti
dell'epoca.
In realtà scavi più recenti compiuti negli anni '90 hanno permesso di scoprire
che questa città è più antica di almeno 1000 anni rispetto a quanto trovato da
Mellaart, anche se resta confermato il fatto che proprio a partire all'incirca
dal 6500 a. C. si sia improvvisamente sviluppata sotto tutti i punti di vista:
demografico, urbanistico, artistico, religioso, ecc., come in conseguenza di
apporti dall'esterno. Sostanzialmente tuttavia, sembra proprio che il discusso
autore del “Santo Graal” perlomeno questa volta ci abbia visto giusto, poichè
mentre consegnava alle stampe questa possibile ricostruzione delle origini della
civiltà umana, sui fondali del mare prospicente le coste palestinesi gli
archeologi israeliani avevano già trovato da alcuni anni le prove dell'esistenza
di insediamenti umani sommersi dalle acque durante la fine dell'ultima era
glaciale.
Atlit-Yam è una località costiera vicino l'odierna città di Haifa nel nord dello
stato di Israele, ai piedi del famoso Monte Carmelo che in età cristiana diede
origine al culto dell'omonima Madonna. Ad una distanza tra i 200 e i 400 metri
al largo dalla costa, ad una profondità di una decina di metri sotto il livello
del mare, gli archeologi subacquei israeliani, coordinati da Ehud Galili,
sovrintendente alle antichità israeliane, hanno scoperto sin dal 1984 i resti di
un insediamento umano che 8000 anni fa doveva trovarsi in superficie. Vicino ai
ruderi di costruzioni in pietra edificate dalla mano dell'uomo (gli esempi più
antichi al mondo fino ad ora accertati) gli studiosi hanno recuperato utensili
in pietra e in osso, ami da pesca, resti alimentari di lische di pesce e ossa di
animali sia selvatici che in via di addomesticamento, come pecore, capre e
maiali, ma anche cani. E naturalmente molte varietà di semi vegetali, a
cominciare dai cereali – grano, orzo – che certamente dovevano essere già
coltivati, insieme a lenticchie, uva selvatica e lino. Il rinvenimento in quel
sito anche di 65 scheletri regolarmente sepolti secondo precise usanze funebri,
sia sotto i resti delle abitazioni (come nella vicina città di Gerico, ma anche
a Catal Huyuk) come anche all'esterno, testimonia oltre che della presenza di
una sofisticata cultura religiosa anche della consistenza numerica degli
abitanti di quell'insediamento e della loro relativa prosperità.
Un elemento tuttavia ha attirato l'attenzione degli archeologi. I resti di una
grande quantità di pesce non consumato dagli abitanti era ancora conservato in
buon ordine, forse come scorta per usi propri o anche a scopo di scambi
commerciali. Da ciò gli archeologi hanno tratto la conclusione che il villaggio
fu abbandonato in maniera improvvisa e la popolazione si diede alla fuga senza
neppure avere il tempo di portare con sè del cibo. La conclusione più logica
fino ad alcuni anni fa sembrava dunque dare ragione all'ipotesi di Michael
Baigent dal momento che proprio una rovinosa mareggiata, presumibilmente intorno
al 6500 a. C. , pareva il fattore più probabile del definitivo abbandono del
villaggio, da parte dei suoi abitanti, all'inesorabile avanzata del mare.
La presenza delle rovine sommerse di Atlit-Yam sembra insomma dimostrare che
dovevano esistere molti insediamenti urbani simili lungo le coste (sicuramente
ancora da scoprire) che una volta minacciati dalla risalita del livello del mare
vennero abbandonati dai loro abitanti, in maniera più o meno precipitosa. Questi
si sarebbero quindi rifugiati nelle zone interne e sulle alture per poi fondare
o stabilirsi in centri come Gerico e Catal-Huyuk, portandovi le loro conoscenze
e le loro tradizioni (come l'uso di seppellire i propri defunti sotto il
pavimento della propria casa). Il ricordo dell'aggressione del mare sarebbe
tuttavia rimasto indelebile presso quelle popolazioni, come una paura
ancestrale, e questo potrebbe spiegare anche certe peculiarità architettoniche
dell'antica città anatolica, come le caratteristiche case con l'ingresso dal
soffitto (forse costruite per difendersi da un'improvvisa irruzione delle
acque).
Ma da poco più di un anno a questa parte, dal dicembre del 2006 per la
precisione, a conclusione di uno studio dell'Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia (INGV) della sezione di Pisa, gli archeologi hanno puntualizzato
meglio la ricostruzione di quegli eventi antichi, fino ad arrivare a conclusioni
ancora più sconcertanti, che fino a qualche tempo fa solo i tanto deprecati
ricercatori indipendenti – come Baigent e colleghi - avrebbero osato fare.
L'abbandono di Atlit-Yam e di eventuali altri insediamenti simili sarebbe stato
provocato sì dal mare, ma non tanto dall'effetto del disgelo dei ghiacci, bensì
da un evento ancora più catastrofico, ovvero un enorme tsunami scatenato dal
crollo di una parte dell'Etna in quello che è l'odierno Mar Jonio.
Il versante orientale dell'Etna attualmente è percorso da una profonda
depressione nota come Valle del Bove, una zona disabitata e priva di vegetazione
che più volte nella storia delle eruzioni ha raccolto i flussi lavici fino al
loro naturale esaurimento, impedendo così che giungessero alle zone abitate più
a valle. Fino alla prima metà dell'Ottocento, quando la vulcanologia era ancora
una scienza in fasce, molti naturalisti europei discussero sulla genesi di
questa conca, ed alcuni, come il tedesco Leopold von Buch, ne ipotizzarono
l'origine da un sollevamento del cono vulcanico. Fu l'illustre scienziato
catanese Carlo Gemmellaro (1787-1866) a fornire negli stessi anni la spiegazione
corretta, ossia che la Valle del Bove è stata generata dal crollo di un lato del
cono dell'Etna. I materiali residui di questo immane collasso sono ancora
visibili alle pendici del vulcano, in un deposito di detriti geologici
denominato Chiancone, nei pressi dell'attuale abitato di Riposto (Ct) sulla
costa ionica.
Gli studi attuali condotti dal Prof. Enzo Boschi, presidente dell'INGV, e dai
geofisici Maria Teresa Pareschi e Massimiliano Favalli, hanno stabilito che la
quantità di materiale vulcanico coinvolto nel crollo fu dell'ordine di 35
chilometri cubici e che esso, proprio intorno al 6000 a. C. , raggiunse il mare
diffondendosi sui fondali fino ad una distanza di 20 km dalla costa, come
dimostrato dalle analisi sottomarine. La cosa più impressionante tuttavia fu che
la grande quantità di materiale finito in acqua provocò un abnorme tsunami con
onde alte più di 40 metri, probabilmente il più grande sommovimento marino mai
verificatosi nel corso della storia umana. Tramite una simulazione al computer
ed il confronto con lo stato attuale dei sedimenti marini sul fondo del
Mediterraneo, i ricercatori dell'INGV di Pisa hanno ricostruito nei minimi
dettagli, minuto per minuto, l'andamento della catastrofica muraglia d' acqua.
Pochi minuti dopo il loro formarsi, le onde giganti si abbatterono sulle coste
della Sicilia Orientale senza riuscire a passare più di tanto nel Tirreno grazie
allo sbarramento dello Stretto di Messina. Poi dopo un quarto d'ora cominciarono
a sommergere tutta la riviera ionica della Calabria e della Puglia, per poi
abbattersi sull'Albania dove arrivarono all'incirca un'ora dopo il crollo
dell'Etna. Le mega-onde dirette ad est raggiunsero invece la Grecia un paio di
ore dopo ed alquanto ridotte in altezza, 10-15 metri, ma ugualmente devastanti.
Poi fu la volta della costa nordafricana: Tunisia, Libia ed Egitto vennero
raggiunte dopo tre ore dalle onde dirette a sud, con un'altezza di 8-13 metri.
Infine dopo altre tre-quattro ore lo tsunami raggiunse le coste del Mediterraneo
Orientale dalle sponde della Turchia Meridionale fino a quelle cipriote,
siriane, libanesi ed israeliane, cogliendo così di sorpresa anche gli ignari
abitanti di Atlit-Yam. L'altezza delle onde si era ridotta ad un decimo rispetto
a quelle immediatamente provocate dall'Etna assumendo così le dimensioni e
l'intensità, per fare un paragone, di quelle abbattutesi in Indonesia alla fine
del 2004: sufficienti tuttavia per devastare, mietere vittime e convincere i
terrorizzati superstiti a decidere di allontanarsi definitivamente dall'”ira del
dio del mare” per fondare nuove e più sicure città sugli altopiani delle regioni
interne.
Ma l'equipe di ricercatori dell'INGV di Pisa analizzando i fondali del
Mediterraneo orientale ha inoltre scoperto qualcos'altro che potrebbe rivelarsi
alquanto inquietante. Al di sotto dei sedimenti smossi dallo tsunami del 6000 a.
C. ne sono presenti altri, frutto di precedenti crolli sempre della parete
orientale dell'Etna in epoche ancora più remote. Il fenomeno risulta
particolarmente visibile sui fondali del Golfo della Sirte, il mare antistante
la Libia, che a causa della particolare conformazione geografica “a lente” ha
amplificato l'azione perturbatrice delle onde giganti sul fondo del mare. Dunque
questi eventi distruttivi potrebbero presentare una periodica ricorrenza nel
corso dei millenni, ed il nostro vulcano potrebbe ancora collassare in futuro
provocando un altro gigantesco tsunami nelle acque del Mar Jonio. Un segnale
premonitore di ciò, anche secondo i ricercatori dell'Istituto di Vulcanologia di
Catania, sarebbe costituito dal lento ma progressivo slittamento (dell'ordine di
1-2,7 cm. all'anno) della Faglia Pernicana, una frattura geologica che
attraversa il cono dell'Etna lungo il versante nord-orientale, fino ad arrivare
alla costa nei pressi dell'abitato di Fiumefreddo (vicino al già citato
Chiancone di Riposto). Secondo le ricerche e le misurazioni degli stessi
vulcanologi con strumentazioni geodetiche e GPS, questa faglia, sottoposta alle
pressioni del magma all'interno dell'Etna, in questi ultimi anni avrebbe
accelerato il naturale spostamento verso il mare di una parte del fianco
orientale del vulcano. In particolare in occasione dell'eruzione del novembre
2002 si è assistito anche a spostamenti dell'ordine di 1-2 centimetri al giorno,
con frane e aperture di crepe sul terreno e sulle superfici stradali. Lo
smottamento della Faglia Pernicana – alla quale tra l'altro si devono gli eventi
sismici del 2002 nella zona di Fiumefreddo – è complicato tra l'altro anche
dalla particolare morfologia interna dell'Etna, composta oltre che da materiali
vulcanici anche da antichissimi strati argillosi sui quali i due margini che
compongono la faglia scivolano con tempi e intensità differente (più veloce la
parte che si prolunga fin sotto il Mar Jonio) (cfr. in Bibliografia gli articoli
di: Obrizzo ed altri, Neri ed altri, Criscenti, Azzaro ed altri).
Può essere di un certo conforto comunque sapere che la scoperta dell'antico
tsunami che devastò il Mediterraneo attorno al 6000 a. C. è stato il frutto di
un progetto finanziato dalla Protezione Civile, dopo il maremoto indonesiano del
2004, per valutare il rischio di simili pericoli anche nel Mediterraneo. Si
rende necessario dunque continuare a mantenere strettamente monitorato il nostro
caro vulcano, senza far mancare i necessari finanziamenti all'INGV ed agli altri
enti competenti (in questi ultimi anni limitati dai tagli alle risorse), e se la
cosa in futuro si renderà proprio necessaria, intervenire per salvare non solo
Catania e la Sicilia, ma l'intero Mediterraneo Orientale (anche a costo di
spianare l'Etna con le ruspe... ).
Bibliografia e Linkgrafia:
Baigent, M. -
Misteri antichi – Marco Tropea Editore, 1999 Milano.
Catal Huyuk –
voce della “Wikipedia free encyclopedia” (versione inglese).
Dan, C. - La
nascita della città. Un esempio significativo: Gerico – in: L'uomo e il tempo,
Mondadori, Verona, 1974.
Israel
Antiquities Authority – The pre-pottery neolithic site of Atlit-Yam - in:
www.antiquities.org.il (underwater
archaeology).
M. T. Pareschi,
E. Boschi, M. Favalli, F. Mazzarini – Lo tsunami dimenticato – in:
www.pi.ingv.it/Focus/tsunami.html (contiene anche il video della
simulazione al computer ).
F. Obrizzo, F.
Pingue, C. Troise, and G. De Natale - Ground displacements across the
Pernicana Fault (Mt. Etna, Italy): a tectonic structure linked to volcanic
activity - Osservatorio Vesuviano-INGV, Naples, Italy - Geophysical Research
Abstracts, Vol. 5, 11838, 2003 - in:
www.cosis.net/abstracts/EAE03/11838/EAE03-J-11838.pdf
M. Neri, V.
Acocella, B. Behnke - The role of the Pernicana Fault System in the spreading
of Mt. Etna (Italy) during the 2002-2003 eruption. - INGV sez. di Catania –
in: www.earth-prints.org
Azzaro, R.,
Puglisi, G., Mattia, M. - La frana di Presa (Piedimonte Etneo: origine e
monitoraggio del fenomeno) – INGV sez. di Catania, in:
www.ct.ingv.it/report/Smmacro20021107.pdf (Contiene una documentazione,
anche fotografica, dei movimenti della Faglia Pernicana).
Pepe T. - Full
costing – in: INGVnewsletter, gennaio 2007, n. 4 (sulle limitate risorse
finanziarie dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia)
How show the studies of the INGV of Pisa, about the 6000 B. C. the east side of
the Etna fell into the sea and provoked a tsunami so powerful that devastated
not only Sicily and South-Italy, but the entire East Mediterranean. The
researchers think that it was responsible for the abandon of the early
settlements along the Near-Eastern coasts, like the town of Atlit-Yam in Israel,
the underwater ruins of which lie at some hundred meters from the coast. But
according to the studies of the geophysics and volcanologists, the catastrophe
of 8000 years ago could repeat again, how shows the slow sliding towards the
Ionian Sea of the east side of the volcano, pushed by the Pernicana Fault.
In his suggestive book “Ancient Traces” (published in Italy in 1999 by Marco
Tropea), the english writer Michael Baigent deals, among many themes, with the
riddles that raise the ruins of the ancient settlement of Catal-Huyuk, in the
modern Turkey, about fifty kilometers from the city of Konya. The excavations
and the studies carried out by James Mellaart, its discoverer, in the early '60
years, showed that it's one of the most ancient town in the world, going back at
least to VII millennium B. C. , with the ruins of other two Near East
settlements, Jarmo in the Kurdistan and the ancient Jerico in Palestine. All the
three sites display, as common feature, a social and economic system based on
the early forms of farming. But unlike the other two, Catal-Huyuk distinguishes
itself, since its oldest layers, by the advanced level of his civilization and
by the high quality of its finds: “Qui furono trovate le testimonianze di
un'abilità tecnica mai raggiunta prima; centinaia di coltelli, pugnali, punte di
freccia e di lancia in selce e in ossidiana, la cui lavorazione tocca livelli di
perfezione unici e straordinari, che superano di gran lunga quelli raggiunti nel
Vicino Oriente nello stesso periodo...Furono trovati anche specchi di ossidiana
perfettamente levigati, perline forate con estrema maestria, gioielli e tessuti
di altissima qualità, tappeti, che testimoniano uno standard di vita elevato.
Gli abitanti non usavano vasellame, ma cestini e oggetti in legno, la cui
lavorazione perfetta e sofisticata non ha uguali in altri insediamenti dello
stesso periodo... (“Here were found the evidences of a technical capability
never reached before; hundreds of knives, daggers, points of arrows and of
lances made with flint and obsidian, the working of which reaches levels of
unique extraordinary perfection that by far exceed those reached in the Near
East in the same period...Were find also perfectly smooth obsidian mirrors,
little pearls pierced with extreme ability, very high quality jewels and weaves,
and carpets that testify an high standard of life. The inhabitants did not use
pots but baskets and wood objects, the perfect and sophisticated working of
which does not have equals in other settlements of the same period....”) (Baigent,
M. - Ancient Traces, Italian title: Misteri antichi, cit. p. 156).
Nevertheless this city seems prospered suddenly in the VII millennium B. C. with
its already high degree of civilization, already in possession of those
agricultural, technical and religious knowledges that they diffused then to East,
towards mesopotamic lowlands, and to West, in Europe and in the rest of the
Mediterranean Sea. An ancient “mother-civilization”, in short, founded we don't
know from who, and about she equally we ignore how she learned all those refined
technical and cultural knowledges.
The same Baigent, however assumes that Catal-Huyuk was founded from the
inhabitants of other more ancient cities, located along the southern coast of
the Anatolia, forced to abandon their settlements from the raising of the sea
level. Pushed from the more and more catastrophic sea storms and floods caused
by the swelling of the rivers, at the time of ice melting at the end of the last
glacial age, the peoples sheltered more and more in the inside lands, carrying
with themselves their knowledges, their culture and their social and economic
organization. In this way it would have been founded from the beginning
Catal-Huyuk, city already from the birth more developed and advanced than the
little other contemporary towns.
Really, more recent diggings in '90 years have allowed to discover that this
city is more ancient of at least 1000 years regarding that found from Mellaart,
even if remain confirmed that just from the nearly 6500 a. C. it has been
suddenly developed under all the points of view: demographic, urban, artistic,
religious, etc. like as a result of a contributions from the outside.
Substantially however, it seems just that the discussed author of the “Holy
Graal” at least this time has seen right, because while he delivered to the
press this possible reconstruction of the beginning of the human civilization,
in the bottom of the Palestinian sea the Israeli archaeologists had already
found from some years the evidence of the existence of human settlements
submerged from the waters during the end of the last glacial age.
Atlit-Yam is a coastal place near the modern city of Haifa in the north of the
state of Israel, at the feet of the famous Mount Carmel that in Christian age
gave rise to the cult of the homonymous Our Lady. At a distance between the 200
and 400 meters from the coastline, at the depth of about ten meters under the
sea level, the underwater Israelis archaeologists, coordinated from Ehud Galili,
Supervisor of the Israel Antiquities, have discovered since the 1984 the ruins
of a human settlement that 8000 years ago had to be in surface. Near the remains
of stone constructions build up from the hands of the man, the most ancient
examples in the world until today verified, the researchers have recovered many
stone and bone tools, fish-hook, fish-bones and bones of wild and domesticated
animals, like sheep, goats and pigs, but also dogs. And of course several
variety of seeds, first at all grains – wheat, barley – that certainly were
already farmed, with lentils, grapes and flax. The finding, in that site, of 65
human skeletons well-ordered buried both under the ruins of the houses (like in
the near Gerico, but also in Catal-Huyuk) and also in the outside, testifies not
only the existence of a sophisticated religious but also the density of the
inhabitants and their relative prosperity.
An element however attracted the attention of the archaeologists. The rests of a
large quantity of fish not consumed from the inhabitants still were conserved in
good order, perhaps like supply for own uses or also for purpose of trade. By
this the archaeologists deduced that the village was abandoned suddenly and the
people took to escape without to have the time to carry with themselves any
food. Until to some years ago, everything seemed to give reason to the
hypothesis of Michael Baigent, because just a dreadful sea storm, presumedly
around the 6500 B. C. , seemed the most probable reason of the final abandonment
of the village, from his inhabitants, to the inexorable invasion of the sea. The
presence of the submerged ruins of Atlit-Yam demonstrate, in short, that existed
many such towns along the coasts (certainly still to discover) that once
threatened by the rise of the sea level were abandoned from their inhabitants,
in more or less headlong way. All these certainly took shelter in the inside
regions and on the heights, and then found or settled in towns like Jerico or
Catal-Huyuk, bringing there their knowledges and their traditions (for example,
the custom to bury their dead persons under the floor of the houses). The memory
of the sea's attack perhaps remained indelible among these peoples, like an
ancestral fear, and this could explain some architectonic peculiarities in the
ancient anatolic city like the typical houses with the entrance by the ceiling (perhaps
built to protect themselves from an unexpected irruption of the water).
However since more an year, exactly since the December 2006, after a study of
the Italian National Institute of Geophysics and Volcanology (INGV), department
of Pisa, the archaeologists cleared better up the reconstruction of those
ancient events, until to arrive to more bewildering conclusions (that until to
some years ago only the criticized independent researchers, like Baigent and his
colleagues, would done). The abandon of Atlit-Yam and of the other possible
similar settlements, was caused certainly by the sea, but not because of the
ice's thaw, but by a more catastrophic event: a big tsunami provoked by the
collapse of a Mount Etna's side in the modern Ionian Sea.
The east side of the Mount Etna shows at present a deep depression called Valle
del Bove (Ox's Valley), a desert and without vegetation region that many time in
the history of the eruptions received the lava flows until their natural
exhaustion, preventing therefore of arriving to the downhill villages. Until to
the first half of the XIX century, when the volcanology was still a newborn
science, many European naturalists discussed about the genesis of this valley,
and someone, like the German Leopold von Buch theorized the origin of it by a
raising of the volcanic cone. But in the same years the distinguished scientist
of Catania, Carlo Gemmellaro (1787-1866) gave the right explanation: the Valle
del Bove was generated by the landslide of the east side of the Mount Etna. The
residual materials of that huge collapse are still now visible at the volcano's
feet, in a geological deposit called Chiancone near the modern town of Riposto
(Catania) in the ionic coast.
Enzo Boschi, president of the INGV, and the geophysics Maria Teresa Pareschi and
Massimiliano Favalli, with theirs studies have discovered that the volcanic
material involved in that collapse was about 35 kilometers cubic, and that it,
just about 6000 B. C. arrived to the sea, spreading into the bottom until to 20
Km of distance by the coast, how the underseas studies testify. The most
impressive thing was that the large quantities of volcanic materials fallen in
the water caused a big tsunami with waves higher than 40 meters, probably the
greatest seaquake in the history of the man. Through a computerized simulation
and a comparison with the present situation of the sea bedrocks on the
Mediterranean bottom, the researchers of the INGV of Pisa have reconstructed in
every detail, minute after minute, the advance of the catastrophic water wall.
After few minutes from their making, the giant waves fell into the coast of the
East Sicily, passing only a little in the Tyrrhenian Sea because of the Strait
of Messina. After fifteen minutes they began to submerge all the ionic coast of
the Calabria and of the Puglia, and then flooded the Albania, where arrived
about an hour after the collapse of the Etna. Instead, the big waves direct to
east reached the Greece after two hours and with the height rather reduced,
10-15 meters, but equally devastating. Then was the turn of the North-African
coast: Tunisia, Libya, and Egypt were reached after three hours by high waves of
8-13 meters. Finally after other three-four hours the tsunami arrived along the
coasts of the East Mediterranean, from the South-Turkish to Cypriot, Syrians,
Lebanese and Israeli shores, catching also the unaware people of Atlit-Yam. The
waves were now high “only” a tenth in comparison with those immediately provoked
by the Etna, assuming therefore the dimension and the intensity, to make an
example, like those fallen in Indonesia in the December of 2004: however they
were sufficient to devastate, to reap victims and to convince the terrified
survivors to escape from the “fury of the sea's god” and to found new and more
safety towns upon the uplands of the inside countries.
But the researchers of the INGV of Pisa analyzing the bottom of the East
Mediterranean, has moreover discovered other things that could be revealed
somewhat worrying. Under the deposits moved by the tsunami of the 6000 B. C.
there are others, consequence of previous collapses of the same east side of the
Etna, in even more remote ages. This phenomenon becomes particularly visible in
the bottom of the Gulf of the Sirte, the sea in front of the Libya, because its
characteristic concave geography amplified the upsetting action of the giant
waves upon the sea bottom. Therefore these catastrophic events could have a
periodic recurrence in the course of the millenniums, and our volcano could
still collapse in the future provoking another big tsunami in the Ionian Sea. A
premonitory sign of this, for the researchers of the Volcanology Institute of
Catania, could be the slow but progressive sliding (with a rate of 1-2.7 cm. in
the year) of the Pernicana Fault, a geological break across the Etna's cone,
along the north-east side, until to the coast near the village of Fiumefreddo (not
very far from above-mentioned Chiancone of Riposto). On the basis of the studies
and the measurements of the same volcanologists with geodetic instruments and
GPS, this fault, submitted to the lava's pressure inside the Etna, in the last
years has speed up the natural movement towards the sea of a share of the east
volcanic side. Especially in the eruption of the November 2002 scientists
observed movements also about 1-2 cm. for day, with landslides and cracks in the
ground and in the roads. The sliding of the Pernicana Fault – responsible for
the earthquakes of the 2002 in the region of Fiumefreddo - is conditioned, other
this, also by the particularly internal morphology of the Etna, because it's
constituted, in addition to the volcanics materials, also from very ancient
clayey layers where the two edges of the fault slide with different rate and
intensity (the share continuing below Ionian Sea is more quick) (cfr. in the
Bibliography the articles of: Obrizzo and others; Neri and others; Criscenti;
Azzaro and others).
Support us, however, to know that the discovery of the ancient tsunami
devastating the Mediterranean in the 6000 B. C. has been the result of a project
sponsored by the Italian Civil Protection, after the Indonesian seaquake in the
2004, in order to evaluate the risk of similar dangers in the Mediterranean Sea.
It's necessary therefore to keep ever strictly supervised our beloved volcano
without to skimp the indispensable funds to the INGV and to the other boards (in
the last years restrained by the financial cuts). And if in the future it will
be necessary, we'll must act to save not only Catania and the Sicily, but the
whole East Mediterranean Sea (even at cost of leveling the Mount Etna with the
excavators...).
Bibliography and linkgraphy:
Baigent, M. -
Misteri antichi – Marco Tropea Editore, 1999 Milano (original title: Ancient
Traces, 1998).
Catal Huyuk –
voice of the “Wikipedia free encyclopedia”.
Dan, C. - La
nascita della città. Un esempio significativo: Gerico – in: L'uomo e il tempo,
Mondadori, Verona, 1974.
Israel
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