Chieti,l'antica Teate...
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                                                                                     CHIETI, l'antica TEATE...

 

 (di Marisa Uberti)

Il modo migliore per iniziare l'approccio alla città di Chieti, è visitare i suoi Musei, quello Archeologico Nazionale d'Abruzzo e il complesso Archeologico La Civitella. Si potrà, così, penetrare nel passato più remoto, dal Paleolitico in poi, attraversando i millenni di storia archeologica che la città (e i suoi dintorni) ha saputo raccontare, e che certamente continuerà a raccontare con il proseguo delle indagini scientifiche e degli scavi.

Ben 450.000 anni fa, sui terrazzi fluviali presso Chieti, si ebbe la presenza di industrie litiche (Homo  sapiens sapiens).A partire dal neolitico si hanno testimonianze di arte rupestre,in grotte o cavità naturali sotto roccia, in cui predominano il colore nero e rosso. La città un tempo di chiamava Teate e sorgeva, come nucleo primigenio, su una collina che precede il mare, lungo il corso del fiume Pescara e dominava l'unico approdo naturale (porto canale)di un tratto di costa continuo e privo di insenature. L'abitava un popolo che si denominava 'Marrucino' (ne resta ancora la memoria in uno dei viali cittadini odierni, che ha appunto quel nome). Fin dal III millennio a.C. questa altura fu abitata certamente, avendo la testimonianza di reperti ceramici eneolitici, trovati presso il teatro romano.Mano a mano il periodo storico si fa meno lontano nel tempo, più si arricchiscono i ritrovamenti, si rinvengono più reperti, permettendo uno studio più ampio e particolareggiato del territorio.Per ovvi motivi di sinteticità, illustreremo solo alcuni dei momenti 'storici' che hanno caratterizzato -con un certo 'mistero' - Chieti e i suoi dintorni.Momenti storici che tornano al presente grazie a reperti che hanno rivisto la luce dopo millenni di sepoltura e di dimenticanza forzata, come queste tre steli, ritrovate in una necropoli di Penna Sant'Andrea(TE), nel 1974 e risalenti al V secolo a.C. (conservate nel Museo Archeologico Nazionale d'Abruzzo di Chieti).

Stele-chieti-1.jpg (68648 byte) (1)

 

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Oltre ad essere molto interessanti, presentano delle lettere che non conosciamo, mentre altre 'sembrerebbe' di riconoscerle, essendoci 'familiari'.Ma ben presto ci accorgiamo che ci è interdetto leggere cosa riportano e, se tentassimo di farlo nel modo tradizionale cui siamo abituati, faremmo un bel buco nell'acqua poichè il 'senso'della loro lettura è bustrofedico, cioè da destra a sinistra, ma non solo! L'andamento non è sempre uguale.La serie alfabetica è costituita da 21 lettere: tre punti sovrapposti sono usati per separare le singole parole.Un puntino corrisponde alla nostra vocale 'o',mentre la A,la E e la I sono somiglianti a quelle che usiamo noi.Il  segno grafico V corrisponde alla vocale u.Potete continuare a trovare raffronti e divergenze, se lo vorrete.

  • Nella stele n. 1 abbiamo 4 linee verticali di lettere e vanno lette dalla prima in basso a destra, salendo fino in cima, poi si passa alla seconda fila e si scende in verticale, per poi risalire dal basso della terza, arrivare in cima, passare alla quarta e ridiscendere (vedi schema dell'orientazione delle frecce A,B,C,D, nel pannello sopra).Questa stele di pietra calcarea  ha un' altezza di due metri e 18 centimetri; presenta una testa in rilievo nella parte superiore, forse barbuta, periforme (forma a pera rovesciata!).Sopra la stele, gli studiosi hanno trovato l'incasso di un altro elemento rappresentante un copricapo, come nella stele del Guerriero di Capestrano. L'iscrizione, tra le più lunghe e complesse ritrovate, è composta di venti parole, incise su quello che chiamiamo 'corpo' della stele, perchè nell'intenzione ci appare proprio come un corpo vivente che voglia dirci 'qualcosa'. Una pietra antropomorfizzata alla quale fu affidato un antico messaggio, certamente dedicatorio. Ricorda le statue-stele antropomorfe, a metà strada tra i semplici 'menhir' e gli obelischi... Infatti la parte inferiore andava infissa nel terreno, ed è la più rozza. La sua restituzione ortografica e la trascrizione suonano così (ovviamente non opera nostra,ma dalla fonte)

Sidom safinús estuf eSelsít tíom povaisis pidaitúpas fitiasom múfqlúm mefistrúí nemúnei praistaít panivú meitims safinas tútas trebegies titúí praistaklasa posmúi

Trad.:"
Quale Sidom i Sabini qui eSelsít te, chiunque (tu) sia, di quale che sia delle stirpi; dei monstra (?) per uno a nessuno inferiore si erge panivú il cippo; il trebegies della comunità sabina al genius, per il quale (è) il monumento-innalzato".
La sede del suo ritrovamento, una necropoli, fa ipotizzare che sia una sorta di 'elogio' pubblico (dei Sabini, il popolo che la realizzò) al 'genius'. Ma chi era questo genius? Una divinità degli inferi o un personaggio reale,forse qualcuno che si era distinto per atti straordinari e divinizzato?

  • La Stele n.2 è stata ritrovata spezzata,di altezza pari a 74 centimetri,molto somigliante alla precedente, anche se il volto maschile cambia espressione, risultando assai enigmatico. L'iscrizione è comunque diversa, più breve (quattro parole), ciò che ci è pervenuto è meno di un terzo della lunghezza originaria.La sua decifrazione e traduzione devono partire dalla prima lettera in basso a destra, salendo, leggendo quindi le lettere in orizzontale e ridiscendendo nella parte sinistra (come illustrato dal senso delle frecce nel pannello sopra).Questo è quanto si riesce a leggere: ]nis safinúm nerf persukant p[ 

     Traduzione
    : "... i principi dei Sabini celebrano/chiamano..."

Chi chiamano? Cosa celebrano? Per adesso resta un mistero,che forse non verrà mai svelato a meno di ritrovare...la parte mancante! 

 

  • La Stele n. 3  è un frammento alto 88 cm,che reca la parte inferiore di un'iscrizione, corrispondente a meno della metà del testo originario.Restano 16 parole su sei linee di scrittura con andamento verticale bustrofedico (vedi il senso della lettura tramite le frecce nel pannello soprastante), la cui traduzione attualmente non è ancora stata fatta, anche se si è giunti a decifrare le singole lettere:

brímeidinais epe[-----------o] psúq qoras qdufenúí; ]rtúr brímeqlúí alíntiom okreí safina [--------------]nips toúta tefeí posmúi praistaínt a[

Gli studiosi hanno dedotto che tutte queste iscrizioni siano esplicitamente 'sabine', contenendo tutte le indicazioni dell'etnico 'safin'.

Ci è piaciuto mostrare queste enigmatiche sculture iscritte, che vengono da un remoto passato, per ricordare come la storia non è fatta soltanto dai grandi imperi di cui abbiamo tante notizie, ma anche da culture semisconosciute, che usavano lingue oggi scomparse, con i loro culti scomparsi, le loro divinità, la società e -in una parola- una Tradizione.Nella mappa seguente del territorio Abruzzese, sono mostrate le zone in cui sono stati fatti i ritrovamenti principali di stele (puntino arancione), sculture (rosso) ed epigrafi(verde). Su luoghi ritenuti 'sacri' si è sempre continuato a portare avanti la stessa valenza, riconsacrandoli -a seconda dei contesti e delle epoche- alle divinità religiose del momento storico.Oggi sorgono chiese cattedrali o Santuari.

 

 

Il centro sacro dell'antica Chieti (Teate) nel II sec.a.C. era sull'acropoli della Civitella e constava di tre templi eretti su un alto podio,con gradinata centrale.Essi era dedicati alle divinità orientali come Artemide persiana,signora degli animali ed Ercole,seduto su una roccia, raffigurazione fino ad oggi attestata soltanto a Chieti. Inoltre, nei templi -eretti sul tipo greco- si trovavano due frontoni e un frontoncino. Dai ritrovamenti frammentari che sono stati effettuati, relativi al primo frontone, sono stati ricostruiti undici personaggi:al centro c'era la triade capitolina, formata da Giove, Giunone e Minerva; a destra del primo,c'era un personaggio maschile identificabile con Mercurio, che guida un gruppo di tre giovani donne, forse Tre Ninfe. Alla sinistra di Giove c'era una dea (forse Venere o Diana), cui facevano seguito tre personaggi (l'armato Marte e il nudo Apollo;il terzo di incerta decifrazione).Nel secondo frontone ci dovevano essere un Giove giovinetto (forse), i due Dioscuri (Castore e Polluce) e probabilmente la loro sorella, Elena, nell'atto di scostarsi il velo dal viso. Nel terzo gruppo frontonale trovava posto Apollo, affiancato dal coro delle Muse, protettrici delle Arti e delle Scienze. All'estremità erano collocati la statua di Ercole, con clava e pelle di leone, e Mercurio, inventore della lira.Il frontoncino recava invece un corteo di personaggi armati, fra cui alcuni in abiti orientali; unica figura femminile era la Vittoria, colta nell'atto di incoronare un personaggio principale-non riconoscibile-cui tutto il corteo dà attributo. Nell'area sono state trovate anche altre testimonianze archeologiche importanti: lastre di decorazione architettonica in terracotta, sculture, una testa colossale e un bozzetto che doveva utilizzarsi nella realizzazione di lastre o statue di maggiori dimensioni, che ritrae un personaggio maschile seduto e, sotto, alcune lettere greche di incerta interpretazione.

Questo complesso cultuale gravitava attorno ad un pozzo sacro e i reperti vengono interpretati come offerte votive alle divinità venerate nei templi.

Sono state rinvenute anche molte monete, di periodi molto diversi (dal V sec.a.C.), risalenti a Velia (provenienza basso Tirreno), alla Magna Grecia (in particolare dalla zecca di Neapolis, IV-III sec.a.C.),c oniate in bronzo; fino all'epoca romana più recente.

Sulla stessa area vennero riedificati edifici, tant'è che dei primitivi templi non si seppe più nulla.In epoca romana la città si adagiava sul versante più soleggiato verso la Majella; la chiudevano muri in opera reticolata dal lato del fiume Pescara (parte più fredda, che d'inverno faceva spirare venti gelidi). L'aspetto urbano era articolato su terrazzamenti a piani gradonati, era reso funzionale da strade e raccordi in parte coperti (viae tectae), e servito da sistemi idrici.Dalle indagini archeologiche si è potuto ricostruire lo spazio urbano all'epoca romana, in cui si trovavano:il foro(più o meno nell'area occupata dall'attuale corso Marrucino), da cui dipartiva una strada in salita che portava all'acropoli, dove sorgeva l'anfiteatro (e dove in precedenza sorgevano i tre templi in stile greco di cui abbiamo detto poc'anzi); il teatro (con la scena affacciata verso il Gran Sasso); e le terme ( fuori dall'abitato,collocato in prossimità di sorgenti d'acqua), che costituivano ultimo edificio pubblico  in ordine cronologico delle opere monumentali romane, risalente al I sec.d.C. Vi erano anche ambienti sotterranei,aventi funzioni commerciali.

Nelle seguenti foto, si possono vedere alcuni tratti riportati alla luce dagli scavi, presenti nell'odierna Chieti. Le foto (da b  fino a g) mostrano i tempietti gemelli (antica area foranea),del I sec.d.C. successivamente affiancati da un terzo tempio più piccolo (III sec.d.C.). Essi sorgono su un alto podio gradinato e ancora oggi possiamo vederli con la caratteristica dei tasselli (cubilia) di pietra e laterizi con ricorsi di spessi mattoni e fodere di lastre di marmo e pietra.La foto a mostra la zona dove probabilmente era collocato il pozzo sacro.

 

a b cd

 e f

Non si conosce quali divinità si onorassero in questi tempietti; un'iscrizione cita i nomi di due coniugi, Marco Vezio Marcello e Elvidia Priscilla, che nel I sec.d.C. godettero prestigio  in città, grazie all'influenza dell'imperatore Nerone, che fecero eseguire interventi edilizi importanti sugli edifici cultuali in oggetto, forse nel loro nucleo principale. La sacralità del luogo fu mantenuta dalla  consacrazione delle chiese dei SS.Pietro e Paolo (foto h), attestate a partire dalla fine dell'VIII secolo d.C.

 

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Nelle foto sotto (i-l) un paio di scorci di ciò che resta del teatro, il cui impianto scenico è perduto per sempre a causa degli smottamenti del terreno su cui fu eretto, senza contare che nei secoli vennero continuamente asportati materiali per costruire altri edifici.Nel Medioevo era inglobato nella cinta muraria;progressivamente venne trasformato in quartiere abitativo, perdendo la sua connotazione primitiva, tuttavia conservandone inconsapevolmente la forma.Gli scavi hanno fatto emergere come l'area fosse stata abitata fin dall'Eneolitico, di cui sono testimonianza numerosi reperti portati alla luce e conservati nel museo della Civitella.

 

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L'anfiteatro romano di Chieti (Teate), sorto sul complesso templare di epoca precedente, era scomparso dalla realtà cittadina. Nell'ottocento si era cominciato a riportare alla luce qualche antico reperto ma in quest'area era sorto -in età moderna- un Istituto Magistrale, con una palestra e dagli anni '50 uno stadio di calcio! Gli scavi condotti per costruire un serbatoio idrico, evidenziarono nel 1982 la presenza dell'anfiteatro romano, che portarono progressivamente all'individuazione dell'ingresso meridionale, del podio e del palco imperiale, materiali ceramici,etc. Si decise di demolire le tribune dello stadio moderno, sotto le quali emersero altri resti dell'anfiteatro.Sotto di esse, si scoprì una fossa di scarico di materiale protostorico.Un mistero dietro l'altro si andava districando agli occhi increduli degli scavatori e degli archeologi: una storia che nessuno aveva ancora scritto e che ora si poteva cominciare a conoscere e ricostruire,pezzo dopo pezzo.Nelle campagne di scavo del 1994-'95 riemerse una necropoli di età altomedievale; e una fornace che produceva le caratteristiche ceramiche con decorazione a bande. Oggi si sa che l'anfiteatro (databile al I sec.d.C.) era destinato ai giochi gladiatori, era di forma ellittica ed era costruito seguendo l'andamento naturale del terreno, lungo le pendici orientali dell'antica acropoli della Civitella. Oggi è un'emozione poterlo visitare, con lo stesso biglietto d'ingresso, situato nel Parco Archeologico della Civitella, che ha preso il posto del campo sportivo (ricostruito in un'altra zona della città).

Sotto la collina di Chieti si trovano sorgenti sotterranee naturali.Questo perchè il terreno è sabbioso (permeabile)  e collocato su basamenti di argille (impermeabili).A contatto tra questi due tipologie morfologiche, nella parte media e alla base dei versanti, si concentrano le sorgenti naturali e le acque di falda che hanno rivestito un fondamentale ruolo fin dall'antichità, per realizzare fontane e acquedotti.Numerose erano le cisterne e conserve d'acqua rifornite dalla raccolta delle acque piovane.

Ora ci spieghiamo la presenza di questa fontanella, il cui getto si raccoglie in una semplicissima vasca, da cui sgorga un'acqua-non potabile- alla quale attingono le persone, raccogliendola in contenitori.Non siamo riusciti a capire che uso ne possano fare, ma questo è quanto abbiamo visto.Attraverso l'apertura quadrata  situata nella parete (di contenimento?)alla base della collina, si può vedere una galleria che si addentra nella roccia e nessuno ha saputo dirci dove origina.Vi sono due lapidi con iscrizioni; una poco leggibile, forse reca una frase dedicatoria; quella sopra, di colore grigio, reca una data in numeri romani: (Anno Domini)  MDLXXXXVI (1596), MESE MARTII (Mese Marzo).

sorgente01.jpg (115170 byte) La presenza di un arco, superiormente, fa ipotizzare che un tempo doveva esserci un ingresso, in questo punto, poi murato?

In età antica furono realizzate notevoli opere idrauliche per canalizzare l'acqua nei punti voluti ed evitare problemi di frane dai terreni scoscesi.Di interesse è la rete di cunicoli per il rifornimento idrico delle cisterne connesse all'impianto delle terme, che sorgevano in zona verdeggiante e lontana dal resto della città, un'oasi di pace come diremmo oggi. Il complesso odierno visibile (ma non visitabile, almeno al momento del nostro sopralluogo, del gennaio 2007) si compone di una parte più alta, dove si trovano le cisterne (nove ambienti uguali, foto m) e una parte più bassa, dove è situato l'impianto termale vero e proprio, di cui restano colonnati, murature, pavimenti musivi, in parte coperti da ripari protettivi (foto da n a q).

m

 

Terme-01.jpg (119259 byte)nterme-02.jpg (82678 byte)terme-04.jpg (57214 byte) pterme-05.jpg (81524 byte)q

Il complesso aveva sistemi funzionali di riscaldamento dell'aria e  dell'acqua, tramite opportune intercapedini (foto r):

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I bagni pubblici erano decorati con preziosi marmi, e mosaici in pasta vitrea, nonchè da statue e oggetti d'uso cosmetico. I marmi erano di provenienza Greca e dell'Asia Minore, rivelando che la città godeva di una grande ricchezza in quell'epoca (appannaggio -come si suppone- di certe classi sociali!). Con il decadimento dell'età imperiale, anche questo complesso perse progressivamente la propria importanza:il centro abitato si restrinse e isolò la struttura, cisterne comprese, annullandone il ricordo, che fu ripreso solo più tardi, quando pare venisse nuovamente frequentato (con scopi diversi) tra il XIV - XV secolo d.C., epoca cui risalgono alcune monete ritrovate in loco.

Il vero 'mistero' consiste nel motivo per il quale l'area archeologia versi in condizioni poco edificanti, e sia interdetta alle visite. 

Indizi di culti misterici...

Certamente, chi visita il Museo della Civitella, in particolare, non potrà esimersi dal notare che sono esposti reperti che riportano a divinità 'pagane', Egizie, Greche, Persiane...Perchè? 

A Teate c'erano religioni misteriche. Si sa che i romani lasciavano libertà di culto al popolo, e si può dedurre come il territorio fosse una fucina di diversi culti dall'influenza Orientale. Nel III sec.d.C. è attestato il rito del taurobolium, proprio del culto di origine frigia di Cibele e Attis, in cui si sacrificava un toro, talvolta anche un ariete (criobolium):durante questi riti, il sangue sacrificale veniva raccolto e versato sul dedicante al fine di 'purificarlo'.Pratica che si trasponderà più tardi nel 'battesimo di sangue' descritto dalle fonti, in cui l'officiante si chiudeva in una fossa sotto un tavolato e veniva inondato dal sangue degli animali sacrificali, uscendo poi come resuscitato a 'nuova vita' (morte iniziatica). Nell'antica Teate si eseguivano anche riti in onore della dea egizia Iside e del dio Serapide, che si svolgevano di notte, con una suggestiva cerimonia in cui si doveva raggiungere l'oltretomba, per poi tornare con il sorgere del sole, a nuova vita, superando tutti gli ostacoli terrificanti incontrati al confine con la morte, simboleggiata dalle tenebre. L'Egitto è stato presente a Teate attraverso oggetti originali (portati fin qui chissà da chi) o di fattura romana; furono presenti anche culti orientali come quello di Harsiesi e Thueris. In questi culti misterici ritroviamo una figura universale, la Grande Madre, Signora della Natura, che presiede a tutti i cicli vitali di morte e rigenerazione. In una grotta naturale a Rapino, sul versante nord-orientale della Majella, detta appunto Grotta della Dea,usata come riparo di cacciatori fin dal Paleolitico superiore, è stata rinvenuta una statuetta femminile databile al IV secolo a.C., che indossa una lunga veste coperta da un mantello, ha i capelli raccolti da una lunga treccia e nella mano sinistra regge una focaccia con una spiga, allusione alla divinità legata al ciclo della terra, dunque della Vita.Per questo è stata soprannominata la 'dea di Rapino'.Si può vederla in una vetrina del Museo teatino.

...E impronte di culto moderno:la cattedrale

Non potevamo finire la nostra carrellata attraverso la Tradizione, storia, l'archeologia di questa città, senza visitare la cattedrale, la cui altissima torre campanaria è un simbolo che si riconosce anche da lontano, stando ai piedi della Chieti 'industriale' (Chieti Scalo).

A base quadrata,con quattro ordini degradanti verso l'alto,termina con corona ottogonale, sormontata da un cono o cuspide,su cui è posta una croce.

La cattedrale di Chieti è dedicata a San Giustino,considerato il primo Vescovo della città.Si indovini un po? Qui sorgeva, come da prassi ribadita più volte (che su un edificio di culto attuale, sorgesse in epoca precedente un più antico edificio sacro) un tempio, si dice dedicato al dio Ercole.Prima della devastazione della chiesa paleocristiana,ad opera di Pipino,la chiesa era dedicata a San Tommaso.Si ha notizia di una chiesa dedicata al Santo Giustino in questo luogo almeno dal IX secolo d.C.e il suo corpo fu qui deposto nel 1432.Oggi riposa nell'arca marmorea nella cripta. Tra le sue reliquie, c'era il famoso 'braccio di San Giustino' ('lu vraccione' in dialetto locale) che si ritiene miracoloso, perchè una leggenda ha tramandato il singolare fatto che esso -portato in processione nel 593 -si sarebbe 'attivato' respingendo un'invasione di cavallette che minacciavano i raccolti.Dunque la memoria del potere taumaturgico del Santo rimase nei secoli e venne sempre portato in processione in caso di gravi calamità o per scongiurarle. Ma nel 1983 venne trafugato il reliquiario a forma di braccio che conteneva l'osso(insieme al busto di Nicola da Guardiagrele) e di quella reliquia si sono perse le tracce.


L'attuale aspetto della chiesa è gotico, ma in realtà la facciata che prospetta sulla piazza è stata rifatta completamente nel XX secolo.Offre comunque una spettacolare visione a chi si 'avventura' nella spaziosa piazza Vittorio Emanuele,con i suoi colori caldi e i particolari baciati dal sole.

La parte più antica è la cripta,da cui si accede da queste due porte(singolare il duale, proprio identiche), foto sotto:

Nella cripta si trovano varie cappelle,e oggi la possiamo apprezzare nel suo stile originario,dopo che vennero tolti tutti i decori di gusto barocco che erano stati applicati da monsignor Scilla sul finire dell'Ottocento.Vi si trovano le tombe di quasi tutti i vescovi e arcivescovi titolari della chiesa. L'ambiente della cripta di questo duomo è molto originale,presentando una pianta irregolare che si articola in sei piccole navate di due campate ciascuna. Di epoca molto antica, conserva ancora tracce di affreschi due e trecenteschi, ritrovati dopo i restauri che hanno asportato le decorazioni barocche, che avevano coperto tutte le pareti, i pilastri e i soffitti.Abbiamo potuto vedere le foto di com'era prima...sembrava un salotto aristocratico! Siamo contentissimi di non averla vista quand'era ancora così e di poterla ammirare oggi,nelle sue austere,semplici,essenziali forme primitive.  Interamente realizzata in laterizio,ha stupende colonne di sostegno a fascio,in pietra,così come i capitelli.Un ambiente molto raccolto,nonostante la notevole dimensione,in cui i colori naturali presenti, coagulantisi con la luce, arrecano un senso di intima riflessione.

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cripta-chieti-03.jpg (118681 byte) cripta-chieti-02.jpg (97716 byte) Particolare delle acquasantiere, situate specularmente nella parte destra e sinistra della cripta, vicino all'ingresso esterno(si può raggiungere la cripta anche da una doppia scalinata situata all'interno del duomo).

Una curiosità:dalla città di Chieti (Teate) ha tratto il nome l'Ordine dei Teatini.

Passeggiando per le centrali vie del capoluogo teatino, abbiamo incontrato un curioso simbolismo, costituito da un intreccio di due serpenti le cui teste si affrontano sul 'bastone di Mercurio' (Caduceo di Hermes), terminante con la 'classica' testa alata (qui antropomorfizzata).La cosa curiosa è che non si tratta di un edificio sanitario (come si sa, l'icona è appannaggio dell'Ordine dei Medici) e il simbolismo si ripete anche sulle decorazioni laterali.Un po' come a Barcellona, in cui la città 'moderna' fu invasa di simboli 'esoterici', a ricordare le sue origini leggendarie. Forse, anche a Chieti, l'eco di quegli antichi culti sepolti dal tempo risuona per chi è disposto ad ascoltarli o, forse, semplicemente si adegua all'imperante 'New Age'? 

 

Indirizzi utili:

  • Museo e Parco Archeologico La Civitella- 66100 Chieti

Orario:tutto l'anno dalle 9 alle 20 (giorno di chiusura il lunedì)
Via Generale Salvatore Pianell 
telefono: +39 087163137 
www.beniarcheologiciabruzzo.it    museo@lacivitella.it

 

  • Museo Archeologico Nazionale d'Abruzzo, Villa Comunale, 2

Tel.0871/331668-Fax:0871/41929 Sito web: http://www.soprintendenza-archeologica.ch.it

 

Le notizie qui riportate sono state raccolte nei luoghi indicati e,per la parte museale, tramite la guida 'La Civitella, visitando il Museo"(patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali -Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici, Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici d'Abruzzo- Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, via dei Tintori,1 66100 Chieti).

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                                                                      marzo 2007