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 SATOR

due esemplari poco conosciuti:Pieve Terzagni (CR) e Palazzo Benciolini (Verona)

                                                                  (di Marisa Uberti)

 

Sull'enigma del palindromo del Sator abbiamo dedicato, in questo sito, diverse pagine. Molto è stato scritto e molto altro si scriverà, sperando si apporti nuova linfa ad un'indagine che spesso rischia di stagnare nei classici "luoghi comuni", riproponendo teorie e decifrazioni soggettive, anche per la mancanza di documenti che possano decretare la definitiva risoluzione del mistero storico ed epigrafico tra i più discussi della nostra epoca. Non vogliamo, qui, ripetere dunque nulla più di quanto sul Sator non abbiamo già detto nelle sezioni precedenti, quanto proporre due 'nuovi' casi da noi incontrati durante i nostri due passi recentemente.

Nel mese di marzo 2010 ci siamo recati nella chiesa di San Giovanni Decollato, a Pieve Terzagni, un paese di circa 1.500 abitanti che, insieme a Castelnuovo del Vescovo e a Pescarolo, forma un unico comune (Pescarolo ed Uniti) dal 1867. Ci troviamo in provincia di Cremona; da tempo sapevamo esservi un esemplare a mosaico del Sator presso questa chiesa. Ci eravamo recati già diversi anni fa, trovando l'edificio chiuso e quindi la visita attuale ha colmato un vuoto che durava da diverso tempo(1),.

Va sottolineato che la presenza del Sator nella chiesa di Pieve Terzagni deve aver condizionato molto gli amministratori comunali, dal momento che esso compare nello stemma comunale di Pescarolo ed Uniti, forse caso unico in Italia (gradiremmo eventualmente conoscere altre realtà locali simili).

                                                                      

Eppure, del palindromo non resta molto, anzi per la verità è più quel che manca di quello che rimane. Ma da quanto tempo? Chi ha ridotto il bellissimo mosaico pavimentale del presbiterio in questo modo?

Sulle origini del piccolo borgo non si hanno molte notizie storiche; a parte che fu abitato già nella preistoria e che i romani vi avevano posto un insediamento di notevole importanza (famoso è il 'tesoretto' costituito da 450 monete di età Repubblicana), che probabilmente non venne mai meno, per la posizione strategica rivestita. Attorno all'anno Mille doveva essere munito di un castello, come i suoi vicini (Pescarolo e Castelnuovo del Vescovo) e si ritiene che un edificio di culto esistesse già ancor prima dell'XI secolo, forse dedicato alla Vergine. Per tradizione si fa risalire la costruzione della pieve all'epoca di Matilde di Canossa, che a quel tempo governava il territorio padano; nel 1107 la contessa avrebbe donato il terreno al vescovo, concedendo numerosi privilegi. La Pieve, sede del battistero e del cimitero, raccoglieva sotto di sè altre cappelle o chiese ed era quindi il riferimento più importante per la popolazione (oggi le pievi sono state sostituite dalle Parrocchie). Al toponimo Pieve venne accostato inizialmente il termine Trezagni, e non Terzagni come oggi. Sul significato di questo nome si sta ancora discutendo. Nel Liber Synodalium (1385) il paese compare come sede plebana della pieve delle Lettere di San Giovanni (Foglia, Cerati 1995, v. nota 2). Si ritiene che i primi tre sacerdoti che la ressero si chiamassero Giovanni (famiglia della Torre), e tale nome popolarmente è Gianni, deformato in Zagni. Da qui potrebbe aver preso forma il termine Tre-Zagni (Tre Giovanni). Pieve delle Lettere di Giovanni  è menzionata nel 1451 tra la terre, le ville e i luoghi “que nunc obediunt civitati Cremone”, afferenti alla Porta di San Lorenzo (Elenco comuni contado di Cremona, 1451). La pieve è citata costantemente nelle visite pastorali del 1519-22 e del 1599. Tra il XVII e il XVIII secolo avvennero radicali trasformazioni architettoniche dell’edificio, che ne hanno alterato l’aspetto originario.

                                                    

Esternamente, l'attuale chiesa dedicata a san Giovanni Decollato si presenta con una facciata sobria, tre portali, di cui uno centrale (chiuso da un'inferriata) che presenta, sullo stipite destro- una rossa croce patente (ma sicuramente non medievale...). Si accede attraverso il portalino di destra.

La cappella di S. Giovanni Battista, il titolare della chiesa, a sinistra entrando, è la prima che si incontra

L'interno è raccolto e impostato sullo stile barocco, ma l'atmosfera cambia connotazione avvicinandosi all'area 'sacra', dov'è situato l'altare maggiore: sul pavimento la meraviglia!

Quando fu eseguito lo splendido mosaico che impreziosisce l'area presbiteriale? Gli studiosi lo ritengono coevo alla prima pieve, quella del XII secolo: Sugli esecutori è difficile pronunciarsi, anche se opere musive simili sono presenti nel territorio lombardo-emiliano (v.Piacenza, Cremona stessa, Pavia, etc.) e databili alla stessa epoca. Sopra la volta del presbiterio, sono riprodotti alcuni dei motivi che costituiscono l'opera musiva.

                                                                     

I soggetti da cui è composto il mosaico pavimentale, in tessere bianche e nere con inserti plicromi, risultano solo parzialmente visibili, nell’area del coro e dell’abside; è probabile che in origine si estendessero sotto l’attuale altare, gli stalli del coro ed altre zone oggi coperte.  Le iconografie superstiti risultano inscritte in cerchi concentrici elaborati, disposti in un reticolo di dodici quadrati e si ispirano a temi sacri e profani. Purtroppo, dell’opera originaria, diverse parti sono andate perdute.

Si riconoscono, appena varcata la soglia del presbiterio, all’estrema sinistra, i frammenti di quello che doveva essere originariamente il quadrato magico del Sator. E’, manco a dirlo, il più stravolto di tutti gli altri soggetti. Eppure non è il più soggetto al calpestio, anzi, è nell’angolo sinistro. Mentre altri soggetti, più centrali, sono pressochè intatti. Che vi sia stato un tentativo già in antico di distruggerlo? Difficile avanzare ipotesi in tal senso, in mancanza di dati. Quello che si può vedere è che in questo punto il mosaico è molto confuso: i tondi in cui si vedono delle fiere sono capovolti, vi sono frammenti di altri soggetti illeggibili, interrotti, altri frammenti sono stati ricomposti alla rinfusa, facendo disperdere l’armonica ed omogenea lettura che in origine l’autore doveva avere impresso al proprio lavoro. In tutto questo ‘miscuglio’, troviamo le lettere superstiti – in verticale- R O T  (ben leggibili), una A intuibile ed una S ruotata di 90 gradi. Appare utile osservare che le prime quattro lettere sono, a nostro avviso, le finali delle rispettive parole SATOR, AREPO, TENET, OPERA, e la S (di ROTAS) doveva probabilmente seguirle nell’ordine, ma in seguito a inconcepibili rimpasti, è finita in quella anomala posizione. Le lettere leggibili sono separate da una linea nera, che farebbe ritenere come lo schema fosse ripartito entro caselle, le classiche 25 caselle che formano il quadrato magico. Siamo indotti a simili conclusioni in quanto –dopo ciascuna lettera- c’è una cornice nera lavorata piuttosto spessa, interpretabile come il lato del quadrato. Le parole dovevano finire lì e non proseguire oltre. Perciò il palindromo iniziava per SATOR, cosa che potrebbe far escludere che sia romano o anteriore all'VIII sec. d.C.(3)  Ma sorge un legittimo quesito: dov’era collocato in origine? Quale posizione rivestiva nell’insieme dell’opera musiva? Era accompagnato ad altri elementi? Oppure era isolato? Esso viene ascritto al periodo di costruzione dell’antica pieve, all’XI-XII sec. E’ questo il secondo caso a noi noto fino ad oggi, di un Sator musivo inserito in un’area presbiteriale e, quindi, per eccellenza sacra. L’altro lo abbiamo visto e documentato nella Collegiata di Sant’ Orso, ad Aosta, dove non solo è perfettamente integro ma pure in un’insolita forma circolare.

Un collage di alcuni dei motivi che costituiscono lo splendido mosaico pavimentale della chiesa di Pieve Terzagni

 

Proseguendo nella lettura iconografica del mosaico di Pieve Terzagni, troviamo una bellissima sirena bicaudata, con un curioso berretto frigio e dal volto bruno, quasi mascolino, provvista però di mammelle e di quella che parrebbe una vulva. Del significato simbolico di questo interessante soggetto, abbiamo discusso occupandoci del mosaico pavimentale della chiesa piacentina di san Savino.

E continuando l'osservazione dell'opera pavimentale, troviamo animali reali e fantastici, tipici del bestiario medievale e pure il Tetramorfo, ovvero i quattro simboli corrispondenti ai 4 Evangelisti. L’anonimo autore del mosaico ha posto san Luca e san Marco su un registro inferiore, rispetto a san Giovanni e a san Matteo, che occupano la curvatura del coro (4).

Dietro l'altare è situata una lastra musiva incompleta, molto interessante. Si deve proprio aggirare completamente la mensa, altrimenti non è possibile vederla; è situata di fronte ad una fiera assetata.  Il soggetto che si presenta all'osservazione è uno Stefano diacono (questa parola è scritta in greco mentre tutto il nome è in latino), anch’egli col volto bruno, l’evidente tonsura e con indosso un saio. Il personaggio è raffigurato tra due colonne e un arco: una scanalata, alla sua sinistra, e una a torciglione, alla sua destra.  Al di fuori di questi elementi, vi sono sei croci greche (tre per parte). Questo diacono Stefano doveva essere stato molto importante, per questa Pieve. Era greco? E come arrivò in questo borgo delle campagne cremonesi?

Con molte domande ancora insolute, ci spostiamo (virtualmente è un attimo!) in un'altra regione, nel Veneto, a Verona. Qui, tra le innumerevoli bellezze culturali offerte dalla città, vi è un luogo cui normalmente il visitatore comune non accede, trattandosi di edificio privato. Stiamo parlando di Palazzo Benciolini, edificio risalente al XVI secolo, rimaneggiato nel XVIII sec. e di proprietà di questa famiglia dal 1910 (5).

Esternamente è un bell'edificio signorile, nel centro storico, alla cui sinistra c'è una fontana. L'ingresso introduce in un androne, dove- subito- abbiamo potuto scorgere la lastra su cui sono incise le 5 parole che compongono il palindromo del Sator:

                                                                     

La lastra è affissa alla parete, insieme a reperti molto probabilmente più antichi. Il proprietario, il cortesissimo sig. Benciolini, ci ha informato che alcuni frammenti furono ritrovati nel piano interrato del palazzo, che era ricoperto di fango per probabili alluvioni. Si riconoscono dei motivi ornamentali e un'anfora, forse di epoca romana.

E la lastra del Sator? Non parrebbe antica, ma l'impressione è un fattore generico. Diciamo che non è romana, per la questione di cui abbiamo rimandato nella nota 3, e nemmeno medievale, poichè lo stile epigrafico non è del periodo (sempre secondo il nostro modesto parere). Ma chi può dirlo?

Il proprietario ci dice che già c'era, quella lastra, quando il suo avo -nel 1910- prese possesso del palazzo e lui l'ha sempre vista lì. In precedenza, l'edificio era stato occupato da un prete (che l'abbia portata con sè da una chiesa? Ma quale e perchè?), e sicuramente non era in quella posizione nel 1700, perchè il palazzo venne sostanzialmente restaurato. La lastra ha misura approssimative di 70 x 70 cm, di un colore indefinibile, e le parole sono state incise da mano esperta, consapevole di scrivere proprio quel palindormo. Non è- per intenderci- lo 'scarabocchio' presente sulla colonna della palestra romana di Pompei, ma un'epigrafe in piena regola.

 

                                              L'autrice dell'articolo accanto al Sator

Nel cortile del palazzo vi è un sapore antico, come se il tempo venisse scandito da ritmi diversi, dopo che si chiude il portone che lo isola dal resto del mondo. Una sorpresa veramente inaspettata ci ha atteso in cima alle scale padronali, sull'ultimo tratto della balaustra, dove abbiamo scorto una Triplice Cinta ben chiara ed evidente (rispetto al resto della balaustra risulta messa in risalto). Al proprietario consta che sia stata fatta dai cocchieri quando attendevano i signori nel corridoio, in epoca imprecisata (non più tardi del 1700), e non lo mettiamo in alcun dubbio (anche perchè pure a lui è stato tramandato oralmente così) ma si può obiettare che i medesimi potevano portarsi un tavoliere di legno, amovibile, senza rovinare la balaustra. O i signori erano molto permissivi e chissà... giocavano pure loro con i cocchieri. Oppure rimane sempre aperta l'ipotesi, affascinante quanto indimostrabile, del suo intento simbolico.

                                  

Note:

1)- Ringrazio l'amica Lara Sangermano che ha provveduto a prendere i dovuti contatti con le gentili persone che si occupano dell'apertura della chiesa

2)- La sua giurisdizione risultava estesa sulle chiese di Pieve Terzagni, Cappella de' Picenardi, Isola Ripa d'Oglio (Isola Dovarese), La Costa, Castelnuovo dell'Aspice, Caliano, San Lorenzo Faroldi (San Lorenzo de' Picenardi), Stilo (Stilo de' Mariani), Pozzo Baronzio, chiesa di Sant'Apollinare, Gabbioneta, San Felice, Pescarolo, Cansero, Torre de' Madalberti (Torre de' Picenardi), Curtis Rupte (Villa Rocca), Monticelli (Monticelli Ripa d'Oglio) (Foglia, Cerati 1995). Nel 1404 faceva capo alle chiese di Pieve Terzagni, Pozzo Baronzio, Sant'Apollinare, San Lorenzo Aroldo, Cappella de' Picenardi, Cansero, Pescarolo, San Felice, Gabbioneta, Monticelli Ripa d'Oglio (Rationes decimarum, 1404, diocesi Cremona). Fonte: http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11501256/

3)- Si consiglia di rivedere la nostra sezione in proposito: http://www.duepassinelmistero.com/Rotas%20aquilani.htm

4)- Una più ampia trattazione di questa simbologia di Pieve Terzagni è pubblicata, ad opera dell'autrice, sul prossimo numero del mensile 'Hera'.

5)-Ringrazio ancora una volta l'insostituibile amica Lara Sangermano per l'aiuto e il sig. Cesare Benciolini per la disponibilità e gentilezza dimostrate. Le foto al Sator e alla TC sono state eseguite con il suo permesso.


Sezioni correlate in questo sito:

Il mistero del Sator
La Triplice Cinta
Italia da conoscere
 

                                                                 Guardate il nostro video sul Canale Youtube Rotas e Sator: muti segreti

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                                                                                        Aprile 2010