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a cura di
"l'uccello
combatte per uscire dall'uovo. L'uovo è il mondo. Chi vuole nascere deve
distruggere il mondo. L'uccello vola a dio. Il nome del dio è Abraxas "
- Herman Hesse, Demian
Come un fiume carsico che emerge più volte durante il suo corso verso il mare, affiorando agli occhi di ignari, occasionali, o ignoranti osservatori, così Abraxas da quasi duemila anni emerge continuamente nello spazio esoterico, da un lato irridendo coloro che hanno cercato di sopprimerlo attraverso il rogo e l'ostracismo, e dall'altro lasciando stupiti o istupiditi coloro che sono avvezzi a considerare i simboli esoterici come pezzi intercambiabili di un unico puzzle. Troviamo l'incisione della parola Abraxas e della fantastica figura che lo rappresenta su pietre, gemme, manoscritti e sigilli. Gnostici, Vescovi, Priori Templari, cabbalisti, massoni e occultisti si sono fregiati di tale sigillo, o strumento: chi per il riconoscimento, chi per l'operatività, e chi per entrambe. Giova sempre ricordare come in alcune messe che traggono libera ispirazione dallo gnosticismo alessandrino, spesso Abraxas viene invocato affinchè offra conoscenza e grazia ai fedeli. Ancora alcuni vogliono che la parola magica ABRACADRABA, altro non sia che una particolare trascrizione di Abraxas. La rinveniamo per la prima volta nel Liber medicinalis ( secondo -terzo secolo ), ad opera di Sereno Damonico, medico gnostico, discepolo di Basilide. Suggerendo quindi una etimologia non ebraica della parola magica in oggetto, vista l'ostilità verso il patrimonio spirituale e religioso ebraico, considerati espressione demiurgica, di Basilide. Inquadramento gnostico Come anticipato, l'ambito gnostico da cui è emerso Abraxas è riconducibile a Basilide, maestro alessandrino del primo secolo dopo Cristo ( ancora una volta è da notare la coincidenza temporale assoluta fra cristianesimo religioso e cristianesimo gnostico, suggerendo, quantomeno, la compresenza di almeno due o tre radici cristiane ), la cui scuola, a carattere iniziatico, ebbe un'ampia diffusione in tutto il bacino del mediterraneo. Alcuni brevi cenni alla gnosi basilidiana, rimando ad altre trattazioni più specifiche in materia, sono riconducibilki al dualismo fra spirito e materia, la creazione di questo mondo da parte di un Demiurgo coincidente con il Dio ebraico, la presenza di 365 cieli che sovrastano questo nostro mondo, e che devono essere risaliti, attraverso adeguate parole di passo, per poter giungere alla liberazione.
Quello che sicuramente possiamo affermare, è come il supremo sette (uno degli attributi di Abraxas, in relazione ai sette angeli/eoni emanati, il quali hanno formato il mondo e i cieli ), può essere considerato la suprema Mente, da cui è scaturita ogni creazione. La mente, dove per immota casualità, o per mota causalità, ha preso forma un'idea, trovando in essa germe di sostanza ogni duale attributo, in quanto separata dall'oceano quintessenziale in cui si trovava indistintamente immersa. Abraxas appare come una figura fantastica dalla testa di gallo, il tronco di uomo, e due serpenti come gambe. In alcuni sigilli lo ritroviamo armato di frusta, in altri di arco, e quasi sempre provvisto di scudo. Un essere quindi fantastico, frutto di un'ardita composizione simbolica, che ricorda altri esseri legati al sacro e al mondo mitologico ( Melusina, Ippogrifo, Chimera, ecc... ). Tali rappresentazione altro non sono che la traslazione su di un piano immaginifico di un vettore, o veicolo, che unisce il mondo dei fenomeni umano al mondo spirituale; in altri termini, una raffigurazione dinamica di un concetto non afferrabile nella sua interezza, attraverso il pensiero dialettico razionale. Vi è un termine psicopompo che forse può aiutarci a comprendere il significato di questo Immaginario, un termine che indica degli animali in grado di traghettare l'uomo conscio, verso le profondità dell'uomo inconscio:a tale genere di rappresentazione afferisce Abraxas ? Oppure è egli stesso l’inconscio manifesto ?
In Abraxas le game sono sostituite da due corpi di serpente. Un simbolo questo che ritroviamo in innumerevoli culture iniziatiche, rappresentante sia l'energia nella sua forma pura, senza condizionamenti nè indirizzo, nella bivalenza di cura e di morte, ma anche una conoscenza arcana, profonda ed abissale. E' utile ricordare come, nell'immaginario gnostico, il serpente rappresenti oltre alla primitiva e superiore conoscenza sul bene e sul male, capace di liberare l'uomo dalla dorata prigionia demiurgica nel Paradiso Terreste, anche la potenza sessuale al suo stato primordiale. E’ infatti attraverso il binomio sesso-conoscenza, che lo gnostico comprende la genesi, e fonda la propria opera.
Uno degli aspetti meno conosciuti del pensatore C.G.Jung è la sua passione innata per il simbolismo e l'immaginifico, che spesso si estrinsecava attraverso il perseguimento di pratiche sicuramente poco ortodosse per il mondo scientifico ed accademico di allora, come di oggi. Pratiche che potremmo definire oscillanti fra la medianicità, il sogno lucido, e l'evocazione, e che nel 1916 diedero frutto al libro I Septem Sermones ad Mortuos, stampato e diffuso privatamente da Jung nella cerchia ristretta di conoscenti. Lo stesso studioso narra come tale opera sia nata di getto, attraverso la scrittura automatica, in uno stato di trance dove Jung si identifica con Basilide. Questo stato di possessione è preceduto da fenomeni paranormali che investono la casa e i figli dell'analista: presenze spiritiche, trilli di campanello, sogni inquietanti, che hanno esatto termine, nel momento in cui Basilide-Jung inizia a scrivere. Facile intravedere in questi fenomeni un'incursione ( evocazione ) nella nostra dimensione, di istanze ataviche o di vere e propri fenomeni psichici o forse, più semplicemente ma non meno inquietante per l'uomo razionale, dell'affioramento dell'inconscio, o porzioni inconscie, sul piano manifesto. Senza volere commentare i sette sermoni, che varrebbe un lungo lavoro, propongo i passi dove si parla di Abraxas, in modo da meglio chiarire la collocazione di questa chimera nel pensiero di Jung-Basilide. L'effettività
li unisce. Quindi l'effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio,
poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza.
Abraxas,
in Jung-Basilide, è posto ben oltre il mondo tridimensionale dei fenomeni, esso
è la radice del tutto, e di ogni dualità, in quanto il tutto altro non è che
un aspetto scisso o percepito del suo dinamismo. Non sono molti i sigilli templari che sono giunti a noi, attraversando le pieghe del tempo. Molti sono stati distrutti, o semplicemente perduti, successivamente alla sospensione dell’ Ordine da parte del Papa Clemente V. Uno dei sigilli superstiti porta incisa la sagoma di Abraxas, prendendone quindi il nome, o in alternativa quello di “Gemma Gnostica”. Storicamente viene fatto risalire al Precettore di Francia Andre’ de Coloors, 1215 circa, riportante il motto: "SECRETUM TEMPLI". Il "dio gnostico" di Basilide lo ritroviamo anche sui sigilli appartenuti a Luigi VII, a Margherita di Fiandra, con la frase incisa Sigillum Secreti; ai Vescovi di Canterbury e di Chichester, e ad altri prelati. Tutti questi sigilli hanno una collocazione temporale che non pare superi i primo due decenni del 1200.
La prima è come una certa conoscenza simbolica gnostica, fosse diffusa in un modo maggiore di quanto solitamente si pensa, e come anche strati della Chiesa Cattolica, antagonista millenaria dello gnosticismo, fossero permeabili ad essa. Ciò non significa necessariamente che vi fosse un corpo unico di conoscenza o una elitaria comunità cristiana esoterica, ma solamente che elementi gnostici decontestualizzati erano utilizzati da persone che provenivano da una tradizione ad essi avversa. La seconda ipotesi che dobbiamo prendere in considerazione, è come una fratellanza gnostica basilidiana fosse presente in tale periodo, e raccogliesse al suo interno anche elementi rilevanti della Chiesa Cattolica, indicando come lo gnosticismo sia sopravvissuto nei secoli proprio occultandosi nella viva carne del suo persecutore. Oppure che è la gnosi l’ultimo ed estremo segreto, che alcuni occultano attraverso l’ortodossia e i dogmi.
La
pratica con Abraxas, riflessioni volutamente incompiute Come colui che si trova all'ombra profonda di una stanza, immerso nella folla, e intravvede dai contorni di una porta il filtrare di una luce, decide di elevarsi e camminare sulla teste urlanti, piuttosto che impegnarsi in spinte, e pressioni. Giunto alla porta aperta e varcatone il passo, si trova in un altro spazio anch'esso buio, ma di una luce nera diversa, e vuoto. Fino al giungere estremo di una voce, che lo accompagna laddove vi è la radice dei fenomeni, per poi all'improvviso precipitare nuovamente nella prima delle stanze. Interrogandosi se ciò che è accaduto sia frutto di pazzia, ma volonteroso l'indomani notte nell'ora di mezzo, a volgere ancora una volta il proprio cammino laddove la coda si confonde con la testa. Un’onda fredda e scura, che circolarmente spinge ogni cosa verso l’esterno, lasciando affiorare, dopo una lunga attesa sul bordo del pozzo, delle immagini perse nella fissità. In quanto è forse impossibile abbracciare la vastità che ci racchiude, senza dover rinunciare completamente ad essere. Non è semplice offrire delle conclusioni attorno ad un argomento così complesso e dalle sottili vibrazioni come il simbolismo e l'operatività connessi ad Abraxas, che riguardano una realtà misterica di quasi duemila anni fa, certamente non votata a quella sincretistica universalità che tanto affligge l'esoterismo moderno. Per quanto è emerso sotto il profilo simbolico, non possiamo soffermarci su come Abraxas rappresenti un concetto archetipale, talmente sofisticato e astratto, che sembra sfuggire a qualsiasi possibilità di comunicazione dialettica. Esso raccoglie in sè la terra e il cielo, il sacro e il profano, l'uomo e il divino, il positivo e il negativo, il maschile e il femminile, la materia e lo Spirito, l’evoluzione e l'involuzione. Tali coppie non vivono, e neppure convivono, nella loro separatività, e neppure formano un equilibrio grottesco, ma bensì sono presenti ad uno stato potenziale, su di un piano superiore, non legato a fattori come percezione e cognizione, soggetto ed oggetto, ma di totale fusione. Ecco quindi Abraxas afferire alla totalità e alla complementarità, di questo mondo superiore di cause prime, ma anche artefice delle cause che sul nostro piano produrranno effetti. Del resto la bestialità/lunarità - umanità - bestialità/solarità ci suggeriscono che cogliamo l'una o l'altra solamente per un difetto percettivo-cognitivo, e che tale scissione decade nel momento in cui abbracciamo la complessa unicità del simbolo e dell’uomo. Abraxas si colloca quindi prima di ogni effetto, e prima di ogni causa, essendo esso stesso causa ed oggetto in potenza. La chiave Abraxas, ci porta a dichiarare come tutto il nostro mondo del fare e del pensare è da un lato parziale, e dall'altro lato secondario. Parziale in quanto scissione statica di un insieme maggiore, particola separata da noi stessi di un continuo, che altro non è che uno sviluppo aperto di qualsiasi forma chiusa; dall'altro secondario, perchè frutto di agenti e agiti che si pongono su di un altro piano dell'idea-formazione. Volendo identificare Abraxas con questo Altro piano dell'idea-formazione, esso è il nucleo occulto, avvolto dal mondo interiore e dal mondo esteriore. Dove in un locus atemporale e multidimensionale, coesistono le infinte volontà dell'uomo-dio. Locus da noi solamente percepito nella sua esteriorità, in quanto posto oltre l'abisso e il silenzio che separa la nostra comprensione-compressione, legata alle quattro dimensioni e all'emersione delle idee. Nei fatti ognuno di noi è l'espressione ultima di Abraxas, e ogni nostro atto è la creazione o la distruzione di un mondo, che in sè non è che una delle dimensioni finite, che compongono le multidimensioni infinite. Non è forse ogni nostra azione sul piano materiale, il frutto di una scelta o non scelta, di una volontà-riflesso su di un piano emotivo istintuale e\o intellettuale ? Non comporta essa la creazione di una serie di eventi, e la non creazione su questo piano di altre serie di eventi ? Che però sussistono, coesistono ed insistono nel locus atemporale ove la volontà-riflesso è stata partorita ? Da Jung-Basilide: Esiste un mondo che non si genera e non si distrugge? Esso è Abraxas in quanto ogni mondo è in esso in potenza, e non in numero. Un Abraxas superiore, svincolato completamente da ogni azione e forma grossolana, di cui noi siamo il caduco riflesso, ma non in cielo e neppure all’inferno va ricercato, bensì in noi stessi. ( di Filippo Goti)
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