L'occasione di
festeggiare il II evento per il decennale del nostro sito ci ha consentito
di ri-scoprire il castello di Brescia, che pensavamo di conoscere e che
invece ci ha rivelato aspetti totalmente sconosciuti. Ecco come una
semplice escursione si è trasformata in una ricerca non solo emozionante
e fatta sul campo ma vibrante dal punto di vista storico-letterario,
nonchè per la sua simbologia originaria.
Domenica, 26 febbraio 2012
si è svolto con successo
il secondo evento organizzato dal nostro sito per il decennale dalla sua
fondazione. La meta è stata il castello di Brescia e i suoi sotterranei,
riportati alla luce in anni recenti. Un grazie particolare va a Roberto
Bicci, impeccabile guida dell'A.S.B. (Associazione Speleolab Bresciana),
che con la passione di chi ama veramente questo luogo e la sua storia
millenaria ci ha arringato con molte notizie. Ma non solo, ovviamente! Ci
ha introdotto nei vari ambienti, con competenza e professionalità,
aprendoci letteralmente le porte su un mondo che normalmente il pubblico
non vede e, forse, nemmeno immagina. Noi stessi che abbiamo visitato il
maniero diverse volte, non conoscevamo gli ambienti interni, quelli chiusi
dietro le inferriate o nascosti in fondo ad oscure scalinate. Ma ciò è
possibile attraverso visite guidate che l'A.S.B. organizza (da primavera
all'autunno).
Segreti e misteri in
castello
Come ogni castello che si
rispetti, anche quello di Brescia ha i suoi segreti e i suoi misteri, che
non riguardano le classiche leggende di fantasmi quanto invece
sembrerebbero essere più...concreti. La nostra eccellente guida non ci ha
svelato nulla ma noi abbiamo ugualmente cercato di sondare un mistero che
circonda i sotterranei del maniero. Proprio nelle segrete del
fortilizio, infatti, sarebbero state nascoste "una quarantina di
casse contenenti importanti documenti, labari e gagliardetti con le
aste". Il tutto poco prima della fine della II Guerra Mondiale,
quando nel complesso si era insediato- da qualche tempo - il comando
generale della Gnr o Guardia Nazionale Repubblicana (1) che trasformò il
castello in una gigantesca caserma. Scrive Antonio Arrigoni che vi si
erano installate "Le compagnie Lazio, Ausiliaria, Ordine Pubblico,
Pronto Intervento, qualche plotone delle SS tedesche, la guardia personale
di Graziani, la commissione permanente di disciplina della Gnr, oltre ad
un via vai di militi di passaggio che vengono a prendere le consegne al
comando generale" (2).
I sotterranei e le
grotticelle carsiche del colle Cidneo, sul quale sorge la fortezza,
divennero luoghi ideali di detenzione; qui la Gnr recluse oppositori
politici, renitenti di leva, disertori, insieme a delinquenti comuni.
Stando nella posizione più elevata della città di Brescia, il castello
(divenuto mastodontica caserma) rappresentava per la popolazione uno
spauracchio ma quando la guerra ebbe termine, e così anche la RSI, si
mise male per la Gnr. Dopo l'aprile del 1945, il castello divenne lo
spauracchio degli ex fascisti che si videro comminare pene uguali e
contrarie a quelle che avevano inflitto, da parte degli organi competenti
della Resistenza partigiana.
Subodorando la loro fine,
in quell'aprile gli uomini della Gnr cercarono chi di fuggire chi di
mettere in salvo il salvabile. Tra questi, un colonnello della Gnr, di stanza alla compagnia di disciplina all'inizio
del 1945, di cui si conoscono le sole iniziali G. B., classe 1898. La sua storia, ripescata tra le
carte processuali della Corte d'Assise straordinaria (inventariata
dall'Archivio di Stato di Brescia), si trova annotata in un fascicolo che
i partigiani redassero durante l'interrogatorio dell'ufficiale. Già,
perchè durante quelle frenetiche
giornate, il colonnello venne intercettato dagli uomini della Resistenza e
fatto prigioniero. Sottoposto ad interrogatorio, avrebbe confessato di aver dato
ordine di nascondere nelle segrete del castello- affinchè non cadessero
in mani nemiche- quelle quaranta casse contenenti evidentemente documenti
compromettenti. L'operazione di occultamento sarebbe avvenuta in due sere
consecutive, con l'aiuto di due militari a lui fedeli. Ma dove le
avrebbero nascoste? E' quello che miravano a scoprire i partigiani, che
vennero accontentati.
Il colonnello G. B. diede
infatti indicazioni precise. Per trovare il primo nascondiglio: «Recarsi al Torrione che guarda verso porta Trento, accanto al torrione vi è un ingresso ad arco, a destra di questo ingresso vi è un quadro in legno degli interruttori della luce; passando sotto l’arco si entra in un cortile, a destra, nella parete centrale vi è una porta della stanza che conteneva dei lubrificanti e accanto a questa porta vi è il primo nascondiglio murato in mattoni rossi e coperti con cemento».
Secondo nascondiglio: «Davanti al primo nascondiglio vi è un cancello di ferro, si entra da questo cancello e, dopo un passo a sinistra ha inizio un camminamento che porta al rifugio antiaereo della caserma; percorsi circa dieci metri di questo camminamento c’è un cunicolo, anche questo fatto murare, ad arco. Questo cunicolo ad arco si trova quasi alla fine del camminamento e a pochi metri dalla prima parete antischegge».
Purtroppo per i
partigiani, però, i nascondigli pare fossero stati minati, sicchè non
sarebbe stato possibile recuperare le casse. O forse si? Chi saprà mai
dire come siano andate le cose?
Sicuramente non è l'unico
segreto custodito da questo castello; nei suoi duemila anni di storia ne
avrà viste di cotte e di crude, e non parla ai profani!
Certo è che vedendo i
percorsi quasi labirintici di questo fortilizio, il senso di mistero si
percepisce. Specialmente quando ci si ritrova davanti a cunicoli
murati.
Prima del
castello...una zona sacra
In un nostro precedente
lavoro, abbiamo descritto il ritrovamento del Tempio
Capitolino di Brescia
(o Capitolium), che sorgeva accanto al teatro romano; gli scavi
archeologici hanno permesso di riportare alla luce anche parte del Foro
romano, di cui restano esigue rovine. Questi edifici sono oggi in parte
visibili, lungo via Musei e p. zza del Foro. Ma a completare il disegno
urbanistico e
e architettonico conferito in età flavia al cuore di Brixia c'era un
altro, maestoso e probabilmente splendido complesso monumentale, di cui un
santuario di culto era il fulcro. Esso si stagliava in cima al colle
Cidneo, dove ci troviamo oggi per la nostra visita, e rivestiva un elevato
valore simbolico per questa città e per i suoi antichi abitanti. Prima ancora sarà esistito un santuario
più antico?
Nessuno lo sa, ma tracce di insediamenti umani sul Cidneo risalgono ad
almeno nove secoli prima di Cristo.
"Dopo la metà del I secolo d.
C. il Capitolium, dedicato alla triade capitolina,
venne unito in un’unica soluzione monumentale con l’antistante piazza del foro e con la basilica
il tempio sul Cidneo divenne in un certo senso la conclusione più alta di questo unicum
architettonico" (3). Coloro
che fossero arrivati dalla pianura, dovevano vederlo subito, perchè
svettava sopra tutti gli altri monumenti. Al
posto del Castello fortificato, dunque,
un tempo c'era un' area
sacra,
dedicata forse al Genius
Coloniae (culto del
“Genio della città”, cioè generatore
della vita, divinità romana che presiede
alla nascita dell'uomo) (4).
In
realtà non è ancora stato stabilito con precisione a quale divinità
fosse dedicato quel Tempio. "Purtroppo l’assenza di specifici rinvenimenti
quali, ad esempio, iscrizioni votive, non permette di avanzare ipotesi in merito alle divinità
alle quali poteva essere dedicato questo edificio di culto. Il rinvenimento di un’epigrafe con il
nome del dio Bergimus (CIL V, 4202) sul fondo del fossato del castello ha indotto a credere che
il tempio potesse essere dedicato a questo dio, di matrice celtica; è stato tuttavia dimostrato che
l’iscrizione si trovava oramai fuori dal contesto originario e che quindi non poteva essere attribuita
con certezza al tempio, ma doveva piuttosto essere stata reimpiegata in uno degli edifici
del castello, perdendo quindi ogni legame con il culto praticato sulla sommità del
colle", scrive la studiosa F. Morandini.
Il tempio,
secondo gli archeologi, venne eretto dopo la metà del I secolo d. C., nel 69 d. C.,
quando l'imperatore Vespasiano diede nuovo impulso edilizio alla
città. Doveva avere dimensioni monumentali: sostenuto da un alto
podio (31 x 30 metri; alto 9 metri), era a pianta rettangolare (28 x 16 metri circa),
orientato sull'asse Nord-Sud, esattamente come il Capitolium
sottostante. "Alcuni elementi architettonici frammentari
trovati durante le campagne di scavo condotte a più riprese nella seconda metà del Novecento
consentono di ipotizzare che il tempio avesse 11 colonne sui lati lunghi e sei colonne in facciata,
con capitelli di ordine corinzio", scrive la Morandini, che
spiega inoltre che "Le strutture del tempio monumentale, unitamente
ad altri apprestamenti per garantire riserve idriche, sopravvissero alle spoliazioni tardoantiche
e altomedievali, e costituirono la base sulla quale venne costruito il primo nucleo del
Castello di età medievale". E' significativo che una chiesa
cristiana sia stata edificata forse proprio sulle rovine del
santuario "pagano": in epoca longobarda era già presente,
infatti, un edificio di culto dedicato a S. Stefano in Arce, poi
trasformato in basilica (e oggi scomparso).
Alla
scoperta del castello di Brescia e dei suoi sotterranei
La superficie attualmente
occupata dal fortilizio è di 75.000 mq, che lo rende il secondo complesso
del genere più grande d'Europa (il primo è a Logroño, in Spagna). Calcare questo suolo,
che fu sacro, significa salire su una sorta di macchina del tempo e
spostarsi a ritroso, sempre più indietro, dalla II Guerra Mondiale al
Risorgimento, dalla Serenissima Repubblica di Venezia ai Francesi, e ancor
prima, ai Visconti, all'età Comunale, ai Longobardi, fino ai
Romani...Quanta acqua è passata sotto i ponti, ma soprattutto quante
trasformazioni ha subito questo luogo! E quanti uomini, con spirito
differente, lo hanno "vissuto".
La
visita parte dalla monumentale Porta
d'ingresso (1580
circa), sul quale campeggia il leone di San Marco (simbolo della
Serenissima). La Porta è situata al centro della cortina che collega il Baluardo
di San Faustino (n. 16
sulla mappa) a quello di San
Marco (n. 15 sulla
mappa).
Due scorci del Bastione di San Marco. Nel
manto erboso si cela l'ingresso ad una cisterna di epoca romana, che
presenta difficoltà di esplorazione ancora oggi. Questo baluardo è
l’unico ad essere stato costruito secondo una geometria canonica e
munito di orecchioni su ambo i lati, alla base dei quali sono ancora
leggibili aperture usate dagli assediati per azioni di disturbo. Sopra
questo baluardo, il 30 maggio 1953, venne impiantata la specola
astronomica “Angelo Ferretti” (o Specola Cidena), che
custodisce lo storico rifrattore Ruggeri, con lenti del diametro di 12 cm.
Salendo verso l'alto,
abbiamo incontrato gli edifici del Piccolo
e Grande Miglio
(eretti tra il 1597 e il 1598), destinati originariamente a magazzini per
le granaglie (oggi il Grande Miglio ospita il Museo
del Risorgimento. Non
dimentichiamo che Brescia fu soprannominata "Leonessa d'Italia"
per il coraggio dimostrato dai suoi abitanti nelle celebri "X
Giornate").
Nel castello riposò per alcuni giorni anche l'eroe dei due mondi,
Giuseppe Garibaldi quando, il 13 Giugno del 1859, fece il suo ingresso al
comando dell'esercito dei Cacciatori delle Alpi. La zona è attualmente in
fase di restauro (la "casa" si trova circa interposta tra il
Bastione del Soccorso e la Strada omonima).
Siamo quindi giunti al Ponte
Levatoio e alla Torre
dei Prigionieri, con
un bellissimo colpo d'occhio sull'architettura d'insieme da un lato, e
sulla città in basso, dall'altro. Un altissimo fossato recinge il
fortilizio. Fin qui, tutti i visitatori hanno accesso ma noi siamo potuti
entrare all'interno della Torre dei Prigionieri, ottimamente conservata.
La nostra guida, con le sue chiavi, ci ha aperto non solo i cancelli ma
anche un mondo che fino ad oggi ci era ignoto. L'edificio risalirebbe al
periodo visconteo (1337-1403) ed ha una forma tronco-conica (diametro
medio 10 m ed altezza di circa 20 m); si articola su cinque livelli,
quattro in casamatta muniti di cannoniera a raggiera mentre il quinto,
quello più basso, ha l'ingresso originario occluso e la casamatta è
raggiungibile solo calandosi in uno sfiato posto sulla parete della torre
(cosa che non abbiamo fatto...!).
La
Torre è l'unica ad essere priva di aperture per l'artiglieria, anche
leggera. Venne ricostruita sotto la Repubblica di Venezia nella seconda
metà del XV sec. ma le indagini speleologiche hanno evidenziato che la
struttura ingloba resti romani, evidenziabili dalla presenza di due
cisternette del periodo Flavio
(foto a lato), rivestite in cocciopesto, che abbiamo potuto vedere sulla
rampa di scale che conduce al II livello della Torre stessa.
Sulle
pareti dei vari ambienti abbiamo trovato numerose scritte e disegni
lasciati probabilmente da chi vi venne rinchiuso (nelle celle di prigionia
questo fenomeno è ricorrente); piccole incisioni le abbiamo notate anche
su una porta e sul davanzale di una finestra. Che poi sono finestre per modo di dire:
dotate di pesanti inferriate, di dimensioni anguste, rendono bene l'idea
di quale fosse l'atmosfera che i carcerati dovevano respirare. Sembra
quasi di percepirne la memoria, attraverso quelle semplici testimonianze
graffite sui muri, di spiarne lo stato morale. Come casamatta, invece, la struttura era stata progettata
ottimamente, con le porte molto ribassate così - in caso di malaugurato
arrivo dei nemici (se il sistema di difesa si fosse dimostrato
insufficiente)- gli assaltati che qui si fossero barricati, potevano avere
la meglio sugli assalitori, i quali dovevano abbassarsi perdendo il controllo
dei movimenti, anche se per pochissimi istanti, ma che potevano rivelarsi
fatali.
Scale interne alla Torre dei Prigionieri
Ultimo livello della Torre dei Prigionieri: le aperture a raggiera erano
raggiungibili tramite una scaletta mobile. Si osservi la copertura lignea
Dobbiamo dire due
parole anche sul bellissimo Ponte
Levatoio che,
separando la zona medievale viscontea (la Rocca fatta costruire da
Giovanni Visconti a partire dal 1343) da quella cinquecentesca di epoca veneta, introduce nel Mastio
Visconteo,
struttura tardo-medievale circondata da mura merlate alla ghibellina (ma
Brescia fu fortemente guelfa) sorta sul grandioso
edificio romano a
pianta rettangolare, risalente al I sec. d. C., la cui scalinata è stata
rimessa in luce da recenti restauri (è possibile vederla attraverso una
vetrata), di cui abbiamo parlato poco sopra. "Pochi bresciani forse conoscono questi resti,
parzialmente visibili all’interno del Mastio visconteo, lungo il percorso di visita del Museo
delle Armi Luigi Marzoli (la scala di accesso al tempio), e nei locali sottostanti (le sostruzioni
del podio)", scrive Francesca Morandini (v. nota 3).
Nel Mastio ha
sede l'importantissima collezione che costituisce il Museo
delle Armi, una
delle più ricche a livello europeo.
Alcuni scorci dell'area compresa tra il
Ponte Levatoio e il Mastio
Prima
di salire verso la parte più alta del Castello, seguiamo la nostra guida
verso una zona veramente degna di attenzione, i cosiddetti
Magazzini dell'olio
(normalmente interdetti al pubblico), situati sul lato sud del terrapieno
del piazzale della Mirabella. Si tratta di sette affascinanti ambienti che
risalgono all'epoca romana, in cui vennero verosimilmente usati come
contenitori idrici, poi trasformati in depositi per l'olio durante la
dominazione veneta. In epoca romana, essi erano però molto diversi: gli
studiosi ritengono infatti che si trattasse di un'unica cisterna
inaccessibile alle persone.
Oggi l'accesso avviene tramite tre ingressi. Al loro
interno, colpiscono 4
enormi vasche monolitiche
che, secondo l'ufficialità, servivano alla conservazione dell'olio per
uso alimentare; esse hanno la particolarità di avere dimensioni maggiori
del vano degli ingressi: come è possibile? Gli esperti pensano che siano
state introdotte prima che gli stessi ingressi fossero realizzati.
Enorme vasca monolitica di forma
quadrangolare
Altri
misteri sono rappresentati dai cunicoli che si aprono nelle pareti di
fondo di alcuni ambienti, in cui sono rintracciabili lacerti dell'antico
rivestimento in cocciopesto. Sul fondo uno è murato, un altro invece
presenta, sul lato, un curioso blocco di colore rossiccio, nettamente
diverso dal resto della muratura, come fosse stato collocato per chiudere
qualche apertura originaria. Al di sotto del blocco, si nota una fessura,
ma altro non è dato sapere. Dietro una delle vasche centrali abbiamo poi
notato un'apertura ad arco, che non si riesce assolutamente a sondare da
quella posizione: potrebbe addentrarsi in una galleria o terminare?
Con
i nostri interrogativi, abbiamo così raggiunto lo spalto o piazzale della
Torre Mirabella,
che sovrasta i Magazzini dell'olio. La Mirabella è una magnifica opera
cilindrica che risale all'età comunale. Sembra che essa fosse divenuta
campanile della distrutta chiesa di S. Stefano in Arce che qui sorgeva e
della quale- in superficie- non rimane più nulla ma la nostra guida ci ha
detto che gli scavi hanno rinvenuto un'area che dovrebbe corrispondere
alla cripta (ricordiamo sempre che in quest'area sorgeva il Tempio
romano). La Torre è alta 22 m e si trova nel punto più elevato del Colle
Cidneo, dal quale si possono osservare le vette circostanti (a nord ben
visibile il Monte Guglielmo). La struttura è alterata nelle
murature sia interne che esterne da restauri posteriori; l'interno non è
purtroppo visitabile ma è documentato un ciclo pittorico con motivi
fitomorfi del XIII sec.. Alla sua base si notano tracce di murature
tardo-romane. La Torre accolse anche dei prigionieri, durante il governo
fascista della RSI. Tra di essi, il comandante partigiano delle Fiamme
Verdi, Giacomo Cappellini che, dopo 60 giorni di prigionia, venne fucilato
il 24 marzo 1945, in quella che oggi chiamiamo Fossa dei Martiri.
Radunato tutto il gruppo che giustamente è stato un po' rapito dal
paesaggio e ne ha approfittato per scattare foto o fare video-riprese, ci
siamo portati verso la Torre
dei Francesi o
"Torrione Francese", così chiamato perchè furono i francesi a
ricostruirla, nel breve periodo che sottrassero la città ai Veneziani
(1509- 1516), e dopo che lo scoppio di una polveriera aveva causato la sua
distruzione. Chiaramente ogni Torre del castello serviva da difesa per un
lato della città.
Punto di avvistamento apprezzabile
da una delle aperture della Torre dei Francesi
Il
Torrione è di forma cilindrica ed è caratterizzato da una base
troncoconica che appoggia direttamente sulla roccia; è alto 33 metri e il
suo diametro, in corrispondenza del tamburo, è di 17 metri con spessori
medi delle murature di 4,5 metri. Internamente è costituito da 4
livelli, di cui uno sotterraneo.
Ogni
piano presenta delle cannoniere a raggiera, dotate di sfiatatoi di
arieggiamento. Le volte emisferiche sono molto interessanti, ben rifinite
e munite di aperture sulla sommità, che collegano i tre livelli. Siamo
scesi anche nell'ultimo livello, quello sotterraneo, cosa che può
avvenire grazie al posizionamento di una scala tramite la quale si
raggiunge una scala in muratura originaria che scende fino ad una
fucilieria. L'atmosfera è da vivere.
Lo
spaccato mostra i livelli su cui si articola la Torre dei Francesi, la cui
parte inferiore è direttamente poggiante sulla roccia del colle Cidneo.
Lì siamo scesi fino a raggiungere il livello più ipogeo (foto sotto)
Riemersi dalle viscere della
terra, abbiamo transitato per i Giardini
settentrionali e la Fossa
dei Martiri. Come
ricorda il nome, qui avvennero le fucilazioni di giovani partigiani tra il
1943-'45, macabramente testimoniate da scalfitture delle pallottole delle
esecuzioni. Una lapide ricorda questi fatti, che nessuno può dimenticare.
Qui si trova quella
che a tutti gli effetti sembra una porta ad arco,
protetta da inferriata, che non si sa ancora precisamente a cosa servisse
o a cosa fosse collegata; non sono state infatti ritrovate strutture, sul
pendio, che possano aiutare a ricostruire la sua eventuale funzione.
Il percorso ci ha condotto
all'ultima struttura che con questo tour abbiamo potuto visitare: la Torre
Coltrina, nell'angolo
Nord-Ovest della cinta muraria del castello, dominante la
Strada del Soccorso
che, essendo oggetto di restauro, visiteremo in una prossima occasione. Il
toponimo "Coltrina" deriverebbe dall'ingegnere Jacopo Coltrino
ed è una struttura difensiva dalla caratteristica forma cilindrica
(diametro 15 m circa, altezza circa 12 m). Sulla sommità ha la
particolarità di avere una piattaforma pedonabile, dalla quale si gode un
altro bel panorama di Brescia. Il torrione è costituito da due piani
sovrapposti e accessibili da ingressi distinti.
Per
giungere al piano superiore, abbiamo percorso un breve corridoio
orizzontale e, quando ci siamo trovati al suo interno, ci siamo sorpresi
per le pitture -di epoca imprecisata- che presentano le pareti, seppure in
modo frammentario. Avendo tempo, sarebbe auspicabile poterle analizzare e
descriverle, poichè presentano interessanti elementi di valutazione
(quanto meno curiosi, se fatti da eventuali prigionieri). La volta presenta uno sfiatatoio mentre sul pavimento
è visibile una grata che lascia vedere il piano inferiore.
Dalla
finestra si apprezza il paesaggio urbano
Scesi al piano inferiore,
percorrendo una ripida scala, che non tutti hanno sceso, eccoci in un
ambiente circolare, con la volta ad emisfero; alle pareti si trovano
quattro cannoniere disposte a raggiera, con i relativi sfiatatoi.
Interessante è la piccola raccolta di armi d'epoca (foto sotto):
E dal davanzale
di una delle finestre si eleva il ricordo di qualcuno che qui
probabilmente venne imprigionato e che impresse la testimonianza del
proprio esistere. Sappiamo che si chiamava Nino Bonvecchi e veniva da
Trento, che dimorò (come egli stesso scrisse) dal 30 luglio al 6 agosto
del 1927 in questa... (la frase si interrompe perchè il materiale si è
sgretolato).
Una
galleria con volta a botte, dotata di alcune cannoniere e aperture
circolari di aerazione, collega la Torre Coltrina alla Torre
di Mezzo. E' l'ultimo
tunnel che percorriamo, dopo di che ci ritroviamo ì nei pressi del Piccolo
Miglio, dove ci siamo concessi una visita all'imperdibile
plastico ferroviario o
ferromodellistico, che qui da molti anni è stato allestito, per la gioia
non solo dei più piccoli ma per tutti coloro che apprezzano una vera e
propria arte in miniatura.
Certamente la visita, per
quanto lunga e articolata, non ha compreso tutte le strutture che
compongono il complesso fortificato. La prossima volta ci attenderà
un'altra avventura, ancor più sorprendente. Seguiteci e tra qualche
mese ve lo racconteremo!
Si ringrazia il sig.
Roberto Bicci e tutti i partecipanti all'evento.
Per informazioni sulle
visite guidate, orari, tariffe, ecc, visitare il sito ufficiale dell'
A.S.B: www.speleolab.it
1)- Brescia ebbe, suo malgrado, un ruolo di
primo piano durante il periodo della Repubblica
Sociale italiana (fondata da Benito Mussolini il 23 settembre 1943), nota
anche come "Repubblica di Salò", in sostanza un protettorato della
Germania nazista (o stato fantoccio non riconosciuto a livello
internazionale). In città si impiantarono ministeri e uffici e a Villa Brivio prese casa il
comandante della Gnr (organismo che accorpava anche i Carabinieri), generale
Ricci. La RSI venne meno de facto negli ultimi giorni dell'aprile 1945,
e cessò ufficialmente di
esistere con la resa di Caserta del 28 aprile 1945 (operativa dal 2 maggio).
3)-Francesca Morandini
(Musei Civici d’Arte e Storia) "Il Castello prima del
Castello", in Ex Libris, Notiziario del Sistema Bibliotecario Urbano,
numero 3 , Giugno 2009, Speciale Castello di Brescia, pp. 2-3, consultabile a questo
link
4)-
Candino Barucco (Biblioteca Querinina) "Appunti sulla storia del castello di
Brescia", in Ex Libris, Notiziario del Sistema Bibliotecario Urbano, numero
3 , Giugno 2009, Speciale Castello di Brescia, p. 5, consultabile a questo
link