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In
una stradina secondaria di un paese anonimo della provincia spagnola di Jaén
c’è una casa che forse contiene la prova che esistono misteri che vanno
al di là - molto al di là - dello scibile. Belmez de la Moraleda conta
oggi 3695 anime. Poche attrattive sparse in un territorio modesto, sembra
quasi un’eccezione nel rigoglio esuberante della terra andalusa. La
Spagna che siamo abituati ad immaginare è un luogo solare, nel quale
abita gente allegra e l’esuberanza la fa in un certo senso da padrona.
E’ la terra della fiesta e
delle forti emozioni. Dei cuntos,
delle legendas. E della paura.
Senza eccezioni.
Il circondario di Bélmez de la Moraleda (fonte:
belmezdelamoraleda.es)
Perfino
nella placida Belmez. Proprio qui, al numero 5 di calle Rodriguez Acosta
c’è il portone dietro il quale abitava Maria Gomez. I paesani che
passano di là non trattengono un’occhiata furtiva. Non è paura,
piuttosto sembra curiosità. Perché dietro quel portone consumato dal
tempo, che lascia trasparire i suoi anni nonostante qualche pietosa
verniciatura si sia intestardita a riportarla al suo originario colorito
nocciola, c’è la casa del mistero. Là dietro ci sono las
caras, i volti di Belmez.
La
“Casa de las Caras” (fonte: trivago.it)
La
mattina del 23 agosto 1971, Maria Gomez-Camara entra nella
cucina di casa per preparare, come sempre, la colazione per tutta la
famiglia. Quasi subito scopre che sul pavimento, vicino al forno da cui
normalmente estrae il pane appena cotto, si è formato qualcosa. Forse è
solo il sole che filtra dalla finestra. Forse non è che un gioco
d’ombra. Forse. O forse no. Sembra altro. Un volto, per la precisione.
Maria è una donna di chiesa. Per questo, più la fissa più quella cara
le sembra simile al "Sacro Volto" custodito nella Cattedrale del
capoluogo, Jaén, uno dei supposti tre lini con cui la Veronica asciugò
il volto di Gesù Cristo. Ma non può essere. Deve essere una macchia,
conclude. E, siccome Maria è anche una donna di casa, comincia a pulire.
Ma non sembra esserci verso di far scomparire l’immagine. Non ci riesce
Maria, e nemmeno suo marito, Juan. I tentativi sortiscono anzi l’effetto
opposto. La macchia comincia a cambiare, se possibile si fa più nitida.
Adesso sembra proprio un volto, non c’è dubbio. Un volto che ha
addirittura assunto un’espressione afflitta. Quando anche gli ultimi
tentativi di cancellarlo falliscono, la famiglia intera fugge
terrorizzata, lontano ma non troppo, rifugiandosi a casa di un vicino.
Ripreso coraggio, tornano con amici e parenti, questi ultimi curiosi di
vedere la cucina infestata. Tutti concordano. Quello è
un viso. Il figlio di Maria, Miguel, prende un piccone e comincia a
martoriare il pavimento. Finché il blocco di cemento sottostante non
viene rimosso, e sostituito con un altro, i Pereira non tornano a casa. Ma
il ritrovato idillio ha vita breve. Ad appena una settimana di distanza,
sul pavimento della cucina ricompare qualcosa. La stessa faccia,
l’incancellabile. Stavolta la notizia fa in fretta il giro del paese. La
modesta casa dei Pereira, la povera casa di Maria, diventa improvvisamente
un luogo nuovo, di confine. Poco più che magico e poco meno che
miracoloso, di certo si trasforma in attrazione popolare. Al volto
testardo viene dato addirittura un nome. E’ La
Pava, per tutti. Perfino per il consiglio comunale che, incuriosito più
dalla mobilitazione popolare che dal fatto in sé, fa svolgere
un’inchiesta.
“La
Pava”, il primo volto scoperto da María Gómez Cámara il 23 agosto
1971 sul pavimento della sua cucina (fonte: freeforumzone.leonardo.it).
Scavano
una fossa sotto il pavimento della cucina dei misteri. Tre metri di
profondità ed uno di larghezza per rovistare nelle viscere di un mistero
che va ingigantendosi di pari passo con le dicerie di paese.
Dallo scavo iniziano ad emergere ossa sparse. Ossa umane. Sul fondo, due
scheletri privi di cranio. E c’è chi, tra gli anziani, improvvisamente
si ricorda che quella casa (insieme all’abitazione adiacente) è stata
edificata su un terreno che, a suo tempo, aveva ospitato una parte del
cimitero della locale Chiesa cattolica (un terreno di sepoltura che, per
la verità, risaliva addirittura all’epoca romana). La stessa chiesa
che, proprio pochi giorni prima, ha subìto una considerevole
ristrutturazione. Esumate, le spoglie vengono trasferite e si procede in
tutta fretta alla chiusura della singolare indagine. Le ossa sparse,
invece, vengono sottoposte ad ulteriore analisi. Risalgono al XIII secolo,
ed appartengono tutte ad adolescenti. Una ventata di pietismo popolare fa
sì che una volta stilati i resoconti, le ossa vengano traslate in chiesa
per trovare nuova e degna sepoltura in terra consacrata, così placando,
dicono i più superstiziosi, gli spiriti inquieti. A pavimento
ricostruito, i Pereira si apprestano, ancora una volta, a riappropriarsi
di una vita tranquilla e normale. Ma Pava
ritorna. E stavolta non è solo.
C’è
El Pelao, il calvo. E ttua una
serie di altri volti, che iniziano a tappezzare gran parte del pavimento
della cucina di Maria. La maggior parte di essi appaiono intorno al
focolare della piccola abitazione, formandosi in maniera graduale. Prima
gli occhi, poi il resto del visto. Sono tanti. Sono giovani e vecchi.
Maschi e femmine. Ognuno sembra avere una propria peculiare espressione.
Tutti incancellabili. Tutti insensibili al piccone dell’esasperato
Miguel. Così non va. Il consiglio ricorre all’extrema
ratio. Esperti di fenomeni paranormali affollano la casa. Ma non
riescono ad elaborare una spiegazione convincente e definitiva del
fenomeno. Troppo poche, e troppo vacue, le loro risposte. Specialmente di
fronte alle infinite domande che sia l’atterrita famiglia che la folla
accorsa pongono loro.
Enigmatica
figura femminile apparsa sul pavimento. Più in primo piano, si riesce a
scorgere un altro volto (fonte: galeon.com).
La
svolta arriva nel 1972. Si chiama German de Argumosa, professore di
mestiere ed illustre parapsicologo per vocazione. Arriva a Belmez insieme
ad altri esperti in discipline affini. Tra di essi c’è un altro parapsicologo, il tedesco Hans Bender dell'Università di Friburgo,
che dopo una minuziosa serie di indagini ad ampio raggio non esita a
bollare le manifestazioni della casa di Maria come “il fenomeno
paranormale più importante del secolo.” Intanto, i volti persistono.
Alcuni sembrano persino essere capaci di spostarsi. Arrivano a cambiare
posizione anche mentre gli esperti li esaminano. Mutano addirittura
espressione. Alcuni si dissolvono, e negli spazi lasciati vuoti appaiono
nuovi volti a prendere il loro posto. Altri si trasfigurano in croci. Sul
pavimento appaiono anche nudi femminili. Aumentano i volti, e di pari
passo si moltiplicano i testimoni. Anche perché in molti associano i
volti di Belmez ad una apparizione mistico-religiosa. Così, alla domenica
folle di pellegrini si addensano fuori dalla casa. Si arriva a picchi di
20 mila persone. Un numero enorme per un paese di meno di 4mila anime.
Sono contadini ed artigiani, prelati e personaggi in vista della buona
borghesia locale. Tutti entrano curiosi dal portone di calle Acosta. Tutti
sfilano nella casa dei Pereira. E tutti escono profondamente turbati.
Argumosa non si fa distrarre. Ha indagini da portare a termine e piste da
seguire. Davanti alla telecamera di una troupe
televisiva, il professore divide con il nastro adesivo il pavimento della
cucina in settori. Poi scatta una foto dettagliata a ciascuna sezione,
badando a ritrarla per intero. Copre tutto e fa sigillare la copertura.
Convoca il notaio di Belmez, e sigilla con cera gli accessi alla stanza,
finestre comprese.
Il
professor German de Argumosa (fonte: tiempodeculto.com)
A
tre mesi esatti di distanza, fa verificare i sigilli prima di procedere
alla riapertura della cucina. Sono intatti. Entrato nella stanza, esamina
la mappa estratta dalle istantanee dei volti di tre mesi prima. Le caras
non sono al loro posto. Si sono spostate, alcune hanno perfino cambiato
posizione. L’ipotesi di un falso si fa più remota. Ma ci sono ancora
alcuni scienziati “dissidenti”. Sono loro che si giocano il tutto per
tutto. Raggi X ed ultrasuoni, infrarossi ed ultravioletti, controlli di
radioattività ed indagini al dettaglio per individuare alterazioni
indotte da composti organici o chimici. Nulla. Gli
scettici più intransigenti continuano a negare, e addirittura accusano di
complicità con i presunti imbroglioni sia Argumosa che Bender.
Resta in piedi l’ipotesi spiritica. Quei volti altro non sarebbero,
insomma, che emanazioni psichiche degli spiriti delle persone sepolte nel
cimitero. Corroborato da questa supposizione, il professor Argumosa
decide di sottoporre la casa a quella che considera la prova
del nove. Lo fa appellandosi al suo non indifferente estro
pionieristico, ed optando per l’impiego di un metodo di rilevazione che
non è ancora mai stato testato in Spagna. Un modus
operandi che rimanda ad un lettone visionario – ma non troppo – di
nome Konstantin Raudive. E’ la psicofonia. Argumosa disloca un
magnetofono nella cucina ed inizia a registrare. Poi elabora i dati
passando al setaccio con ossessiva attenzione i nastri che potrebbero far
compiere all’indagine uno scarto clamoroso. Avviene l’incredibile. Sui
nastri compaiono voci. Tante voci diverse. Tutti i casi manifestano una
chiarezza sonora e di contenuto tale da rendere i semplici indizi
parafonici dei documenti tanto concreti da indurre a riflettere. Se alcune
sembrano solo dei lamenti, per altre ci si potrebbe addirittura azzardare
ad usare l’aggettivo “intelligenti”, perché sembrano in grado di
replicare a domande poste da Maria Gomez o dall’équipe del professore. E’ la prima volta in assoluto che in
Spagna si assiste a qualcosa del genere.
Ma
chi produce le voci? E cosa vogliono?
A
Belmez opera ancora oggi un’associazione chiamata SEIP.
La SEIP compie indagini sul paranormale, forte dell’ufficialità
conferitale dall’Autorizzazione governativa numero 164/49 che sventola
orgogliosamente in faccia a quanti accusano i suoi membri ed il suo
operato di scarsa scientificità. La società ha replicato gli esperimenti
di psicofonia di Argumosa, che essendo frattanto passato a miglior vita è
ad oggi ricordato con profondo affetto ed altrettanto profondo rimpianto
dalla comunità spagnola di aficionados
(è proprio il caso di dirlo) di enigmi, quale indiscusso “pioniere nel
campo della parapsicologia e nell’investigazione del mistero in Spagna
ed in Europa".
Pedro
Amoròs del SEIP (fonte: edicionesirreverentes.com)
Un
giorno il presidente Pedro Amoròs è in cucina con Maria Gomez. Di fronte
all’immancabile microfono, la donna pone la domanda più diretta
possibile a chi occupa in modo tanto singolare la sua cucina.
“Por
qué han venio aqui, a mi casa?” Perché siete venuti qui, nella mia
casa? “Es un abuso!” .
E’
una prepotenza, le risponde praticamente subito una stentorea voce di
donna. Nessuno si meraviglia, non più. Le singolari apparizioni di casa
Pereira sono state documentate fotograficamente in maniera esaustiva una
prima volta nel 1989 per conto della Società Parapsicologica di Puerto
Real. Il gesuita Josè Maria Pilon ha invece prodotto, insieme ad un altro
gruppo di ricerca parapsicologica, un secondo studio nel 1990. Una terza
indagine è stata invece svolta dall’Alto Consiglio Spagnolo per la
Ricerca Scientifica. Nessuno è tuttavia riuscito a venire a capo
dell’enigma.
A
dispetto degli anni trascorsi, gli esperti non sono a tuttora stati in
grado di formulare spiegazioni realmente esaurienti. Forse si tratta di
una storia che avete già sentito. Se avete più di quarant’anni, magari
verso la fine degli anni ’70 ve l’ha raccontata qualcuno per
terrorizzarvi. Una di quella storie strane che fanno scivolare un brivido
lungo la schiena, e che si dimenticano sforzandosi di pensare al solito,
macabro scherzo. Quello che non tutti sanno però, è che la verità è
ben più complessa. E che si tratta di un fatto realmente accaduto. Sono
ormai passati quarantuno anni dall’apparizione del primo volto.
Nel
frattempo, i visitatori a Belmez sono diminuiti considerevolmente. Ma il
mistero dei volti spettrali ha continuato ad esistere, facendosi leggenda
metropolitana nel passaparola mondiale del quale è stato protagonista. Il
3 febbraio 2004 Maria Gomez è morta. Aveva 85 anni. Così, un caso chiuso
dal tempo è tornato a popolare le cronache. La morte della proprietaria
della casa dei volti ha portato nuova pubblicità al fenomeno, ed a Bélmez
sono tornati i curiosi. La SEIP, che non ha mai cessato di confermare la
paranormalità del fenomeno, di comune accordo con l'Amministrazione
comunale del paese, ha avanzato un’offerta per procedere all’acquisto
dell’abitazione, con lo scopo di insediare in essa un centro di
interpretazione permanente dei volti. Una sorta di museo che, tra
l’altro, avrebbe costituito una grossa attrazione turistica per
l’anonima Belmez e, soprattutto, i suoi aridi bilanci. Le loro ambizioni
si sono tuttavia scontrate con il milione di euro fissato dagli eredi di
Maria come prezzo non trattabile dell’immobile.
Oggi
in paese, accanto alle ormai classiche indicazioni per la Casa dei Volti,
campeggiano quelle per un’altra destinazione. Casa
de las Caras Nuevas, la nuova casa dei volti. Neanche a farlo apposta,
la frattura epocale è segnata dalle direzioni praticamente opposte in cui
i due cartelli puntano. Proprio nel 2004, ad ottobre, dopo la battuta
d’arresto definitiva registrata per la casa di calle Acosta, la SEIP ha
infatti annunciato di aver trovato nel paese una seconda casa in cui si
verificavano i medesimi fenomeni della prima. Ma in questa complicata
ed infinita situazione c’è spazio anche per un altro personaggio. Si
chiama Francisco Máñez, scrittore valenciano classe 1958. Máñez ha
sostenuto pubblicamente in più occasioni di aver istruito personalmente i
membri del SEIP nella poco nobile arte di disegnare i volti. L’aspra e
sistematica opera di denuncia di Máñez viene raccolta e sostenuta non
solo dai dati pubblicati al riguardo sul bollettino della ARP, la Sociedad
para el Avance del Pensamiento Crítico, ma anche e soprattutto dalla
penna di Javier Cavanilles, che pubblica su El Mundo alcuni
articoli quantomeno interrogativi. Mentre il volto di Pava
osserva i visitatori di casa Pereira dalla nicchia nella parete in cui
è stato inserito dopo essere stato divelto dal suolo e conservato, altri
volti costellano la nuova casa delle facce. Concentrati, anche in questo
caso, in una stanza in particolare, all’ultimo piano dello stabile. E,
anche stavolta, c’entra Maria Gomez. Perché si tratta della casa in cui
la donna viveva da giovane.
Gestita
direttamente dalla Seip, questa seconda casa ospita realmente un museo. E
rafforza a perfezione la teoria elaborata dall’associazione per spiegare
la comparsa delle immagini. Ripetiamolo: le due case hanno una sola cosa
in comune. Maria Gomez. Che sarebbe stata un tramite medianico, seppur
inconsapevole, attivando il fenomeno dell’apparizione delle caras
con la sua presenza stabile. Un supposto caso di energia psicocinetica
attiva, ipotesi confermata dal rilevamento di un mutamento nelle
espressioni dei volti che risultava direttamente connesso con quello di
Maria. E dal fatto che, mentre la padrona di casa invecchiava, anche le
immagini tendevano a perdere di vivacità. In quale altro modo spiegare
l’apparizione dei volti? L’ipotesi più semplice e, in un certo senso,
marchiana, suppone che le immagini siano state letteralmente dipinte sul
pavimento. Eppure, reiterate analisi di laboratorio non hanno trovato
tracce di pigmenti, né di tempere artificiali. Non sono stati rinvenuti segni di sovrapposizione di colori o vernici.
Non c’è alcuna traccia di scalfitture. Non si tratterebbe, dunque, né
di pitture né di sculture. Inoltre, a ben vedere le immagini - a
volte perfettamente delineate, neanche fossero istantanee - sembrano
apparire gradualmente, e risultano comparse anche dopo che la casa è
stata sigillata per un certo periodo di tempo da Argumosa e dalle autorità
del paese. Ma forse esiste anche un’ipotesi basata sulla chimica.
Nel
tempo, è stata proposta anche una soluzione molto ingegnosa
dell’enigma. Quella che chiama in causa l’utilizzo del nitrato
d’argento. Una sostanza che, tra l’altro, gode della singolare
proprietà di scurirsi in seguito all’esposizione alla luce solare. Se
le caras fossero state disegnate in questo modo, i sali d’argento
avrebbero potuto fungere da inchiostro
simpatico, rimanendo inizialmente invisibili per poi ricomparire –
gradualmente - con l’andare del tempo e la progressiva esposizione alla
luce. Questa spiegazione chiarirebbe tra l’altro l’assenza di pigmenti
di sorta, oltre al dato non certo trascurabile che i volti siano comparsi
anche a stanza sigillata. Nei giorni della massima frequentazione pubblica
di casa Pereira, va ricordato come molti visitatori facessero ritorno dal
misterioso luogo portando seco le suggestive immagini-ricordo di Pava e
compagnia. A farsi carico della realizzazione delle istantanee – e della
relativa commercializzazione - era ovviamente il fotografo del paese.
L’unica persona in tutta Belmez che poteva disporre liberamente del
nitrato d’argento per sviluppare le immagini impresse sulla pellicola.
C’è
perfino chi ha cavalcato tanto intensamente questa ipotesi da riscontrare
come, in seguito al trapasso del fotografo stesso, anche la forma dei
volti sarebbe stranamente cambiata. Tratti chiari e ben definiti sarebbero
divenuti dopo la scomparsa dell’uomo più diafani, presentando contorni
ben più grossolani ed approssimativi. Eppure, rilevazioni compiute anche
in questa direzione hanno dimostrato che muri e pavimenti della cucina dei
Pereira non presentavano traccia dei sali incriminati. Bender
e Argumosa avevano ragione?
Alla
luce rassicurante del giorno, la casa delle facce di calle Acosta ritorna
un’abitazione assolutamente normale, come tutte le altre, sperduta in un
paesino anonimo di un distretto quasi sconosciuto di una regione, invece,
notissima. Vista sotto questa luce, Belmez è il paese delle
contraddizioni. In questo, condivide i destini del più famoso fenomeno
paranormale di Spagna, che continua ad oscillare lungo la linea d’ombra
che separa scienza e parascienza.
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