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La Casa dei Volti di Belmez

Ipotesi sull’enigma più inquietante di Spagna

(di Simone Petrelli)

 

In una stradina secondaria di un paese anonimo della provincia spagnola di Jaén c’è una casa che forse contiene la prova che esistono misteri che vanno al di là - molto al di là - dello scibile. Belmez de la Moraleda conta oggi 3695 anime. Poche attrattive sparse in un territorio modesto, sembra quasi un’eccezione nel rigoglio esuberante della terra andalusa. La Spagna che siamo abituati ad immaginare è un luogo solare, nel quale abita gente allegra e l’esuberanza la fa in un certo senso da padrona. E’ la terra della fiesta e delle forti emozioni. Dei cuntos, delle legendas. E della paura. Senza eccezioni.

 

Belmez (1).jpg (21666 byte) Il circondario di Bélmez de la Moraleda (fonte: belmezdelamoraleda.es)

 

 

Perfino nella placida Belmez. Proprio qui, al numero 5 di calle Rodriguez Acosta c’è il portone dietro il quale abitava Maria Gomez. I paesani che passano di là non trattengono un’occhiata furtiva. Non è paura, piuttosto sembra curiosità. Perché dietro quel portone consumato dal tempo, che lascia trasparire i suoi anni nonostante qualche pietosa verniciatura si sia intestardita a riportarla al suo originario colorito nocciola, c’è la casa del mistero. Là dietro ci sono las caras, i volti di Belmez.

 

 

                        

 

                                                                  La “Casa de las Caras” (fonte: trivago.it)

 

La mattina del 23 agosto 1971, Maria Gomez-Camara entra nella cucina di casa per preparare, come sempre, la colazione per tutta la famiglia. Quasi subito scopre che sul pavimento, vicino al forno da cui normalmente estrae il pane appena cotto, si è formato qualcosa. Forse è solo il sole che filtra dalla finestra. Forse non è che un gioco d’ombra. Forse. O forse no. Sembra altro. Un volto, per la precisione. Maria è una donna di chiesa. Per questo, più la fissa più quella cara le sembra simile al "Sacro Volto" custodito nella Cattedrale del capoluogo, Jaén, uno dei supposti tre lini con cui la Veronica asciugò il volto di Gesù Cristo. Ma non può essere. Deve essere una macchia, conclude. E, siccome Maria è anche una donna di casa, comincia a pulire. Ma non sembra esserci verso di far scomparire l’immagine. Non ci riesce Maria, e nemmeno suo marito, Juan. I tentativi sortiscono anzi l’effetto opposto. La macchia comincia a cambiare, se possibile si fa più nitida. Adesso sembra proprio un volto, non c’è dubbio. Un volto che ha addirittura assunto un’espressione afflitta. Quando anche gli ultimi tentativi di cancellarlo falliscono, la famiglia intera fugge terrorizzata, lontano ma non troppo, rifugiandosi a casa di un vicino. Ripreso coraggio, tornano con amici e parenti, questi ultimi curiosi di vedere la cucina infestata. Tutti concordano. Quello è un viso. Il figlio di Maria, Miguel, prende un piccone e comincia a martoriare il pavimento. Finché il blocco di cemento sottostante non viene rimosso, e sostituito con un altro, i Pereira non tornano a casa. Ma il ritrovato idillio ha vita breve. Ad appena una settimana di distanza, sul pavimento della cucina ricompare qualcosa. La stessa faccia, l’incancellabile. Stavolta la notizia fa in fretta il giro del paese. La modesta casa dei Pereira, la povera casa di Maria, diventa improvvisamente un luogo nuovo, di confine. Poco più che magico e poco meno che miracoloso, di certo si trasforma in attrazione popolare. Al volto testardo viene dato addirittura un nome. E’ La Pava, per tutti. Perfino per il consiglio comunale che, incuriosito più dalla mobilitazione popolare che dal fatto in sé, fa svolgere un’inchiesta.

 

 

                         

“La Pava”, il primo volto scoperto da María Gómez Cámara il 23 agosto 1971 sul pavimento della sua cucina (fonte: freeforumzone.leonardo.it).

 

 

Scavano una fossa sotto il pavimento della cucina dei misteri. Tre metri di profondità ed uno di larghezza per rovistare nelle viscere di un mistero che va ingigantendosi di pari passo con le dicerie di paese[1]. Dallo scavo iniziano ad emergere ossa sparse. Ossa umane. Sul fondo, due scheletri privi di cranio. E c’è chi, tra gli anziani, improvvisamente si ricorda che quella casa (insieme all’abitazione adiacente) è stata edificata su un terreno che, a suo tempo, aveva ospitato una parte del cimitero della locale Chiesa cattolica (un terreno di sepoltura che, per la verità, risaliva addirittura all’epoca romana). La stessa chiesa che, proprio pochi giorni prima, ha subìto una considerevole ristrutturazione. Esumate, le spoglie vengono trasferite e si procede in tutta fretta alla chiusura della singolare indagine. Le ossa sparse, invece, vengono sottoposte ad ulteriore analisi. Risalgono al XIII secolo, ed appartengono tutte ad adolescenti. Una ventata di pietismo popolare fa sì che una volta stilati i resoconti, le ossa vengano traslate in chiesa per trovare nuova e degna sepoltura in terra consacrata, così placando, dicono i più superstiziosi, gli spiriti inquieti. A pavimento ricostruito, i Pereira si apprestano, ancora una volta, a riappropriarsi di una vita tranquilla e normale. Ma Pava ritorna. E stavolta non è solo.

 

C’è El Pelao, il calvo. E ttua una serie di altri volti, che iniziano a tappezzare gran parte del pavimento della cucina di Maria. La maggior parte di essi appaiono intorno al focolare della piccola abitazione, formandosi in maniera graduale. Prima gli occhi, poi il resto del visto. Sono tanti. Sono giovani e vecchi. Maschi e femmine. Ognuno sembra avere una propria peculiare espressione. Tutti incancellabili. Tutti insensibili al piccone dell’esasperato Miguel. Così non va. Il consiglio ricorre all’extrema ratio. Esperti di fenomeni paranormali affollano la casa. Ma non riescono ad elaborare una spiegazione convincente e definitiva del fenomeno. Troppo poche, e troppo vacue, le loro risposte. Specialmente di fronte alle infinite domande che sia l’atterrita famiglia che la folla accorsa pongono loro.

 

 

 

Enigmatica figura femminile apparsa sul pavimento. Più in primo piano, si riesce a scorgere un altro volto (fonte: galeon.com).

 

 

La svolta arriva nel 1972. Si chiama German de Argumosa, professore di mestiere ed illustre parapsicologo per vocazione. Arriva a Belmez insieme ad altri esperti in discipline affini. Tra di essi c’è un altro parapsicologo, il tedesco Hans Bender dell'Università di Friburgo, che dopo una minuziosa serie di indagini ad ampio raggio non esita a bollare le manifestazioni della casa di Maria come “il fenomeno paranormale più importante del secolo.” Intanto, i volti persistono. Alcuni sembrano persino essere capaci di spostarsi. Arrivano a cambiare posizione anche mentre gli esperti li esaminano. Mutano addirittura espressione. Alcuni si dissolvono, e negli spazi lasciati vuoti appaiono nuovi volti a prendere il loro posto. Altri si trasfigurano in croci. Sul pavimento appaiono anche nudi femminili. Aumentano i volti, e di pari passo si moltiplicano i testimoni. Anche perché in molti associano i volti di Belmez ad una apparizione mistico-religiosa. Così, alla domenica folle di pellegrini si addensano fuori dalla casa. Si arriva a picchi di 20 mila persone. Un numero enorme per un paese di meno di 4mila anime. Sono contadini ed artigiani, prelati e personaggi in vista della buona borghesia locale. Tutti entrano curiosi dal portone di calle Acosta. Tutti sfilano nella casa dei Pereira. E tutti escono profondamente turbati. Argumosa non si fa distrarre. Ha indagini da portare a termine e piste da seguire. Davanti alla telecamera di una troupe televisiva, il professore divide con il nastro adesivo il pavimento della cucina in settori. Poi scatta una foto dettagliata a ciascuna sezione, badando a ritrarla per intero. Copre tutto e fa sigillare la copertura. Convoca il notaio di Belmez, e sigilla con cera gli accessi alla stanza, finestre comprese.

 

 

Il professor German de Argumosa (fonte: tiempodeculto.com)

 

 

A tre mesi esatti di distanza, fa verificare i sigilli prima di procedere alla riapertura della cucina. Sono intatti. Entrato nella stanza, esamina la mappa estratta dalle istantanee dei volti di tre mesi prima. Le caras non sono al loro posto. Si sono spostate, alcune hanno perfino cambiato posizione. L’ipotesi di un falso si fa più remota. Ma ci sono ancora alcuni scienziati “dissidenti”. Sono loro che si giocano il tutto per tutto. Raggi X ed ultrasuoni, infrarossi ed ultravioletti, controlli di radioattività ed indagini al dettaglio per individuare alterazioni indotte da composti organici o chimici. Nulla. Gli scettici più intransigenti continuano a negare, e addirittura accusano di complicità con i presunti imbroglioni sia Argumosa che Bender. Resta in piedi l’ipotesi spiritica. Quei volti altro non sarebbero, insomma, che emanazioni psichiche degli spiriti delle persone sepolte nel cimitero. Corroborato da questa supposizione, il professor Argumosa decide di sottoporre la casa a quella che considera la prova del nove. Lo fa appellandosi al suo non indifferente estro pionieristico, ed optando per l’impiego di un metodo di rilevazione che non è ancora mai stato testato in Spagna. Un modus operandi che rimanda ad un lettone visionario – ma non troppo – di nome Konstantin Raudive. E’ la psicofonia. Argumosa disloca un magnetofono nella cucina ed inizia a registrare. Poi elabora i dati passando al setaccio con ossessiva attenzione i nastri che potrebbero far compiere all’indagine uno scarto clamoroso. Avviene l’incredibile. Sui nastri compaiono voci. Tante voci diverse. Tutti i casi manifestano una chiarezza sonora e di contenuto tale da rendere i semplici indizi parafonici dei documenti tanto concreti da indurre a riflettere. Se alcune sembrano solo dei lamenti, per altre ci si potrebbe addirittura azzardare ad usare l’aggettivo “intelligenti”, perché sembrano in grado di replicare a domande poste da Maria Gomez o dall’équipe del professore. E’ la prima volta in assoluto che in Spagna si assiste a qualcosa del genere.

 

Ma chi produce le voci? E cosa vogliono?

 

A Belmez opera ancora oggi un’associazione chiamata SEIP[2]. La SEIP compie indagini sul paranormale, forte dell’ufficialità conferitale dall’Autorizzazione governativa numero 164/49 che sventola orgogliosamente in faccia a quanti accusano i suoi membri ed il suo operato di scarsa scientificità. La società ha replicato gli esperimenti di psicofonia di Argumosa, che essendo frattanto passato a miglior vita è ad oggi ricordato con profondo affetto ed altrettanto profondo rimpianto dalla comunità spagnola di aficionados (è proprio il caso di dirlo) di enigmi, quale indiscusso “pioniere nel campo della parapsicologia e nell’investigazione del mistero in Spagna ed in Europa".

 

Belmez (6).jpg (18538 byte) Pedro Amoròs del SEIP (fonte: edicionesirreverentes.com)

 

Un giorno il presidente Pedro Amoròs è in cucina con Maria Gomez. Di fronte all’immancabile microfono, la donna pone la domanda più diretta possibile a chi occupa in modo tanto singolare la sua cucina.

 

“Por qué han venio aqui, a mi casa?” Perché siete venuti qui, nella mia casa? “Es un abuso!” .

E’ una prepotenza, le risponde praticamente subito una stentorea voce di donna. Nessuno si meraviglia, non più. Le singolari apparizioni di casa Pereira sono state documentate fotograficamente in maniera esaustiva una prima volta nel 1989 per conto della Società Parapsicologica di Puerto Real. Il gesuita Josè Maria Pilon ha invece prodotto, insieme ad un altro gruppo di ricerca parapsicologica, un secondo studio nel 1990. Una terza indagine è stata invece svolta dall’Alto Consiglio Spagnolo per la Ricerca Scientifica. Nessuno è tuttavia riuscito a venire a capo dell’enigma.

 

A dispetto degli anni trascorsi, gli esperti non sono a tuttora stati in grado di formulare spiegazioni realmente esaurienti. Forse si tratta di una storia che avete già sentito. Se avete più di quarant’anni, magari verso la fine degli anni ’70 ve l’ha raccontata qualcuno per terrorizzarvi. Una di quella storie strane che fanno scivolare un brivido lungo la schiena, e che si dimenticano sforzandosi di pensare al solito, macabro scherzo. Quello che non tutti sanno però, è che la verità è ben più complessa. E che si tratta di un fatto realmente accaduto. Sono ormai passati quarantuno anni dall’apparizione del primo volto.

 

Nel frattempo, i visitatori a Belmez sono diminuiti considerevolmente. Ma il mistero dei volti spettrali ha continuato ad esistere, facendosi leggenda metropolitana nel passaparola mondiale del quale è stato protagonista. Il 3 febbraio 2004 Maria Gomez è morta. Aveva 85 anni. Così, un caso chiuso dal tempo è tornato a popolare le cronache. La morte della proprietaria della casa dei volti ha portato nuova pubblicità al fenomeno, ed a Bélmez sono tornati i curiosi. La SEIP, che non ha mai cessato di confermare la paranormalità del fenomeno, di comune accordo con l'Amministrazione comunale del paese, ha avanzato un’offerta per procedere all’acquisto dell’abitazione, con lo scopo di insediare in essa un centro di interpretazione permanente dei volti. Una sorta di museo che, tra l’altro, avrebbe costituito una grossa attrazione turistica per l’anonima Belmez e, soprattutto, i suoi aridi bilanci. Le loro ambizioni si sono tuttavia scontrate con il milione di euro fissato dagli eredi di Maria come prezzo non trattabile dell’immobile.

 

  • Casa de las Caras Nuevas

Oggi in paese, accanto alle ormai classiche indicazioni per la Casa dei Volti, campeggiano quelle per un’altra destinazione. Casa de las Caras Nuevas, la nuova casa dei volti. Neanche a farlo apposta, la frattura epocale è segnata dalle direzioni praticamente opposte in cui i due cartelli puntano. Proprio nel 2004, ad ottobre, dopo la battuta d’arresto definitiva registrata per la casa di calle Acosta, la SEIP ha infatti annunciato di aver trovato nel paese una seconda casa in cui si verificavano i medesimi fenomeni della prima. Ma in questa complicata ed infinita situazione c’è spazio anche per un altro personaggio. Si chiama Francisco Máñez, scrittore valenciano classe 1958. Máñez ha sostenuto pubblicamente in più occasioni di aver istruito personalmente i membri del SEIP nella poco nobile arte di disegnare i volti. L’aspra e sistematica opera di denuncia di Máñez viene raccolta e sostenuta non solo dai dati pubblicati al riguardo sul bollettino della ARP, la Sociedad para el Avance del Pensamiento Crítico, ma anche e soprattutto dalla penna di Javier Cavanilles, che pubblica su El Mundo alcuni articoli quantomeno interrogativi[3]. Mentre il volto di Pava osserva i visitatori di casa Pereira dalla nicchia nella parete in cui è stato inserito dopo essere stato divelto dal suolo e conservato, altri volti costellano la nuova casa delle facce. Concentrati, anche in questo caso, in una stanza in particolare, all’ultimo piano dello stabile. E, anche stavolta, c’entra Maria Gomez. Perché si tratta della casa in cui la donna viveva da giovane.

 

Gestita direttamente dalla Seip, questa seconda casa ospita realmente un museo. E rafforza a perfezione la teoria elaborata dall’associazione per spiegare la comparsa delle immagini. Ripetiamolo: le due case hanno una sola cosa in comune. Maria Gomez. Che sarebbe stata un tramite medianico, seppur inconsapevole, attivando il fenomeno dell’apparizione delle caras con la sua presenza stabile. Un supposto caso di energia psicocinetica attiva, ipotesi confermata dal rilevamento di un mutamento nelle espressioni dei volti che risultava direttamente connesso con quello di Maria. E dal fatto che, mentre la padrona di casa invecchiava, anche le immagini tendevano a perdere di vivacità. In quale altro modo spiegare l’apparizione dei volti? L’ipotesi più semplice e, in un certo senso, marchiana, suppone che le immagini siano state letteralmente dipinte sul pavimento. Eppure, reiterate analisi di laboratorio non hanno trovato tracce di pigmenti, né di tempere artificiali. Non sono stati rinvenuti segni di sovrapposizione di colori o vernici. Non c’è alcuna traccia di scalfitture. Non si tratterebbe, dunque, né di pitture né di sculture. Inoltre, a ben vedere le immagini - a volte perfettamente delineate, neanche fossero istantanee - sembrano apparire gradualmente, e risultano comparse anche dopo che la casa è stata sigillata per un certo periodo di tempo da Argumosa e dalle autorità del paese. Ma forse esiste anche un’ipotesi basata sulla chimica.

 

Nel tempo, è stata proposta anche una soluzione molto ingegnosa dell’enigma. Quella che chiama in causa l’utilizzo del nitrato d’argento. Una sostanza che, tra l’altro, gode della singolare proprietà di scurirsi in seguito all’esposizione alla luce solare. Se le caras fossero state disegnate in questo modo, i sali d’argento avrebbero potuto fungere da inchiostro simpatico, rimanendo inizialmente invisibili per poi ricomparire – gradualmente - con l’andare del tempo e la progressiva esposizione alla luce. Questa spiegazione chiarirebbe tra l’altro l’assenza di pigmenti di sorta, oltre al dato non certo trascurabile che i volti siano comparsi anche a stanza sigillata. Nei giorni della massima frequentazione pubblica di casa Pereira, va ricordato come molti visitatori facessero ritorno dal misterioso luogo portando seco le suggestive immagini-ricordo di Pava e compagnia. A farsi carico della realizzazione delle istantanee – e della relativa commercializzazione - era ovviamente il fotografo del paese. L’unica persona in tutta Belmez che poteva disporre liberamente del nitrato d’argento per sviluppare le immagini impresse sulla pellicola.

 

C’è perfino chi ha cavalcato tanto intensamente questa ipotesi da riscontrare come, in seguito al trapasso del fotografo stesso, anche la forma dei volti sarebbe stranamente cambiata. Tratti chiari e ben definiti sarebbero divenuti dopo la scomparsa dell’uomo più diafani, presentando contorni ben più grossolani ed approssimativi. Eppure, rilevazioni compiute anche in questa direzione hanno dimostrato che muri e pavimenti della cucina dei Pereira non presentavano traccia dei sali incriminati. Bender e Argumosa avevano ragione?

 

Alla luce rassicurante del giorno, la casa delle facce di calle Acosta ritorna un’abitazione assolutamente normale, come tutte le altre, sperduta in un paesino anonimo di un distretto quasi sconosciuto di una regione, invece, notissima. Vista sotto questa luce, Belmez è il paese delle contraddizioni. In questo, condivide i destini del più famoso fenomeno paranormale di Spagna, che continua ad oscillare lungo la linea d’ombra che separa scienza e parascienza.

 

 


[1] Il dettaglio dello scavo è menzionato nella suggestiva ricostruzione presentata da A.Rattle ed A.Vale in Case Stregate, Gremese, Roma, 2010.

[2] Sociedad Española de Investigaciones Parapsicológicas.

[3] Il resoconto più dettagliato è stato presentato da un contributo dell’avvocato Fernando L. Frìas Sanchez apparso sul sito del CICAP.

  (Autore: Simone Petrelli)

 

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